Decreto revocato. Ma attenzione: la chiamata in causa del terzo costa cara all’opponente

E’ inammissibile, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la domanda formulata dal debitore opponente nei confronti di un terzo ove non dipenda dal titolo dedotto in giudizio o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione e non vi sia alcun collegamento oggettivo con la domanda principale.

E’ quanto stabilito dal Tribunale di Reggio Emilia, in persona del Giudice monocratico dott. Morlini, nella pronuncia n. 1160 del 4 luglio 2013. Il caso. Il giudizio nasce da un rapporto contrattuale intervenuto tra due società, in virtù del quale una si era impegnata, su incarico dell’altra, a ristrutturare un fabbricato a Londra di proprietà di un terzo. La ditta esecutrice dei lavori sostiene che la ditta committente si fosse impegnata a riportare in Italia, tramite un vettore di propria fiducia, gli attrezzi utilizzati dalla prima per il lavoro di ristrutturazione, i quali però erano andati smarriti durante il trasporto. Afferma altresì di essersi successivamente accordata per la vendita degli attrezzi alla ditta committente, con l’intesa che quest’ultima avrebbe poi provveduto a rivalersi nei confronti del vettore. Ciò stante, l’impresa di ristrutturazione ottiene il decreto ingiuntivo a titolo di pagamento del prezzo della vendita, il quale però viene prontamente opposto dalla committente, che nega di essersi impegnata a riportare in Italia gli attrezzi e di aver concordato l’acquisto degli stessi. Col medesimo atto di opposizione, la committente, al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti dallo smarrimento di propri beni anch’essi oggetto di trasporto, cita in giudizio anche il vettore, il quale a sua volta chiama in causa le proprie assicurazioni. Tentativo di conciliazione per i contratti di subfornitura. Preliminarmente il Giudice dichiara infondata l’eccezione di improponibilità della domanda monitoria sollevata dall’opponente in ragione del mancato esperimento del tentativo di conciliazione di cui all’art. 10 l. n. 192/1998. Invero, posto che la disposizione richiamata impone, in caso di controversie aventi ad oggetto un contratto di subfornitura, il previo esperimento di un tentativo di conciliazione presso la camera di commercio, la stessa non poteva trovare applicazione nel caso di specie, ove il credito azionato in sede monitoria era riferito ad un contratto di vendita. Peraltro, l’eccezione sarebbe stata del pari infondata anche laddove il contratto oggetto della controversia fosse stato di subfornitura atteso che, a norma dell’art. 3, comma 4, d.lgs. n. 192/1998, la mancata corresponsione del prezzo entro i termini pattuiti costituisce titolo per ottenere l’ingiunzione di pagamento provvisoriamente esecutiva ex artt. 633 e ss. c.p.c., sicché il legislatore ha espressamente sancito l’incompatibilità tra tentativo di conciliazione e procedimento monitorio. L’onere della prova ricade sul creditore opposto. Nel merito, il Giudice emiliano accoglie l’opposizione in quanto l’impresa di ristrutturazione non aveva fornito la prova che i beni oggetto di pagamento in sede monitoria fossero stati venduti alla ditta committente. Ed invero, l’unica conferma della circostanza era avvenuta con testimonianza de relato ex parte , alla quale, in assenza di altri elementi, va riconosciuta una valenza probatoria sostanzialmente nulla. Inammissibilità della chiamata in causa del terzo. Accolta l’opposizione, il Giudice dichiara invece inammissibile la domanda risarcitoria proposta dall’opponente nei confronti del vettore, in ordine allo smarrimento di propri beni oggetto del contratto di trasporto. Si tratta, invero, di domanda riconvenzionale, per la cui ammissibilità l’art. 36 c.p.c. richiede la dipendenza dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione. Ebbene, nel caso di specie, il titolo dedotto in giudizio in sede monitoria era il pagamento del prezzo di un supposto contratto di vendita tra due società, mentre la domanda proposta nei confronti del vettore era relativa ad un preteso inadempimento di quest’ultimo in un contratto di trasporto con una delle predette società. Sicché tra le domande non vi è comunanza né sotto il profilo soggettivo delle parti, né sotto il profilo oggettivo della causa petendi , con conseguente insussistenza di un qualunque collegamento oggettivo che possa giustificare il simultaneus processus pur in assenza di dipendenza dei titoli. Peraltro, l’inammissibilità deriva altresì dal fatto che l’opponente abbia direttamente evocato in giudizio il terzo, ignorando il costante orientamento giurisprudenziale in virtù del quale l’opponente, essendo convenuto in senso sostanziale, deve domandare al Giudice, con lo stesso atto introduttivo, l’autorizzazione per la chiamata del terzo, a pena di nullità della chiamata. Le spese del terzi chiamati dal convenuto sono a carico dell’opponente. L’inammissibilità della chiamata in causa del vettore ha comportato la condanna dell’opponente alla rifusione delle spese di lite del vittorioso terzo chiamato. Stessa sorte per le spese di lite delle due assicurazioni, evocate in giudizio dal terzo vettore. Infatti, laddove l’attore risulti soccombente nei confronti del convenuto in ordine alla pretesa che ha provocato la chiamata in garanzia dei terzi, è l’attore stesso a dovere rifondere le spese del terzo se vi è regolarità causale della chiamata, intesa come prevedibile sviluppo logico e normale della lite, ed astratta fondatezza della chiamata in manleva, accertata incidentalmente.

Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 4 luglio 2013, n. 1160 Giudice Gianluigi Morlini Fatto La presente controversia trae origine da un rapporto contrattuale intervenuto tra Nuova Gafm e Tecton, nell’ambito del quale la prima, su incarico della seconda, ha ristrutturato un fabbricato a Londra di proprietà di un terzo. Incontestata l’esecuzione dei lavori e il pagamento degli stessi, Gafm deduce che Tecton si era impegnata a riportare in Italia, tramite il vettore Sifte di propria fiducia, gli attrezzi utilizzati da Gafm per il lavoro di ristrutturazione e che essendo gli attrezzi stati smarriti durante il trasporto, le parti si erano successivamente accordate nel senso di una vendita degli attrezzi stessi da Gafm a Tecton, con l’intesa che quest’ultima avrebbe poi provveduto a rivalersi nei confronti del vettore. Replica invece Tecton di non essersi mai impegnata a riportare in Italia gli attrezzi utilizzati da Gafm, essendo invece quest’ultima ad avere ritenuto di avvalersi del vettore Sifte già utilizzato da Tecton e comunque di non avere mai concordato l’acquisto di tali attrezzi. Tanto premesso in linea di fatto, Gafm ha ottenuto il decreto ingiuntivo meglio indicato in dispositivo, per il fatturato importo di € 12.000, a titolo di pagamento del prezzo della dedotta vendita. Ha proposto la presente opposizione Tecton, eccependo in rito l’improponibilità della domanda monitoria in quanto asseritamente riconducibile alla materia della subfornitura e non preceduta dal tentativo di conciliazione di cui all’articolo 10 L. n. 192/1998 contestando comunque nel merito l’infondatezza della domanda, sul presupposto dell’inesistenza della vendita evocando poi direttamente in giudizio anche Sifte, per chiederne la condanna al risarcimento dei danni derivanti dallo smarrimento di propri beni anch’essi oggetto di trasporto, e per essere manlevata in denegata ipotesi di condanna a risarcire Gafm per la perdita degli attrezzi. Costituitasi in giudizio, ha resistito Sifte, la quale ha peraltro domandato ed ottenuto la chiamata in garanzia delle proprie assicurazioni RAS e INA, anche esse poi ritualmente costituitesi in giudizio. La causa è stata istruita dal giudice allora procedente con l’esame dei numerosi testi indotti dalle parti. Diritto a In via pregiudiziale di rito, va innanzitutto ritenuta manifestamente infondata l’eccezione formulata da parte opponente in ordine alla pretesa improponibilità della domanda azionata in sede monitoria, in ragione del mancato esperimento del tentativo di conciliazione previsto per la subfornitura. Infatti, da una prima angolazione risulta per tabulas che il credito azionato in sede monitoria è riferito ad una vendita, ciò che esclude radicitus possa applicarsi la normativa in tema di subfornitura. Da una seconda angolazione e comunque, va poi osservato che l’articolo 3 comma 4 L. n. 192/1998, non preveda il tentativo di conciliazione di cui all’articolo 10 come condizione per ottenere un decreto ingiuntivo in materia di subfornitura, e la norma è stata ritenuta costituzionalmente non illegittima cfr. Corte Cost. n. 163/2004, la quale richiama anche Corte Cost. n. 276/2000 in tema di rito del lavoro circa la strutturale incompatibilità tra procedura monitoria e tentativo di conciliazione pregiudiziale . b Venendo al merito, già si è evidenziato in parte narrativa come l’oggetto della controversia attenga al fatto che i beni oggetto di pagamento in sede monitoria, siano o meno stati venduti da Gafm a Tecton. Ciò detto, è del tutto evidente che, sul punto, l’onere della prova ex art. 2697 c.c. spetta alla Gafm, che infatti ha diligentemente indicato il capitolo 10 della propria memoria istruttoria per adempiere a tale onere. Tanto premesso, non solo Gafm non è riuscita a provare quanto dedotto, atteso che l’unica conferma della circostanza è avvenuta dalla deposizione di Monica Margone, ma con testimonianza de relato ex parte mi venne riferito da Cagossi Roberto”, id est il legale rappresentante di Gafm , come tale, in assenza di altri elementi, avente una valenza probatoria sostanzialmente nulla ” in questi termini, per la giurisprudenza di Cassazione cfr. Cass. n. 313/2011, Cass. n. 13263/2009, Cass. n. 8358/2007, Cass. n. 10297/1998, Cass. n. 43/1998, Cass. n. 9702/1996, Cass. n. 1095/1990, Cass. n. 1492/1987, Cass. n. 7062/1986, Cass. n. 3755/1985 . Ma addirittura, è stata parte opponente a dar prova del contrario, e cioè dell’inesistenza dell’acquisto posto a base del decreto ingiuntivo qui opposto teste Piergiorgio Bar escludo che Tecton abbia acquistato da Nuova Gafm le attrezzature in questione” teste Zafferi è vero, non acquistammo materiali dai subappaltatori” . Discende, in conclusione, che non vi è prova del contratto di vendita alla base del decreto ingiuntivo opposto, e che vi è anzi la prova contraria della sua inesistenza, con la conseguenza quindi che, in accoglimento dell’opposizione, detto decreto deve essere revocato. c Detto dell’accoglimento dell’opposizione, vanno invece dichiarate inammissibili le domande risarcitorie proposte dall’opponente nei confronti di Sifte in ordine allo smarrimento di propri beni oggetto del contratto di trasporto. Invero, per un verso trattasi di domanda inammissibile ex articolo 36 c.p.c., in ragione del fatto che la riconvenzionale, per essere ammissibile, deve dipendere dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione” mentre così non è nel caso che qui occupa, atteso che il titolo dedotto in giudizio in sede monitoria è il pagamento del prezzo di un supposto contratto di vendita tra Tecton e Nuova Gafm, mentre la riconvenzionale è relativa ad un preteso inadempimento di Sifte in un contratto di trasporto con Tecton, e quindi tra le domande non vi è comunanza né sotto il profilo soggettivo delle parti, né sotto il profilo oggettivo della causa petendi , con la conseguenza che nessun collegamento oggettivo lega le domande principali e riconvenzionali, ciò che solo può giustificare il simultaneus processus in assenza di dipendenza dei titoli cfr. per tutte Cass. n. 15271/2006 . Per altro verso ed in modo ancora più radicale, l’inammissibilità deriva poi dal fatto che l’opponente Tecton ha direttamente evocato in giudizio il terzo Sifte, ignorando che, da oramai 13 anni, con orientamento inaugurato nel 2000 e mai più rimesso in discussione, la Corte di Cassazione ha chiarito come l’opponente, essendo convenuto in senso sostanziale, non può citare il terzo direttamente, ma deve domandare con lo stesso atto introduttivo l’autorizzazione al Giudice per la sua chiamata, analogicamente all’art. 269 comma 2 c.p.c., limitandosi a citare il solo ricorrente in via monitoria, non potendo le parti originarie essere altri che ingiungente ed ingiunto, e dovendo poi il Giudice autorizzare la chiamata nel corso della prima udienza, a pena di nullità della chiamata diretta del terzo Cass. n. 1920/2011, Cass. n. 4800/2007, Cass. n. 13272/2004, Cass. n. 1185/2003, Cass. n. 3156/2002, Cass. 8718/2000 avendo invece, nel caso che qui occupa, l’opponente direttamente evocato in giudizio il terzo, la domanda nei confronti dello stesso va dichiarata inammissibile anche sotto questo profilo. L’inammissibilità della domanda fa all’evidenza rimanere assorbite sia le difese di merito svolte da Sifte, sia le domande di garanzia di quest’ultima verso le proprie assicurazioni. d Le spese di lite, liquidate come da dispositivo in assenza di nota e con riferimento al D.M. n. 140/2012, in ragione della previsione di retroattività posta dal suo articolo 41 ed atteso che l’attività degli avvocati si è esaurita dopo la caducazione delle tariffe il 23/7/2012 cfr. Cass. Sez. Un. nn. 17405-6/2012, Cass. nn. 18473/2012, 18551/2012, 18920/2012 , tenendo a mente il valore medio per ciascuna delle quattro fasi di studio, di introduzione, istruttoria e decisoria, nell’ambito dello scaglione entro il quale è racchiuso il petitum di causa, seguono la soccombenza ex articolo 91 c.p.c. nei vari rapporti processuali. Pertanto, nel rapporto processuale tra Tecton e Gafm, stante la revoca del decreto ingiuntivo opposto, il soccombente convenuto Gafm deve essere condannato a rifondere le spese del vittorioso opponente Tecton. Nel rapporto processuale tra l’opponente Tecton ed il terzo chiamato Sifte, stante l’inammissibilità delle domande, il soccombente opponente deve essere condannato a rifondere le spese del vittorioso terzo chiamato. Circa infine le spese di lite delle due assicurazioni, evocate in giudizio dal convenuto Sifte, le stesse devono essere poste a carico di Tecton. Infatti, laddove l’attore, nel caso di specie l’opponente Tecton, risulti soccombente nei confronti del convenuto, nel caso di specie Sifte, in ordine a quella pretesa che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia dei terzi, nel caso di specie le assicurazioni, è l’attore stesso a dovere rifondere le spese del terzo Cass. n. 8363/2010, Cass. n. 21933/2006, Cass. n. 12301/2005, Cass. n. 7168/2004, Cass. n. 6514/2004, Cass. n. 19181/2003, Cass. n. 5262/2001, Cass. n. 8166/1997, Cass. n. 3835/1989, Cass. n. 13126/1988, Cass. n. 3740/1987, Cass. n. 3770/1981 , se, come nel caso che qui occupa, vi è regolarità causale della chiamata, intesa come prevedibile sviluppo logico e normale della lite, ed astratta fondatezza della chiamata in manleva, accertata incidentalmente. Si dà atto che il presente fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo Giudice, trasferito al Tribunale di Reggio Emilia il 11/4/2012, all’udienza del 7/6/2012, ed alla successiva udienza del 20/6/2013 è stato deciso con sentenza contestuale ex art. 281 sexies c.p.c. P.Q.M. - il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa revoca il decreto ingiuntivo n. 2533/2006 emesso dal Tribunale di Reggio Emilia il 22-25/9/2006 dichiara inammissibile le domande di Tecton nei confronti di Sifte Berti s.p.a. condanna Nuova Gafm s.r.l. a rifondere a Tecton soc. coop. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 200 per rimborsi, € 2.100 per compensi, oltre IVA e CPA come per legge condanna Tecton soc. coop. a rifondere a Sifte Berti s.p.a. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 50 per rimborsi, € 2.100 per compensi, oltre IVA e CPA come per legge condanna Tecton soc. coop. a rifondere a Ina Assitalia s.p.a. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 2.100 per compensi, oltre IVA e CPA come per legge condanna Tecton soc. coop. a rifondere a Riunione Adriatica di Sicurtà s.p.a. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 2.100 per compensi, oltre IVA e CPA come per legge.