Il dirigente manca un po’ troppo spesso dal posto di lavoro. Il quantitativo dei giorni di assenza – tali da giustificare il licenziamento secondo il CCNL – ha valore solo orientativo, essendo da soppesare in relazione al caso concreto. Né l’uomo può salvarsi in extremis indicando supposte, nobili, motivazioni che lo avrebbero allontanato ogni tanto dalla sede di lavoro.
Questa la vicenda ripercorsa dalla sezione Lavoro della Cassazione nella sentenza numero 16451/12 del 27 settembre. Una vacanza extra, ogni tanto L’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio licenziava un lavoratore lamentando un certo numero di assenze ingiustificate e altre giustificate solo tardivamente o irregolarmente. Il Tribunale di Latina riteneva sproporzionata la sanzione irrogata anche in relazione alle disposizioni del CCNL infatti era solo una la mancanza priva di giustificazione. Di diverso avviso la Corte d’Appello di Roma l’uomo, un dirigente, era stato assente in bene cinque frangenti senza una buona scusante. Quindi ben aveva l’Arpa proceduto a recedere. Seguiva poi il ricorso in cassazione. Il CCNL ha valore puramente orientativo. Il contratto di categoria stabilisce la sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso per assenza ingiustificate per oltre dieci giorni la Corte territoriale ha giustamente osservato che le indicazioni in materia hanno valore puramente «parametrico e orientativo», fotografando solo ipotesi di massima che in realtà vanno meglio valutate e soppesate alla luce del caso concreto. Assente? Sì, ma per fare il Consigliere in Municipio. Questa la difesa dell’ormai ex dirigente. In realtà la documentazione prodotta non ha dato prova né dell’avvenuta comunicazione preventiva o successiva dell’assenza, né un’esplicitazione delle effettive ragioni a monte di tutto. Colpa dell’uomo, quindi, non aver reso possibile il controllo tempestivo delle sue assenze dal lavoro, violando il principio di correttezza e di buona fede reciproca. Rimborso più ricco per l’Arpa. L’Agenzia Regionale laziale trova buon esito con uno dei due motivi di ricorso incidentale. La restituzione a carico del lavoratore licenziato sarebbe dovuta avvenire con gli interessi dai versamenti al saldo, decorrenti dalla data della sentenza di primo grado. Oltre al danno, al lavoratore un po’ troppo spesso assente spetta così anche la beffa.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 15 maggio – 27 settembre 2012, numero 16451 Presidente Vidiri – Relatore Bronzini Svolgimento del processo B.D. impugnava il licenziamento per giusta causa intimatogli dall'Agenzia Regionale per la protezione ambientale del Lazio – Arpalazio - in relazione ad un certo numero di assenze ingiustificate ed ad un ulteriore numero di assenze giustificate tardivamente o irregolarmente. Il B. , dirigente dell'Arpa, in particolare faceva presente di essere Consigliere di un Consiglio circoscrizionale di Roma Municipio numero X e che le assenze erano dovute all'espletamento del mandato ricevuto. Il Tribunale di Latina con sentenza del 12.3.2008 riteneva giustificate le assenze, salvo quella del 30.11.2005, osservando che la ragione giustificativa dell'assenza dal lavoro poteva essere dimostrata anche a posteriori sulla base della documentazione acquisita. Riteneva pertanto sproporzionata la sanzione irrogata, anche in relazione alle disposizioni del CCNL dichiarava l'illegittimità del recesso con condanna al pagamento della somma indicata in sentenza detratto l’aliunde perceptum. Sull'appello dell'Arpa la Corte di appello di Roma rilevava che alla data della contestazione disciplinare risultavano ingiustificate 5 assenze e che per altre assenze non erano state osservate le modalità previste per motivare la mancata presentazione al lavoro. Il recesso - per la Corte territoriale - appariva legittimamente irrogato stante il numero di assenze non giustificate o giustificate irregolarmente né valeva ad alleggerire la posizione dell'appellato il fatto che le assenze servissero a svolgere le funzioni di rappresentante in un Consiglio di un Municipio, in quanto l'azienda era pubblica, il B. era un dirigente e quindi l'attività extra-ufficio andava documentata idoneamente e tempestivamente osservando le regole di correttezza e buona fede onde consentire un corretto svolgimento dell'attività istituzionale dell'Ente pubblico. La richiamata contrattazione collettiva aveva solo un valore indicativo e il fatto era di tale gravità da ledere il rapporto fiduciario tra le parti. Veniva quindi respinta la domanda originaria del B. ed ordinato allo stesso la restituzione delle somme percepite in relazione alla sentenza di primo grado. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il B. con due motivi, resiste con controricorso la società Arpa, che ha proposto anche ricorso incidentale con due motivi. Le parti hanno depositato memorie difensive. Motivi della decisione Ai sensi dell'articolo 335 c.p.c. il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti perché proposti contro la medesima sentenza. Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta la violazione degli articolo 2104, 2105, 2106, 2119 c.c. e dell'articolo 30 del CCNL del personale non dirigente. Si allega l'eccessività della sanzione, l'insufficienza della motivazione che sorregge il provvedimento di licenziamento e la non corretta valutazione delle risultanze processuali. Il motivo appare infondato. La Corte di appello di Roma ha accertato che, alla data della contestazione disciplinare, risultavano ingiustificate 5 assenze e che per altre assenze non erano state osservate le modalità previste per motivare la mancata non presentazione al lavoro. Anche in passato si erano verificate assenza ingiustificate, anche se poi con contestate. Sul punto in realtà il motivo non offre alcuna censura in ordine alla gravità del fatto e sulla sua idoneità a legittimare il disposto recesso la Corte territoriale ha adottato una motivazione congrua e logicamente coerente, con puntuali riferimenti ai dati processuali. Si è osservato che il B. era Dirigente di un Ente pubblico e quindi tenuto a garantire l'efficiente attività del servizio cui era addetto e consentire la verifica ed il controllo delle assenze dall'Ufficio in modo trasparente e rispettoso dei principi di correttezza e buona fede, il che non era avvenuto in quanto erano state contestate e comprovate violazioni di obbligazioni fondamentali da parte del ricorrente. Circa la disposizione contrattuale di cui all'articolo 30 del CCNL che stabilisce la sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso per assenze ingiustificate per oltre 10 gg., la Corte territoriale ha già osservato che le indicazioni contrattuali in questa materia hanno valore puramente orientativo e parametrico fotografando ipotesi di massima di infrazioni disciplinari per tutte le situazioni di lavoro regolamentate dal contratto, che poi debbono essere ulteriormente valutate e soppesate alla luce del caso concreto, come riconosciuto anche nel ricorso a pag. 21, Nel caso del B. sono state contestate e comprovate non solo le assenze ingiustificate, ma anche assenze non tempestivamente ed idoneamente giustificate e va tenuto presente il ruolo del ricorrente di Dirigente dell’Arpa. tenuto quindi ad assicurare un corretto e trasparente servizio finalizzato al servizio pubblico e, quindi, in primis a consentire al datore di lavoro un tempestivo e trasparente controllo sulla sua presenza in Ufficio. Si tratta di elementi specifici che connotano la condotta del B. rendendola più grave del tipico caso contemplato dalla contrattazione collettiva sicché la motivazione sul punto adottata dai Giudici di appello appare persuasiva e logicamente coerente. Con il secondo motivo si deduce che le cinque assenze di cui parla la sentenza impugnata erano state giustificate con documentazione che attestava che le assenze erano effettivamente preordinate allo svolgimento dell'attività di Consigliere di un Municipio. Il motivo è infondato in quanto la Corte territoriale ha accertato che al momento della contestazione risultavano non giustificati cinque giorni di assenza dal lavoro v. pag. 6 della sentenza impugnata la documentazione prodotta è stata esaminata e la Corte territoriale ha osservato che in realtà non era stata offerta prova né dell'avvenuta comunicazione dell'assenza, preventiva o successiva all'assenza stessa né un'esplicitazione delle effettive ragioni delle dette assenze. Pertanto a stare a tale ricostruzione fattuale, come tale insindacabile in questa sede, il B. ha reso impossibile il controllo tempestivo sulle sue assenze dal lavoro per le dette giornate ed ha ulteriormente violato le disposizioni vigenti nell'Arpa ed il principio di corretta e buona fede con le giustificazioni pervenute in ritardo. La motivazione è congrua, logicamente coerente ed offre un puntuale riferimento ai dati processuali le censure sono di merito. Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce che senza motivazione la Corte territoriale avrebbe limitato il rimborso dovuto all'Arpa in virtù della riforma della impugnata sentenza con il secondo motivo si deduce che la restituzione doveva avvenire con gli interessi dai versamenti al saldo. Il primo motivo è infondato in quanto non corredato da idonea documentazione, tale da consentire una ricostruzione certa del preteso errore del Giudice di appello, mentre va accolto l'ultimo motivo in quanto effettivamente la restituzione a carico del B. doveva avvenire, come richiesto da controparte, con gli interessi dalla data della sentenza di primo grado al saldo. Sul punto va cassata la sentenza impugnata e, potendo la causa essere decisa nel merito non necessitando di ulteriori indagini, va condannato il B. alla restituzione delle somme assegnategli nella sentenza di primo grado con gli interessi legali dalla detta sentenza sino al saldo. Sussistono giusti motivi, attesa la parziale soccombenza reciproca e la diversità di esito nei giudizi di merito, per compensare tra le parti ferme le spese dei giudizi di merito, quelle del giudizio di legittimità. Pertanto la Corte, riunisce i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale e rigetta il primo motivo di questo ricorso, nonché il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna il B. alla restituzione delle somme assegnategli con la sentenza di primo grado unitamente agli interessi dalla data di detta sentenza sino al saldo. Ferme le statuizioni in ordine alle spese nei giudizi di merito, compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale e rigetta il primo motivo di questo ricorso, nonché il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna il B. alla restituzione delle somme assegnategli con la sentenza di primo grado unitamente agli interessi dalla data di detta sentenza sino al saldo. Ferme le statuizioni in ordine alle spese nei giudizi di merito, compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.