Contributi di solidarietà: gravano su tutti i lavoratori, pensionati e non

Il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria è dovuto sia dagli ex dipendenti già collocati a riposo sia dai lavoratori ancora in servizio. In quest’ultima ipotesi, esso si calcola sul maturato di pensione integrativa ed è trattenuto sulla retribuzione percepita.

E’ quanto sostiene la Corte di Cassazione nella sentenza n. 12906/16, depositata il 22 giugno. La fattispecie. L’INPDAP proponeva appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Roma aveva accolto le domande di alcuni dipendenti dell’ente previdenziale appellante, volte a far dichiarare illegittima la trattenuta dallo stesso operata sulle loro retribuzioni a titolo di contributo di solidarietà al 2% ed ottenere la restituzione delle relative somme. I giudici di secondo grado respingevano la doglianza argomentando che, secondo quanto sostenuto dagli appellati, il contributo di cui si parla non poteva essere applicato sulle retribuzioni dei dipendenti ancora in servizio ma esclusivamente sulle prestazioni. Pertanto, a risponderne potevano essere soltanto i dipendenti cessati dal servizio. L’INPDAP ricorre per cassazione. Contributo di solidarietà su chi grava? L’Istituto di Previdenza non sembra condividere l’orientamento della Corte d’Appello ed afferma che se essa avesse attentamente esaminato la normativa dei trattamenti pensionistici integrativi dei dipendenti degli enti pubblici non economici l. n. 70/1975 , avrebbe deciso in senso contrario a quanto era avvenuto secondo il dettato delle norme a cui si fa riferimento, infatti, il contributo di solidarietà oggetto di controversia deve essere detratto dalla retribuzione e posto a carico di chi è ancora in servizio. Anche i dipendenti in servizio devono essere solidali! La Suprema Corte dà ragione all’INPDAP, affermando che il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria è dovuto sia dagli ex dipendenti già collocati a riposo sia dai lavoratori ancora in servizio. In quest’ultima ipotesi, esso si calcola sul maturato di pensione integrativa ed è trattenuto sulla retribuzione percepita. Tale ricostruzione non lede alcun diritto costituzionalmente garantito. Il ricorso deve, per tali ragioni, essere accolto e la domanda dei lavoratori rigettata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 aprile – 22 giugno 2016, numero 12906 Presidente D’Antonio – Relatore Riverso Svolgimento del processo Con la sentenza numero 5833/2007, depositata 26.11.2007, la Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello proposto dall’INPDAP contro la sentenza con cui il Tribunale di Roma aveva accolto le domande di A.R. e dagli altri litisconsorti indicati in epigrafe, dipendenti dell’INPDAP, volte a far dichiarare l’illegittimità della trattenuta operata dall’INPDAP sulle loro retribuzioni a titolo di contributo di solidarietà al 2% ed ottenere la restituzione delle relative somme, in applicazione dell’art. 64, comma 5 della 1.144/1999. La Corte, come già rilevato dal giudice di prime cure, sosteneva che il contributo in oggetto non potesse essere applicato sulle retribuzioni dei dipendenti ancora in servizio, come gli appellati, in quanto la normativa era assolutamente chiara nel prevedere che il contributo di solidarietà facesse carico esclusivamente sulle prestazioni e non sulle retribuzioni e che dunque andasse posto a carico dei soli dipendenti cessati dal servizio. Avverso detta sentenza l’INPDAP ha proposto ricorso per cassazione articolato su un unico motivo. Al quale hanno resistito gli intimati con controricorso. Le parti hanno presentato memorie ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo l’INPDAP censura la sentenza per violazione/falsa applicazione di norme di diritto e di contratti collettivi nazionali di lavoro ovvero degli artt. 64 l. numero 144/99 591. 449/97 1321 c.c. e segg. in riferimento all’art. 21 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza del personale a rapporto d’impiego ENPAS D.I. 22.2.1971 e art. 22 Regolamento di Previdenza del personale ENPDEP D.I. 19.2.1974 della legge numero 335/1995 art. 360 co. 1 numero 3 c.p.c. . Omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 numero 5 c.p.c. . Sostiene in proposito il ricorso che la Corte avrebbe omesso di operare una corretta e completa ricostruzione normativa dei trattamenti pensionistici integrativi dei dipendenti degli Enti disciplinati della l. numero 70/75, la corretta esegesi della quale avrebbe dovuto portare a riconoscere che il contributo di solidarietà del 2% era da detrarsi dalla retribuzione in godimento e da calcolarsi sulla pensione integrativa e dunque fosse da porre a carico anche di chi era ancora in servizio. 1.1- Le censure che l’INPDAP muove alla sentenza d’appello per violazione dell’art. 64 della legge numero 144/99 e dell’art. 59, 3 comma della l. 449/97 sono fondate alla luce dell’art. 18, comma 19, del decreto legislativo 6 luglio 2011, numero 98 Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria , convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, numero 111, il quale prevede che le disposizioni di cui all’art. 64, comma 5, della legge 1999, numero 144 Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali si interpretano nel senso che il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria è dovuto sia dagli ex-dipendenti già collocati a riposo che dai lavoratori ancora in servizio e che In questo ultimo caso il contributo è calcolato sul maturato di pensione integrativa alla data del 30 settembre 1999 ed è trattenuto sulla retribuzione percepita in costanza di attività lavorativa . 1.2- La Corte Costituzionale, chiamata a verificare la conformità di questa norma alla Costituzione, con sentenza numero 156/2014 cui ha fatto seguito l’analoga sentenza 174/2015 , ha riconosciuto la legittimità della normativa, avente natura interpretativa, ed ha escluso che essa violi l’art. 3 della Costituzione per lesione del principio dell’affidamento riposto dai cittadini nella certezza del diritto, riferita, nella specie, alla pregressa esegesi del richiamato art. 64, accolta dalla Corte di cassazione, nel senso che il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative fosse dovuto solo dagli ex dipendenti già collocati a riposo. La Corte Cost. ha pure escluso la violazione dell’art. 24 Cost. per il vulnus conseguentemente arrecato al diritto di difesa dei ricorrenti, nei giudizi promossi contro l’INPS nonché degli artt. 102 e 111 Cost., per la lesione della sfera di funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario così come dell’art. 117, primo comma, Cost. in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà individuali CEDU , firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, numero 848, in ragione del prospettato contrasto con il principio del giusto processo, di leggi che, come quella censurata, si inseriscano nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la risoluzione di controversie in corso. 1.3- Di conseguenza la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma sollevata dal tribunale di Alessandria e dalla Corte di Appello di Torino. 1.4- Stante il contenuto inequivoco della disposizione interpretativa citata già riconosciuto da questa Corte con sentenza numero 23928/2014 deve quindi affermarsi che il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria sia dovuto dagli ex-dipendenti già collocati a riposo come dai lavoratori ancora in servizio e che in questo ultimo caso il contributo è calcolato sul maturato di pensione integrativa alla data del 30 settembre 1999 ed è trattenuto sulla retribuzione percepita in costanza di attività lavorativa . 1.5- Il ricorso va quindi accolto la sentenza impugnata va cassata e la causa decisa nel merito con rigetto della domanda dei lavoratori. 1.6- Le spese dell’intero procedimento devono essere compensate, atteso che la domanda era stata proposta quando l’orientamento della giurisprudenza era consolidato in senso favorevole ai lavoratori ancora in servizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda dei lavoratori. Dispone la compensazione delle spese dell’intero procedimento.