In tema di licenziamento individuale, è rituale la comunicazione della contestazione d’addebito che venga effettuata al dipendente mediante lettera raccomandata spedita al suo domicilio, presupponendo l'operatività della presunzione di cui all'articolo 1335 c.c. che la dichiarazione sia «diretta ad una determinata persona» e che essa «giunga all'indirizzo del destinatario», qualunque sia il mezzo impiegato.
L'atto unilaterale recettizio, i cui effetti si producono, ai sensi dell'articolo 1334 c.c., nel momento in cui il destinatario ne ha conoscenza, si reputa conosciuto quando possa ritenersi che il destinatario medesimo ne abbia avuto conoscenza o ne abbia potuto avere cognizione usando la normale diligenza, ricadendo su di lui l'onere di dimostrare di essersi trovato, senza colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Così deciso dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza numero 12195, pubblicata il 30 maggio 2014. Il caso. Un dipendente di banca veniva licenziato in conseguenza di due fatti disciplinarmente rilevanti, contestati con due diverse lettere. La prima di queste veniva inviata al domicilio eletto dal lavoratore e consegnata a mani della figlia del dipendente, mentre questi era in regime di detenzione. Il lavoratore impugnava il recesso ma il tribunale del lavoro rigettava l’impugnazione. Proponeva appello e la Corte territoriale, accogliendo il gravame, dichiarava illegittimo il licenziamento, affermando la mancata prova della effettiva presa di conoscenza della contestazione d’addebito e dunque l’illegittimità del licenziamento. Ricorreva in Cassazione la banca per la riforma della sentenza di secondo grado. La contestazione d’addebito è atto unilaterale recettizio Secondo la Corte territoriale nel caso specifico sarebbe mancata la prova certa della ricezione e presa di conoscenza della lettera di contestazione. Osservano i giudici d’appello che sulla busta contenente la contestazione era indicato, anziché il nominativo del lavoratore, la denominazione dell’esercizio commerciale presso cui aveva eletto domicilio. E posto che il plico era stato consegnato a mani della figlia del dipendente, che ne avrebbe curato la consegna, doveva ritenersi non raggiunta la prova della conoscenza della contestazione d’addebito. La Suprema Corte, accogliendo il motivo proposto dal datore di lavoro, censura l’interpretazione della Corte di merito. La contestazione d’addebito rientra nella categoria degli atti unilaterali recettizi, i cui effetti, in base al disposto di cui all’articolo 1334 del codice civile, si producono nel momento in cui l’atto giunge a conoscenza del destinatario. In base al dettato del successivo articolo 1335, tali atti si presumono conosciuti nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, salvo prova contraria da questi fornita. e una volta pervenuta al domicilio eletto esplicherà i propri effetti se il lavoratore non fornisce la prova contraria della mancata conoscenza. In base a tali principi di diritto i giudici di legittimità affermano la piena validità ed efficacia di una contestazione d’addebito pervenuta al domicilio fornito dallo stesso lavoratore. In base ad un principio di diritto, peraltro già affermato in precedenza, in tema di licenziamento individuale è rituale la comunicazione del provvedimento di recesso, inviata a mezzo raccomandata spedita al domicilio del lavoratore, operando la presunzione di cui all’articolo 1335 c.c Con la conseguenza che sarà il lavoratore, destinatario della missiva, fornire la prova della impossibilità di conoscenza dell’atto, senza colpa, pur avendo adottato la normale diligenza richiesta Cass. numero 13087/2009 . Se i fatti addebitati sono due o più, devono essere tutti valutati dal giudice. Altro motivo di censura riguarda la mancata valutazione da parte della Corte territoriale del secondo illecito disciplinare contestato. La Corte d’Appello infatti si è limitata a valutare la prima contestazione d’addebito, evidenziandone l’inefficacia secondo l’errata interpretazione sopra vista . Ma nulla aveva argomentato circa la seconda contestazione. Secondo la Corte di Cassazione dovevano essere valutati tutti i fatti posti a sostegno del licenziamento, al fine di valutare se questo poteva essere giustificato anche soltanto da uno dei fatti addebitati. Afferma infatti la Suprema Corte che ove venga intimato il licenziamento disciplinare per una pluralità di addebiti, la nullità della contestazione di addebito per uno o alcuni dei fatti addebitati travolge l’atto di recesso soltanto se gli addebiti residui, ritualmente contestati, siano insufficienti a sorreggere il licenziamento. Nel caso specifico la Corte d’Appello aveva unicamente valutato la prima contestazione d’addebito, ritenendola nulla ma non aveva affatto valutato se, alla luce del secondo episodio contestato e non oggetto di alcuna censura da parte del lavoratore, il provvedimento espulsivo poteva dirsi giustificato. Da tutto ciò è derivata la cassazione della impugnata sentenza d’appello, con rinvio ad altra Corte.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 gennaio – 30 maggio 2014, numero 12195 Presidente Vidiri – Relatore Berrino Svolgimento del processo In riforma della sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Cosenza, che aveva respinto l'impugnativa del licenziamento del 19/4/2006 proposta da D.S. nei confronti della Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., la Corte d'appello di Catanzaro ha dichiarato l'illegittimità del predetto licenziamento intimato per giusta causa ed ha ordinato la reintegra dell'appellante nel posto di lavoro, con tutte le conseguenze risarcitorie e contributive. Ha spiegato la Corte che la prima delle due lettere contenenti le contestazioni disciplinari, vale a dire quella del 6/2/2006, seppur indirizzata al domicilio eletto e seppur ricevuta dalla figlia dell'appellante, la quale aveva reso dichiarazione di impegno di consegnarla al padre, non recava sull'esterno della busta il nominativo del lavoratore, bensì la denominazione dello Scorpion Health Club ove quest'ultimo aveva eletto domicilio, per cui una tale divergenza tra busta e lettera in essa racchiusa faceva venir meno la presunzione di identità tra i due atti e quella di conoscenza da parte del reale destinatario del contenuto della contestazione, con conseguente illegittimità del licenziamento. Per la cassazione della sentenza ricorre la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. con tre motivi. Resiste con controricorso D.S. . Le parti depositano memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Col primo motivo la Banca ricorrente deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché la violazione e falsa applicazione degli articolo 112 e 437 c.p.c La ricorrente segnala, anzitutto, un vizio di omessa pronunzia della Corte d'appello di Catanzaro rispetto all'eccezione sollevata con la memoria costitutiva nel giudizio di secondo grado attraverso la quale era stata dedotta la novità del motivo di gravame vertente sulla contestazione dell'invio della prima lettera di addebito disciplinare del 6/2/2006 allo Scorpion Health Club anziché a D.S. direttamente. Osserva al riguardo la ricorrente che il giudice di primo grado aveva ritenuto correttamente eseguita la predetta comunicazione presso il domicilio indicato dal medesimo lavoratore, il quale, nel tentativo di superare tale rilievo, aveva introdotto nel giudizio d'appello il nuovo motivo diretto a far valere la mancata notifica dell'addebito disciplinare nel luogo ove all'epoca era detenuto. In ogni caso la difesa dell'istituto di credito si duole del fatto che la Corte territoriale ha omesso di motivare le ragioni per le quali ha ritenuto di esaminare nel merito le nuove eccezioni e deduzioni avversarie di cui sopra ad onta della loro eccepita tardività. 2. Col secondo motivo è dedotto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1335 cod. civ Osserva, invero, la ricorrente che la presunzione di conoscenza del contenuto dell'atto notificato di cui all'articolo 1335 c.c. non poteva ritenersi superata dalla circostanza che nella fattispecie la busta contenente la lettera di contestazione del 6/2/2006, indirizzata al D. , recasse solo la denominazione della struttura presso la quale la missiva stessa doveva, comunque, essere recapitata, trattandosi di domicilio eletto dal medesimo lavoratore. Invero, la nota d'addebito era diretta proprio a quest'ultimo ed era giunta all'indirizzo prescelto, con consegna della stessa nelle mani della figlia del destinatario, la quale aveva anche sottoscritto in quell'occasione l'impegno di consegnarla al padre. 3. Col terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2119 c.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto si fa rilevare che la Corte d'appello ha completamente omesso di verificare se il licenziamento era sorretto da giusta causa avuto riguardo, quanto meno, alla restante parte delle contestazioni disciplinari, di cui alla lettera di addebito del 3/3/2006, parimenti poste, per la loro rilevante gravità connessa a fatti penalmente rilevanti, a base del recesso della datrice di lavoro. Il ricorso è fondato. Considerato che la Corte territoriale ha deciso la causa solo sulla base della ritenuta omissione di contestazione del primo addebito del 6/2/2006, al punto da considerare assorbite tutte le altre doglianze svolte dall'appellante, appare opportuno trattare preliminarmente il secondo motivo del presente ricorso che investe proprio tale specifica questione. La ragione per la quale la Corte d'appello ha ritenuto che la prima contestazione era da considerare come non pervenuta al dipendente, con conseguente illegittimità del connesso provvedimento di licenziamento, risiede nella considerazione che la lettera che la conteneva non era indirizzata al D. direttamente, bensì alla struttura denominata Scorpion Health Club”, ma che ciò non poteva far sorgere in capo al responsabile della stessa, benché indicata dal dipendente come luogo in cui dovevano essergli inviate le comunicazioni, alcun obbligo di farla recapitare a sua volta al diretto interessato. Inoltre, secondo i giudici d'appello, non poteva configurarsi alcuna forma di sanatoria nel fatto che la consegna della predetta missiva fosse avvenuta nelle mani della figlia del D. , sia perché tale forma di recapito non risultava essere stata autorizzata dal dipendente, sia perché mancava la prova dell'obbligo della figlia a riceverla, sia perché non poteva ritenersi esigibile l'impegno assunto da quest'ultima di consegnarla al proprio genitore in stato di detenzione, potendo un tale impegno contrastare, in ipotesi, coi vincoli del regime carcerario. Orbene, i rilievi svolti dalla ricorrente avverso tale tipo di argomentazioni, rilievi basati sostanzialmente sulla constatazione che la presunzione di conoscenza di cui all'articolo 1335 cod. civ. non appare vinta dagli elementi indicati dai giudici d'appello, ma anzi rafforzata dall'impegno della figlia del dipendente di consegnargli la lettera contenente la contestazione disciplinare di cui trattasi, sono condivisibili. Invero, ai sensi della norma di cui all'articolo 1335 cod. civ., intitolata come presunzione di conoscenza , ogni dichiarazione diretta ad una determinata persona si reputa conosciuta nel momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Tale norma risulta essere stata rispettata nella fattispecie in quanto dalla stessa sentenza si evince che il luogo ove fu recapitata la lettera di contestazione era quello prescelto dal medesimo lavoratore per la ricezione delle comunicazioni, tanto che in quello stesso posto l'atto fu consegnato a sua figlia, la quale sottoscrisse anche l'impegno di consegnarlo al genitore all'epoca detenuto. Quindi, il superamento di tale presunzione poteva avvenire solo attraverso la prova che il lavoratore avrebbe dovuto fornire di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Va aggiunto che al riguardo questa Corte ha già avuto occasione di affermare Cass. Sez. Lav. numero 13087 del 5/6/2009 che in tema di licenziamento individuale, è rituale la comunicazione del provvedimento di recesso che venga effettuata al dipendente mediante lettera raccomandata spedita al suo domicilio, presupponendo l'operatività della presunzione di cui all'articolo 1335 cod. civ. che la dichiarazione sia diretta ad una determinata persona e che essa giunga all'indirizzo del destinatario , qualunque sia il mezzo impiegato . Si è, altresì, statuito Cass. Sez. 2, numero 20784 del 25/9/2006 che “l’atto unilaterale recettizio, i cui effetti si producono, ai sensi dell'articolo 1334 cod. civ., nel momento in cui il destinatario ne ha conoscenza, si reputa conosciuto quando, avuto riguardo alle previste modalità della sua comunicazione, consegna o spedizione, da accertarsi caso per caso dal giudice di merito, possa ritenersi che il destinatario medesimo ne abbia avuto conoscenza o ne abbia potuto avere cognizione usando la normale diligenza, ricadendo su di lui, in presenza di tali condizione, l'onere di dimostrare di essersi trovato, senza colpa, nell'impossibilità di averne notizia . in senso conforme v. anche Cass. Sez. Lav. numero 758 del 16/1/2006 Egualmente fondata è la prima censura del presente ricorso, atteso che la Corte d'appello ha omesso di pronunziarsi sull'eccezione attraverso la quale la difesa dell'istituto di credito aveva dedotto, con la memoria difensiva di secondo grado, la novità del motivo di gravame incentrato sulla doglianza del lavoratore riflettente l'invio della lettera di contestazione alla struttura dello Scorpion Health Club anziché a lui personalmente. La rilevanza del vizio di omessa pronunzia è giustamente ricondotta dall'odierna ricorrente sia alla circostanza che la soluzione della questione riguardante la validità della comunicazione della prima contestazione disciplinare è risultata determinante per l'esito del giudizio, sia alla constatazione che in primo grado il lavoratore si era, invece, lamentato del fatto che le comunicazioni gli venissero fatte recapitare presso lo Scorpion Health Club , ove aveva eletto domicilio, anziché nel carcere ove era all'epoca detenuto. Pertanto, la Corte d'appello non poteva esimersi dal vagliare la fondatezza o meno dell'eccezione sollevata dalla società bancaria, stante la sua decisività, o avrebbe dovuto, quanto meno, spiegare le ragioni per le quali aveva ritenuto di esaminare la specifica doglianza formulata dal lavoratore ad onta della eccepita novità della stessa da parte della datrice di lavoro. È, infine, fondato anche il terzo motivo di censura sull'omessa valutazione, da parte della Corte territoriale, della gravità della seconda contestazione posta anch'essa a base dell'intimato licenziamento, atteso che la decisione della Corte di merito è retta esclusivamente dalla motivazione fornita in ordine alla ritenuta inefficacia della prima contestazione. In tal modo i giudici d'appello hanno, però, tralasciato di motivare in merito alla rilevanza o meno della seconda contestazione modulata su addebiti ricondotti a fattispecie delittuosa che per la loro prospettata gravità avrebbero potuto da soli reggere l'impugnato licenziamento. Si è, infatti, affermato Cass. Sez. Lav. numero 19343 del 18/9/2007 che ove venga intimato licenziamento disciplinare per una pluralità di addebiti, la nullità della contestazione di alcuni di questi per mancato rispetto del termine a difesa del lavoratore si estende all'atto di recesso nel suo complesso solo ove risulti provato, ed accertato, che gli addebiti ritualmente contestati, siano di per sé insufficienti a giustificare il licenziamento . Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione della corte territoriale che aveva ritenuto nullo il licenziamento disciplinare intimato per una pluralità di addebiti, a causa dell'anticipazione del licenziamento a momento anteriore alla scadenza del termine a difesa del lavoratore relativo ad alcuni solamente degli addebiti, invitando il giudice del rinvio a riesaminare il fatto e a determinare se, sulla base degli altri addebiti ritualmente contestati, il datore di lavoro avrebbe ugualmente disposto il licenziamento, ovvero se le altre mancanze fossero di per sé insufficienti per giustificare la sanzione espulsiva . Si è, altresì, spiegato Cass. Sez. Lav. numero 454 del 14/1/2003 che qualora il licenziamento sia intimato per giusta causa, consistente non in un fatto singolo ma in una pluralità di fatti, ciascuno di essi autonomamente costituisce una base idonea per giustificare la sanzione, a meno che colui che ne abbia interesse non provi che solo presi in considerazione congiuntamente, per la loro gravità complessiva, essi sono tali da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro ne consegue che, salvo questo specifico caso, ove nel giudizio di merito emerga l'infondatezza di uno o più degli addebiti contestati, gli addebiti residui conservano la loro astratta idoneità a giustificare il licenziamento. In definitiva, il ricorso va accolto. La sentenza impugnata va, quindi, cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Reggio Calabria che provvederà a riesaminare nel merito l'intimato licenziamento. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Reggio Calabria.