L’avvocato distrattario può chiedere alla parte soccombente l’importo dovuto a titolo di onorario e spese di giudizio, ma non può chiedere «l’importo dell’IVA che gli sarebbe dovuta, a titolo di rivalsa, dal proprio cliente, abilitato a detrarla».
Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza numero 22279/18, depositata il 20 settembre. Il caso. Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione a precetto con il quale veniva intimato all’opponente il pagamento delle spese processuali liquidate da un’ordinanza in sede di reclamo cautelare in favore di un avvocato. Secondo l’opponente con il precetto si indicavano somme secondo tariffe abrogate, venivano chiesti oneri di registrazione già evasi, e, inoltre «era stato ingiunto il pagamento dell’IVA che era a carico della parte vittoriosa» e quest’ultima, come soggetto d’imposta, aveva titolo per recuperarla portandola in detrazione. Il Tribunale, adito in secondo grado, riformava parzialmente la pronuncia del Giudice di Pace e riduceva le spese autoliquidate a titolo di compensi professionali, ma disattendeva la pretesa di esclusione dell’IVA. La controversia arriva in Cassazione con ricorso promosso dall’originario opponente. Con il primo motivo, ritenuto fondato dal Supremo Collegio, il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe errato nell’affermare dovuta l’IVA, «posto che era recuperabile dal committente quale soggetto d’imposta che poteva detrarla, essendo avvocato egli stesso e trattandosi di somme dovute a titolo di compensi per attività professionale». Professionista distrattario e detrazione IVA. Ricordano i Giudici di legittimità che l’avvocato distrattario può chiedere alla parte soccombente solo l’importo dovuto a titolo di onorario e spese processuali, «non anche l’importo dell’IVA che gli sarebbe dovuta, a titolo di rivalsa, dal proprio cliente, abilitato a detrarla». Ciò in quanto in materia fiscale «costituisce principio informatore l’addebitabilità di una spese al debitore solo se sussista il costo corrispondente e non anche qualora quest’ultimo venga normalmente recuperato, poiché non può essere considerata legittima una locupletazione da parte di un soggetto altrimenti legittimato a conseguire due volte la medesima somma di denaro» Cass. numero 2474/12 . Nel caso in esame il difensore precettante è anticipatario e l’importo a titolo di IVA è deducibile alla parte vittoriosa e committente la prestazione professionale liquidata, «sicché il destinatario passivo finale del pagamento del tributo, potendo normalmente detrarla, deve ritenersi non sopportare alcun costo effettivo, che, perciò non è suscettibile di pretesa, altrimenti finendo con l’essere pagata la somma, per il medesimo titolo, due volte» in sede di rivalsa del committente obbligato e legittimato alla detrazione e in adempimento del precetto del soccombente . Per queste ragioni la Cassazione ha accolto il motivo di ricorso e cassa la sentenza impugnata, decidendo nel merito per l’accoglimento dell’opposizione a precetto. In particolare la Corte dichiara non dovuta la somma intimata a titolo di IVA.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 4 giugno – 13 settembre 2018, numero 22279 Presidente De Stefano – Relatore Porreca Fatto e diritto Considerato che l’avvocato L.G. , quale difensore distrattario dell’avvocato, intimava con precetto a S.V. il pagamento di spese processuali liquidate da un’ordinanza emessa in sede di reclamo cautelare S.V. si opponeva al precetto sia perché erano state indicate somme secondo tariffe abrogate, sia perché erano stati richiesti oneri di registrazione già evasi dall’opponente, sia perché era stato ingiunto il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto che era a carico della parte vittoriosa,la quale, come soggetto d’imposta, trattando l’originaria controversia di compensi professionali forensi, aveva titolo per recuperarla portandola in detrazione il giudice di pace rigettava l’opposizione con pronuncia parzialmente riformata dal tribunale che riduceva le spese autoliquidate a titolo di compensi professionali, ma disattendeva la pretesa di esclusione dell’i.v.a. avverso questa decisione ricorre per cassazione S.V. formulando due motivi e depositando memoria resiste con controricorso L.G. Rilevato che con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli articolo 19, 41, d.P.R. 26 ottobre 1972 numero 633, 6, comma 8, d.lgs. 18 dicembre 1997 numero 471, poiché il tribunale avrebbe errato nell’affermare dovuta l’i.v.a., posto che era recuperabile dal committente quale soggetto d’imposta che poteva detrarla, essendo avvocato egli stesso e trattandosi di somme dovute a titolo di compensi per attività professionale con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 91, cod. proc. civ., poiché il tribunale avrebbe errato nel compensare le spese del giudizio di opposizione a precetto, avendo accolto quasi tutti i motivi di gravame Ritenuto che il primo motivo di ricorso è fondato, con assorbimento del secondo e pronuncia nel merito, non essendo necessari altri accertamenti la condivisibile giurisprudenza di questa Corte ha precisato che l’avvocato distrattario può richiedere alla parte soccombente solamente l’importo dovuto a titolo di onorario e spese processuali e non anche l’importo dell’i.v.a. che gli sarebbe dovuta, a titolo di rivalsa, dal proprio cliente, abilitato a detrarla. Ciò in quanto, in materia fiscale costituisce principio informatore l’addebitabilità di una spesa al debitore solo se sussista il costo corrispondente e non anche qualora quest’ultimo venga normalmente recuperato, poiché non può essere considerata legittima una locupletazione da parte di un soggetto altrimenti legittimato a conseguire due volte la medesima somma di denaro Cass., 21/02/2012, numero 2474 nel più risalente precedente invocato dalla sentenza di appello Cass., 01/04/2011, numero 2474 , la fattispecie era diversa il giudice di pace aveva affermato erroneamente che il difensore fosse distrattario negando la debenza dell’i.v.a. òin carenza di fatturazione, e questa Corte rilevò che, invece, l’avvocato, non distrattario, aveva ricevuto il pagamento dell’imposta dalla s.r.l. sua cliente, unica legittimata passiva alla domanda di restituzione, laddove l’addebito del tributo era implicato necessariamente dalla condanna al pagamento delle spese legali, fermo restando, però, il diritto del soccombente di contestare con l’opposizione a precetto la non debenza per la sua deducibilità pag. 7 dell’arresto nel caso qui in delibazione si è proprio in sede di opposizione a precetto per la ragione in parola il difensore precettante è pacificamente anticipatario e l’importo a titolo di i.v.a. è altrettanto pacificamente deducibile dalla parte vittoriosa e committente la prestazione professionale liquidata, sicché il destinatario passivo finale del pagamento del tributo, potendo normalmente detrarla, deve ritenersi non sopportare alcun costo effettivo, che, perciò, non è suscettibile di pretesa, altrimenti finendo con l’essere pagata la somma, per il medesimo titolo, due volte in sede di rivalsa dal committente obbligato e legittimato a detrarla, e in adempimento del precetto dal soccombente quanto sopra comporta la cassazione della sentenza limitatamente alla censura accolta e la possibilità di decisione nel merito sul punto, non essendo necessari altri accertamenti, con assorbimento del secondo motivo le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’oppposizione al precetto e dichiara non dovuta la somma di Euro 455,53 intimata a titolo di i.v.a. Condanna il controricorrente alla rifusione delle spese processuali del ricorrente liquidate in Euro 300,00 per il primo grado, Euro 600,00 per il secondo grado, ed Euro 1.200,00 per il giudizio di legittimità, oltre a Euro 200,00 per esborsi, e accessori legali dovuti.