Esterno o interno è rilevabile d’ufficio

L’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, sia qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito , sia nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17261/13, depositata lo scorso 12 luglio. Il caso. Oltre 2 milioni di euro chiesti, ma non ottenuti, al Consiglio dei Ministri, corrispondenti al ricavo conseguito da quest’ultimo per aver sottratto oro non monetato in lingotti per 202,5 Kg al vincolo di destinazione per usi industriali. L’interessato, insieme ad un istituto di credito costituitosi fideiussore, presenta ricorso per cassazione avverso la decisione dei giudici di secondo grado di rigettare la domanda, vista la sussistenza di un giudicato sulla stessa causa petendi e sullo stesso petitum . L’autorità del giudicato copre il dedotto ma anche il deducibile. Le parti ricorrenti deducono che il giudicato esterno costituito dalla sentenza della Corte di Cassazione nel precedente giudizio non poteva essere rilevato di ufficio, ma doveva essere eccepito specificatamente dall’Amministrazione statale. A smentire tale tesi è la stessa S.C., la quale ribadisce che l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio perfino nel giudizio di cassazione sia qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito , sia nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata . Quali le eccezioni opponibili dal fideiussore? Per quanto riguarda la posizione dell’istituto di credito, estraneo al precedente giudizio, gli Ermellini hanno precisato che, in base a quanto stabilito dall’art. 1945 c.c., le eccezioni opponibili dal fideiussore sono solo quelle che lo stesso debitore è in grado di sollevare e non anche quelle in ordine alle quali sia intervenuta una qualsiasi preclusione .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 aprile – 12 luglio 2013, n. 17261 Presidente Salmè – Relatore Salvago Svolgimento del processo Il Tribunale di Roma con sentenza 28 gennaio 2001 respingeva le domanda con cui V M. e la s.p.a. Mediobanca avevano chiesto la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della somma di L. 2.274.423.000 corrispondente al ricavo conseguito da quest'ultimo per avere sottratto oro non monetato in lingotti per kg. 202,5 al vincolo di destinazione per usi industriali, nonché alla sanzione irrogata a quest'ultimo dal Ministero del Tesoro. Ciò perché il M. aveva intrapreso un giudizio affinché venisse esclusa la sussistenza di detta violazione e della sanzione,concluso con esito sfavorevole anche in cassazione, per cui si era formato il giudicato sulla legittimità della sanzione irrogata al M. . L'impugnazione di quest'ultimo e della Mediobanca costituitasi fideiussore volontario con atto del 16 maggio 1996, è stata rigettata dalla Corte di appello di Roma, con sentenza del 31 ottobre 2005, in quanto a il giudicato costituito dal precedente processo definito con decisione 502/1992 di questa Corte non abbisognava di alcuna eccezione,in quanto la relativa questione era stata sollevata proprio dagli attori b non potevano esservi dubbi sulla sussistenza di un giudicato posto che erano assolutamente identici sia la causa petendi, che il petitum dei due giudizi c in ogni caso il fideiussore aveva pagato anni dopo il passaggio in giudicato delle precedenti decisioni e poteva opporre al creditore solo le eccezioni opponibili dal debitore all'attualità. Per la cassazione della sentenza la Mediobanca ed il M. hanno proposto ricorso per tre motivi cui resiste la Presidenza del Consiglio dei Ministri con controricorso. Motivi della decisione Il Collegio deve anzitutto disattendere il primo motivo con cui i ricorrenti, deducendo violazione dell'articolo 132 n. 3 cod.proc.civ. hanno eccepito la nullità della sentenza per non avere trascritto le conclusioni formulate dalle parti in quanto, come essi stessi hanno ricordato, l'omessa, inesatta o incompleta trascrizione delle loro conclusioni nell'epigrafe della sentenza ne importa nullità della sentenza soltanto quando le suddette conclusioni non siano state esaminate, di guisa che sia mancata in concreto una decisione sulle domande ed eccezioni ritualmente proposte mentre quando dalla motivazione risulta che le conclusioni sono state effettivamente esaminate, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza Cass. 13435/2010 5277/2006 sez. un. 20469/2005 . Quest'ultima ipotesi ricorre nel caso concreto in cui non solo i ricorrenti non hanno indicato quali delle proprie conclusioni non siano state esaminate, ma vi è la prova del contrario, avendole la sentenza impugnata dapprima riportate nella parte dedicata allo svolgimento del processo pag. 4 , per poi valutarle specificamente unitamente alle ragioni addotte a sostegno delle stesse nella successiva parte riservata ai motivi. Del tutto inconsistente è, poi, il secondo motivo del ricorso con cui Mediobanca ed il M. , deducendo violazione dell'articolo 2909 cod. civ. hanno insistito nel sostenere che il giudicato esterno costituito dalla sentenza 502/1992 di questa Corte tra il M. ed il Ministero nel precedente giudizio non poteva essere rilevato di ufficio,ma doveva essere eccepito specificamente dall'Amministrazione statale in quanto tale circostanza è smentita in punto di fatto da quanto accertato dalla Corte di appello,che erano stati proprio gli attori a porre la relativa questione e quindi a portare a conoscenza del Tribunale l'esistenza del giudicato suddetto. La censura, poi, non tiene in alcun conto la giurisprudenza di legittimità, fermissima nel ritenere che l'esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d'ufficio perfino nel giudizio di cassazione sia qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, sia nell'ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. In quanto si tratta di un elemento che non può essere incluso nel fatto, perché,pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici e perché, dunque il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem , corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione Cass. sez. un. 13916/2006 24664/2007 nonché 26041/2010 16675/2011 12159/2011 . Egualmente infondata è l'ultima parte del motivo con cui i ricorrenti contestano il giudizio della Corte di appello circa l'identità degli elementi costitutivi dei due giudizi,in quanto dalla descrizione della stessa citazione degli attori contenuta nella sentenza impugnata e da essi non contestata si ricava che erano anzitutto identici gli elementi fattuali e la vicenda che ne era seguita acquisto ed alienazione dei lingotti,ricavi,irrogazione di sanzioni ecc. così come identico era il petitum, come già osservato dalla sentenza impugnata,perfino nell'importo esattamente corrispondente alla sanzione complessiva richiesta dal Ministero. Identica era infine la causa petendi costituita in quel giudizio dalla richiesta di accertamento della insussistenza ed illegittimità dell'obbligazione di pagare la pena pecuniaria vedi motivaz. Cass. 502/1992 cit. esaminata anche sotto il profilo della violazione della disciplina comunitaria ritenuto,tuttavia tardivamente,proposto. Il tutto senza considerare 1 che l'autorità del giudicato copre non solo il dedotto ma anche il deducibile in relazione al medesimo oggetto, cioè non soltanto le ragioni giuridiche fatte valere in giudizio giudicato esplicito , ma anche tutte quelle altre - proponibili sia in via di azione che di eccezione le quali, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono, tuttavia, precedenti logici, essenziali e necessari della pronuncia giudicato implicito 2 che detto principio concerne in particolare le ragioni non dedotte che si presentino come un antecedente logico necessario rispetto alla pronuncia, nel senso che deve ritenersi precluso alle parti stesse la proposizione, in altro giudizio, di qualsivoglia domanda avente ad oggetto situazioni soggettive incompatibili con il diritto accertato 3 che gli effetti del giudicato sostanziale si estendono conclusivamente non solo alla decisione relativa al bene della vita chiesto, ma a tutte le statuizioni inerenti all'esistenza e alla validità del rapporto dedotto in giudizio necessarie e indispensabili onde pervenire a quella pronuncia su di esso e quindi anche al deducibile in relazione al medesimo oggetto, comprendente tutte le possibili questioni proponibili sia in via di azione, sia in via di eccezione, le quali sebbene non dedotte specificamente costituiscono tuttavia precedenti logici essenziali e necessari della pronuncia medesima Cass. 14535/2012 22520/2011 21200/2009 24664/2007 . Mentre la prospettazione di un danno per l'omesso esercizio da parte dello Stato della funzione legislativa onde adeguare la normativa vigente in Italia a quella del Trattato pag. 9 costituisce questione del tutto nuova che, da quanto riferito dalla sentenza impugnata,non risulta prospettata in alcuna fase del giudizio di merito. Infine,per quanto riguarda la posizione di Mediobanca, estranea al precedente giudizio, che con il terzo motivo addebita alla decisione impugnata di non aver considerato che quella decisione non poteva far stato nei suoi confronti, si rileva che la sentenza impugnata non ha trascurato affatto tale circostanza,ma ha dedicato l'ultima parte della motivazione proprio alla posizione del fideiussore . Ha quindi dato atto che la sentenza 502/1992 costituiva giudicato nei confronti del solo M. , e tuttavia ha osservato, da un lato che la ricorrente aveva assunto la fideiussione e provveduto a pagare il debito dopo la formazione del giudicato suddetto e dall'altro, che in questo giudizio nessuna contestazione né eccezioni ex articolo 1945 cod. civ. aveva sollevato all'accertamento dell'obbligazione in capo al debitore perciò attenendosi al principio che, siccome il rapporto di subordinazione e dipendenza dell'obbligazione fideiussoria rispetto a quella principale si riflette necessariamente sul problema della prova, il giudice chiamato ad accertare, nei confronti del fideiussore, l'esistenza e l'ammontare del debito garantito può utilizzare gli atti giuridici che hanno interessato detto rapporto con il debitore principale, oltre che, in genere, ogni scritto e comportamento proveniente da terzi, nonché dallo stesso fideiussore per ricavarne la prova anche nei suoi confronti Cass. 26674/2007 2369/1984 . D'altra parte, a prescindere dal principio che le eccezioni opponibili dal fideiussore ex articolo 1945 cod. civ. sono solo quelle che lo stesso debitore è ancora in grado di sollevare e non anche quelle in ordine alle quali sia intervenuta una qualsiasi preclusione Cass. 13889/2010 11200/2003 , il ricorso non consente di individuare quale sia lo specifico fatto illecito,ovvero il fatto di inadempimento contrattuale addebitato da Mediobanca allo Stato italiano in quanto dalla regola dell'autonomia dell'ordinamento comunitario rispetto all'ordinamento nazionale discende che è proprio nel sistema delle fonti del medesimo ordinamento comunitario che vanno verificate le condizioni per l'immediata applicabilità, nei singoli ordinamenti degli Stati membri, della normativa in esso prodotta, fatto sempre salvo il limite desumibile dall'articolo 11 Cost Con la conseguenza che, con riferimento alle direttive o altre fonti normative - il cui carattere vincolante per gli Stati membri discende dal disposto di cui all'articolo 189 del Trattato di Roma - la diretta applicabilità, in tutto od in parte, delle prescrizioni in esse contenute non discende unicamente dalla qualificazione formale dell'atto fonte, ma richiede ulteriormente che la prescrizione sia incondizionata sì da non lasciare margine di discrezionalità agli Stati membri nella loro attuazione e sufficientemente precisa nel senso che la fattispecie astratta ivi prevista ed il contenuto del precetto ad essa applicabile devono essere determinati con compiutezza, in tutti i loro elementi e che, inoltre, lo Stato destinatario - nei cui confronti il singolo faccia valere tale prescrizione - risulti inadempiente per essere inutilmente decorso il termine previsto per dar attuazione alla direttiva medesima Cfr. Corte di giustizia delle Comunità Europee, fin da sent. 22 giugno 1989, in causa 103/88 sent. 20 settembre 1988, in causa 31/87 sent. 8 ottobre 1987, in causa 80/86 sent. 24 marzo 1987, in causa 286/85 Corte Cost. sentenze nn. 4748/85 e 168/91 . Ma nel caso i ricorrenti non hanno mai menzionato alcuna direttiva o raccomandazione comunitaria, ed a maggior ragione regolamenti o altre disposizioni sovranazionali, con i quali la normativa italiana sul commercio dell'oro non monetato che ha dato causa alla sanzione nei confronti del M. risulterebbe incompatibile, o comunque agli stessi contraria o infine abbisognevole di adeguamenti ai precetti da essi posti la ricorrente invoca soltanto una generica interpretazione del Trattato articolo 28 - 31 sulla libertà di circolazione intracomunitaria delle merci senza neppure indicare i principi normativi e/o giurisprudenziali della Comunità Europea al riguardo che dovrebbero accreditarla ed ancor più quelli recepiti da detto ordinamento onde disciplinare il mercato interno e lo specifico settore concernente la violazione per cui è causa. Mentre è ancor più arduo individuare,soprattutto dopo la ricostruzione della normativa compiuta da questa Corte con la precedente decisione 502/1992, il nesso di causalità tra la disposizione o la sanzione neppur essa specificata che si assume in contrasto con i principi comunitari ed il danno sofferto da Mediobanca per la fideiussione stipulata che secondo quanto accertato dalla Corte territoriale non risulta prestata a titolo gratuito ed è stata assunta proprio per garantire l'obbligazione del M. dopo che era stata definitivamente accertata. Le spese del giudizio gravano sulla soccombente Mediobanca e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali,che liquida in favore dell'Amministrazione contro ricorrente in complessivi Euro 20.000, oltre alle spese prenotate a debito.