Cartelle precedute da avviso bonario: sono liti pendenti

La Cassazione, in applicazione del principio per cui è definibile la controversia relativa all’impugnazione di un ruolo - iscritto a seguito di un controllo formale articolo 36-bis, d.p.r. numero 600/73 - che disconosce la deducibilità di specifici elementi, ha ritenuto la cartella successiva ad avviso bonario rientrante nella sfera applicativa della definizione delle liti pendenti.

Il giudice di legittimità, con sentenza del 21 febbraio 2012, numero 2546, ha precisato che si possono definire le liti relative ad atti di rettifica della dichiarazione e che, invece, non si possono definire le liti relative ad atti di mera liquidazione o riscossione in quanto non comportano un accertamento di una maggiore imposta o di una minore deduzione/detrazione. Il caso. Una società impugnava l'iscrizione a ruolo ed il conseguente diniego della definizione delle liti pendenti. La CTR confermava invece sia la validità del ruolo, sia il diniego della definizione. La Corte ha accolto il ricorso del contribuente, in base al principio secondo cui è definibile la controversia avente ad oggetto l'impugnazione di un ruolo derivante dal controllo di cui all'articolo 36 bis del d.p.r. numero 600/73, quando disconosca la deducibilità di una determinata posta. L'atto impugnato era un ruolo conseguente alla liquidazione della dichiarazione ex articolo 36 bis, preceduto da avviso bonario. Quali gli atti definibili? Non sono definibili l'avviso di liquidazione, l'ingiunzione, il ruolo, in considerazione della loro natura d'atti finalizzati alla riscossione del tributo e degli accessori. Possono essere definite le controversie aventi ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di «irrogazione delle sanzioni» e ogni altro atto di imposizione. L'ufficio, in relazione a una pretesa tributaria incontrovertibile e determinata o semplicemente calcolata in base a dati forniti dal contribuente, non ha l'alternativa tra l'imporre e il non imporre non è configurabile, in tal caso, alcun atto impositivo . Per «atto impositivo» si intende qualsiasi atto o provvedimento che, a prescindere dalla sua denominazione, spieghi efficacia nei confronti del soggetto passivo del tributo, accertando o dichiarando il debito di imposta, avendo l'ufficio l'alternativa tra imporre e non imporre. La valutazione va fatta caso per caso. Per decidere sulla riconducibilità di una specifica lite nel novero di quelle definibili non bisogna fermarsi all’individuazione dell’atto impugnato, ma occorre aver riguardo alla reale portata giuridica dell’impugnazione ovvero al fatto se l’impugnazione dell’atto abbia condotto o meno anche alla contestazione dei presupposti dell’imposizione valutazione da effettuare caso per caso . Ciò che rileva ai fini della «condonabilità» della lite è il contenuto sostanziale dell'atto impugnato, quale espressione del potere impositivo dell'Amministrazione, a prescindere dalla sua qualificazione formale Cass. civ. Sez. V, numero 20731/2010 . Invece, ciò che rileva ai fini della qualificazione dell’atto come impositivo è la sua effettiva funzione, a prescindere dalla qualificazione formale dell’atto stesso cioè indipendentemente dal nome iuris dell’atto . Normalmente non sono definibili l’avviso di liquidazione e il ruolo, in considerazione della natura di tali atti, non riconducibili alla categoria degli «atti impositivi», in quanto finalizzati alla mera liquidazione e riscossione del tributo e degli accessori. Gli avvisi di liquidazione, in particolare, attengono a procedimenti che non prevedono l’autoliquidazione dei tributi. Essi non presuppongono, di norma, operazioni di rettifica delle dichiarazioni presentate dai contribuenti, ma si limitano a trarre le necessarie conseguenze dai dati in esse dichiarati. L’unica eccezione a tale principio si ha qualora uno dei predetti atti assolva anche funzione «impositiva», oltre che di liquidazione e riscossione. Sono esclusi dalla definizione ex articolo 39, comma 12, d.l. numero 98/2011, le liti concernenti l’omesso versamento di tributi. In particolare, non sono definibili le liti aventi ad oggetto i ruoli emessi per imposte e ritenute indicate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta nelle dichiarazioni presentate, ma non versate. Non sono definibili le liti aventi ad oggetto i ruoli emessi per imposte e ritenute indicate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta nelle dichiarazioni presentate, ma non versate. Il recupero delle predette imposte non versate non costituisce atto impositivo che presuppone la rettifica della dichiarazione, ma atto di mera riscossione di quanto indicato dal contribuente o dal sostituto nella dichiarazione. La cartella esattoriale è atto impositivo? Il recupero delle imposte non versate non costituisce, infatti, atto impositivo che presuppone la rettifica della dichiarazione, ma atto di mera riscossione di quanto indicato dal contribuente o dal sostituto nella dichiarazione. Non rientrano nella definizione delle liti pendenti le controversie riguardanti le cartelle esattoriali in quanto non si tratta di atti impositivi in particolare, non è definibile la cartella che si limiti a richiedere somme già incontrovertibilmente determinate o semplicemente calcolate in base a dati forniti dal contribuente. Si deroga a tale principio qualora uno dei predetti atti assolva, ex articolo 19 d.lgs. numero 546/92, anche alla funzione d'accertamento si pensi all'impugnazione contestuale dell'avviso di accertamento con notifica inesistente e della relativa iscrizione a ruolo a titolo definitivo . Nell'ipotesi in cui la cartella di pagamento deve essere preceduta dall'avviso di accertamento, la lite è definibile se il contribuente ha proposto ricorso avverso la cartella, eccependo l'invalidità della notifica del relativo atto impositivo e sempre se quest'ultimo non costituisca oggetto di distinto giudizio in buona sostanza, il contribuente può avvalersi della chiusura qualora abbia impugnato il ruolo sostenendo di non aver ricevuto una valida notifica dell'accertamento e che quindi la cartella è il primo atto attraverso il quale è pervenuto a conoscenza della pretesa impositiva. Le disposizioni di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del d.p.r. numero 600/1973 e 54-bis d.p.r. numero 633/1972, disciplinanti la liquidazione e il controllo formale delle dichiarazioni, consentono, nelle ipotesi previste, di procedere alla rettifica delle dichiarazioni e di iscrivere a ruolo le imposte dovute in misura superiore rispetto a quella dichiarata e liquidata dai contribuenti. In tali circostanze il ruolo non è soltanto atto di riscossione, ma assolve anche ad una funzione “impositiva”, diversa dal mero recupero di imposte dichiarate e non versate. Così come per la generalità degli “atti impositivi”, anche i ruoli in esame che presuppongono una rettifica del dichiarato sono suscettibili, pertanto, di definizione ai sensi dell’articolo 39, comma 12, d.l. numero 98/2011.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 6 dicembre 2011 – 21 febbraio 2012, numero 2546 Presidente Merone – Relatore Di Blasi Svolgimento del processo e motivi della decisione La Corte Considerato che nel ricorso iscritto a R.G. numero 3709/2009 è stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1 - È chiesta la cassazione della sentenza numero 90/22/2007, pronunziata dalla CTR di Palermo Sezione numero 22 il 15.12.2007 e DEPOSITATA il 15 dicembre 2007. Il ricorso, che attiene ad impugnazione di avviso di mora e di diniego condono, ai fini ILOR per gli anni 1989 e 1990, censura l'impugnata decisione per violazione ed errata applicazione dell'articolo 16 della Legge numero 289/2002, nonché per omessa motivazione su punto controverso e decisivo. 2 - L'intimata Agenzia, giusto controricorso, ha chiesto il rigetto dell'impugnazione. 3 - La questione posta dal ricorso si ritiene possa essere decisa in base al principio secondo cui In tema di condono fiscale, costituisce lite suscettibile di definizione, ai sensi dell'articolo 16 della legge 27 dicembre 2002, numero 289, e può' quindi giovarsi della sospensione dei termini processuali ivi prevista, la controversia avente ad oggetto l'impugnazione dell'iscrizione a ruolo con la quale l'amministrazione finanziaria, a seguito del controllo della dichiarazione dei redditi di cui all'articolo 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, recuperi a tassazione una determinata posta ritenendola non deducibile, perché quello impugnato rappresenta il primo atto con cui l'ufficio esercita una pretesa impositiva, non corrispondente alla volontà del contribuente Cass. numero 9148/2005, numero 2962/2006, numero 4239/2006 . 4 - Si propone, quindi, - essendo circostanza incontroversa che la liquidazione e l'iscrizione sono avvenuti applicando la procedura di cui all'articolo 36 bis del dpr numero 600/1973 nel corso della quale non sono state riconosciute delle poste passive portate in deduzione dalla società contribuente - di trattare il ricorso in Camera di Consiglio e di definirlo, ai sensi degli articolo 375 e 380 bis cpc, con pronuncia di accoglimento, per manifesta fondatezza. Il Relatore Cons. Antonino Di Blasi . La Corte Vista la relazione, il ricorso, il controricorso e gli altri atti di causa Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo le argomentazioni ed i principi richiamati in relazione, ritiene di dover accogliere l'impugnazione, nei sensi ivi esplicitati, per manifesta fondatezza Considerato che, per l'effetto, va cassata la decisione di appello e la causa va rinviata ad altra sezione della CTR della Sicilia, la quale procederà al riesame e, quindi, adeguandosi ai richiamati principi, deciderà nel merito ed anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, offrendo congrua motivazione Visti gli articolo 375 e 380 bis del c.p.c P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la decisione di appello e rinvia ad altra sezione della CTR della Sicilia.