La riforma della previdenza forense e l’effetto domino: prime osservazioni a caldo

L’effetto domino è una reazione a catena lineare che si verifica quando un piccolo cambiamento è in grado di produrre a sua volta un altro cambiamento analogo, dando origine ad una sequenza lineare. Il termine deriva dalla caduta delle tessere del domino messe in fila spingendo la prima, questa urta la seconda, che a sua volta urta la terza e così via.

Generalmente l’espressione è usata in riferimento a serie di eventi correlati che si verificano a breve distanza l’uno dall’altro, sia meccanicamente sia in senso figurato, ad esempio in campo finanziario o politico o previdenziale. Ieri il Comitato dei Delegati di Cassa Forense ha approvato la riforma del regolamento dei contributi e delle prestazioni in vista dello stress test del 30 settembre 2012 in forza dell’articolo 24, comma 24, della legge 214/2011 che ha imposto la prova, tramite bilancio tecnico, del saldo previdenziale attivo per 50 anni. Questo primo commento si basa sulle tavole sinottiche votate dal Comitato dei Delegati e su quanto pubblicato dalla stampa specializzata, Il Sole 24 Ore e Italia Oggi. Si da notizia che - il contributo modulare obbligatorio dell’1% è stato assorbito nel contributo soggettivo che passa così al 14% dal 1° gennaio 2013, al 14,50% nel 2017 e che passerà al 15% nel 2021 - la contribuzione modulare rimane così interamente volontaria in un range che va dall’1% al 10% del reddito dichiarato - l’aliquota di rendimento della pensione è stata fissata all’1,40%, cifra giusta per coprire tutte le possibili combinazioni di carriera dell’avvocato e verrà adeguata, ogni tre anni, in base alle speranze di vita degli iscritti - è stato aumentato il contributo soggettivo obbligatorio portandolo da € 2.400,00 ad € 2.700,00 inglobando così quella che era la quota modulare obbligatoria dell’1% - sono state invece respinge le proposte di modifica relative al blocco della perequazione automatica delle pensioni e l’anticipo dell’entrata in vigore dell’età pensionabile a 70 anni, che rimane fissata con la scaletta che la porterà in vigore pienamente nel 2021 - è stato abrogato l’articolo 30, disposizione transitoria del regolamento dei contributivi che prevedeva, su indicazione ministeriale, l’aumento del contributo integrativo dal 2 al 4%, di cui alla riforma del 2010, fino al 31 dicembre 2015. Al termine di tale periodo, in occasione della redazione del bilancio tecnico al 31 dicembre 2015, si procederà ad una verifica da sottoporre ai Ministeri vigilanti relativamente agli aspetti di sostenibilità della gestione. E veniamo ora all’effetto domino. Il primo effetto è di carattere squisitamente giuridico – formale e riguarda l’abrogazione dell’articolo 30 del regolamento dei contributi. Tale norma è stata imposta alla fine del 2009 dai Ministeri vigilanti per assentire l’entrata in vigore della riforma del 2010. È assolutamente pacifico che senza la stabilizzazione dell’aumento del contributo integrativo dal 2 al 4% non si raggiungerà mai il saldo previdenziale attivo per 50 anni e quindi la stabilizzazione si impone. L’effetto domino riguarda però aspetti, come dicevo più sopra, più squisitamente tecnico giuridici è possibile l’abrogazione unilaterale del contraente che l’ha subita di una norma imposta dall’altro contraente prima della scadenza del 2015? Ma veniamo ora alla sostanza. La riforma del 2010 aveva inserito, accanto alla pensione ordinaria, la pensione modulare prevedendo un 1% di contribuzione obbligatoria e una contribuzione volontaria fino ad altri 9 punti. L’obbligatorietà si pensò necessaria per far decollare la pensione modulare e per legarla, agli effetti fiscali,alla pensione ordinaria. La pensione modulare volontaria non è decollata se è vero, com’è vero, che nel 2011 vi hanno aderito soltanto 3.513 avvocati totale al 31.12.2011 euro 53.165.841,50 di obbligatoria più 2.579.547,00 di facoltativa vedi bilancio consuntivo 2011 pag 273 e segg. Ieri l’1% di contribuzione modulare obbligatoria è stato deviato sulla contribuzione soggettiva che passa così dal 1° gennaio 2013 al 14%. Così facendo il sistema della quota modulare della pensione è stato dissestato con ricadute pesanti ad effetto domino. Prima ricaduta che ne sarà della contribuzione modulare obbligatoria sin qui versata da tutti gli iscritti? Si tratta di un bel budget di denaro. Darà luogo comunque, al momento del pensionamento, ad una quota di pensione modulare obbligatoria anche se la stessa è stata abrogata? Manca una disposizione transitoria. Se non potrà dar luogo ad una quota modulare obbligatoria di pensione la contribuzione dovrà essere restituita, maggiorata di interessi e rivalutazione. Ho ragione di ritenere che sulla questione si aprirà un lungo e difficile contenzioso. Ma vi è di più. Con la riforma, ieri approvata dal Comitato dei Delegati di Cassa Forense, la pensione modulare è diventata esclusivamente volontaria. Perdendo la caratteristica, sia pure legata all’1%, dell’obbligatorietà, non ha più aggancio con la pensione ordinaria trasformandosi, sic et simpliciter, in una pensione complementare. La questione non è di poco momento agli effetti fiscali perché oggi tutta la contribuzione, sia obbligatoria che volontaria, modulare viene portata in detrazione. Con il 2013 mutando geneticamente la sua struttura da obbligatoria in volontaria e quindi diventando complementare è facile pensare che sarà attratta alla normativa che disciplina la pensione complementare che consente il recupero fiscale predeterminato. La riforma non risolve, anzi li aggrava, i problemi dei 60mila avvocati che sono iscritti all’Ordine ma che, per questioni di reddito, non sono iscritti a Cassa Forense e con l’aumento della contribuzione soggettiva obbligatoria da € 2.400,00 ad € 2.700,00 aggrava, soprattutto in queste contingenze storiche, la posizione dei giovani avvocati che sono iscritti a Cassa Forense ma non hanno risorse, o faticano ad averle, per far fronte anche alla sola contribuzione minima obbligatoria. Il partito dei pensionati e dei pensionandi ha vinto ancora una volta dato che le proposte di modifica relative al blocco delle perequazioni automatiche dell’ISTAT sull’assegno pensionistico sono state bocciate. Ugualmente bocciato il tentativo di chi voleva anticipare l’entrata in vigore dell’età pensionabile a 70 anni, già dal 2014. Qui ha vinto la classe dei pensionandi. A parere di chi scrive, la riforma ha un unico aspetto positivo che è dato dall’individuazione di un unico coefficiente di formazione della pensione che è stato fissato all’1,40% agganciato, come si legge sulla stampa specializzata, alle speranze di vita degli iscritti come da me sempre richiesto. Aspettiamo di esaminare il bilancio tecnico a sostegno di questa riforma ma, a mio sommesso avviso, siamo ancora lontani dall’autofinanziamento della pensione con la conseguenza che il già insopportabile debito previdenziale continuerà ad aumentare e graverà per intero sulle generazioni più giovani. Tornerò sull’argomento quando avrò potuto esaminare il testo approvato e soprattutto il bilancio tecnico di supporto.

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