I professionisti sono obbligati ad accettare i pagamenti superiori a 30 euro mediante POS

Respinto il cautelare dei Collegi Nazionali degli Architetti e degli Ingegneri contro questo obbligo perentorio, imposto dal d.m. del MEF del 24 gennaio 2014 pubblicato nella G.U. numero 21/14 , attuativo dell’articolo 15, comma V, d.l. numero 179/12 l. numero 221/12 , al quale i professionisti privati e gli imprenditori dovranno assolvere.

L’ordinanza numero 1932, emessa dal Tar Lazio, sez. III ter, il 30 aprile 2014 esplica le regioni per le quali non è stata accolta la richiesta di sospensiva dell’onere imposto dal citato d.m., confermando, così, questo obbligo di accettare i pagamenti, superiori ad € 30, effettuati «tramite carte di debito» e, quindi di dotarsi di un sistema POS, per consentire tale modalità di saldo. Il caso. Il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori agiva contro il MEF e la Banca d’Italia per chiedere la sospensione dell’efficacia e l’annullamento di detto Decreto. Interveniva il Consiglio Nazionale degli Ingegneri. Il Tar ha, però, rigettato il ricorso per una pluralità di motivi. L’articolo 2 introduce un termine di decorrenza differenziato per l’attuazione di questo onere che grava su tutti i professionisti privati, come i ricorrenti e sugli imprenditori «di cui all’articolo 1, lett. D , per lo svolgimento di attività di vendita di prodotti e prestazione di servizi il cui fatturato dell’anno precedente a quello nel corso del quale è effettuato il pagamento sia superiore a duecentomila euro». Per queste categorie l’obbligo è scattato immediatamente, per gli altri operatori era stato deferito al 30 gennaio 2014. Natura della norma e carenza del fumus boni iuris. Questo dovere è imposto perentoriamente dall’articolo 9, comma XV bis, d.l. numero 179/12, perciò la norma contestata è un «atto di normazione secondaria, attuativo di quanto disposto» da questa fonte legale, di cui rispetta «i limiti contenutistici ed i criteri direttivi». Il DM, nell’attuarla, si è solo limitato a stabilire il suddetto termine di decorrenza differenziato e «l’importo minimo dei pagamenti ai quali si applica la nuova disposizione di legge peraltro ai sensi dell’articolo 15, comma 5, d.l. cit. la fissazione di “importi minimi” da parte della fonte secondaria è espressamente indicata come “eventuale” ». Nessun eccesso di potere o sviamento della legge. Ergo il provvedimento impugnato è esente da tali vizi. Infine i ricorrenti sollevano una questione d’illegittimità costituzionale «dell’articolo 15 d.l. numero 179/2012 alla luce degli articolo 23 e 77 Cost.» ed eccepiscono una violazione anche dell’articolo 41 Cost. Contestano, però, la fonte, ma non il d.m. oggetto di ricorso. Queste critiche, dunque, necessitano di approfondimenti ulteriori non consentiti in sede di cautelare. Assenza di pregiudizi. I costi organizzativi ed economici relativi all’acquisto del POS per adempiere a tale obbligo di legge «hanno natura prettamente economica». Perciò il Tar ha ritenuto «carente la dimostrazione dell’irreparabilità del pregiudizio, richiesta dall’articolo 55, comma 1, c.p.a., che non può riferirsi al Consiglio dell’Ordine come ente esponenziale della categoria mentre, con riferimento al singolo professionista ricorrente tale pregiudizio non può esaurirsi nella generica allegazione di danni meramente patrimoniali, in assenza di deduzioni sulla situazione economica dell’interessato, tali da far ipotizzare un esito potenzialmente irreversibile, in caso di mancata sospensione degli effetti del provvedimento». Il cautelare è stato, quindi, rigettato, compensando le spese, vista «la peculiarità della fattispecie» e ordinando all’Amministrazione l’esecuzione della presente ordinanza.

TAR Lazio, sez. III – ter, ordinanza 29 – 30 aprile 2014, numero 1932 Presidente Daniele – Estensore Vallorani Osserva Ritenuto che, alla luce della sommaria delibazione dell’atto impugnato e dei motivi di ricorso, la domanda diretta all’annullamento del Decreto Ministeriale in epigrafe atto di normazione secondaria, attuativo di quanto disposto dal D.L. numero 179 del 2012, convertito in L. 17 dicembre 2012, numero 221 non appare caratterizzata da evidente “fumus boni juris”, atteso che il Decreto impugnato sembra rispettare i limiti contenutistici ed i criteri direttivi fissati dalla richiamata fonte legislativa che, all’articolo 9, comma 15-bis, impone perentoriamente ed in modo generalizzato che “a decorrere dal 30 giungo 2014, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazioni di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito.” ritenuto che con il Decreto impugnato il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, ha dato attuazione al suddetto obbligo generale di fonte legale relativo all’uso tendenzialmente generalizzato delle carte di debito per le transazioni commerciali limitandosi a prevedere, nel rispetto della norma attributiva del potere di normazione secondaria cfr. articolo 15, comma 5, D.L. numero 179 del 2012 , un termine di decorrenza differenziato in relazione a distinte classi di imprese e professionisti obbligo immediato per imprese e professionisti il cui fatturato, nell’anno precedente a quello nel corso del quale è stato effettuato il pagamento, sia stato superiore ai duecentomila euro obbligo differito al 30 giugno 2014 per tutti gli altri operatori e l’importo minimo dei pagamenti ai quali si applica la nuova disposizione di legge peraltro ai sensi dell’articolo 15, comma 5, D.L. cit. la fissazione di “importi minimi” da parte della fonte secondaria è espressamente indicata come “eventuale” Considerato, pertanto, che ad una prima e - inevitabilmente – sommaria valutazione, l’atto impugnato non sembra viziato dalle illegittimità dedotte in ricorso, né sotto il profilo della violazione di legge né sotto quello dell’eccesso/sviamento del potere ritenuto che le censure ulteriormente svolte dai ricorrenti mediante il richiamo ai parametri costituzionali di cui agli articolo 23 e 41 Cost. cfr. parte delle censure di cui al primo motivo di ricorso non sembrano riferibili all’atto impugnato ma, semmai, all’atto avente forza di legge da cui esso promana mentre i ricorrenti pongono espressamente, nel motivo di ricorso sub 2, la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 15 D.L. 179 del 2012 alla luce degli articolo 23 e 77 Cost. ritenuto che le predette questioni, involgenti il Decreto impugnato non in via diretta bensì in via derivata, al pari della sollevata questione di legittimità costituzionale della disposizione impongono approfondimenti ulteriori, non consentiti nella presente sede cautelare Ritenuto altresì che il pregiudizio allegato, in relazione ai costi organizzativi ed economici connessi all’acquisto del POS reso obbligatorio dalla norma in discorso, ha natura prettamente economica ritenuta, sotto tale ultimo profilo, carente la dimostrazione dell’irreparabilità del pregiudizio, richiesta dall’articolo 55, comma primo, c.p.a., che non può riferirsi al Consiglio dell’Ordine come ente esponenziale della categoria mentre, con riferimento al singolo professionista ricorrente tale pregiudizio non può esaurirsi nella generica allegazione di danni meramente patrimoniali, in assenza di deduzioni sulla situazione economica dell’interessato, tali da far ipotizzare un esito potenzialmente irreversibile, in caso di mancata sospensione degli effetti del provvedimento ritenuto di compensare le spese della presente fase, stante la peculiarità della fattispecie P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza Ter respinge l’istanza cautelare spese di fase compensate. La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.