Individuazione a monte del profitto illecito per commisurare il controvalore confiscabile

E’ necessaria una rigorosa delimitazione causale del nucleo storico di profitto o prezzo, strettamente correlato al reato, il quale deve pertanto essere certo nella sua obiettiva esistenza ed entità.

E’ quanto emerge dalla sentenza numero 28839, depositata il 5 luglio 2013, della Corte di Cassazione. La fattispecie. Sequestro preventivo di 4 fabbricati, in ordine al reato di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio articolo 319 e 321 c.p. , confermato anche in sede di riesame. Per questo l’imputato presenta ricorso per cassazione. Ciò che viene contestato, oltre alla sussistenza del fumus del delitto di corruzione in capo al ricorrente, è la mancata individuazione del profitto da assoggettare a confisca per equivalente. La S.C., sul punto, sottolinea che il sequestro preventivo, preordinato alla confisca ex articolo 322 ter c.p. – in base a quanto risulta dal provvedimento impugnato - è stato disposto sulla base dell’assunto che il profitto per i corruttori ammonti ad una somma non inferiore a quella di euro 6.117.910,07 euro, valore degli appalti individuati. I giudici di merito hanno saltato 3 passaggi fondamentali? Tuttavia, la Cassazione ha rilevato l’assenza della disamina di 3 passaggi fondamentali attraverso cui si snoda il procedimento di applicazione della confisca di valore. Da una parte, «la previa individuazione, nella loro oggettiva consistenza, dei beni costituenti “profitto” o “prezzo” del reato, di cui sia impossibile la diretta ablazione» dall’altra «la loro stima economica» e, infine, «l’identificazione, nel patrimonio del reo, di beni corrispondente al valore c.d. tantundem ». Delimitazione causale del nucleo storico di profitto o prezzo. Per quanto riguarda il primo passaggio, ad esempio, non si può prescindere dalla «preliminare esigenza di una rigorosa delimitazione causale del nucleo storico di profitto o prezzo, strettamente correlato al reato, il quale deve pertanto essere certo nella sua obiettiva esistenza ed entità», e questo – precisa ancora la Corte di legittimità – vale anche in caso di confisca per equivalente.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 aprile – 5 luglio 2013, numero 28839 Presidente Agrò – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. I.E. ricorre per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, in data 22-12-2012, che ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Roma, il 30-11-2012, preordinatamente alla confisca ex articolo 322 ter cp, di 4 fabbricati, fino alla concorrenza di Euro 6.117.910, 07, in ordine al delitto di cui agli articolo 319 e 321 cp, ascritto ad A.G. , quale capo di gabinetto del Ministro delle politiche agricole a R.S. , dirigente dell'Ufficio Comunicazione e informazione a B. e I. , la prima legale rappresentante fino al 2007 e direttore del Consorzio Uniprom il secondo, legale rappresentante di soggetti consorziati Uniprom, quali corruttori, in quanto l'A. , per essersi prodigato per l'aggiudicazione dell'appalto di Euro 936.474, 39 e di altri 3 appalti, del valore complessivo di oltre 5,1 milioni, aggiudicati in favore di Uniprom, riceveva dal predetto Consorzio e dalla consorziata AGCI Agrital 82.964, 63 Euro, erogati alla moglie, R.S. , fino all'anno 2009 nonché, nell'anno 2010, un contratto di lavoro a favore di K.I.M. , con la quale l'A. intratteneva una relazione sentimentale e che veniva assunta presso il Consorzio Uniprom, in forza del patto corruttivo. In OMISSIS . 2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione dell'articolo 321 cpp e degli articolo 319, 321 e 322 ter cp e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui ha ritenuto sussistente il fumus del delitto di corruzione nei confronti dello I. poiché l'ordinanza non individua in concreto né l'accordo corruttivo tra I. e A. né gli atti amministrativi che sarebbero espressione di tale mercimonio. Né si contesta la violazione di norme concernenti la scelta del contraente, l'affidamento ad esso delle prestazioni d'opera, il regolare svolgimento del rapporto contrattuale, dopo l'aggiudicazione dell'appalto. Neppure si accenna a quali sarebbero stati i comportamenti illeciti che avrebbero determinato aggiudicazioni contra legem al Consorzio. Del resto, K.I. è stata assunta nel settembre 2010, allorché il ricorrente non era più da tre anni Presidente del Consorzio Uniprom, in forza di una reale esigenza di personale da parte del Consorzio e della qualificazione professionale della K. , che aveva svolto attività analoga presso il Ministero polacco. È vero che la R. ha ricevuto somme dal Consorzio Uniprom circa 82.000 Euro complessivi dal 1999 al 2009 a titolo di compensi ma ciò è accaduto in forza dello svolgimento di una prestazione professionale, alla quale il Consorzio era stato giuridicamente obbligato in forza del decreto 2-7-98 del Direttore generale del Ministero delle Politiche Agricole, che prevedeva i compensi da corrispondere ai componenti del Comitato di controllo per la gestione dei finanziamenti comunitari erogati anche al Consorzio Uniprom, tra cui la R. . I pagamenti sono stati effettuati con bonifico bancario e a fronte di emissione di fatture e sono stati sottoposti al controllo della Ragioneria dello Stato e della Corte dei conti. Né vale rilevare che tale decreto era firmato dall'A. perché esso era previsto da normative Europee come obbligo per lo Stato italiano. Anche la partecipazione della moglie al Comitato era perfettamente naturale, trattandosi di una dirigente del Ministero. Né valenza probatoria hanno le comunicazioni intercettate, soprattutto via sms, tra A. e I. , che dimostrano solo la frequentazione tra i due ma nessun accordo corruttivo. 2.1. Con il secondo motivo, si afferma che l'ordinanza impugnata non ha individuato il profitto da assoggettare a confisca per equivalente. Del tutto erroneamente esso viene individuato nel valore economico complessivo degli appalti e non nell'utile netto effettivamente conseguito. Né la determinazione di esso può essere rinviata al momento delle successive statuizioni di confisca poiché l'entità del profitto deve essere esattamente individuata o preventivamente individuabile con certezza. Si chiede pertanto annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 3. Il secondo motivo di ricorso è fondato. Risulta dal provvedimento impugnato che il sequestro preventivo, preordinato alla confisca ex articolo 322 ter cp, è stato disposto sulla base dell'assunto che il profitto, per i corruttori della Uniprom, lo I. e la B. , ammonti a una somma non inferiore a quella di Euro 6.117.910, 07, valore degli appalti sin qui individuati . Orbene, questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi nel senso che l'asserto secondo cui la nozione di profitto, nell'ottica delineata dall'articolo 322 ter cp, in presenza di un contratto di appalto ottenuto con la corruzione di pubblici funzionari, si identifica con il valore del rapporto sinallagmatico instaurato con la PA è senz'altro incompatibile con una corretta ermeneutica della norma in disamina Sez. VI 29-4-2009 numero 17797, rv. numero 243319 Sez. VI, 14-10-2009 numero 46215, rv. numero 246495 . Al riguardo, Sez. Unumero 2-7-2008 numero 26654 rv. numero 239926 ha infatti condivisibilmente stabilito che, con specifico riferimento al disposto dell'articolo 322 ter cp, il profitto è da definirsi come beneficio aggiuntivo di tipo patrimoniale direttamente correlato al reato. E le Sezioni Unite hanno precisato che tale nozione generale di profitto può subire un ridimensionamento allorché il reato si inserisca nel quadro di un'attività non illecita ma perfettamente lecita, come quella imprenditoriale. Infatti, nelle ipotesi in cui il comportamento penalmente rilevante non coincida con la stipula del contratto in sé c.d. reato-contratto ma vada ad incidere unicamente sulla fase di formazione della volontà contrattuale o su quella di esecuzione c.d. reato in contratto , è possibile enucleare aspetti leciti del rapporto. Ragion per cui il corrispettivo di una prestazione regolarmente eseguita dall'obbligato ed accettata dalla controparte, che ne trae comunque una concreta utilitas, non può costituire una componente del profitto del reato perché trova titolo legittimo nella fisiologica dinamica contrattuale e non può ritenersi sine causa o sine iure. In conclusione, la relazione sinallagmatica impone di distinguere, sulla base di specifici e puntuali accertamenti, il vantaggio economico direttamente derivante dall'illecito penale, che rappresenta il profitto confiscabile, dagli introiti connessi ad una corretta erogazione di prestazioni, comunque svolta in favore dell'Amministrazione, pur nell'ambito di un rapporto inquinato, nella genesi o nell'esecuzione, dall'illecito. Dunque il profitto, nel sequestro preventivo funzionale alla confisca ex articolo 322 ter cp, è costituito dal vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato ed è concretamente determinato al netto dell'effettiva utilità eventualmente conseguita dal danneggiato, nell'ambito del rapporto sinallagmatico Sez. VI 13-11-2008 numero 42300, rv. numero 241332 . Ne deriva che, nella specifica ipotesi di contratto di fornitura di beni o di servizi in favore della pubblica amministrazione, viziato all'origine da illiceità penale, il privato che adempia agli obblighi contrattuali ha diritto al relativo corrispettivo e occorre pertanto verificare attentamente, onde evitare un'ingiusta duplicazione del sacrificio economico imposto al soggetto responsabile dell'illecito, se l'Amministrazione pubblica abbia tratto una qualche utilità dalla prestazione del privato. Laddove poi dalle risultanze degli accertamenti espletati non dovessero emergere elementi significativi in ordine ai profili appena delineati, il giudice di merito è tenuto a trame le conseguenze il tema di illegittimità del sequestro preventivo adottato senza un adeguato supporto giustificativo. 4. La disamina di tali profili è del tutto estranea al tessuto motivazionale del provvedimento impugnato. Manca, in particolare, la disamina dei tre passaggi fondamentali attraverso cui si snoda il procedimento di applicazione della confisca di valore 1 la previa individuazione, nella loro oggettiva consistenza, dei beni costituenti profitto o prezzo del reato, di cui sia impossibile la diretta ablazione 2 la loro stima economica 3 l'identificazione, nel patrimonio del reo, di beni di corrispondente valore c.d. tantundem . Il primo dei predetti passaggi implica che neppure nel caso della confisca per equivalente possa prescindersi dalla preliminare esigenza di una rigorosa delimitazione causale del nucleo storico di profitto o prezzo, strettamente correlato al reato Sez. Unumero 25-6-2009 numero 38691 , il quale deve pertanto essere certo nella sua obiettiva esistenza ed entità Sez. V, 3-7-2002 numero 32797, rv. numero 222741 . Essendo infatti la value confiscation improntata ad una logica di residualità, l'individuazione, a monte, del profitto illecito assicura il supporto materiale a cui poter commisurare il controvalore confiscabile, laddove risulti impraticabile l'ablazione diretta. 5. Non è d'altronde sostenibile che il provvedimento cautelare reale abbia una latitudine applicativa più ampia di quella del provvedimento ablatorio emesso all'esito del giudizio di cognizione poiché è la disciplina della confisca a cristallizzare l'oggetto del vincolo reale interinale, ciò comportando un'anticipazione al momento dell'adozione del sequestro preventivo di tutte le questioni inerenti all'applicazione del provvedimento definitivo Sez. Unumero 27-3-2008 numero 26654 rv. numero 239926 . 6. L'ordinanza impugnata va dunque annullata, con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame, alla stregua dei principi sin qui esposti. Quest' epilogo decisorio rende ultroneo l'esame del primo motivo di ricorso. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.