Legittimo l’accertamento sugli investimenti sospetti

Il ritorno sugli investimenti è «infimo» nonostante il notevole volume d’affari? Accertamento induttivo legittimo.

La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 2613 del 22 febbraio 2012, respingendo il ricorso di una commerciante che aveva impugnato un accertamento induttivo con il quale venivano applicate delle percentuali di ricarico dell’89% nei periodi normali e del 43% nei periodi di saldi, ha statuito che è legittimo l’accertamento induttivo a carico dell’impresa che pur avendo un notevole volume d’affari ha un ritorno sugli investimenti «infimo». Il caso. L'ufficio ha contestato al contribuente di aver fatto grossi investimenti a fronte di un ritorno troppo basso. Il giudice del gravame, con motivazione assolutamente congrua in relazione al comportamento antieconomico del contribuente, «ha rilevato l'incongruità della percentuale di ricarico dichiarata, nonché la scarsa aderenza alla realtà commerciale di un esercizio commerciale con notevole volume d'affari anche superiore al miliardo di lire con un ritorno sugli investimenti addirittura infimo con percentuali inferiori al 3% tale da essere ottenuto anche con investimenti a molto minor rischio. Per il giudice di legittimità «Non si comprende quale sia la pulsione di un imprenditore movimentare capitali ingenti per ottenere rendimenti inferiori a quelli di un investimento in titoli di stato». Comportamento antieconomico del contribuente. È legittimo il ricorso all'accertamento induttivo in presenza di contabilità formalmente regolare quando, alla luce di presunzioni gravi , precise e concordanti «possa fondatamente ritenersi che l'entità del reddito dichiarato si ponga in evidente contrasto con il comune buon senso e con le regole basilari della ragionevolezza». In presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell'economia, che il contribuente non spieghi in alcun modo, è legittimo l'accertamento ai sensi dell'articolo 39 e 40 del d.p.r. numero 600/73. L’Ufficio può dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi. Il d.p.r. 29 settembre 1973, numero 600, articolo 39, comma 1, lett. d , consente l'accertamento induttivo del reddito, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile, in quanto confliggente con regole fondamentali di ragionevolezza - ad esempio in presenza di un comportamento del contribuente manifestamente ed inspiegabilmente antieconomico Cass. numero 24532/ 2007 . L'accertamento induttivo articolo 39, comma 1, lett. d , d.p.r. numero 600 del 1973 si giustifica anche nel caso in cui le scritture contabili siano formalmente corrette, se nel complesso rileva un comportamento irragionevole e antieconomico. Il sindacato dell'Amministrazione finanziaria circa il comportamento antieconomico del contribuente non trova limiti nella disposizione relativa alla libertà di iniziativa privata articolo 41 Cost. . Una condotta non ispirata ai normali criteri di economicità dell'imprenditore principio del massimo risultato e del minimo mezzo , in contrasto con le scelte del buon senso e prive di razionale motivazione può assumere valenza di indizio fornito dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che legittimano il disconoscimento della deducibilità dei costi, avuto riguardo al parametro del valore normale che costituisce punto di riferimento nella valutazione fiscale delle cessioni di beni e prestazioni di servizi. Né a tale giudizio di congruità il contribuente si sottrae attraverso la regolare tenuta delle scritture contabili.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 18 gennaio – 22 febbraio 2012, numero 2613 Presidente Merone – Relatore Botta Svolgimento del processo La controversia concerne l'impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IRPEF ed ILOR per l'anno 1997, con il quale veniva rideterminato il reddito imponibile secondo il metodo induttivo, applicando una percentuale di ricarico pari all'89,93% per le vendite effettuate nei periodi normali e al 49,93% per le vendite effettuate nel periodo di saldi, rispetto alla percentuale dichiarata del 22,44%. La Commissione adita accoglieva il ricorso, ma la decisione era riformata in appello, con la sentenza in epigrafe, la quale riteneva legittimo l'accertamento quanto ai presupposti, ma non per quanto concerneva la percentuale di ricarico applicata, con una conseguente riduzione del reddito accertato. Avverso tale sentenza, la contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati anche con memoria. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze non si è costituito. L'Agenzia delle entrate non ha notificato controricorso, ma ha depositata una istanza di costituzione ai fini della partecipazione all'udienza di discussione. Motivi della decisione Dichiarata preliminarmente l'inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che non ha partecipato al giudizio d'appello, può esaminarsi il primo motivo del ricorso della contribuente nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, con il quale la ricorrente lamenta la mancata dichiarazione di inammissibilità dell'appello per difetto di specificità dei motivi, in quanto l'appello dell'Ufficio ripeteva le stesse argomentazioni e controdeduzioni di primo grado. Il motivo, che non si presenta, peraltro, conforme al principio di autosufficienza del ricorso, non è fondato sulla base del principio già affermato da questa Corte, secondo cui In tema di contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell'appello proposto dall'Amministrazione finanziaria, della motivazione dell'avviso di accertamento annullato dal giudice di primo grado assolve l'onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, articolo 53, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell'appello, mezzo quest'ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito Cass. numero 4784 del 2011 . Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta un vizio di motivazione in ordine alla ritenuta legittimità dell'accertamento induttivo, che non sarebbe adeguatamente spiegata nel ragionamento del giudice di merito. Il motivo, a conclusione del quale si formula un quesito di diritto sostanzialmente generico, è infondato, in quanto la sentenza impugnata espone con chiarezza quale sia, per il giudice di merito, il fondamento di legittimità dell'accertamento induttivo nel caso di specie l'ispezione , vi si afferma, ha rilevato l'incongruità della percentuale di ricarico dichiarata, nonchè la scarsa aderenza alla realtà commerciale di un esercizio commerciale con notevole volume d'affari anche superiore al miliardo di lire con un ritorno sugli investimenti addirittura infimo con percentuali inferiori ai 3% tale da essere ottenuto anche con investimenti a molto minor rischio . Si tratta di una motivazione assolutamente congrua che fa emergere l'evidenza del comportamento antieconomico della contribuente. Con il terzo motivo, la ricorrente censura, sotto il profilo della violazione di legge, la ritenuta legittimità dell'accertamento induttivo in ragione dell'assenza di presunzioni qualificate. Il motivo non è fondato. Il passo della motivazione della sentenza impugnata dapprima riportato evidenzia la qualificazione delle presunzioni adottate dall'Ufficio nella sostanza antieconomica del comportamento imprenditoriale della contribuente, aggiungendo conclusivamente il giudice di merito che non si comprende quale sia la pulsione di un imprenditore movimentare capitali ingenti per ottenere rendimenti inferiori a quelli di un investimento in titoli di Stato . La sentenza impugnata esprime così una posizione in linea con l'orientamento di questa Corte in materia, che legittima il ricorso all'accertamento induttivo in presenza di contabilità formalmente regolare quando, alla luce di presunzioni quali del tipo di quelle emergenti nel caso di specie che si presentano gravi, precise e concordanti possa fondatamente ritenersi che l'entità del reddito dichiarato si ponga in evidente contrasto con il comune buon senso e con le regole basilari della ragionevolezza v. Cass. nnumero 10649 del 2001, 7949 del 2002, 26130 del 2007, 14364 del 2011 . Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, stante il mancato esercizio di utile difesa da parte dell'amministrazione intimata. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell'Economia e delle Finanza e lo rigetta nei confronti dell'Agenzia.