Condizionatore funzionante, sulla carta. Nessuna penale a favore del proprietario: garantita solo l’idoneità dell’impianto

L’apparecchiatura corrisponde perfettamente a quanto fissato in una scrittura privata. La persona che ha garantito per la funzionalità non doveva verificarne anche il funzionamento. Che è bloccato comunque da un problema estraneo all’opera la carenza dell’alimentazione elettrica.

Operazione completata l’impianto di condizionamento dell’aria è pronto all’uso. Ma, a lavoro finito, ci scappa la sorpresa nessun segno di vita dall’apparecchiatura – per problemi legati alla fornitura di energia elettrica –, scontata la rabbia del proprietario dell’appartamento. Che però non può rivalersi sulla persona che aveva ‘garantito’ l’intervento l’apparato è pienamente in regola, e non era prevista anche una verifica sulla funzionalità Cassazione, sentenza numero 16586/2012, Seconda Sezione Civile, depositata oggi . Funzionalità Eppure il proprietario dell’appartamento, proprio avendo in mano la scrittura privata relativa all’operazione per «rendere funzionante l’impianto», chiama in causa la persona che gli aveva garantito la perfetta riuscita dell’operazione, chiedendo di vederla condannata a pagare la penale – 6milioni di vecchie lire – concordata. Richiesta accolta. Almeno in primo grado Perché, in Appello, la prospettiva viene ribaltata l’impegno fissato nella scrittura privata era, semplicemente, quello di «provvedere alla funzionalità dell’impianto», da non equiparare, secondo i giudici, con l’«effettivo funzionamento, richiedente una idonea fonte di energia elettrica». Ma quest’ultima lacuna non era addebitabile, chiariscono i giudici, alla persona che aveva provveduto a garantire la messa in regola dell’apparecchiatura. e funzionamento. L’ottica utilizzata dai giudici d’Appello, però, non viene assolutamente accettata dal proprietario dell’appartamento, meglio da sua moglie, che, in qualità di erede, ne prosegue la battaglia giudiziaria. Ultimo step, ovviamente, il ricorso per cassazione, centrato sulla ‘strana’ chiave di lettura data al concetto di funzionalità secondo il legale che rappresenta la donna, l’impegno scritto era finalizzato ad «assicurare la funzionalità degli impianti», ricomprendendo, così, anche l’«obbligo di assicurare la corretta alimentazione degli impianti». Tale prospettiva, però, non viene condivisa dai giudici di terzo grado, i quali, difatti, confermano in toto la pronuncia d’Appello, che aveva azzerato l’ipotesi della penale da versare al proprietario dell’appartamento. Come si spiega questa decisione? Per i giudici di Cassazione, la «volontà contrattuale» è stata correttamente interpretata, alla luce del «tenore letterale» della scrittura privata in discussione. Nessun dubbio, quindi, sul raggiungimento del risultato, ossia la «idoneità delle apparecchiature a funzionare secondo il relativo progetto». Ma tale risultato, viene ancora chiarito, non può essere scalfito da un problema, così come acclarato, legato alla «carenza di un’alimentazione elettrica adeguata», estraneo, quindi, all’obiettivo dell’intervento previsto nella scrittura privata.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 giugno – 28 settembre 2012, numero 16586 Presidente Schettino – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 10.3.87 C.P. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Cagliari, B.P. esponendo che, con scrittura privata 26.2.1986, lo stesso si era impegnato a provvedere, a sue cure e spese, a rendere funzionante, entro il 1° novembre 1986, l’impianto pompa di calore di condizionamento d’aria ed un aspiratore elettrico installato nell’appartamento di proprietà dell’attore, sito in Quartu S.Elena, con la previsione, in caso di inadempimento, di una penale di £ 6.000.000. Assumeva il C. che il convenuto si era reso inadempiente a tale obbligazione e ne chiedeva, pertanto, la condanna al pagamento della penale oltre interessi e rivalutazione. Instauratosi il contraddittorio ed assunta la prova testimoniale, con sentenza 23.10.2002, il Tribunale, in accoglimento della domanda, condannava il convenuto al pagamento di £ 3.098,74, a titolo di penale, oltre interessi e rimborso delle spese processuali. Avverso tale sentenza il B. proponeva appello cui resistevano, a seguito del decesso di P.C., gli eredi, L.A. ed il figlio minore C.N. Con sentenza depositata il 18.3.2005 la Corte d’Appello di Cagliari, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda del C., condannandolo al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio. Osservava la Corte di merito che il B., secondo il tenore testuale dell’impegno di cui a detta scrittura privata, si era obbligato a provvedere alla “funzionalità” dell’impianto in questione, termine da intendersi come “idoneità del dispositivo a svolgere la funzione per cui è stato progettato ed installato”, da non equiparare all’effettivo funzionamento degli impianti, richiedente, nella specie, una idonea fonte di energia elettrica, la cui insufficienza non poteva, comunque, imputarsi al B. “non avendo egli la possibilità di assicurare la fornitura dell’energia elettrica per il concreto funzionamento delle apparecchiature”. Per la cessazione di detta decisione propone ricorso L.A. ved. C., in proprio e nell’interesse del figlio minore, C.N., formulando tre motivi. Resiste con controricorso il B. Motivi della decisione La ricorrente deduce 1 violazione degli articolo 1987,1324,1362 c.c. nonché omessa o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, posto che il giudice di appello aveva fondato la decisione sul significato letterale del termine “funzionalità”, omettendo di verificare l’effettiva intenzione della parte obbligata e non considerando che tale termine era da collegarsi all’impegno assunto dal B. di provvedere ad assicurare la funzionalità degli impianti “a sua cura e spese”, espressione implicante un “facere” per assicurare l’idoneità del dispositivo a svolgere la funzione per cui era stato progettato 2 violazione degli articolo 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c. nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, laddove la sentenza impugnata, sulla base della prova testimoniale espletata in primo grado, aveva ritenuto provato l’adempimento dell’obbligazione assunta dal B., pur essendo pacifico che lo stesso non aveva effettuato, “a sua cura e spese”, alcun tipo d’intervento in relazione al mancato funzionamento degli impianti 3 violazione degli articolo 1168,1324 e 1218 c.c. e 246 c.p.c. ed emessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, laddove la Corte territoriale aveva affermato che, quand’anche il contenuto dell’obbligazione dedotta in giudizio fosse ritenuta comprensiva dell’obbligo di assicurare la corretta alimentazione degli impianti, la deposizione del teste M. provava, comunque, che l’appellante si era trovato “in una oggettiva situazione di impossibilità di assicurare la fornitura dell’energia elettrica necessaria per il concreto funzionamento delle apparecchiature” tale giustificazione dell’inadempimento del B. non era condivisibile, a prescindere dalla inutilizzabilità di detta testimonianza per incapacità del teste condomino dell’edificio cui si riferivano gli impianti in questione , in quanto, trattandosi di obbligazione di risultato e non di mezzi, l’obbligato avrebbe dovuto provare di essere stato nell’impossibilità, senza sua colpa, di adempiere la prestazione dovuta ed avrebbe dovuto indicare l’attività svolta per rendere funzionante l’impianto successivamente all’assunzione dell’obbligazione oggetto di causa. Il ricorso è infondato. In ordine al primo motivo si osserva che l’effettiva volontà contrattale delle parti è stata correttamente e legittimamente interpretata dai giudici di appello sulla scorta dell’inequivoco tenore letterale del contratto, non contraddetto da elementi di segno contrario. Va rammentato al riguardo, in linea con la giurisprudenza in materia di questa Corte, che l’interpretazione di un atto negoziale costituisce un tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, salvo l’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o di motivazione inadeguata, inidonea a consentire la ricostruzione dell’“iter” logico seguito per giungere alla decisione, ipotesi non ricorrenti nella specie Cfr. Cass. numero 10544/2010 numero 16099/2003 . L’odierno controricorrente non aveva l’obbligo, peraltro, di dimostrare gli interventi di riparazione eseguiti, ma solo il risultato raggiunto, costituito dalla idoneità delle apparecchiature a funzionare secondo il relativo progetto. La seconda censura è priva di fondamento. La sentenza impugnata ha dato conto, con motivazione esente da vizi logico-giuridici, della prova dell’adempimento contrattuale da parte del B., sulla base delle prove testimoniali assunte nel corso del giudizio di primo grado, evidenziando che il funzionamento delle apparecchiature era stato impedito unicamente dalla carenza di un’alimentazione elettrica adeguata e non da insufficienze e vizi dei macchinari. Quanto al terzo motivo la Corte territoriale, coerentemente con le argomentazioni suddette, ha affermato che la causa del mancato funzionamento dell’impianto in questione era ascrivibile alla insufficienza della rete energetica di alimentazione e, dunque, ad un elemento estraneo agli impegni obbligatori assunti dal B., se pure comportanti una “obbligazione di risultato”. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Consegue, secondo il criterio della soccombenza, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali liquidate in € 1.200,00 di cui € 200,00 per spese oltre accessori di legge.