La perequazione delle pensioni non viola la Cedu: ricorso inammissibile

La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da oltre 10mila pensionati italiani contro il d.l. numero 65/2015, convertito in l. numero 109/2015. In un contesto di deficit di bilancio e difficoltà economica per lo Stato italiano, correttamente il Governo ha deciso di bloccare l’aggiornamento delle pensioni statali per gli anni 2012 e 2013. La decisione non si pone in contrasto con i principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Con il ricorso presentato da 10.059 pensionati italiani, e respinto oggi dalla CEDU, venivano invocati i principi della Cedu in tema di diritto alla proprietà articolo 1 Cedu e proporzionalità affermando che le disposizioni introdotte con il d.l. numero 65/2015, conv. in l. numero 109/2015, avevano creato un’immediata interferenza sui redditi dei pensionati italiani per gli anni 2012 e 2013, con un permanente squilibrio negli anni successivi. Meccanismo legittimo. La Corte Costituzionale si era peraltro già pronunciata sulla vicenda con la sentenza numero 250/2017 negando fondamento alle censure di incostituzionalità mosse al meccanismo di blocco dell’adeguamento automatico delle pensioni. Oggi i Giudici di Strasburgo hanno confermato l’adeguatezza delle misure introdotte dal Governo italiano osservando che il legislatore, obbligato ad intervenire in un contesto di difficoltà economica, ha correttamente cercato di tutelare l’interesse generale e di preservare la stabilità del sistema di sicurezza sociale per le generazioni future. Inoltre, la Corte ha ritenuto che gli effetti della riforma non fossero così severi da rischiare di causare difficoltà ai ricorrenti nel sostenere i costi della vita in misura incompatibile con i principi della Convenzione europea dei diritti umani.

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