L’organo ordinario di gestione di una compagnia assicurativa commissariata è legittimato ad audiendum?

Il decisum in commento affronta e risolve la questione relativa alla legittimazione in capo all’organo ordinario di gestione di una Compagnia assicurativa a rappresentare la stessa in un procedimento di accertamento giudiziario di insolvenza, trattandosi di società già sottoposta a gestione commissariale straordinaria ed ammessa poi alla procedura di liquidazione coatta amministrativa.

In particolare, i giudici della Prima sezione Civile della Cassazione, nella sentenza n. 16746 del 4 luglio 2013, richiamando un significativo precedente sent. n. 9981/1997 , precisano che, poiché lo stato di insolvenza non può che riferirsi alla attività di gestione anteriore alla nomina del commissario liquidatore, e quindi alla stessa società, quale conseguenza dell’attività gestoria dei suoi organi, il contraddittorio sul relativo accertamento deve costituirsi nei confronti degli ultimi titolari dell’organo esterno della società prima della sottoposizione alla liquidazione coatta, indipendentemente dal fatto che, alla data del relativo decreto ministeriale, le loro funzioni ordinarie, anche di rappresentanza, fossero già cessate – o meglio sospese – perché la legittimazione a interloquire su vicende che attengono alla gestione sociale anteriore alla liquidazione stessa non può che attribuirsi a coloro che hanno posto in essere tale gestione. Ciò vale ancor di più nel caso che qui ci occupa laddove la sottoposizione della predetta società assicurativa a liquidazione coatta era stata preceduta dal commissariamento della stessa a norma dell’art. 7, legge n. 576/1982. Pertanto, la gestione straordinaria che, in virtù di tale norma, venne disposta ha comportato l’attribuzione al commissario di nomina pubblica le funzioni proprie degli organi di gestione ordinaria, e non vi è ragione per ritenere che – sottolineano gli Ermellini – a tale gestione straordinaria siano conseguiti effetti più incisivi rispetto a quelli derivanti dalla successiva sottoposizione della società a liquidazione coatta, tali da escludere la persistenza dell’organo ordinario di gestione. Vero è che quest’ultimo non può interloquire né vi ha interesse su quanto avvenuto durante il periodo di gestione straordinaria ma ciò piuttosto che condurre alla attribuzione della legittimazione ad un soggetto estraneo quale il curatore speciale ex art. 78 c.p.c., giustifica, semmai, la scelta operata nella specie, di estendere il contraddittorio al commissario straordinario, in relazione alle vicende che hanno riguardato il periodo del commissariamento. Il fatto. Nel caso in esame si tratta di stabilire se sussista o meno la legittimazione in capo ai soggetti chiamati a partecipare al procedimento di accertamento di insolvenza di una società, nella specie i membri dell’organo ordinario di gestione di una compagnia assicurativa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa che, in precedenza, era già stata ammessa a gestione commissariale straordinaria. In primis il giudice di prime cure aveva accolto l’opposizione proposta dall’organo stesso ed aveva dichiarato la nullità della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza affermando che la società non era stata in grado di difendersi dal momento che le persone delle quali era stata disposta la comparizione erano prive di legittimazione a rappresentare l’ente. In accoglimento del successivo gravame proposto dal Commissario liquidatore, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava invece l’opposizione. Avverso quest’ultimo provvedimento il presidente della predetta società ricorreva per cassazione e a sua volta un membro del consiglio di amministrazione della società stessa proponeva ricorso incidentale cui resisteva con controricorso il Commissario liquidatore. E, i giudici della Suprema Corte rigettano in toto il ricorso chiarendo che il subentro del commissario liquidatore agli organi statutari della società comporta non la cessazione di tali organi bensì la sospensione delle funzioni da esse esercitate ex art. 200 l. fall., che non preclude in loro favore la legittimazione ad audiendum , a norma dell’art. 195, comma 2, l. fall. nel testo vigente all’epoca come modificato da sentenza della Corte Costituzionale n. 110/1972 , quali rappresentanti dell’imprenditore collettivo. Presupposto oggettivo della liquidazione coatta amministrativa. La liquidazione coatta amministrativa costituisce una procedura amministrativa e non giurisdizionale, ove le funzioni che nel fallimento sono esercitate dal Tribunale e dal giudice delegato spettano all’autorità amministrativa di vigilanza competente nel settore di attività dell’impresa interessata, le attribuzioni del curatore fallimentare sono riservate ad un commissario liquidatore e quelle del comitato dei creditori ad un comitato di sorveglianza, formato da tre a cinque membri scelti tra persone particolarmente esperte nel ramo di attività esercitata dall’impresa, possibilmente tra i creditori, secondo il criterio stabilito dall’art. 198 l. fall. e confermato dalla giurisprudenza tra l’altro, Cass. sent. n. 11216/1997 . L’assoggettamento a liquidazione coatta amministrativa e` previsto da leggi speciali per determinate categorie di imprese bancarie, assicurative - come nel caso de quo - , di intermediazione mobiliare, società cooperative, ecc. esso inoltre preclude in linea generale l’assoggettabilità a fallimento dell’impresa, salvo che la legge disponga altrimenti. Sono in ogni caso esclusi dalla dichiarazione di insolvenza gli enti pubblici che gestiscono imprese, stante l’espresso divieto in tal senso sancito dal nuovo testo dell’art. 195 l. fall. Il presupposto oggettivo della soggezione a tale procedura è variamente stabilito dalle leggi vigenti in materia pertanto, a seconda delle categorie di imprese di volta in volta prese in considerazione, può venire in rilievo, oltre allo stato di insolvenza, la violazione di norme di legge o di regolamento o la non conformità dell’attività esercitata all’interesse generale. Finalità essenziale della liquidazione coatta amministrativa è l’eliminazione dal mercato dell’impresa non più in grado di svolgere la propria attività o almeno di svolgerla in maniera regolare l’obiettivo del soddisfacimento dei diritti dei creditori è perseguito in via meramente strumentale. Accertamento giudiziario dello stato di insolvenza nel testo anteriore al D.Lgs. n. 5/2006 di un’impresa assicurativa. Se si tratta di un’impresa assoggettabile alla liquidazione coatta con esclusione del fallimento ad esempio, imprese bancarie o assicurative , l’accertamento preventivo dell’insolvenza può essere richiesto al tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale da uno o più creditori con ricorso. Se invece l’autorità amministrativa aveva già ordinato la liquidazione dell’impresa, l’accertamento successivo dello stato di insolvenza è richiesto al tribunale su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero. In entrambi i casi, il tribunale dopo avere sentito l’autorità governativa che ha la vigilanza sull’impresa ed avere disposto la comparizione in camera di consiglio dei rappresentanti legali dell’impresa per consentire loro l’esercizio di difesa Corte Cost. n. 110/1972 può accogliere o meno il ricorso. E, nel caso che qui ci occupa, il fatto che un’impresa assicurativa, per l’inadeguatezza delle riserve accantonate, si trovi costretta a pagare gli indennizzi utilizzando la liquidità rinveniente dai premi raccolti, che deve essere destinata a coprire rischi non ancora maturati, ben può costituire un chiaro indice di incapacità di adempiere regolarmente, o con mezzi normali, alle proprie obbligazioni, non potendosi ritenere normale che dall’adempimento derivi uno squilibrio nella situazione economica dell’impresa tale da precludere il rispetto degli impegni presi nei confronti dei creditori. L’abolizione dell’Isvap e la creazione dell’Ivaas. L’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo era stato istituito, anche sulla scorta di consistenti pressioni a livello comunitario, dalla legge 576/1982. Nel corso degli anni Novanta una serie di riforme avevano portato ad un consistente trasferimento in capo all’ente di tutte le funzioni non espressamente attribuite al Ministero per le attività produttive fino al definitivo trasferimento dei rapporti inerenti all’Isvap al Ministero dell’economia avvenuto con il d.lgs. 300/1999. Infine, con il d.lgs. 209/2005 era stato approvato il Codice delle assicurazioni private che aveva portato un radicale riassetto delle attribuzioni e delle funzioni dell’Isvap. Compito fondamentale dell’Isvap era quello di sovraintendere alla corretta gestione del mercato e di intervenire per rimuovere gli elementi di criticità che possano compromettere la sopravvivenza delle imprese e/o pregiudicare i diritti dell’utenza e, quindi, al fine di assicurarne la massima indipendenza, l'Istituto era dotato di autonomia giuridica, patrimoniale, contabile, organizzativa e gestionale. Di recente, invero, l’art. 13, d.l. 95/12 ha disposto la creazione dell’Ivaas Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e la contestuale soppressione del preesistente Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private - Isvap. Resta, in ogni caso, ferma la disciplina in materia di poteri di vigilanza regolamentare, informativa, ispettiva e sanzionatori esercitati dalla Consob sui soggetti abilitati e sulle imprese di assicurazione nonché sui prodotti finanziari.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 marzo - 4 luglio 2013, numero 16746 Presidente Vitrone – Relatore Scaldaferri Svolgimento del processo La Compagnia Tirrena di Assicurazioni s.p.a., già sottoposta con D.M.15.4.1992 a gestione commissariale straordinaria a norma della legge numero 576/1982, venne ammessa poi con D.M. 31.5.1993 alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, ed il commissario liquidatore chiese al Tribunale di Roma, a norma dell'articolo 202 L.Fall., la dichiarazione di insolvenza della società. Il ricorso, notificato sia al dottor G A. , quale presidente e legale rappresentante della società prima del commissariamento, sia al commissario straordinario, venne accolto dal Tribunale con sentenza depositata il 22 giugno 1994. L'opposizione proposta da G A. , A.L. e R T. - rispettivamente presidente e membri del Consiglio di Amministrazione in carica fino al commissariamento della società - venne accolta dal tribunale con sentenza del 29 ottobre 2002, che dichiarò la nullità della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza affermando che, nella specie, la società non era stata posta in grado di difendersi - a norma dell'articolo 195 comma 2 L.Fall. come modificato dalla sentenza della Corte Cost. numero 110/1972 -, essendo le persone delle quali era stata disposta la comparizione prive di legittimazione a rappresentare l'ente l'A. perché con il commissariamento gli organi sociali erano stati sciolti, ed i commissari perché, decorso il periodo di gestione straordinaria, erano cessate le loro funzioni, si che sarebbe stato necessario provocare la nomina di un curatore speciale ex articolo 78 cod.proc.civ La Corte d'appello di Roma, investita del gravame proposto dal Commissario Liquidatore, cui resistevano l'A. l'A.L. ed il T. ribadendo le ragioni di fondatezza dell'opposizione anche nel merito, ha, in riforma della sentenza di primo grado, rigettato l'opposizione, ritenendo a che, alla luce dell'orientamento espresso da questa Corte di legittimità Sez. 1 numero 17014/2004 secondo cui il contraddittorio per la dichiarazione di insolvenza deve essere instaurato nei confronti degli organi esterni della società ancorché già cessati per effetto dello scioglimento disposto per legge, il procedimento camerale si è nella specie svolto regolarmente con la partecipazione di tutti i soggetti legittimati a parteciparvi b che, nel merito, l'opposizione è priva di fondamento, atteso che, tenendo presente la peculiare caratteristica delle imprese assicurative - le quali, acquisendo l'utile con la raccolta premi prima dell'esborso dei corrispettivi con il pagamento degli indennizzi c.d. ciclo invertito , sono obbligate dalla normativa regolante la loro attività a costituire adeguate riserve per il pagamento dei sinistri relativi ai contratti per i quali il premio è già stato incassato -, rettamente la sentenza dichiarativa aveva ritenuto che l'insolvenza di tali imprese può sussistere anche in assenza di debiti insoluti, quando risulti che le risorse finanziarie utilizzate per pagare le indennità assicurative maturate siano superiori a quelle accantonate per ciascun periodo di rischio nelle riserve obbligatorie e provengano dalle somme accantonate per rischi diversi e cronologicamente successivi a quelli ai quali i pagamenti si riferiscono c che, nella specie, tale era la situazione della Tirrena nell'aprile 1992 da un lato, la società non era stata in grado di dar corso in alcun modo alla urgente necessità - più volte evidenziata da oltre un anno dallo stesso Consiglio di Amministrazione in sintonia con i rilievi sollevati dall'I.S.V.A.P. - di forte ricapitalizzazione per 300 miliardi di lire onde assicurare la copertura del fabbisogno del margine di solvibilità e degli impegni tecnici a fronte delle ingentissime perdite manifestatesi sin dall'esercizio 1990 e progressivamente aggravatesi, dall'altro la entità sottostimata della riserva sinistri, risultante dalla analisi condotta dai periti nominati in sede penale, implica che la situazione patrimoniale era ancor più grave di quella considerata dal consiglio di amministrazione. Avverso tale sentenza G A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso il Commissario liquidatore. R T. non ha svolto attività difensiva, mentre L A. ha, a sua volta, proposto ricorso incidentale per cinque motivi, cui resiste con controricorso il Commissario liquidatore. Quest'ultimo e L A. hanno depositato memorie illustrative. Motivi della decisione 1. Deve innanzitutto, a norma dell'articolo 335 cod.proc.civ., provvedersi alla riunione dei due ricorsi proposti avverso la stessa sentenza. 2. Il ricorso principale si basa su quattro motivi. 2.1. Con i primi due si censura la ritenuta legittimazione dell'A. , quale titolare dell'organo amministrativo sciolto e sostituito dal commissario straordinario nominato dall'I.S.V.A.P. a norma della legge numero 576/1982, a resistere al ricorso ex articolo 202 l. fall., deducendo - con il primo motivo, il difetto di motivazione in ordine alla soluzione di continuità che si sarebbe, nel caso in esame a differenza del caso dell'E.F.I.M., nel quale era intervenuta la sentenza richiamata dalla Corte territoriale realizzata tra la cessazione degli organi sociali di gestione e di controllo e l'apertura della liquidazione coatta, e quindi la violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 15, 195 e 202 L. Fall. e dell'articolo 78 c.p.c. - con il secondo motivo, la falsa applicazione dell'articolo 202 L.Fall. avendo la Corte di merito verificato lo stato di insolvenza con riferimento alla data di scioglimento del consiglio di amministrazione della società anziché a quella della messa in liquidazione coatta, come prescritto dall'articolo 202. 2.2. Con il terzo ed il quarto motivo si censura l'accertamento circa lo stato di insolvenza, deducendo - con il terzo, la falsa applicazione degli artt. 5 e 202 L. Fall. ed il vizio motivazionale per essersi la Corte territoriale - senza nemmeno valutare la richiesta di ammissione di c.t.u. - basata su elementi che non sarebbero rivelatori di tale stato potendo giustificare solo la sottoposizione della impresa assicurativa a liquidazione coatta amministrativa - con il quarto motivo, il vizio motivazionale consistente nel non aver considerato il cospicuo valore di avviamento realizzabile, in tesi, attraverso la cessione del portafoglio clienti. 3. Con il ricorso incidentale, L A. pone sostanzialmente le stesse questioni sollevate nel ricorso principale. 4. Le doglianze dei ricorrenti non meritano accoglimento. 5. Quanto alla dedotta invalidità del procedimento per difetto di legittimazione delle persone chiamate a parteciparvi in rappresentanza della società dichiarata insolvente, la sentenza d'appello, evidenziato che il ricorso era stato notificato sia all'A. sia al commissario straordinario, ha statuito che non solo il presidente del consiglio di amministrazione ma tutti i soggetti legittimati sono stati chiamati a partecipare al procedimento , ed ha quindi implicitamente ritenuto non necessaria la nomina di un curatore speciale. Tale statuizione resiste alle critiche esposte dai ricorrenti, incentrate sulla differenza intercorrente tra il caso regolato dalla sentenza richiamata dalla Corte territoriale Cass. Sez. 1^ numero 17014/04, che ha indicato come legittimati, nel caso dell'EFIM, gli organi sociali esterni in carica al momento del commissariamento e non il commissario in carica al momento del decreto di sottoposizione alla L.C.A. e quello qui in esame. Le pur prospettabili differenze tra la soppressione dell'E.F.I.M. disposta con legge numero 487/1992 e il commissariamento a norma dell'articolo 7 della legge numero 576/1982 come modificato dall'articolo 2 legge numero 20/1991 , cui nel caso della Tirrena si era dato corso, non sono invero idonee ad incidere sulla ratio indicata dalla richiamata pronuncia, in continuità con un precedente significativo arresto Cass. Sez. 1^ numero 9881/1997 , peraltro intervenuto a regolare una fattispecie che - ancor più della vicenda dell'E.F.I.M. - si mostra in tutto analoga a quella qui in esame, giacché anche lì la liquidazione coatta era stata preceduta dal commissariamento della Compagnia assicurativa, poi dichiarata insolvente. Ratio che poggia fondamentalmente sul rilievo secondo cui, poiché lo stato di insolvenza non può che riferirsi alla attività di gestione anteriore alla nomina del commissario liquidatore e quindi alla stessa società quale conseguenza dell'attività gestoria dei suoi organi, il contraddittorio sul relativo accertamento deve costituirsi nei confronti degli ultimi titolari dell'organo esterno della società prima della sottoposizione alla liquidazione coatta, indipendentemente dal fatto che, alla data del relativo decreto ministeriale, le loro funzioni ordinarie, anche di rappresentanza, fossero già cessate - o meglio sospese - perché la legittimazione a interloquire su vicende che attengono alla gestione sociale anteriore alla liquidazione stessa non può che attribuirsi a coloro che hanno posto in essere tale gestione, essendo peraltro oltre che sottoposti alle responsabilità che possono derivare dall'accertamento della insolvenza in grado di validamente interloquire su tali vicende. Si fa leva cioè su una duplicità di argomenti concorrenti, uno inerente all'oggetto dell'accertamento, l'altro basato sulla considerazione che il subentro del commissario liquidatore agli organi statutari della società comporta non la cessazione di tali organi bensì la sospensione delle funzioni da essi esercitate articolo 200 L. fall. , che non preclude il riconoscimento in loro favore, per le concorrenti ragioni indicate, della legittimazione ad audiendum, a norma dell'articolo 195 comma 2 L. fall. nel testo all'epoca vigente come modificato dalla Corte Costituzionale con sentenza numero 110/1972 , quali rappresentanti dell'imprenditore collettivo. Ciò ancor più vale nel caso, qui ricorrente, in cui la sottoposizione della società a liquidazione coatta sia stata preceduta nella specie poco più di un anno prima dal commissariamento della società stessa a norma dell'articolo 7 della legge numero 576/1982 la gestione straordinaria che, in virtù di tale norma, venne disposta ha comportato l'attribuzione al commissario di nomina pubblica, per un periodo di tempo limitato e con il precipuo scopo di eliminare le irregolarità riscontrate, le funzioni proprie degli organi di gestione ordinaria, e non vi è ragione - né invero è stata indicata - per ritenere che a tale gestione straordinaria siano conseguiti effetti più incisivi rispetto a quelli derivanti dalla successiva sottoposizione della società a liquidazione coatta, tali da escludere la persistenza - al limitato fine sopra indicato - dell'organo ordinario di gestione. Vero è che quest'ultimo non può interloquire - né vi ha interesse - su quanto avvenuto durante il periodo di gestione straordinaria ma ciò, piuttosto che condurre alla attribuzione della legittimazione ad un soggetto estraneo quale il curatore speciale ex articolo 78 cod.proc.civ. il cui intervento costituisce del resto l'extrema ratio di chiusura del sistema , giustifica semmai la scelta, operata nella specie, di estendere il contraddittorio al commissario straordinario, in relazione alle vicende che hanno riguardato il periodo del commissariamento. In tale contesto, anche la questione relativa alla data in relazione alla quale va verificato lo stato di insolvenza si mostra priva di rilevanza decisiva. Il fatto che la Corte di merito abbia accertato che lo stato di insolvenza sussisteva già al momento del commissariamento della Tirrena, tredici mesi prima della apertura della liquidazione coatta alla quale fa riferimento l'articolo 202 L. fall. , non solo non inficia di per sé tale accertamento in assenza di qualsivoglia allegazione di dati o circostanze dai quali possa desumersi che tale stato fosse eventualmente ipotesi peraltro non risultante neppure prospettata venuto meno nell'intervallo tra il commissariamento e la messa in liquidazione coatta cfr. Cass. numero 9881/97 cit. , ma soprattutto non conduce a ritenere che il contraddittorio sia stato irregolarmente instaurato nei confronti della società, proprio perché sono stati chiamati a partecipare al procedimento sia il titolare dell'organo amministrativo al momento del commissariamento sia il commissario per il periodo successivo fino alla messa in liquidazione coatta. Non mancando dunque nella specie i soggetti legittimati a contraddire all'istanza, non era necessaria la nomina del curatore speciale, che peraltro sarebbe ben arduo ritenere - come sostenuto dall'A. e dall'A.L. la cui iniziativa di opporsi, anche nel merito, all'accertamento dello stato di insolvenza compiuto dal Tribunale mostra del resto l'intrinseca contraddittorietà con le loro tesi - idonea a garantire la piena effettività del diritto di difesa della società. 6. Quanto all'accertamento dello stato di insolvenza, le critiche dei ricorrenti - a prescindere dalla inammissibilmente generica doglianza sulla mancata adozione dello strumento della c.t.u. - si risolvono, da un lato, in richieste inapprezzabili di riesame nel merito delle valutazioni espresse dalla Corte territoriale cfr. ad esempio le considerazioni sul carattere nella specie fisiologico della sottostima della riserva sinistri, o sulla inattendibilità delle stime operate nella specie per determinare il valore adeguato di tale riserva , dall'altro nella prospettazione della tesi infondata secondo la quale, in sostanza, le peculiarità del ciclo produttivo della impresa assicurativa, che ispirano la normativa che ne regola l'attività, non potrebbero incidere sulla rilevazione dei sintomi della sua insolvenza a norma dell'articolo 5 L. Fall., per la quale - secondo i criteri generali - non sarebbe sufficiente la presenza di un deficit patrimoniale. Tesi infondata sotto più profili. In primo luogo, un assai marcato sbilanciamento tra attivo e passivo patrimoniale non può certo considerarsi privo di rilevanza ai fini dell'accertamento in questione esso costituisce piuttosto uno dei tipici fatti esteriori da valutare attentamente in quanto, a norma dell'articolo 5 l. fall., si mostrano rivelatori dell'impotenza dell'imprenditore a soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, anche se di per sé solo non fornisce la prova dell'insolvenza, potendo essere superato da circostanze obiettive che giustifichino la prospettiva di un futuro andamento favorevole in un contesto di persistente fiducia della quale goda l'impresa sul mercato cfr. tra molte Sez. 1^ numero 4727/04 numero 26217/05 numero 9408/06 numero 5215/08 . Ipotesi, questa, che la Corte di merito ha escluso con motivazione più che congrua oltre che immune da vizi logici, osservando puntualmente come non abbiano avuto alcun esito i molteplici tentativi della Tirrena di procurarsi, mediante ricapitalizzazione, le risorse finanziarie indispensabili per assicurare la continuazione dell'attività entro i margini di solvibilità che lo stesso Consiglio di amministrazione, pur tenendo conto di dati di bilancio erroneamente sottostimati, aveva ritenuto necessario ed urgente ripristinare. D'altra parte, neppure può convenirsi sulla irrilevanza, ai fini dell'accertamento in questione, delle peculiarità dell'impresa assicurativa, con particolare riferimento alla relazione che deve sussistere tra le risorse finanziarie che vengono utilizzate per il pagamento degli indennizzi e le risorse accantonate per ciascun periodo di rischio nelle riserve obbligatorie il fatto che una impresa assicurativa, per l'inadeguatezza delle riserve accantonate, si trovi costretta a pagare gli indennizzi utilizzando la liquidità riveniente dai premi raccolti, che deve essere destinata a coprire rischi non ancora maturati, ben può costituire - a prescindere dalla qualificazione come grave irregolarità di gestione per violazione delle norme regolatrici - un chiaro indice di incapacità di adempiere regolarmente, o con mezzi normali, alle proprie obbligazioni, non potendosi ritenere normale che dall'adempimento derivi uno squilibrio nella situazione economica dell'impresa tale da precludere il rispetto degli impegni presi nei confronti dei creditori. Quanto infine alla doglianza circa la mancata considerazione del in tesi cospicuo valore di avviamento della Tirrena, deve escludersi che tale valore possa essere considerato come componente attiva del patrimonio della società sino a che la società resti titolare dell'azienda. Tale principio vale non solo ai fini della redazione del bilancio di esercizio articolo 2426 numero 6 cod.civ., che fa salva la sola ipotesi della capitalizzazione del corrispettivo pagato per l'acquisto dell'azienda , perché il valore di avviamento è realizzabile solo a condizione di vendere l'azienda, e tale alienazione, essendo incompatibile con la continuazione dell'impresa collettiva, presuppone la sua messa in liquidazione. Poiché, come si è detto, nella specie l'accertamento sulla insolvenza della Tirrena deve essere riferito alla situazione esistente nel periodo anteriore al decreto che ne ha disposto la liquidazione coatta, non può che concludersi per la irrilevanza del valore di avviamento ai fini di tale giudizio. 7. Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese, che si liquidano come in dispositivo tenendo conto cfr. S.U. numero 17406/12 di quanto stabilito dal D.M. 20 luglio 2012 in attuazione dell'articolo 9 comma 2 D.L. numero 1/2012 conv. in Legge numero 271/2012. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 15.200,00 - di cui Euro 15.000 per compenso - oltre accessori di legge.