L’azione di pagamento dei premi assicurativi scaduti si prescrive in 6 mesi

Verificatasi la risoluzione di diritto del contratto di assicurazione, la mancata riassunzione del processo non impedisce alla compagnia assicuratrice di agire ex art. 1901, comma 3, c.c. per il pagamento delle rate scadute con una distinta domanda avente identica causa petendi .

Nel caso di specie la richiesta della compagnia assicuratrice è stata la stessa, prima e dopo il decorso dei 6 mesi, avendo sempre preteso il pagamento dei premi scaduti, anche relativamente al periodo in corso alla data di scioglimento del contratto, non avanzando alcuna domanda di rimborso spese. Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione si occupa dell’applicazione dell’art. 1901 c.c. dedicato al pagamento dei premi assicurativi. Come noto, la principale obbligazione dell'assicurato consiste nella corresponsione del premio all'assicuratore, secondo termini e modalità stabilite nel contratto di assicurazione. Risoluzione del contratto ipso iure. Se l'inadempimento dell’assicurato si protrae per un semestre dalla scadenza del termine stabilito per il pagamento il comma 3 stabilisce la risoluzione del contratto ipso iure . Siffatta norma, è finalizzata ad impedire che si verifichi un approfittamento dell'assicuratore posto che permane l'obbligo dell'assicurato di corrispondere il premio. Essa opera indipendentemente dalla pattuizione di una clausola risolutiva espressa non essendo applicabile la disciplina generale di cui agli artt. 1456 e 1457 , che presuppone invece un regolamento negoziale. Il caso. Una compagnia assicurativa citava dinanzi al Giudice di Pace un proprio assicurato, chiedendone la condanna al pagamento di euro 1.329,87, quale importo di 2 rate di premio inerenti 2 distinte polizze scadute nel settembre 2004. Tuttavia, parte convenuta eccepiva l’incompetenza territoriale del giudice adito. Eccezione cui l’attrice aderiva, con conseguente cancellazione dal ruolo della causa. L’attrice non riassumeva il processo nei termini, ma promuoveva un nuovo giudizio dinanzi ad un altro Giudice di Pace ritenuto territorialmente competente, riformulando la medesima domanda di pagamento dei premi scaduti. Costituitasi in giudizio, parte convenuta eccepiva che il contratto di assicurazione si era risolto di diritto in applicazione dell’art. 1901, comma 3, c.c., per essere trascorsi oltre 6 mesi dalla scadenza dei premi. Da ciò la compagnia assicuratrice poteva pretendere solo il diritto al risarcimento dei danni, commisurati ex art. 1901 c.c. all’importo del premio per il periodo di assicurazione in corso, oltre al rimborso delle spese vive. Rilevava, inoltre, che la domanda proposta aveva un petitum sostanziale e processuale differenti rispetto a quelli di cui all’atto di citazione notificato per primo, ed il diritto ivi contemplato doveva ritenersi estinto per intervenuta prescrizione essendo decorso oltre un anno dalla risoluzione del contratto. Il Giudice di Pace adito, tuttavia, accoglieva la domanda attorea, rigettando ogni eccezione. Interposto appello, il Tribunale confermava la sentenza resa dal giudice di prime cure. Secondo il Tribunale, infatti, pur essendosi verificata la risoluzione di diritto del contratto di assicurazione, questa non impedisce alla compagnia assicuratrice di agire per il pagamento delle rate scadute, affatto prescritte. Ricorre per cassazione l’assicurato, affidandosi a due motivi. Domande proposte oltre il termine di prescrizione? Innanzi tutto, il ricorrente si duole del fatto che il giudice d’appello abbia fatto coincidere la domanda di adempimento del contratto di assicurazione con quella di risarcimento del danno quale conseguenza della risoluzione. A suo avviso, invece, si tratta di domande differenti, rilevato anche che la seconda è stata proposta oltre il termine di prescrizione annuale. Con il secondo motivo denuncia l’errata applicazione degli artt. 2952 e 1901, comma 3, c.c., per il fatto che il Tribunale ha omesso di considerare che la domanda di pagamento del premio ha una differente causa petendi , a seconda se sia stata proposta prima o dopo il decorso dei 6 mesi dalla scadenza dei premi. Infatti, nella prima ipotesi si tratterebbe di azione di adempimento, nel secondo caso di azione risarcitoria. Questa seconda domanda va anch’essa proposta nel termine di un anno, che non può considerarsi interrotto dalla proposizione della domanda dinanzi ad un giudice incompetente, essendo, per l’appunto, una domanda diversa. Iura novit curia. La Corte di Cassazione ritiene infondato il ricorso. Gli Ermellini, in primis , evidenziano come la somma pecuniaria richiesta dalla società assicuratrice sia stata identica, prima e dopo il decorso dei 6 mesi. In entrambi i casi si è trattato del pagamento di premi scaduti nel settembre 2004, che sono anche quelli relativi al periodo in corso alla data di risoluzione del contratto. Anche perché la compagnia assicurativa non ha avanzato alcuna domanda di rimborso spese ex art. 1901 c.c Al più il titolo delle domande giudiziali proposte, può essere relegato nell’alveo di una mera problematica di qualificazione giuridica della fattispecie rientrante nel noto brocardo iura novit curia. Ma alcun fatto nuovo e diverso è stato dedotto in giudizio con la seconda domanda, non avendo peraltro parte ricorrente operato una concreta e giuridicamente rilevante differenziazione tra l’oggetto delle 2 azioni assunte come diverse. Concludendo. Nel caso in esame, pertanto, non è stata perpetrata alcuna lesione dei diritti di difesa o di contraddittorio del ricorrente, in relazione all’asserita diversità della domanda proposta dalla compagnia assicurativa. Va bollata come sofisma o mero cavillo l’eccezione formulata dal ricorrente che è destituita in nuce di giuridico fondamento. Infatti, qualora la domanda di pagamento del premio relativo al periodo in corso fosse ontologicamente e non solo nominalmente differente dalla domanda di pagamento dei premi scaduti, comunque il termine di prescrizione applicabile sarebbe quello biennale. Questo perché dovrebbe farsi rientrare il relativo diritto al risarcimento dei danni fra i diritti di cui all’art. 2952, comma 2, c.c

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 dicembre 2013 – 13 febbraio 2014, n. 3364 Presidente Russo – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 19-29 marzo 2005 la s.p.a. Il Duomo Assicurazioni ha convenuto davanti al Giudice di pace di Milano J.Z., chiedendone la condanna al pagamento di € 1.329,87, importo di due rate di premio relative a due distinte polizze assicurative, scadute il 21 settembre 2004. La convenuta ha eccepito l'incompetenza territoriale del giudice adito, eccezione a cui l'attrice ha aderito, sicché la causa è stata cancellata dal ruolo. L'attrice non ha riassunto il processo nei termini, ma ha promosso un nuovo giudizio davanti al GdP di Pordenone, con atto di citazione notificato il 23 gennaio 2006, riproponendo la medesima domanda di pagamento dei premi scaduti. La convenuta ha eccepito che il contratto di assicurazione doveva ritenersi risolto di diritto, ai sensi dell'art. 1901, 3° comma, cod. civ., per essere decorsi oltre sei mesi dalla scadenza dei premi che pertanto, mentre la domanda inizialmente proposta davanti al giudice incompetente non poteva che avere ad oggetto il pagamento dei premi scaduti, a seguito della risoluzione l'assicuratrice poteva far valere solo il diritto al risarcimento dei danni, che l'art. 1901 commisura all'importo del premio per il periodo di assicurazione in corso, oltre al rimborso delle spese che pertanto la domanda proposta aveva oggetto e causa petendi diversi da quella di cui all'atto notificato nel marzo 2005 e il diritto fatto valere doveva ritenersi estinto per prescrizione, essendo decorso oltre un anno dalla risoluzione del contratto. Il GdP ha accolto la domanda attrice, respingendo ogni eccezione. Proposto appello dalla Z., con sentenza 15 ottobre - 26 novembre 2007 n. 938, notificata il 30 gennaio 2008, il Tribunale di Pordenone ha confermato la sentenza di primo grado. Con atto notificato il 31 marzo 2008 la Z. propone due motivi di ricorso per cassazione. Resiste con controricorso l'intimata. Motivi della decisione 1.- La sentenza impugnata ha motivato la sua decisione in base al fatto che si è effettivamente verificata la risoluzione di diritto del contratto di assicurazione, ai sensi dell'art. 1901 cod. civ., poiché la mancata riassunzione del processo iniziato a Milano e la proposizione della nuova domanda solo nel gennaio 2006, hanno fatto sì che si verificasse la decadenza di cui all'art. 1901, 3° comma, cod. civ. che tuttavia la risoluzione di diritto non impedisce alla compagnia assicuratrice di agire per il pagamento delle rate scadute che così deve interpretarsi la domanda proposta e che non si è verificata alcuna prescrizione del relativo diritto, essendo stato il termine annuale interrotto dalla citazione del marzo 2005 davanti al giudice incompetente. 2.- Con il primo motivo, denunciando violazione degli art. 99, 112, 115 e 116 cod. proc. civ., la ricorrente assume che erroneamente il giudice di appello ha fatto coincidere la domanda di adempimento del contratto di assicurazione con quella di risarcimento del danno conseguente alla risoluzione, mentre si tratta di domande diverse e la seconda è stata proposta oltre la scadenza del termine annuale di prescrizione. Con il secondo motivo denuncia errata applicazione degli art. 2952 e 1901 3° comma cod. civ., nonché illogica motivazione, per il fatto che il g.a. ha omesso di considerare che la domanda di pagamento del premio ha diversa causa petendi, se proposta prima o dopo il decorso dei sei mesi dalla scadenza dei premi nel primo caso si tratta di azione di adempimento nel secondo di azione di risarcimento dei danni, cioè di azione diversa e diversamente disciplinata, ove si consideri che al pagamento non corrisponde la copertura assicurativa. Questa seconda azione va anch'essa proposta entro il termine annuale, che non può ritenersi interrotto dalla proposizione della domanda davanti al giudice incompetente, essendo quest'ultima una domanda diversa. 3.- I due motivi, che vanno congiuntamente esaminati perché connessi, sono manifestamente infondati. In primo luogo, la somma richiesta dalla compagnia assicuratrice è la stessa, prima e dopo il decorso dei sei mesi. In entrambi i casi si tratta del pagamento dei premi scaduti il 21 settembre 2004, che sono anche i premi relativi al periodo in corso alla data dello scioglimento del contratto, non avendo Il Duomo Assicurazioni avanzato alcuna domanda di rimborso spese. Ammesso che debba ritenersi diverso il titolo in forza del quale è stata emessa e poteva essere emessa la condanna al pagamento, si tratta di un mero problema di qualificazione giuridica della fattispecie, a cui il giudice può procedere di ufficio ed autonomamente iura novit curia , qualora ciò non comparti l'esame di fatti nuovi e diversi da quelli dedotti in giudizio. La ricorrente non ha prospettato alcun fatto idoneo a differenziare, nel caso in esame, l'oggetto delle domande che assume diverse né alcun personale e concreto interesse ad una tale differenziazione né alcuna pur remotamente ipotizzabile compressione del suo diritto al contraddittorio, alla difesa, ecc., in relazione all'asserita diversità della domanda, sì da giustificare l'ipotetica preclusione del potere del giudice di accogliere la domanda sulla base di una diversa qualificazione del suo titolo giustificativo. L'eccezione sollevata costituisce non più che un sofisma, od un mero cavillo, allo scopo di dare veste apparentemente decorosa all'eccezione di prescrizione finalità che non solo non merita alcuna tutela, ma che neppure potrebbe trovare nel caso in esame giuridico fondamento. Se fosse vero, infatti, che nel caso di specie la domanda di pagamento del premio relativo al periodo in corso è ontologicamente anziché solo nominalmente diversa dalla domanda di pagamento dei premi scaduti, il termine di prescrizione applicabile sarebbe quello di due anni, dovendosi far rientrare il diritto al risarcimento dei danni fra i diritti diversi di cui all'art. 2952 2° comma cod. civ. L'eccezione di prescrizione risulterebbe quindi comunque infondata. 4.- Il ricorso deve essere rigettato. 5.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in € 2.400,00, di cui € 200,00 per esborsi ed € 2.200,00 per compensi oltre agli accessori previdenziali e fiscali di legge.