La decisione in oggetto ha considerato la condotta del direttore di un giornale, che aveva acquistato e successivamente pubblicato le immagini scattate da un fotografo, invadendo illegittimamente la sfera privata di un noto politico italiano. Il giudice ha ritenuto che nel caso di specie si siano configurati entrambi i reati di cui al capo di imputazione ricettazione articolo 648 c.p. e interferenze illecite nella vita privata articolo 615 bis, comma 2, c.p. .
Dal punto di vista astratto, la decisione appare condivisibile e ben argomentata, poiché ha avuto modo di distinguere i confini del diritto di cronaca con le garanzie costituzionali protese a tutelare il domicilio, dando la prevalenza a queste ultime. Certamente contro tale decisione vi sarà appello e verosimilmente interverrà a dirimere ogni aspetto una pronuncia della Corte di Cassazione. Tuttavia, qui non interessa l’esito finale, che avrà il predetto giudizio, nonostante la notorietà dell’imputato e della parte offesa, quanto illustrare i profili giudici di carattere generale. Il caso . Tutto nasce da una serie di fotografie, ritraenti un noto politico in situazioni piuttosto particolari con giovani donne all’interno di una propria villa, fotografie pubblicate in anteprima mondiale su un diffuso periodico italiano. Secondo l’accusa tale condotta del direttore era meritoria di censura sotto un duplice profilo avendo l’imputato acquistato immagini procacciate in maniera illegittima e comunque in violazione del disposto dell’articolo 615 bis, comma ,1 c.p., egli doveva rispondere di ricettazione, non avendo concorso nella captazione di tali immagini nello stesso modo, avendo successivamente il direttore pubblicato dette immagini sul proprio giornale, questi doveva rispondere anche per l’illecita diffusione di tali immagini ex articolo 615 bis, comma 2, c.p La difesa ha opposto una serie di obiezioni, che nella sostanza si incentravano sulla mancanza dei presupposti per l’integrazione della fattispecie di cui al primo comma dell’articolo 615 bis c.p. e sulla scriminante relativa al diritto di cronaca. Sul primo aspetto il giudice ha avuto modo di evidenziare che le foto incriminate riguardavano certamente fatti, che si svolgevano all’interno di una privata dimora e che attenevano alla vita privata. La villa in questione, infatti, benché di straordinarie dimensioni era comunque un luogo privato, poiché nessuno poteva intervenire od accedervi se non espressamente autorizzato, e i fatti rappresentati concernevano atteggiamenti e condotte proprie del soggetto titolare di tale villa e non riguardavano né direttamente né indirettamente alcuna funzione pubblica. D’altra parte, ciò che era stato documentato non poteva essere in alcun modo visibile ad occhio nudo al di fuori della villa, come è stato possibile dimostrare da una analisi puntuale e tecnica delle immagini e avuto riguardo alle concrete tecnologie all’epoca utilizzate per scattare le predette immagini il che escludeva a fortiori la possibilità di fare appello ad ogni argomentazione protesa a far cadere il carattere di riservatezza ai fatti rappresentati. Relativamente al secondo aspetto e, dunque, alla possibilità di invocare la scriminante del diritto di cronaca il giudice, pur prendendo atto della verità dei fatti, della pertinenza della notizia dato l’indubbio interesse pubblico a conoscere le innocue “bagatelle” del politico interessato e della continenza formale dell’articolo, ha escluso la sussistenza di tale causa di giustificazione, poiché il diritto di cronaca non può giustificare la lesione di diritti fondamentali. Violata la riservatezza domiciliare. Più precisamente, a detta del giudice se era indubbio che l’imputato aveva rispettato i limiti interni del diritto di cronaca, questi aveva oltrepassato quelli esterni poiché si era violata la riservatezza domiciliare. Sul punto si è avuto modo di richiamare, con dovizia di citazioni, non solo la giurisprudenza costituzionale e di legittimità ma anche quella della CEDU, giurisprudenza che in effetti è sostanzialmente unanime nel considerare come non scriminata la pubblicazione di notizie o immagini acquisite surrettiziamente o illecitamente. Da qui la conclusione per cui non sarebbe possibile legittimare «l’esercizio del diritto di cronaca quando esso si esplichi con modalità non permesse dall’ordinamento o, ancor di più, quando utilizzi notizie e immagini ottenute in spregio alla norma di legge». Date le premesse suddette il giudice non poteva non concludere per la sussistenza delle fattispecie contestate, fattispecie che peraltro non potevano ritenersi, sul piano formale, strutturate secondo un chiaro schema di specialità, attesa anche la diversa natura del bene tutelato dalle norme in questione. Considerazioni finali . E’ sempre più frequente il desiderio di apprendere ogni aspetto della vita dei politici specie nostrani vuoi per conoscerli meglio, vuoi per poter comprendere la loro affidabilità e coerenza istituzionale. Ciò pare del tutto naturale, posto che, in fondo, chi riveste una carica istituzionale chiede una fiducia e la fiducia, se a tale termine vuole darsi un significato non fittizio, non è atto puramente irrazionale, dovendosi comunque fondare su dati particolari e su una conoscenza non superficiale della persona. E’, però, altrettanto indubitabile che la persona nota , sia o meno un politico di professione, deve godere di una sfera di protezione invalicabile, poiché egli è e rimane uomo come tutti e per l’effetto non può perdere ogni riservatezza e ambito di libertà. Da questo punto di vista, è indubitabile che non possa ammettersi la pubblicazione di immagini acquisite violando la legge penale il diritto di cronaca può giustificare una non responsabilità del giornale sotto il profilo della lesione del diritto all’onore, ma non anche gli illeciti pregressi né può essere una causa di giustificazione a tutto campo per legittimare la pubblicazione di ogni notizia riguardante persone famose . Ciò che rileva ai fini di cui si tratta è comprendere se il fatto rappresentato sia di per sé illecito dal punto di vista criminale qui non vi è margine per la sussistenza dell’articolo 615 bis c.p. poiché non può ritenersi attinente alla vita privata la violazione di norme penali. In tal caso, del resto, varranno garanzie formali e procedure autorizzative protese ad impedire che con la scusa di ricercare reati o di precostituirsi una prova si giustifichino registrazioni e diffusioni a tutto campo della vita altrui. Ma ciò detto, ove non possa ammettersi una documentazione visiva o sonora, in vista di un futuro diritto di cronaca, di quel che accade, tutto, però, può essere impresso nella memoria personale e oggetto di iniziative sul piano della vita privata e personale. Qui non vi sono limiti e non ha senso di porli se non sul piano morale. Ma se la moralità non trova spazio vero nei mass media , essendo sempre più assente come valore nella cultura dominante, non si può pretendere che essa viva nelle case dei singoli o che essa risorga sol perché si pubblichino immagini più o meno imbarazzanti di questa o quella personalità. Dopo tutto, in queste circostanze le ragioni, che spingono ad acquistare il giornale, si confondono assai spesso con sollecitazioni di mesta curiosità di circostanza e una tale curiosità, poiché non ci muove a guardare oltre le apparenze e a ricercare lo vero , almeno nello stato attuale delle cose, non assurge a rango di diritto fondamentale.
Tribunale di Milano, sez. Penale, sentenza 1 13 marzo 2013 Giudice Guadagnino Motivi della decisione Con decreto emesso in data 7.6.2010 G.B. veniva citato a giudizio davanti a questo Tribunale in composizione monocratica per rispondere, quale direttore responsabile del settimanale “OGGI”, dei delitti meglio descritti in epigrafe. Concesso un breve rinvio del processo per consentire una definizione transattiva con la parte lesa S.Be., all’udienza del 31.5.2011 il Giudice rigettava, come da ordinanze di cui a verbale, l’eccezione di inammissibilità della costituzione di parte civile nonché la richiesta volta ad ottenere in via preliminare, ex articolo 129 c.p.p., declaratoria di non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di cui all’articolo 648 c.p Aperto il dibattimento e ammesse le prove richieste dalle parti, all’udienza del 20.9.2011 il difensore della parte civile faceva presente l’impedimento a comparire del proprio assistito per impegni istituzionali formulando contestualmente richiesta di assumere la sua deposizione a Roma, presso Palazzo Chigi, stante l’opposizione della difesa dell’imputato ad acquisire e utilizzare la denuncia-querela si procedeva quindi solamente alla escussione testimoniale dell’Ag. D.G.L Alla successiva udienza dell’11.11.2011 il difensore della parte civile comunciava la disponibilità di Be. a presenziare ad altra udienza che veniva quindi fissata per il 9.12.2011. Assunta la deposizione di Be., nella successiva udienza del 17.2.2012 venivano sentiti il CT della parte civile Sala Remo nonché il Cap. della Stazione dei CC di Olbia Br.L. e il teste Z.S., introdotti dalla difesa dell’imputato. Nel corso della successiva udienza dell’11.5.2012 si procedeva all’esame del teste Z.A., sentito ex articolo 210 c.p.p. con l’assistenza del difensore, e all’udienza del 20.7.2012 venivano ascoltati gli ulteriori testimoni citati dalla difesa dell’imputato P.B., S.A., e Bonumero P. all’esito, B.G. rendeva spontanee dichiarazioni. L’udienza fissata per il 26.10.2012 doveva essere rinviata a causa dell’assenza del Giudice, impegnata in altro procedimento collegiale. Alla successiva udienza del 16.11.2012 il Giudice non raccoglieva la sollecitazione della difesa di parte civile ad astenersi dal proseguire il giudizio per ragioni di convenienza a seguito della intervenuta pronuncia di una sentenza di condanna emessa nei confronti di Be.S. per reati fiscali e quindi l’istruttoria si concludeva all’udienza del 16.11.2012 nel corso della quale, previa rinuncia della difesa dell’imputato all’esame dei restanti testimoni di cui alla lista depositata, veniva esaminato il fotoreporter Se.M., indicato come consulente. Esaurita l’istruttoria, all’udienza del 18.1.2013 le parti rassegnavano le rispettive conclusioni e il processo veniva rinviato per eventuali repliche nelle more la difesa dell’imputato depositava una memoria ex articolo 121 c.p.p. e quindi, all’udienza dell’1.3.2013, il Giudice decideva la causa come da dispositivo trascritto in calce al presente atto di cui dava lettura. Il procedimento trae origine da una denuncia-querela presentata da S.Be. nella quale lamentava l’illecita pubblicazione sul numero 17 del settimanale “Oggi”, all’epoca diretto dall’attuale imputato B.G. e uscito in edicola il 17.4.2007, di quindici fotografie scattate abusivamente all’interno della sua dimora di Villa Certosa nei precedenti giorni festivi di Pasqua. Poiché le immagini erano state captate dal fotografo Z.A., nei confronti di quest’ultimo veniva iscritto un procedimento penale presso il Tribunale di Tempio Pausania, sezione dist.di Olbia, per violazione degli articolo 614 e 615 bis c.p 1 E’ opportuno ricordare brevemente la cronologia dei fatti succedutisi alla prima pubblicazione che è oggetto del presente processo. Da quanto risulta documentato in atti, la diffusione delle immagini veniva bloccata dal Garante per la protezione dei dati personali con i provvedimenti emessi su istanza di Be. in data 21.4.2007 e 13.9.2007, essendo stata ravvisata la violazione da parte dell’editore del settimanale “OGGI”, RCS PERIODICI spa, e di Azphotos sas degli articolo 11 c.1 lett. a del D.lvo 196/03 e 3 del Codice deontologico dei giornalisti. Si tratta di provvedimenti emessi nei confronti di soggetti diversi da B. e non definitivi poiché sono stati impugnati in sede civile dagli interessati e la questione è tuttora pendente avanti alla Corte di Cassazione 2 . Dunque il loro contenuto è in questa sede pacificamente non inutilizzabile a fini probatori. Nel frattempo l’ulteriore diffusione delle fotografie proseguiva ad opera di altri giornali e riviste, ivi compreso “Il Corriere della Sera” nei confronti del cui editore veniva emesso in data 5.11.2007, nell’ambito di un procedimento inizialmente iscritto contro ignoti, un provvedimento di sequestro preventivo del GIP presso questo Tribunale, confermato dal Tribunale del Riesame con ordinanza del 27.11.2007 e quindi dalla Corte di Cassazione 3 . La valenza dei principi affermati in tali provvedimenti, ai quali B. è comunque sempre estraneo, è tipicamente ed esclusivamente cautelare. Ciò premesso, all’esito dell’approfondita istruttoria dibattimentale, è emersa la seguente ricostruzione dei fatti rilevanti per la valutazione delle imputazioni a carico del direttore B E’ in atti una copia della rivista contenente il servizio “in esclusiva mondiale” con le quindici immagini censurate. E’ pacifico che si tratta dell’onumero Be. in compagnia di cinque ragazze all’interno del parco di Villa Certosa in Sardegna. Com’è noto e come risulta dagli atti acquisiti oltre che dalla descrizione fatta dal querelante in dibattimento, la villa consiste in una vastissima tenuta composta da diverse unità immobiliari adibite non solo ad abitazione ma anche a bar, pizzeria e altro nonché da parchi, giardini e laghi di varia natura e dimensione 4 . Gli scatti ritraggono in modo abbastanza nitido le predette persone mentre camminano lungo un vialetto, sostano all’interno di un gazebo e sopra a una chiatta del laghetto. Come evidenziano titoli, sottotitoli e didascalie del servizio “L’Harem di Be.”, “Le bagattelle di Be.”, le immagini ritraggono Be. mentre tiene un comportamento scherzoso e affettuoso nei confronti delle ragazze ne prende due sulle ginocchia, infila una mano sotto la maglia di quella seduta a destra e contemporaneamente appoggia l’altra mano sulla pancia di quella a sinistra. Nelle altre foto in sequenza si vede Be. incamminarsi lungo un vialetto facendo una specie di marcetta e tenendo per mano la ragazza con i capelli rossi alla fine Be. è raggiunto dalle altre ospiti, ne prende per mano due e continua la passeggiata per poi fermarsi nella chiatta sul laghetto. E’ sostanzialmente pacifico che, quantomeno all’epoca del servizio fotografico, Villa Certosa era una residenza privata nella disponibilità esclusiva di Be. 5 , che non ricopriva più la carica di Presidente del Consiglio 6 pertanto, sotto il profilo oggettivo, l’intera struttura – comprensiva delle sue appartenenze-rientra appieno nel concetto di privata dimora indicato nell’articolo 614 c.p., norma che tutela il domicilio nella sua integrità territoriale in linea con il riconoscimento di tale diritto da parte dell’articolo 14 della Costituzione Italiana e poi, a livello internazionale, da parte dell’omologo articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, resa esecutiva con L. 4 agosto 1955 numero 848. In proposito giova rammentare che, ai fini dell'articolo 614 c.p., deve intendersi per privata dimora qualsiasi luogo destinato permanentemente o transitoriamente alla esplicazione della vita privata o delle attività lavorative. Il concetto di privata dimora è, pertanto, più ampio di quello di casa di abitazione, rientrando in esso ogni altro luogo, diverso dalla casa di abitazione, dove la persona si sofferma per compiere, anche in modo contingente e provvisorio, atti della sua vita privata Cass. numero 10531 del 26.10.1983 che l'attualità dell'uso di un locale pertinente all’abitazione non implica la sua continuità e non viene meno in ragione dell'assenza, più o meno prolungata nel tempo, dell'avente diritto Cass. numero 29934 del 16.06.2006 e numero 48528 del 06.10.2011 . Né può argomentarsi la qualificazione pubblica dei luoghi ripresi nelle foto in questione sulla base di quanto riferito dal portavoce di Be., Bonumero P., oltre che dallo stesso Be. e da alcune delle sue ospiti, in merito al fatto che la Villa fosse visitata da una molteplicità di ospiti e di soggetti anche in parte sconosciuti allo stesso padrone di casa. E’ vero che la residenza era stata utilizzata in alcune occasioni per ricevere personalità e capi di Stato, ma è certo che l’intera tenuta, ivi compreso il parco e le altre strutture ivi esistenti, non erano liberamente accessibili al pubblico ma solo ed esclusivamente previo consenso del padrone di casa 7 . Nè il ritrovo ritratto nelle foto può essere definito alla stregua di un convegno politico per la presenza di una militante del partito di Forza Italia S.A. e per il fatto che tra gli argomenti discussi da Be. con le ospiti era stato toccato anche quello relativo alla organizzazione politica e al rinnovamento giovanile nella squadra di Forza Italia. Risulta accertata in dibattimento la natura esclusivamente privata delle visite, in quanto la finalità degli inviti, dichiarata da Be. e dalle ospiti, era stata quella di trascorrere due giorni di vacanza in Sardegna 8 . Inoltre le dichiarazioni rese in dibattimento dal querelante sono state esplicite nel senso che l’accesso alla villa in quei giorni non era permesso agli estranei, che non si trattava di riunione politica e che nessun fotografo era stato autorizzato ad entrarvi 9 . Al riguardo non si ritengono rilevanti al fine di considerare la villa di Be. come luogo aperto al pubblico le dichiarazioni rilasciate ai giornalisti il 17.4.07, giorno della pubblicazione, dal portavoce ufficiale di Be., Bonumero P., il quale, arrivato a Palazzo Grazioli, aveva descritto ai giornalisti la vicenda ripresa da Z. in questo modo “quel giorno c’era il solito via vai di tutte le feste .Gente che va a vederlo, a salutarlo giovani di Forza Italia, ragazze e ragazzi simpatizzanti di Be. e del partito. Le foto, come si può vedere, sono scherzose, quasi fossero messe in posa, e ci immaginiamo i sorrisi e le battute .Insomma, una visita normale in un giorno di festa, con Be. contento e orgoglioso di mostrare agli ospiti le maraviglie del suo parco i fiori . Tutto all’aperto, tutto alla luce del sole, con un mare di gente intorno, di fronte alle scorte sempre vicine a lui, di fronte ai giardinieri e al personale di servizio, di fronte a tutte le altre persone che erano presenti in quel momento e che non a caso non si è voluto far apparire nelle foto .” 10 . Sentito in dibattimento come teste, Bonumero ha spiegato che in quei giorni lui non era stato presente a Villa Certosa e che non aveva concordato con Be. le dichiarazioni sopra riportate ma si era basato sulla sua esperienza di precedenti visite alla villa e sulle risposte ottenute nel corso di una telefonata fatta al personale del centralino della villa. Ad ogni modo appare evidente che il senso della dichiarazione, mai smentito da Be., era quello di escludere che gli incontri con le ragazze ritratte potessero avere risvolti scabrosi come dimostrava il fatto che tutto era avvenuto alla luce del sole e alla presenza di numerosi visitatori e del personale della villa ma non certo quello di qualificare il luogo come pubblico. Accertato che le immagini riprendono luoghi appartenenti al domicilio privato del querelante, le dichiarazioni di Bonumero in merito all’usuale via vai di visitatori 11 e la stessa circostanza che Be. neppure conoscesse tutti gli invitati e che questi ultimi non si conoscessero tra loro sono elementi che, secondo la difesa del prevenuto, potrebbero assumere rilevanza anche sotto una diversa visuale ed in particolare al fine di stabilire che le scene ritratte nelle foto in questione, pur essendosi indubitabilmente svolte all’interno di una proprietà privata, debbano comunque essere considerate non “attinenti alla vita privata”. In particolare ha sottolineato la difesa di B. che a tal fine sarebbero significative l’ampiezza e la particolare conformazione della tenuta nella quale sono situate strutture ricettive non definibili come abitazione in senso stretto quali la gelateria, la pizzeria ecc ., la costante presenza e l’andirivieni di una molteplicità di persone diverse dai familiari quali ospiti, visitatori, giardinieri e guardie del corpo e la permeabilità oggettiva del parco stante l’assenza di barriere esterne. Si tratta di elementi oggettivamente accertati che potrebbero escludere qualsiasi connotazione di riservatezza dell’area ritratta nelle foto, l’unica connotazione dei luoghi tutelati dall’articolo 615 bis c.p. e che è tipica dell’abitazione e di tutti i luoghi tipicamente privati perché chiusi e protetti dagli sguardi indiscreti degli estranei. In altri termini le descritte condizioni oggettive del luogo e il suo utilizzo “indiscriminato”, per come sono stati raccontati da Bonumero e dallo stesso Be., comporterebbero assenza di privacy e, conseguentemente, la mancanza di qualsiasi aspettativa di riserbo da parte del proprietario e di tutte le persone presenti negli spazi esterni della villa. Per ritenere che le scene ritratte nelle foto non attengano a vita privata e non sarebbero quindi penalmente tutelate da eventuali intrusioni di terzi estranei, la difesa ha richiamato il concetto di domicilio delineato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza numero 26795 del 28.7.2006 secondo la quale esso “ non può essere esteso fino a farlo coincidere con un qualunque ambiente che tende a garantire intimità e riservatezza”. Nella sentenza la Corte spiega che “il concetto di domicilio individua un rapporto tra la persona e un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo anche da sottrarre chi lo occupa da ingerenze esterne e da garantirgli quindi la riservatezza. Ma il rapporto tra la persona e il luogo deve essere tale da giustificare la tutela di questo anche quando la persona è assente”. La citazione è suggestiva ma si ritiene sostanzialmente inconferente poiché essa si riferisce a fattispecie del tutto diversa in quanto relativa a riprese effettuate in camerini o ambienti cd. privè all'interno di un locale pubblico 12 e dunque è rivolta a limitare l’estensione del concetto di domicilio tutelato dall’articolo 14 Cost. per riprendere invece la tutela apprestata al diritto alla privacy , compreso nell’ampio e aperto articolo 2 Cost. , mentre nel caso di specie la privatezza deriva proprio dal sicuro rapporto esclusivo tra il titolare e il luogo ove la scena è stata ripresa. Ai sensi dell’articolo 615 bis c.p. è poi assolutamente irrilevante l’oggetto delle riprese. Il concetto di “vita privata” si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato e inaccessibile a terzi estranei. Pertanto, le immagini o le notizie che l’agente si procura possono consistere sia in comportamenti che fuori di un ambiente privato sarebbero ritenuti offensivi del pudore, che altri ivi consentiti. E’ vita privata il sorseggiare un caffè in compagnia in casa propria, non meno che avervi rapporti sessuali Cfr. Cass. 14.1.2008 numero 1766 . Stabilito che le immagini in questione ritraggono scene comunque riservate perché svolgentesi in luoghi pertinenti a un domicilio privato, occorre a questo punto esaminare se esse potevano comunque essere captate in quanto agevolmente visibili dall’esterno. Infatti il presupposto logico-giuridico di entrambe le contestazioni sollevate a B., non è tanto la violazione di domicilio di cui all’articolo 614 c.p. da parte del fotografo in merito alla quale si dirà tra poco, ma piuttosto quello di interferenze illecite nella vita privata previsto dall’articolo 615 bis c.p. che “ consiste nel procurarsi indebitamente immagini o notizie, relative allo svolgimento della vita privata, all'interno dell'abitazione o degli altri luoghi di privata dimora. La disposizione trova applicazione solo se la condotta si svolga in luogo di privata dimora in modo da non essere, tendenzialmente, visibile da estranei. La riservatezza della propria condotta non può invece essere rivendicata nel caso in cui, pur svolgendosi in luogo di privata dimora, l'azione possa essere liberamente osservata senza bisogno di particolari accorgimenti” Cass. 24.6.2011 numero 25453 cfr. anche Cass. nnumero 34230/09 e 47165/10 . La ripresa fotografica da parte di terzi così come quella effettuata con videocamera, su cui si è pronunziata la Corte costituzionale in fattispecie concernente videoregistrazione a fini investigativi sentenza numero 149/2008 lede la riservatezza della vita privata che si svolge nell'abitazione altrui o negli altri luoghi indicati dall'articolo 614 c.p., e integra il reato d'interferenze illecite nella vita privata, previsto e punito dall'articolo 615 bis c.p., sempre che vengano ripresi comportamenti sottratti alla normale osservazione dall'esterno, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile a terzi. La Corte costituzionale, nella citata decisione numero 149 del 7.5.2008 13 , dopo aver premesso che l’articolo 14 Cost. tutela il domicilio sotto due distinti aspetti come diritto di ammettere o escludere altre persone da determinati luoghi, in cui si svolge la vita intima di ciascun individuo, e come diritto alla riservatezza su quanto si compie nei medesimi luoghi e dopo aver precisato che, nel caso delle riprese visive, il limite costituzionale del rispetto dell'inviolabilità del domicilio viene in rilievo precipuamente sotto il secondo aspetto, come presidio di un'intangibile sfera di riservatezza, che può essere lesa attraverso l'uso di strumenti tecnici anche senza la necessità di un'intrusione fisica , ha infatti osservato che non basta che un certo comportamento venga tenuto in luoghi di privata dimora, ma occorre, altresì, che esso avvenga in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ai terzi. Se l'azione, pur svolgendosi nei luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti . , il titolare del domicilio non può evidentemente accampare una pretesa alla riservatezza in tal caso le riprese fotografiche o con videocamera non si differenziano da quelle realizzate in luogo pubblico o aperto al pubblico Cass. 30.10.2008 numero 40577 . Ancora la Suprema Corte ha così argomentato sul punto “ Occorre dunque ricordare che il delitto di illecite interferenze nella vita privata previsto dall’articolo 615-bis c.p , introdotto nell’ordinamento penale dall’articolo 1 della legge 8 aprile 1974, numero 98 richiede un duplice presupposto fattuale, rappresentato a dall’indebita interferenza in uno dei luoghi indicati nell’articolo 614. c.p., realizzata con le previste apparecchiature e b dall’attinenza delle notizie od immagini così indebitamente captate alla vita privata che si svolga in quei luoghi. Secondo Sez. V numero 35947 del 4.6.2001, la ratio della norma incriminatrice è, come risulta anche dalla sua collocazione sistematica, “quella di salvaguardare la libertà domestica assicurando che la sfera ambientale in cui si svolge resti al riparo da qualsiasi intromissione altrui realizzata mediate l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonori atti a captare notizie o immagini attinenti alla vita privata che possa attentare alla pace, alla tranquillità ed alla sicurezza di quell’ambito di riservatezza in cui si esplica la personalità”. La fattispecie incriminatrice è stata d’altronde inserita dalla legge numero 98 del 1974 in un contesto che offriva risposta a C. Cost. numero 34 del 1973, positivamente disciplinando altresì le intercettazioni telefoniche mediante la contemporanea introduzione dei “nuovi” articolo 226-bis 226-sexies del c.p.p. del 1930, ed era espressamente richiamata dall’art 226-quinquies, che sanzionava a pena di nullità assoluta la utilizzazione di intercettazioni ottenute “nei modi di cui all’articolo 615-bis”. E concordemente la dottrina ha sottolineato come emergesse dai lavori preparatori in particolare dalla relazione la “ponderata decisione di legare la nuova fattispecie di reato all’articolo 14 della Costituzione e, sotto il profilo della legge ordinaria, all’articolo 614 del codice penale” elaborandola quale “prolungamento della fattispecie di violazione di domicilio già sanzionata dall’articolo 614 del codice penale”. La previsione incriminatrice trova radice dunque nella convinzione, tanto risalente quanto autorevole e condivisa che “privatezza e domicilio sono termini correlativi” l’inviolabilità del domicilio fungendo da strumento di tutela di una manifestazione specifica della vita privata e solo in relazione a tale manifestazione specifica risultando circoscritta la tutela penale “esclusiva e diretta” riconosciuta dall’articolo 615-bis c.p. interferenze illecite . E’ stato così rilevato in dottrina che le notizie ed immagini la cui conoscenza esclusiva è protetta dall’articolo 615-bis non possono che essere le medesime la cui conoscenza esclusiva è tutelata in via invece “eventuale”, ancorché sempre diretta, dall’articolo 614 e 615 c.p., che difende l’indebita intrusione nella vita privata attuata mediante la penetrazione nel domicilio invito domino. Anche per l’integrazione del delitto di cui all’articolo 615-bis si è ritenuto necessario perciò “l’uso di apparecchiature in grado di cagionare quella medesima offesa alla vita privata arrecata dalla cognizione diretta di notizie e o immagini da parte di un estraneo che si trovi fisicamente nel domicilio”, escludendosi che “la percezione di alcune notizie o immagini mediata dall’utilizzo di strumenti di ripresa possa essere sottoposta a pena laddove la loro percezione diretta è invece lecita” . “deve escludersi una intrusione, tanto nella privata dimora quanto nel domicilio con riferimento a videoriprese aventi ad oggetto comportamenti tenuti in spazi di pertinenza della abitazione di taluno ma di fatto non protetti dalla vista degli estranei, giacché per questa ragione tali spazi sono assimilabili a luoghi esposti al pubblico, la percettibilità all’esterno dei comportamenti in essi tenuti facendo venir meno le ragioni della tutela domiciliare. Cass.26.11.2008, numero 44156 vedi anche di recente Cass. numero 45662/12 14 . A questo punto, poichè tutte le immagini del servizio ritraggono scene che si svolgono all’aperto, nelle pertinenze della villa, è necessario ripercorrere l’accertamento compiuto in ordine alle modalità e ai mezzi tecnici utilizzati dal fotografo Z. per effettuare le riprese in rapporto alla conformazione del luogo, al fine di stabilire se, per realizzare le immagini pubblicate, è stato necessario entrare all’interno della proprietà privata del querelante e, soprattutto, utilizzare strumenti tecnici particolari. Al riguardo soccorrono la relazione di sopralluogo del Capitano dei CC della Stazione di Olbia effettuato su delega della Procura della Repubblica di Tempio Pausania nell’ambito del procedimento penale a carico di Z. in data 27.7.2009, le consulenze tecniche e i documenti versati in atti nonché le dichiarazioni rese in dibattimento oltre che dai consulenti Sala e Se., dallo stesso fotografo Z. e dal fratello di questi. Il Cap. dei CC Br., sentito anche in dibattimento, si è recato nel luogo indicato dal fotografo in una memoria dallo stesso depositata nell’ambito procedimento penale sardo ed ha accertato che le foto sono state scattate dalla conformazione rocciosa “Monte Maiori” alla quota pari a mt. 81, in corrispondenza dello spuntone all’estremità Nord, raggiungibile partendo da uno spiazzo pubblico adibito a parcheggio per poi proseguire all’interno della macchia, oltrepassando il crinale del monte sul luogo non ci sono sentieri, indicazioni, recinzioni da scavalcare, cippi o cartelli con la scritta “Proprietà privata” che invece sono situati in un posto diverso a quota 118, raggiungibile attraverso un residence Z. ha utilizzato un ingrandimento ottico tant’è che dal luogo di ripresa le persone presenti nei pressi del gazebo non si possono vedere in volto 15 . Le relazioni tecniche dei Prof. Al.Zo. e Re.Sa. 16 depositate dalla difesa di parte civile hanno consentito un utile approfondimento dell’indagine circa le modalità di ripresa e le conclusioni possono ritenersi in tutto compatibili con le risultanze del verbale di sopralluogo dei CC. In particolare esse precisano che le immagini sono state riprese dal versante est del Monte Maiori e che il “gazebo” si trova a 182,5 mt. di distanza mentre il “pontile o chiatta ” a 141,9 mt. di distanza dal punto di osservazione pg. 34 e 35 relaz. . Il punto geografico è stato quindi rilevato con uno strumento GPS e con una “Stazione totale Laser” alla altitudine di 83 mt. dislivello di 42 e 48 mt. rispetto ai due oggetti considerati e distanza in linea d’aria di 173 e 147 mt. dai due oggetti considerati . Il vialetto risulta invece distante 300 mt Il luogo di appostamento del fotografo è raggiungibile, partendo da un’area ove è installato un traliccio e seguendo un difficoltoso percorso di circa 80 mt. di ascesa e discesa tra dirupi e balze rocciose. Sul posto non vi sono sentieri o strade. L’area individuata è ampia circa 30/40 mq e si trova oltre il crinale, verso il laghetto interno alla proprietà 17 . Le immagini sono state ottenute con l’utilizzo di apparecchiature in grado di potenziare significativamente il sistema di percezione visiva umana così consentendo di accrescere in modo significativo la rappresentazione dei soggetti ripresi. La ripresa con la percezione visiva umana equivale a una lunghezza focale ottica di 18 mm le immagini pubblicate devono necessariamente essere state ottenute, attesa la notevole distanza oltre 100 mt. , con l’utilizzo di apparecchiature in grado di potenziare significativamente il sistema di percezione visivo umano ingrandimento uguale o superiore a 200x . Il consulente Sa., a domanda della difesa dell’imputato, ha spiegato la necessità dell’uso di un teleobiettivo per scattare le foto in questione in quanto l’ingrandimento digitale, tramite Photoshop, non sarebbe stato in grado di migliorare la risoluzione delle immagini, ossia le avrebbe sgranate troppo. Il fotoreporter –libero professionista, Se.M., sentito in dibattimento nella veste di consulente della difesa dell’imputato, ha dichiarato che alla distanza di 200 mt. si distinguono bene le sagome dei soggetti ma non i volti 18 che per fotografare soggetti che si trovano a una certa distanza si deve utilizzare un “superteleobiettivo che ha una lunghezza focale che va tra 1.000 e 2.000 mm.” che attualmente il teleobiettivo più potente utilizzato di norma è di 800 mm al quale si applica un duplicatore focale che lo raddoppia fino a raggiungere 1.600 mm che dall’esame di una stampa delle immagini pubblicate si ricava che l’apparecchio usato è una CANON EIS 5D, ossia una fotocamera reflex con obiettivo 400 mm lunghezza focale e diaframma 640°/9 che le immagini del gazebo e del vialetto sono state ritagliate e poi ingrandite con il programma photoshop visionate le immagini ritraenti K.M. in topless e pubblicate su una rivista, Se. ha riferito che la distanza doveva essere di almeno 500 mt. e il teleobiettivo utilizzato doveva essere molto più potente . Il consulente, pur precisando che attualmente le fotocamere digitali -anche compatte sono dotate di obiettivi incorporati con potenza focale che raggiunge anche gli 800 mm, ha confermato che si definiscono teleobiettivi tutti quelli con lunghezza focale superiore a 75 mm. Infine il fotoreporter Se. ha ricordato di aver scattato fotografie analoghe appostandosi sulla montagnetta sopra al laghetto di Villa Certosa e che dette foto erano state pubblicate su “Oggi” è da notare tuttavia che nel servizio si legge che, mentre scattava le foto, un carabiniere era intervenuto bloccandolo e conducendolo verso il laghetto . 19 Quanto verificato dal Cap. Br. e dai consulenti in merito alla individuazione del punto di osservazione a quota 81 del Monte Maiori, alla distanza degli scatti e al tipo di obiettivo utilizzato trova conferma e riscontro nelle dichiarazioni pubbliche di Z. rese poco dopo la loro divulgazione20 e in quelle rese in dibattimento dove è stato sentito ai sensi dell’articolo 210 c.p.p., oltre che nei dati tecnici impressi sui fotogrammi digitali, il c.d. metadati 21 . Z. ha infatti dichiarato di aver fatto in precedenza altri servizi fotogafici pubblicati su giornali locali le cui riprese erano state effettuate dal sito di Monte Maiori, fuori dalla villa di Be Quel giorno si era recato nella solita zona sulla collina, sotto al ripetitore della Vodafone aveva lasciato l’auto sullo spiazzo ed era sceso tra le rocce di circa 30/40 metri dove aveva già in precedenza lasciato la sua seggiolina. Non c’erano recinzioni o cartelli. Il posto si trova a circa 200 metri di distanza dai luoghi ritratti. Le figure erano piccole, di più di quelle visibili nella foto 6.8 di pag. 21/55 della relazione peritale Sa./Zo., ma si distingueva bene la figura di Be L’obiettivo utilizzato era uno zoom Canon da 100/400 mm in uno stadio consente di fotografare fino a metà campo . Z. era rimasto alla postazione dalle 9 del mattino sino alle 7 del pomeriggio, quando non c’era più luce. Aveva fatto numerosissimi scatti, vedendo i comportamenti delle persone ma non i volti in particolare aveva visto arrivare il Presidente Be. da un sentierino e dirigersi al gazebo poi erano arrivate 5 ragazze accompagnate da un uomo in tuta da ginnastica due di esse si erano sedute sulle ginocchia di Be., un’altra veniva a un certo punto toccata dall’uomo in tuta e quindi lei gli aveva mollato uno schiaffo. Z. non aveva notato persone in giardino che fotografavano le scene ma solo carabinieri ai lati del gazebo. Dopo circa 10/15 minuti Be. si era alzato ed era stato subito raggiunto dalla ragazza dai capelli lunghi e rossi che lo aveva preso per mano i due avevano fatto una specie di marcetta dirigendosi verso il prato con le palme ed erano quindi stati raggiunti da un’altra delle ragazze che aveva preso Be. per l’altra mano. I tre avevano quindi camminato lungo il bordo del laghetto e avevano raggiunto la chiatta poichè il vento era favorevole, Z. aveva sentito anche i discorsi che facevano. Poi la ragazza biondina con gli occhiali da sole aveva messo una mano sul collo di Be. e gli aveva parlato nell’orecchio. Una volta a casa, Z. aveva scaricato le immagini sul pc e le aveva visionate ingrandendole con photoshop, notando che nel gazebo la ragazza senza occhiali con una maglietta bianca legata in vita seduta sulle ginocchia di Be. aveva “un rigonfiamento all’altezza del seno sinistro”. A questo punto Z. aveva deciso di “lavorare” le immagini che riteneva maggiormente interessanti, ritagliando o interpolando i particolari e ingrandendoli per poi stamparli. Tenuto conto delle riportate risultanze, oltre che della documentazione prodotta dalla parte civile, deve innanzitutto ritenersi provato il fatto che l’area dove Z. si è “accampato” per effettuare le fotografie, individuata con assoluta certezza, apparteneva integralmente alla proprietà di Villa Certosa. L’area occupata dal fotografo, indicata sul mappale del Catasto all’interno del confine della tenuta, si trova in un luogo raggiungibile solo con estrema difficoltà, trattandosi di una discesa in mezzo a una pietraia priva di sentieri. E’ un’area posta sul versante del monte affacciato sul parco della villa e in quel punto, proprio perché posto all’interno di una barriera naturale costituita dal crinale del monte, non erano stati installati cartelli o recinzioni stando a quanto ha riferito lo stesso Z., attualmente l’area è protetta da telecamere . Sotto il profilo soggettivo, paiono rilevanti le seguenti circostanze in parte già sottolineate l’area in questione era stata già utilizzata in precedenza sia dallo stesso Z. 22 che dal fotografo Se. e le foto da lì scattate erano state già pubblicate senza incorrere in censure da parte di Be. a differenza di altri varchi di accesso alla proprietà, l’area in questione era raggiungibile da uno spiazzo pubblico presumibilmente concesso in uso a Vodafone e, all’epoca, non era recintata né c’erano cartelli o altre segnalazioni di confine 23 . E’ verosimile dunque che Z. credesse di non essere entrato fisicamente all’interno della proprietà di Be. 24 . E ciò è quanto il fotografo ha dichiarato in udienza e che ebbe a dichiarare nel corso della trasmissione MARKETTE e a B. nell’incontro in cui gli propose le foto 25 . Ma, come si è già sottolineato, l’intrusione fisica nella proprietà privata, pur essendo elemento significativo e in certe situazioni dirimente, non è tuttavia condizione necessaria per la valutazione della sussistenza oggettiva del reato di interferenze illecite nella vita privata. Il dato rilevante consiste infatti nella circostanza acclarata che le scene ritratte si sono svolte tutte a circa 150/200 metri di distanza dal punto di osservazione e che per riprenderle Z. ha dovuto inerpicarsi lungo il pendio di un monte e utilizzare un teleobiettivo da 400 mm. Solo i descritti accorgimenti hanno permesso di captare immagini a una grandezza non visibile a occhio nudo e soprattutto di riprendere particolari che non sarebbero stati percepibili altrimenti si pensi a quale visione può avere un soggetto che si trova a bordo di un campo di calcio in rapporto a figure poste a una distanza pari a quasi il doppio della lunghezza dello stesso campo . E in proposito non sembra interessante definire con esattezza qual è attualmente la lunghezza focale oltre la quale un obiettivo “normale” o “standard” debba definirsi un teleobiettivo, poiché uno strumento con zoom a lunghezza focale di 400 mm, quale quello utilizzato da Z., consente, alla stregua di un binocolo che moltiplica 8 volte, di ingrandire il soggetto inquadrato senza avvicinarvisi. Nel 2007, ma anche oggi indipendentemente dallo sviluppo tecnologico che permette di ingrandire fino a 12 o 18 volte, l’utilizzo di un ingranditore del genere deve essere considerato invasivo perché è in grado di captare nitidamente ciò che un passante, sia a occhio nudo sia con una normale fotocamera sia con un telefono cellulare, non può vedere in quella specifica dimensione. La capacità visiva umana è dato di comune esperienza e trova assoluto conforto nelle immagini inserite nelle consulenze così come in quelle prodotte dalla stessa difesa dell’imputato, laddove appare evidente l’enorme differenza ottica tra le figure riprese a una distanza di 200 mt. senza teleobiettivo e quelle riprese alla medesima distanza ma effettuate con un teleobiettivo da 400 mm. A ciò va aggiunto che solo l’alta definizione delle immagini ritratte, evidentemente ottenuta grazie alla particolare tecnologia usata da Z., ha consentito di ulteriormente ritagliare e ingrandire i fotogrammi digitali tramite il programma informatico Photoshop senza che le immagini venissero eccessivamente sgranate. E’ in proposito significativo che Z. abbia dichiarato in dibattimento di aver notato alcuni particolari delle riprese solo nel momento in cui ha visionato e ingrandito ulteriormente le immagini sul suo pc 26 . Nelle descritte condizioni l’apparecchio utilizzato dal fotografo deve essere considerato invasivo in quanto si è rivelato idoneo a riprendere manifestazioni di vita che si sono svolte in luoghi isolati e distanti dai confini e dunque usualmente protetti da sguardi indiscreti. Pertanto, essendo all’evidenza escluso che ricorra nella specie una limitazione legale della riservatezza domiciliare, deve ritenersi incidentalmente accertato che il fotografo, in modo illecito, ha interferito nella vita privata di Be Ciò posto, va altresì affermato che B. ha acquistato e pubblicato le foto sapendo – o comunque assumendosi consapevolmente il rischio che le scene ritratte, pacificamente svolgentesi all’interno del parco di Villa Certosa, erano state captate con le descritte modalità. E infatti il fotografo aveva sì rassicurato l’imputato di non essere entrato nella villa, ma gli aveva consegnato il dischetto contenente i dati tecnici delle immagini, dicendogli che si era appostato sul monte e aveva usato una Canon da 400 mm Peraltro, il fatto che le immagini pubblicate non potessero vedersi a occhio nudo senza entrare nella villa, fisicamente o con un teleobiettivo, è dato che B. doveva conoscere sia perché le vedute aeree della tenuta erano note e quindi era anche noto che vi fosse una certa distanza tra i luoghi immortalati e le alture che li circondano, sia perché la stessa rivista “OGGI” aveva già pubblicato foto scattate nel parco che, sebbene non fossero state censurate da Be., avevano provocato l’immediato intervento delle guardie 27 . Non risulta, per contro, che Z. avesse rassicurato B. in merito alla natura pubblica o politica della riunione tra Be. e le ragazze ritratte nelle foto, né può dirsi che le immagini attengano obiettivamente a quel genere di riunione. Basti osservare che nell’intervista della trasmissione MARKETTE del 19.4.2007 lo stesso fotografo esclude, sorridendo, che si trattasse di una “convention” politica o pubblica. Tra l’altro, come si è già sottolineato, l’ipotesi -risultata priva di fondamento che si trattasse di una riunione di natura politica o pubblica nasce solo successivamente alla divulgazione delle foto posto che trova spunto nelle dichiarazioni del portavoce di Be. e nella identificazione della S. tra le ragazze. Inoltre, ad escludere la natura pubblica delle scene sono proprio le didascalie del servizio giornalistico che evidenziano come si tratti di foto riprese nella tenuta del querelante che trascorre una breve vacanza mentre “fervono i preparativi del pranzo pasquale con mamma Rosa”. Nello stesso senso è il commento del settimanale laddove si legge che “l’atmosfera è amichevolmente intima, rilassata la confidenza sembra di vecchia data.” Essendo poi pacifico che il gazebo, il pontile e il lago sono parte della villa del querelante è ininfluente, ai fini della qualificazione della natura delle scene, la circostanza che esse si siano svolte in tutto o in parte alla presenza di pizzaioli, giardinieri e guardie del corpo. Del resto non sono prive di significato le dichiarazioni rese spontaneamente dallo stesso imputato in dibattimento in merito alla decisione di acquistare le foto in questione per fare uno “scoop” pur sapendo che si trattava di scene private captate clandestinamente. E’ lo stesso B. che, pur invocando a sua discolpa il diritto di cronaca, ha rivendicato il fatto di essersi volontariamente assunto il rischio di pubblicare immagini che potevano essere state realizzate in modo illecito. B., proprio per la qualità di giornalista professionista, sapeva benissimo che le verifiche circa il fatto che Z. non fosse entrato fisicamente nella tenuta e in ordine all’età del figlio più piccolo di Be. non erano sufficienti per escluderne l’eventuale illiceità essendo evidente che si trattava di scene riprese da lontano e in un luogo privato, con l’ausilio di mezzi tecnici particolari. Tanto basta per ritenere l’integrazione delle fattispecie contestate a B. per quanto attiene all’elemento psicologico essendo accertata la sussistenza del dolo eventuale 28 . A tutto ciò vanno aggiunte alcune considerazioni in merito alla configurabilità giuridica di entrambi i delitti di cui all’imputazione. Diversamente dall’opinione espressa dalla difesa già in sede preliminare al dibattimento e come anticipato sinteticamente nell’ordinanza del 31.5.2011, le condotte incriminate possono integrare entrambe le fattispecie di reato di cui in epigrafe, le quali ben possono concorrere tra loro. In primo luogo va sottolineato che l’articolo 615 bis c.p. contempla, ai distinti comma, fattispecie di reato diverse e autonome tra loro 29 e che nel caso di specie, sia in astratto sia in concreto, non vi è stato alcun accordo preventivo tra l’imputato B. e il fotografo Z. in merito alla illecita captazione delle immagini a Villa Certosa, fatto ipoteticamente integrante il reato di cui al c.1 dell’articolo 615 c.p., presupposto della ricettazione delle foto. La condotta contestata al B. al capo 2 , consistita nel pubblicare le foto scattate da Z., non integra gli estremi del concorso materiale o morale nel reato presupposto della ricettazione, reato riferibile al solo fotografo, sicchè non opera la clausola di riserva di cui all’articolo 648 c.p In secondo luogo va osservato che la condotta contestata a B. si è estrinsecata dapprima nell’acquistare da Z. il prodotto illecito articolo 648 c.p. capo 1 del decreto e poi nel diffondere dette immagini mediante la pubblicazione sul settimanale articolo 615 bis c.2 c.p. – capo 2 del decreto e non può essere accolta la tesi della difesa dell’imputato che, in applicazione del principio di specialità di cui all’articolo 15 c.p., ritiene la ricettazione – norma più generale assorbita da quella speciale prevista dall’articolo 615 bis c.2 c.p. la diffusione delle foto implicherebbe di per sè la loro ricezione –antefatto non punibile . Giova al riguardo richiamare l’insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte intervenute in merito all’ interpretazione del principio invocato dalla difesa di B. “Si definisce tradizionalmente norma speciale quella che contiene tutti gli elementi costitutivi della norma generale e che presenta uno o più requisiti propri e caratteristici, che hanno appunto funzione specializzante, sicché l'ipotesi di cui alla norma speciale, qualora la stessa mancasse, ricadrebbe nell'ambito operativo della norma generale è necessario, cioè, che le due disposizioni appaiano come due cerchi concentrici, di diametro diverso, per cui quello più ampio contenga in sè quello minore, ed abbia, inoltre, un settore residuo, destinato ad accogliere i requisiti aggiuntivi della specialità “Il criterio di specialità è da intendersi in senso logico-formale, ritenendo, cioè, che il presupposto della convergenza di norme, necessario perché risulti applicabile la regola sulla individuazione della disposizione prevalente posta dal citato articolo 15, possa ritenersi integrato solo in presenza di un rapporto di continenza tra le stesse, alla cui verifica deve procedersi attraverso il confronto strutturale tra le fattispecie astratte rispettivamente configurate, mediante la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definire le fattispecie stesse” Cass.S.U. 28.10.2010 numero 1235 30 . Anche la giurisprudenza più recente ha preso posizione a favore di un raffronto meramente strutturale delle fattispecie considerate, prescindendo dall'analisi del fatto storico e abbandonando la soluzione di combinare criteri tra loro diversi, ed afferma che il criterio di specialità presuppone una relazione logico strutturale tra norme cfr.riassuntivamente Cass. numero 8660/12 31 . Tornando al caso di specie, tale relazione va esclusa i due reati hanno obiettività giuridica diversa essendo posti a tutela di beni differenti poichè la ricettazione è delitto contro il patrimonio Titolo XIII del codice penale , mentre l’articolo 615 bis c.p. è delitto contro la persona ed in particolare contro la libertà individuale Titolo XII del codice penale la ricettazione prevede una pena edittale maggiore, il che appare ulteriormente ostativo all’applicazione del principio di assorbimento si tratta di condotte cronologicamente e strutturalmente diverse in quanto la pubblicazione delle foto avviene quando la ricettazione si è già consumata la commissione del reato di cui all’articolo 615 bis c.2 c.p. può anche prescindere dalla ricezione delle immagini si pensi al caso in cui è lo stesso fotografo a pubblicarle ovvero al caso in cui vi sia stato accordo preventivo tra fotografo e direttore del giornale alla ricettazione delle foto illecite potrebbe non seguire la divulgazione. Ciò detto, va ancora sottolineato che, nel caso di specie, ricorrono, oltre all’elemento psicologico di cui si è già detto, tutti gli elementi costitutivi del delitto di ricettazione. L’oggetto materiale della condotta è costituito dalle foto digitali illecitamente scattate da Z. e contenute su supporto informatico. Le fotografie sono da qualificare come beni aventi valore economico e suscettibili di materiale apprensione e dunque possibile oggetto di ricezione ex articolo 648 c.p Del resto è proprio la compravendita in esclusiva di tali cose che ha prodotto un vantaggio patrimoniale diretto sia per il venditore che per l’acquirente e, nella specie, per l’editore . La circostanza che il fotografo abbia trattenuto per sè gli originali o una copia delle foto 32 non si ritiene rilevante poiché, in entrambi i casi, le foto acquistate da B. sono da considerare illecite in quanto prodotto del reato di cui all’articolo 615 bis c.1 c.p La configurabilità della ricettazione avente ad oggetto fotografie trova conferma nella giurisprudenza formatasi in materia di concorso di tale delitto con le fattispecie tutelate dalla L. 22.4.1941 numero 633 sul diritto d’autore laddove ritiene sussistente il concorso tra il reato di ricettazione e quello di commercio di prodotti audiovisivi abusivamente riprodotti articolo 171 ter l. 22 aprile 1941 numero 633 , quando l'agente, oltre ad acquistare supporti audiovisivi, fonografici, informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione vedi Cass. Sez. Unumero 20.12.2005 numero 47164 Cass. numero 23544 del 12.05.2009 . Sul punto le obiezioni sollevate dalla difesa di B. nella memoria conclusiva appaiono infondate poiché richiamano la giurisprudenza che esclude la ricettazione di copie, fotocopie e meri supporti allorché il delitto presupposto consista in un reato contro il patrimonio furto, appropriazione indebita . E’ evidente che in tali ipotesi è punibile solo la ricezione della res illecita 33 . Neppure si ritiene conferente il richiamo alla giurisprudenza 34 che esclude la ricettazione nel caso di acquisizione di dati, notizie o segreti quando il reato presupposto non abbia ad oggetto cose o beni materiali ma notizie o informazioni che, diversamente dalle fotografie, non sono suscettibili di materiale apprensione. Sotto il profilo soggettivo, oltre al già evidenziato dolo eventuale, ricorre sicuramente anche il dolo specifico consistente nel conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri. Al di là delle motivazioni che hanno spinto l’imputato ad acquistare le foto e che saranno tra poco valutate per stabilire se sussista o meno l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca, l’acquisto delle foto era certamente diretto a realizzare uno scoop di rilievo giornalistico tale da far conseguire, con l’incremento delle vendite della rivista, un profitto all’editore/datore di lavoro. Inoltre, poiché la finalità di profitto va intesa in modo generico, è certo che B., nell’acquistare le foto, si era anche proposto di conseguire un vantaggio personale in termini di “carriera” come giornalista. Occorre a questo punto stabilire se la ripresa fotografica in oggetto possa considerarsi in qualche modo giustificata ed in particolare va verificato se ricorrono gli estremi della scriminante del diritto di cronaca con riferimento alla condotta del fotoreporter giornalista-pubblicista e, soprattutto, con riferimento a quella successiva del Direttore di “Oggi”. Al riguardo quest’ultimo ha spiegato 35 perché, essendo un giornalista professionista nonché direttore di un settimanale, ha deciso di pubblicare il servizio fotografico acquistato in esclusiva da Z. e perché lo rifarebbe ancora oggi. Si trattava di foto particolarmente interessanti in considerazione della precedente lettera di Ve.La. pubblicata sul quotidiano “La Repubblica” del 31.1.2007 dopo che il marito aveva “corteggiato” in pubblico, in occasione della consegna dei “Telegatti”, Ma.Ca. e ad A.Y La moglie riteneva offensive le attenzioni di Be. e chiedeva pubbliche scuse per lei e per i figli. Lo scoop consisteva nel fatto che Be., nella risposta pubblicata l’1.2.2007 su “Il Corriere della Sera” nella quale, difendendosi e negando di aver mai mancato di rispetto alla moglie, qualificava i comportamenti da quest’ultima censurati come “piccola irresponsabilità di un carattere giocoso e autoironico e spesso irriverentela bagatella di un momento”, aveva mentito pubblicamente alla moglie poichè quegli atteggiamenti denotavano una intimità con giovani donne che lui aveva escluso definendole “bagatelle”. Ha sottolineato B. che il servizio commenta le foto con “rispetto” e “leggerezza”, anche quelle più scabrose, senza evidenziare graficamente alcuni atteggiamenti come la mano che tocca il seno e senza indicare i nomi delle ragazze identificate. L’imputato ha rivendicato la bontà della decisione di pubblicare le foto per il dovere del giornalista di informare gli elettori di Be. in merito a ciò che l’uomo politico italiano più noto nel mondo degli ultimi 20 anni faceva in contrasto con quello che era stato il suo credo politico fino a quel momento a proposito dell’unità della famiglia e dei principi cattolici che la governano, tant’è che quelle foto non solo avevano girato tutto il mondo ma, alla luce delle vicende successive 36 , avevano poi assunto una rilevanza determinante. Riassuntivamente la tesi difensiva fondamentale si basa sul fatto che dette immagini potevano e dovevano essere diffuse per informare il pubblico dei lettori e degli elettori in merito alla condotta di uno degli uomini politici più noti nel mondo e che ha fondato e presiede un partito nella cui linea politica primeggia la difesa dei valori della famiglia tradizionale. L’attinenza del servizio con l’argomento reso pubblico dallo stesso Be. in uno scambio di lettere con la moglie avvenuto poco meno di tre mesi prima sui massimi quotidiani nazionali, è addirittura semantica laddove gli approcci con le donne vengono definiti alla stregua di innocue “bagatelle”. Lo scoop giornalistico consisteva proprio nel mostrare, senza veli ma senza toni scandalistici 37 , cosa avesse inteso dire il querelante, quando aveva parlato di “piccola irresponsabilità di un carattere giocoso e autoironico e spesso irriverente . la bagatella di un momento” 38 . Insomma, richiamata la giurisprudenza nazionale e internazionale formatasi prevalentemente in tema di diffamazione a mezzo stampa, la difesa ha argomentato la prevalenza del diritto di cronaca giornalistica sul diritto alla riservatezza evidenziando che nella specie ricorrono i tre requisiti a la verità dei fatti oggettiva o “putativa” b l’interesse pubblico alla notizia pertinenza c la continenza formale vedi le ormai storiche sentenze sul c.d. “decalogo del giornalista” Cass. Civ. 18.10.1984 numero 5259 e Cass. Penumero Sez. Unumero 30.6.1984, numero 8959 . La tesi difensiva non si ritiene fondata per i seguenti motivi. Ed invero, deve essere sin d’ora sottolineato che l’operatività della scriminante invocata non dipende esclusivamente dall’accertamento della sussistenza dei suddetti requisiti ed in particolare dell’interesse pubblico e della rilevanza sociale del servizio giornalistico. Il riconoscimento di tale requisito conferma solo che il diritto di cronaca è stato esercitato entro i limiti stabiliti, ossia entro l’esatto ambito attributivo del diritto. L’operatività della causa di giustificazione in esame, così come di tutte le esimenti previste dalla legge, è condizionata anche dal rispetto di limiti c.d. esterni posti a tutela di altri interessi meritevoli di tutela. Tali limiti si ricavano dal complesso delle norme che riconoscono diritti di rango pari o superiore sicchè è necessario operare un bilanciamento tra diritti antagonisti. In altri termini non è sufficiente che sussista la causa di giustificazione perché nel bilanciamento tra i contrapposti diritti sia giustificata” ogni forma di lesione del diritto soccombente, essendo giustificata solo la lesione nei limiti in cui essa è necessaria per far valere l'esercizio del diritto vincente. Nel caso di specie si tratta di bilanciare diritti di rango costituzionale quali sono la libertà di stampa e l’esercizio del diritto di cronaca articolo 21 Cost. e 51 c.p. e la inviolabilità e riservatezza domiciliare articolo 14 Cost. e 614 e ss. c.p. . Il bilanciamento deve avvenire – secondo i dettami della giurisprudenza della Corte costituzionale – in aderenza ai criteri di ragionevolezza e di proporzionalità. Si tratta di una valutazione comparativa che va effettuata in concreto e che deve tener conto di una serie di parametri ricavabili dalla normativa internazionale e nazionale oltre che dalle pronunce giurisprudenziali intervenute in materia. Cominciando dalla verifica dei c.d. limiti interni si osserva che le foto in questione 39 non sono state manipolate e dunque le scene sono tutte vere e che neppure il querelante ha lamentato il fatto che dalla loro pubblicazione sia derivata una lesione alla sua reputazione anzi, a ben vedere, lo stesso Be. ha definito le scene in questione come giocose e naturali mostrando di non sentirsi affatto leso dalla loro pubblicazione se non per quanto attiene all’aspetto della privacy . Quanto alla pertinenza dei fatti ritratti in relazione alla loro attualità e utilità sociale, può convenirsi con la difesa dell’imputato che, nel caso di specie, in considerazione della notorietà ed esposizione del personaggio e dei temi da lui stesso pubblicizzati, la divulgazione del fatto privato assolveva anche ad una funzione sociale, poiché tendeva a ristabilire il rapporto tra politico ed elettori in termini di verità, rapporto che è alla base della scelta politica di delegarlo alla gestione della cosa pubblica. Anche le vicende non necessariamente attinenti alla carica politica possono giustificare un interesse conoscitivo dell’opinione pubblica se e in quanto la loro divulgazione fornisca elementi obiettivi di valutazione in relazione all’adeguatezza etica e/o alla capacità del soggetto a ben amministrare. Quando una persona ha un ruolo socialmente rilevante anche il suo operato come soggetto privato interessa il pubblico, nella misura in cui esso possa avere attitudine a riflettersi sull’esercizio delle sue funzioni e/o sulle istituzioni che egli rappresenta. Ritiene il giudicante che B., pur avendo rispettato i limiti interni, abbia invece oltrepassato quelli c.d. esterni, imposti dal rispetto del diritto alla riservatezza domiciliare contemplato non solo dalla normativa generale, nazionale ed europea, ma anche da quella specifica in materia di attività giornalistica. L’intromissione nella sfera privata dei cittadini, anche impegnati nella vita pubblica, può essere infatti giustificata dalla libertà di stampa solo se essa non lede, per modalità e mezzi illeciti utilizzati, altre libertà costituzionalmente garantite. In altri termini l’azione strumentale all’esercizio del diritto di cronaca, consistita nella descritta interferenza illecita nella vita privata di Be., non è giustificabile perché il sacrificio imposto al diritto confliggente risulta sproporzionato. Già si è segnalato che il diritto alla privacy nel proprio domicilio trova protezione diretta e specifica non solo nella Costituzione Italiana ma anche nella Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali Roma, 4.11.1950 , cui la normativa interna deve adeguarsi ex articolo 117 Cost L’articolo 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare recita infatti che “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. ” . E’ vero che l’articolo 10 CEDU, intitolato “Libertà di espressione” prevede che “ Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione ma “L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario”. La giurisprudenza della Commissione e della Corte europea dei Diritti dell'Uomo assume notevole importanza, quale indirizzo interpretativo, nella ricerca di un equilibrio tra i diritti di cui agli articolo 8 e 10 citati 40 . Il maggior contributo alla individuazione dei criteri interpretativi rilevanti per operare il bilanciamento tra la libertà di espressione e il rispetto della vita privata si rinviene nelle sentenze del 7.2.2012 emesse dalla Grande Camera della Corte di Strasburgo nei ricorsi V.H. c/Germania e Sp. c/Germania 41 . Premesso che la stampa, ivi compresa la pubblicazione di fotografie, svolge un ruolo essenziale in una società democratica dovendo comunicare, nel rispetto dei suoi doveri e delle sue responsabilità, informazioni e idee su tutte le questioni d’interesse generale ed avendo l’opinione pubblica il diritto di riceverne se così non fosse, la stampa non potrebbe svolgere l’indispensabile ruolo di “cane da guardia” , dette pronunce hanno riassunto i criteri formatisi nell’evoluzione giurisprudenziale europea a contributo a dibattiti di interesse generale b notorietà della persona oggetto dell’articolo o delle fotografie gli aspetti della vita privata non possono essere divulgati solo per soddisfare la curiosità del pubblico c comportamento antecedente dell’interessato in merito a foto o informazioni correlate, con il limite che non può trattarsi di unico criterio giustificativo d modo, forma e grado di diffusione della pubblicazione e contesto e circostanze nelle quali le foto sono scattate, tenendo conto se vi è stata intromissione illecita nella sfera privata. f severità della sanzione imposta. Nella valutazione dei singoli casi, devono trovare contestuale applicazione tutti i criteri sopraindicati poiché una persona, in determinate circostanze, anche qualora sia nota al grande pubblico, può aver diritto a godere di una legittima aspettativa di protezione e di rispetto della vita privata. Limitando l’esame all’applicazione del criterio indicato al punto e , che nel caso che si occupa non risulta rispettato, si evidenzia che in tutte le pronunce della Corte di Strasburgo esso è considerato fondamentale per operare il bilanciamento. Così, nella citata sentenza V.H. c/Germania, la Corte afferma che non si possono giustificare le foto pubblicate quando sono scattate “surrettiziamente o con strumenti segreti tali da rendere la loro pubblicazione illecita” nella specie la Corte ha giustificato la pubblicazione di foto che ritraggono i principi di Monaco mentre passeggiano in vacanza a St. Moritz, ossia in luoghi aperti al pubblico 42 . Analogamente, nella seconda pronuncia del 7.2.2012, la Corte osserva che la pubblicazione di informazioni di interesse pubblico è garantita al giornalista solo a condizione che agisca in buona fede, sulla base di un’accurata base fattuale e che fornisca informazioni attendibili e precise “in conformità all’etica giornalistica” nella specie la Corte ha riconosciuto la bontà del metodo di acquisizione delle notizie pubblicate su un attore arrestato per detenzione di cocaina perché “fornite dall’Ufficio Stampa della Procura di Monaco” . Nella sentenza R. c/Finlandia del 25.1.2011, la Corte europea esclude la violazione del diritto alla privacy da parte del giornalista che pubblica notizie private di un’addetta alla campagna presidenziale sul presupposto accertato che il comportamento del giornalista che non si era procurato le notizie in modo fraudolento o illegale. Nella sentenza P.C. c/Portogallo del 28.6.2011, la Corte considera giustificata la pubblicazione di alcuni fac-simile di documenti relativi a un procedimento penale a carico di un alto funzionario per fatti commessi nello svolgimento delle funzioni perchè l’azione del giornalista risultava posta in essere nel rispetto dei suoi doveri e delle sue responsabilità. Nella sentenza M. c/ Francia del 12.4.2012, la Corte giustifica i giornalisti che avevano pubblicato notizie di interesse pubblico attinte da documenti segreti sul presupposto che essi avevano rispettato le regole deontologiche. Nella sentenza D. c/Francia del 7.6.2007 la Corte giustifica due giornalisti che avevano pubblicato un libro nel 1996 attingendo notizie relative a un soggetto da anni inquisito e poi condannato. Conformemente ai parametri fissati a livello europeo per operare il bilanciamento tra i diritti in questione, deve dunque ritenersi sproporzionato l’esercizio del diritto di pubblicare le notizie quando esse, in violazione di diritti fondamentali della persona, siano state ottenute con mezzi illeciti o illegali quale è senza dubbio l’introduzione con mezzi invasivi nel domicilio privato. Come si è anticipato, a differenza delle ipotesi considerate dalla Corte e sopra riportate, nel caso qui in esame la realizzazione e la divulgazione delle foto non risulta conforme al criterio indicato al punto e , posto che le foto, come si è visto, sono state acquisite dal giornalista in modo illegale oltre che non conforme all’etica giornalistica. E la giurisprudenza penale italiana risulta orientata nello stesso senso allorché afferma, in maniera categorica, che non è consentito riconoscere e legittimare l’esercizio del diritto di cronaca quando esso si esplichi con modalità non permesse dall’ordinamento o, ancor più, quando utilizzi notizie e immagini ottenute in spregio alla norma di legge vedi Cass. 17.12.2008 numero 46509 che ha escluso la sussistenza della scriminante di cui all’articolo 51 c.p. nel caso di pubblicazione di foto di interni di una abitazione privata scattate indebitamente, nel corso di un arresto e con la complicità della P.G., in violazione dell’articolo 615 bis c.p. . Analogamente va ricordata la sentenza della Suprema Corte numero 7822 del 27.11.1998 che, nel decidere un caso di occupazione collettiva di binari per manifestare contro la soppressione di una fermata, ha affermato che “l'esercizio dei diritti di cui agli articolo 17 e 21, 1^ co., della Costituzione cessa di essere legittimo quando travalichi nella lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, come quando si realizzi la fattispecie di cui all'articolo 340 c.p. con modalità di condotta che esorbitino dal fisiologico esercizio di quei diritti. Nella specie è palese il superamento di tali limiti, con conseguente impossibilità di invocare la causa di non punibilità di cui all'articolo 51 c.p.”. Neppure si discosta da tali principi la sentenza numero 738 emessa dal GUP presso il Tribunale di Roma il 23.3.2011, prodotta dalla difesa dell’imputato in sede conclusiva, che ha prosciolto dai delitti di cui all’articolo 615 bis c.2 c.p. e di diffamazione a mezzo stampa i giornalisti che avevano mandato in onda fotogrammi di un festino sessuale di matrice neonazista, organizzato da M.M., all’epoca presidente della Formula Uno, posto che in quel caso era da escludere la acquisizione illecita delle immagini, ritenute di rilevanza pubblica, in quanto riprese all’interno della casa della parte lesa da una delle ospiti invitate dalla stessa parte lesa. E diverge solo apparentemente da tale indirizzo il Tribunale di Agrigento che, nella sentenza emessa il 3.12.2010, anch’essa prodotta dalla difesa dell’imputato, ha giustificato la compressione del bene giuridico tutelato dall’articolo 495 c.p. determinando l’assoluzione del giornalista che dichiarò false generalità per introdursi nel CPT di Lampedusa. Nell’ipotesi valutata da quel Tribunale il contrasto si poneva tra il diritto costituzionalmente tutelato del giornalista e una norma incriminatrice ordinaria posta a tutela di interessi non costituzionalmente protetti e dunque di rango inferiore. Anche dalla normativa del settore in materia di attività giornalistica si ricava il principio che non è consentito acquisire le notizie da pubblicare violando il domicilio delle persone, in attuazione della salvaguardia prevista a tutela di tale diritto personale sia a livello costituzionale che penale 43 . Il Codice in materia di protezione dei dati personali Dlgs. 30 giugno 2003 numero 196 44 dedica un’apposita sezione al “giornalismo ed espressione letteraria ed artistica” ed ha come allegato il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica approvato in data 29.7.1998 45 . Detto Codice detta i principi generali diretti “ a contemperare i diritti fondamentali della persona con il diritto dei cittadini all'informazione e con la libertà di stampa” stabilendo che “ In forza dell'articolo 21 della Costituzione, la professione giornalistica si svolge senza autorizzazioni o censure. In quanto condizione essenziale per l'esercizio del diritto-dovere di cronaca, la raccolta, la registrazione, la conservazione e la diffusione di notizie su eventi e vicende relative a persone, organismi collettivi, istituzioni, costumi, ricerche scientifiche e movimenti di pensiero, attuate nell'ambito dell'attività giornalistica e per gli scopi propri di tale attività, si differenziano nettamente per la loro natura dalla memorizzazione e dal trattamento di dati personali ad opera di banche dati o altri soggetti. .” Le norme che qui interessano sono l’articolo 3 Tutela del domicilio il quale stabilisce che “La tutela del domicilio e degli altri luoghi di privata dimora si estende ai luoghi di cura, detenzione o riabilitazione, nel rispetto delle norme di legge e dell'uso corretto di tecniche invasive” l’articolo 5 Diritto all'informazione e dati personali il quale prevede che “1. Nel raccogliere dati personali atti a rivelare origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, adesioni a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché dati atti a rivelare le condizioni di salute e la sfera sessuale, il giornalista garantisce il diritto all'informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell'essenzialità dell'informazione, evitando riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti.2. In relazione a dati riguardanti circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico, è fatto salvo il diritto di addurre successivamente motivi legittimi meritevoli di tutela.” e l’articolo 6 Essenzialità dell'informazione che prevede “1. La divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell'originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti. 2. La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica. ”. E’ noto, e risulta confermato anche dai provvedimenti emessi nei confronti dell’editore della rivista diretta dall’imputato e richiamati all’inizio della motivazione, che la giurisprudenza civile, l’Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali e il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti sono intervenuti con provvedimenti sanzionatori/risarcitori nei confronti dei responsabili della pubblicazione di foto ottenute dai fotoreporter violando la riservatezza del domicilio privato. La palese violazione del codice deontologico dei giornalisti relativamente alle modalità di acquisizione delle immagini in questione conferma che l’eventuale valutazione erronea operata da B. nel momento in cui ha creduto di esercitare un diritto quando ha deciso di pubblicare le foto non riguarda i presupposti di fatto della causa di giustificazione. Dev’essere pertanto esclusa anche l’applicazione della c.d. scriminante putativa. Di conseguenza l’acquisto e la diffusione delle immagini captate in violazione del diritto alla riservatezza del querelante nel domicilio privato non possono ritenersi in alcun modo condotte scriminate ai sensi degli articolo 51/59 c.p Passando al trattamento sanzionatorio, vanno innanzitutto valutati i criteri di cui agli articolo 133 e 133 bis c.p. ed in particolare deve tenersi conto della non particolare gravità del fatto commesso sia per la modestia del danno causato – in ordine al quale si dirà a proposito della determinazione del risarcimento chiesto dalla parte civile sia per la scarsa intensità dell’elemento doloso in capo a B., animato soprattutto dall’intenzione di informare il pubblico dei lettori senza finalità scandalistiche. I reati vanno poi unificati dal vincolo della continuazione in ragione dell’evidente unitario disegno illecito perseguito e si ritiene maggiormente grave il delitto di cui all’articolo 615 bis c.2. c.p. atteso che è dalla sua commissione che, in concreto, è derivata la lesione dell’interesse tutelato se B. avesse conservato le foto nel cassetto della sua scrivania, il fatto dell’acquisto avrebbe avuto una modestissima rilevanza criminosa sicchè considerare la ricettazione come reato più grave comporterebbe l’applicazione di una pena del tutto sproporzionata . Concesse quindi le attenuanti generiche per adeguare la pena al fatto concreto e in considerazione della qualità rivestita all’epoca dall’imputato, si stima equo infliggere a B. G. la pena di mesi 5 di reclusione pena base per il reato di cui al capo 2 nel limite del minimo edittale mesi 6 di reclusione, ridotta a mesi 4 di reclusione ex articolo 62 bis c.p., aumentata come sopra ex articolo 81 c.p. . Alla condanna segue per legge quella al pagamento delle spese processuali. Sussistono tutti i presupposti per concedere all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena. All’accertata responsabilità penale consegue infine la condanna di B. al risarcimento del danno non patrimoniale azionato da Be. S., costituitosi parte civile. La determinazione di tale danno non può che essere effettuata in via equitativa nella misura di euro 10.000, come indicato nel dispositivo. La richiesta formulata nelle conclusioni della difesa di parte civile va ridimensionata considerando che la sfera di riservatezza di Be., trattandosi di persona dotata di una notorietà fuori dal comune anche per le cariche pubbliche ricoperte, è comunque particolarmente limitata che le immagini illecitamente pubblicate non riguardavano scene di vita intima e privatissima che lo stesso Be. non ha lamentato che dalla divulgazione delle foto ne fosse derivata anche un’offesa alla sua reputazione ed anzi, nel commentare le immagini della rivista in dibattimento, ha evidenziato, in linea con altre dichiarazioni pubbliche anche antecedenti ai fatti per cui si procede, che era sua abitudine e il suo modo usuale di comportarsi con galanteria quello di prendere per mano e accompagnare le persone con familiarità. Infine, in assenza di apposita richiesta della parte, nulla va disposto in ordine alle spese di lite. P.Q.M. Visti gli articolo 533-535 c.p.p. dichiara B.G. colpevole dei reati a lui ascritti, unificati dal vincolo della continuazione e, ritenuto più grave il reato di cui al capo 2, concesse le attenuanti generiche, lo condanna alla pena di mesi 5 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa. Visti gli articolo 538 e ss. c.p.p. condanna G.B. al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile S.Be. che liquida nella misura complessiva di euro 10.000. Note 1 Dalla documentazione versata in atti e dalle dichiarazioni rese da Z. in dibattimento risulta che tale procedimento è tuttora pendente il P.M., con atto del 30.11.2007, aveva inizialmente chiesto l’archiviazione per entrambe le violazioni, accolta esclusivamente quanto al reato di cui all’articolo 614 c.p. con provvedimento del GIP del Tribunale di Tempio Pausania in data 11.8.2009 . 2 Con sentenza emessa in data 9.6.2008 il giudice monocratico della sezione I^ civile di questo Tribunale rigettava l’impugnazione dei predetti provvedimenti ex articolo 152 D.lvo 196/03 analogamente il Tribunale Civile di Tempio Pausania, sez. Dist. Di Olbia, con sentenza dell’8.5.2009 rigettava il ricorso di Azphotos sas avverso i provvedimenti del garante del 21.4.07 e 8.5.07. Vedi altresì i ricorsi proposti avverso la citata sentenza del Tribunale di Milano prodotti dalla difesa dell’imputato all’udienza di discussione della presente causa. 3 Vedi Cass. numero 17408 del 22/02/2008 prodotta in copia dalla difesa di parte civile all’udienza di discussione. La Corte ha confermato che nella specie sussisteva il “fumus” in ordine al reato di cui all’articolo 615 bis c.p. “dato che le fotografie eseguite riguardano la vita privata che si svolgeva all'interno di un parco, costituente appartenenza della propria dimora, interdetto ad estranei”. Peraltro la difesa di B. ha prodotto sentenza numero 1865 emessa dal Giudice monocratico di questo Tribunale penale emessa in data 19.2.2010 con la quale il Direttore de “Il Corriere della Sera” e il giornalista di un articolo al quale erano allegate le immagini in questione sono stati assolti dal reato di cui all’articolo 170 D.lvo numero 196/03 in quanto non destinatari del provvedimento di blocco del Garante emesso in data 21.4.2007 l’imputazione di cui all’articolo 615 bis c.2 c.p. veniva dichiarata estinta per remissione della querela da parte di Be. . 4 E’ stato riferito che, indicativamente, la tenuta ha un’estensione pari a circa due volte Città del Vaticano. 5 Vedi contratto di locazione a uso abitativo della villa e relazione Geom. Izzo prodotti dalla difesa della parte civile. 6 Ciò rende del tutto irrilevante la vicenda relativa al decreto ministeriale del 6 maggio 2004 che ha qualificato la residenza del Presidente del Consiglio come “sede alternativa di massima sicurezza” vedi produzioni della difesa dell’imputato del 31.5.2011 . 7 Certamente diverso da quello che ci occupa è il caso affrontato nella sentenza della Suprema Corte del 4.9.09 numero 34230 dove la contestata qualificazione come privata dimora riguardava l’Ufficio a Palazzo assegnato a un onorevole, ex Presidente della Camera, nel quale si svolge normalmente “attività politico-istituzionale” e, non essendo chiuso a chiave, è accessibile da parte di tutti i dipendenti del Palazzo. 8 In tal senso vedi le uniformi dichiarazioni delle invitate P. e S 9 Be. ha aggiunto in udienza che fino alla loro pubblicazione, non era a conoscenza degli scatti effettuati da Z 10 Vedi comunicato ANSA esibito dallo stesso teste e acquisito nel corso dell’udienza del 20.7.12. 11 La difesa di B. ha ricordato anche E.F., all'epoca assiduo frequentatore della parte civile e delle sue residenze, ha dichiarato a La Stampa in 18.4.2007, che Da tempo Be. ha aperto i cancelli della sua villa in Sardegna a gruppi di giovani, per offrire la possibilità di effettuare visite di carattere ambientale. Di quelle ragazze non ne conosco nessuna, ma mi pare che una di loro sia la presidentessa di uno di quei circoli come si chiamano? Circoli politici di ragazze per S., nati di recente . 12 Altri casi simili, esclusi dal concetto di domicilio in senso stretto tutelato dagli articolo 14 Cost. e 614 c.p. ma comunque da considerare nella categoria intermedia dei “luoghi riservati”, i cui diritti trovano tutela – sia pure minore nell’articolo 2 Cost., attengono alla toilette pubblica e all’abitacolo dell’ autovettura. 13 La Corte interviene su una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 266 c.2 c.p.p. in tema di estensione della disciplina sulle intercettazioni di comunicazione tra presenti o intercettazioni ambientali alle videoriprese domiciliari. 14 I casi tipici di esclusione del reato di interferenze illecite riguardano i balconi o i cortili visibili dai passanti nella pubblica via o dai vicini ovvero sistemi di videosorveglianza o di ripresa installati in luoghi condominiali o aziendali. 15 Cfr. verbale di sopralluogo e fascicolo fotografico redatto dal Capitano ed in particolare le foto scattate dai vari punti di osservazione con diversi teleobiettivi 28, 105 e 200 mm, nonchè dep. del Cap. Br. resa all’udienza del 17.2.2012 16 Il Prof. Sa., sentito all’udienza del 17.2.2012, è responsabile del laboratorio di Visione Artificiale del Dipartimento di Meccanica Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano. 17 Il perito di parte ha definito il luogo attraversato da Z. come una “pietraia particolarmente impervia”. Vedi anche dep. di Z.S. il quale ha dichiarato che in quel posto ci vanno soltanto le capre. 18 Sono acquisite agli atti immagini di riprese a distanza di 200 mt ed è evidente come non si possono distinguere né i volti né i gesti compiuti se non utilizzando teleobiettivi. 19 Vedi prod. 2 difesa imputato del 18.1.13. 20 Vedi DVD della trasmissione televisiva MARKETTE del 19.4.2007 nella quale Z. si vanta di aver utilizzato mezzi potentissimi per riprendere le foto reperto acquisito nel corso delle indagini, v. dep. D.G., ud. 20.9.2011 . Z. ha poi detto in udienza che aveva ingigantito la faccenda perché, di fatto, l’obiettivo usato era “da pezzenti”. Resta comunque accertato che si trattava di un teleobiettivo da 400 mm. 21 Vedi dischetto e stampa delle foto acquistate da B. prod. difesa imputato del 20.7.2012 22 Poco rileva che Z. fosse un fotoreporter considerato spregiudicato dalle forze dell’Ordine locali vedi dep. Z.S. . 23 E’ all’evidenza irrilevante la circostanza riferita dallo stesso Z. di essere tornato due anni dopo sui medesimi luoghi. 24 Per quanto possa significare, Z. ha anche riferito che, dopo le denunce di Be., aveva raccolto informazioni dai locali circa la pendenza di controversie sui confini della proprietà. 25 Le dichiarazioni rese in tal senso dal fotografo e da B. trovano preciso riscontro nella deposizione di Z.S., presente all’incontro. 26 E’ la realizzazione delle foto con teleobiettivo ad aver consentito di riprendere i particolari poi evidenziati con il programma Photoshop. E’ pacifico che il lavoro svolto da tale programma è penalmente irrilevante in questa sede. 27 Vedi il servizio di Se. pubblicato su “OGGI”, prodotto dalla difesa. 28 Sull’articolo 648 c.p. cfr. da ultimo Cass. SS.UU. del 30.03.2010 numero 12433 “Il delitto di ricettazione è compatibile con il dolo eventuale che richiede un atteggiamento psicologico che, pur non attingendo il livello della certezza, si colloca su un gradino immediatamente più alto di quello del mero sospetto, configurandosi in termini di rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto. In una situazione fattuale di significato inequivoco l’agente sceglie consapevolmente di agire e non avrebbe agito diversamente anche se avesse avuto la certezza della illecita provenienza”. Sull’articolo 615 bis c.2 c.p. cfr. la citata Cass. 29.4.2008 numero 17408 è sufficiente la coscienza e volontà di rivelare o diffondere notizie o immagini della vita privata acquisite con l’uso di strumenti di ripresa visiva nell’altrui domicilio per il reato di cui al comma 1 vedi Cass. 23.1.2001 numero 8573 e 4.4.2003 numero 25666 . 29 Vedi Cass. numero 41375 del 14.10.2009. 30 Già in precedenza, la Corte Costituzionale aveva affermato che per aversi rapporto di specialità ex articolo 15 c.p. è indispensabile che tra le fattispecie raffrontate vi siano elementi fondamentali comuni, ma una di esse abbia qualche elemento caratterizzante in più che la specializzi rispetto all'altra Corte cost., ord. numero 174 del 1994 . 31 In applicazione di tali principi si ammette, per esempio, il concorso materiale tra la ricettazione e il commercio di beni con marchio contraffatto commessa da soggetto estraneo alla falsificazione. 32 Nella citata trasmissione televisiva, Z. aveva dichiarato di aver tenuto gli originali in una cassetta di sicurezza e di aver venduto la copia in esclusiva assoluta. 33 Cass. 21.10.2004 numero 308 Cass.25.6.2008 numero 29457 Cass. 8.7.2009 numero 37538. 34 Cass. 23.4.2008 numero 34717. 35 Vedi la memoria scritta e dichiarazioni spontanee rese all’udienza del 20.7.2012. 36 Sono note le vicende e gli scandali, anche di rilievo penale, che hanno poi coinvolto Be. vedi i processi attualmente in corso avanti ad altri giudici di questo stesso Tribunale c.d. “Ruby” e “Le Olgettine” . Dopo l’aprile 2007 le cronache si sono occupate moltissimo delle relazioni tra Be. e il “genere femminile” oltre che della sua separazione dalla moglie. 37 Vedi il diverso tenore, per es., del settimanale “Novella 2000”, prodotto dalla difesa di B 38 Si noti che anche nel commentare la foto sotto il gazebo, la più “scabrosa”, il linguaggio adoperato è pertinente al richiamato scambio di lettere pubbliche laddove si legge “e le sue mani rilassate si appoggiano dove possono” “sempre ‘giocoso, autoironico e irriverente’ come si definì nella lettera di scuse”. 39 Un personaggio noto, in riferimento alla pubblicazione della fotografia che lo ritrae, non può vantare un vero e proprio diritto all’immagine, poiché secondo l’articolo 97 L. numero 633/1941 legge sul diritto d’autore “non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà []”. Dunque, la sua immagine è liberamente riproducibile. 40 Vedi la Risoluzione del Consiglio d’Europa numero 1003 del 1° luglio 1993 “L'Assemblea afferma di seguito i princìpi etici del giornalismo e ritiene che essi debbano essere applicati dalla professione in tutta l'Europa. Il diritto alla informazione come diritto fondamentale delle persone Editori proprietari e giornalisti. 23. Il diritto delle persone alla riservatezza deve essere rispettato. Le persone che esercitano funzioni pubbliche hanno diritto alla protezione della propria vita privata salvo il caso in cui essa abbia rilievo sulla vita pubblica. La circostanza che una persona svolga una pubblica funzione non la priva del diritto alla riservatezza.24. La ricerca di un equilibrio tra il diritto alla riservatezza, sancito dall'articolo 8 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, e la libertà di espressione, sancita dall'articolo 10, è compiutamente illustrata dalla recente giurisprudenza della Commissione e della Corte europea dei Diritti dell'Uomo.25. Nell'esercizio della professione di giornalista, il fine non giustifica i mezzi l'informazione deve pertanto essere ottenuta con mezzi legali e morali. ”. 41 Vedi le traduzioni prodotte dalla difesa dell’imputato con la memoria depositata in Cancelleria il 22.2.2013. 42 Nella precedente sentenza V.H. c/Germania del 24.6.2004 la Corte aveva invece deliberato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione causata dalla pubblicazione, consentita dai giudici tedeschi, di fotografie che ritraevano la principessa Carolina ed i componenti della sua famiglia al di fuori dei luoghi nei quali la stessa svolgeva la propria funzione pubblica. 43 E’ superfluo ricordare la particolare attenzione al principio della inviolabilità del domicilio sotteso anche alla recente L. 13.2.2006 numero 59 che ha modificato l’articolo 52 c.p. introducendo una presunzione di legittimità della difesa a fronte di una offesa minacciata quando avvenga nel domicilio dell’aggredito. 44 Il Codice è stato preceduto dalle L. 675/96 e Dlvo 171/98. Si veda anche la legge 3 febbraio 1963 numero 69 sull’Ordinamento della professione giornalistica. 45 Analoghi principi si leggono nella Carta dei doveri del giornalista firmata a Roma l’ 8 luglio 1993 dalla Fnsi e dall’Ordine nazionale dei Giornalisti “Il giornalista rispetta il diritto alla riservatezza di ogni cittadino e non può pubblicare notizie sulla sua vita privata se non quando siano di chiaro e rilevante interesse pubblico ”.