La coperta troppo corta della confisca per equivalente in danno di persona giuridica… (ri)scopre la confisca diretta

E' sempre possibile il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta di beni direttamente riconducibili al profitto del reato tributario commesso dagli organi sociali di persona giuridica, nella disponibilità personale loro o della persona giuridica. Potrà ritenersi raggiunta la prova che trattasi di profitto del reato allorchè si tratti di somme equivalenti a quelle sottratte all’erario, che siano state utilizzate dalla società, nello stesso contesto temporale o in quello immediatamente successivo.

Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, sez. III Penale, nella sentenza numero 18311, depositata il 5 maggio 2014. I punti fermi delle SS.UU. 10561/14. Per comprendere la valenza della pronuncia che qui brevemente si commenta, è necessario prendere le mosse dagli importanti principi di diritto – che anche la pronuncia in esame testualmente ed integralmente richiama – statuiti recentemente dalla nota pronuncia a Sezioni Unite numero 10561/2014. Con detta pronuncia si è infatti chiarito che 1 Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica, qualora non sia stato reperito il profitto del reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio. 2 È consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto del reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto o beni direttamente riconducibili al profitto sia nella disponibilità di tale persona giuridica. 3 Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto del reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, in capo a costoro o a persona compresa quella giuridica non estranea al reato. 4 L’impossibilità del sequestro del profitto di reato può essere anche solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato. I freni al sequestro per equivalente. È proprio da tali principi, ed in particolare dal definitivo accoglimento della tesi restrittiva in punto di applicabilità del sequestro per equivalente in danno di persona giuridica, che prende le mosse la sentenza in esame per escludere la possibilità di ricorrere al sequestro per equivalente su beni della persona giuridica in caso di reati tributari compiuti dagli organi amministrativi, al di fuori delle ipotesi in cui la società fosse una mera interposizione fittizia ovvero si trattasse di reati transnazionali. Poiché, nel caso in oggetto, il Tribunale del Riesame non aveva fornito motivazione alcuna né circa la transnazionalità dei reati, né sul fatto che la società fosse stata utilizzata come mera schermatura dal legale rappresentante per lo svolgimento della sua attività, trattandosi, appunto, di contestazione di reati tributari, non annoverati nel d.lgs numero 231/2001, la conclusione non può – in linea con i principi dettati dalle SS.UU. – che essere quella di annullare il sequestro per equivalente disposto dal Tribunale del Riesame sui beni della persona giuridica. ed il via alla confisca diretta. Come, tuttavia, si era paventato da parte dei primi commentatori della sentenza delle Sezioni Unite numero 10516/2014, da contraltare alla impostazione restrittiva sulla confisca per equivalente – almeno in attesa dell’auspicato intervento del legislatore volto a prevedere espressamente detta misura patrimoniale sanzionatoria sui beni della persona giuridica in caso di reati tributari, commessi dagli organi amministrativi stante l’irrazionalità dell’attuale sistema normativo, deficiente sotto tale profilo – pare esservi il chiaro riconoscimento di una maggiore sfera di operatività della confisca diretta, volta a colpire il profitto del reato attraverso una più ampia rielaborazione del concetto di profitto derivante dal reato tributario. Le Sezioni Unite, infatti, avevano rammentato che «deve essere tenuto ben presente che la confisca del profitto, quando si tratta di denaro o di beni fungibili, non è confisca per equivalente, ma confisca diretta». Richiamando, poi, una pronuncia dettata in tema di articolo 11, d.lgs. numero 74/2000, avevano ancora chiarito che «il profitto del reato tributario va individuato nella somma di denaro la cui sottrazione all’erario viene perseguita». Le stesse Sezioni Unite avevano poi richiamato una serie di principi elaborati dalle sezioni semplici in ipotesi diverse da reati tributari, in virtù dei quali, allorché sussistano indizi tali da ritenere che il denaro di provenienza illecita sia stato depositato in banca, ovvero investito in titoli, è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, trattandosi di assicurare ciò che proviene dal reato e che si è tentato di celare con il più semplice degli artifizi. Ciò in quanto nella nozione di profitto funzionale alla confisca diretta rientrano non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell'attività criminosa. E così, poiché il denaro è bene fungibile, la trasformazione che il denaro, profitto del reato, abbia subito in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non è quindi di ostacolo al sequestro preventivo che ben può avere ad oggetto il bene di investimento così acquisito. Come in dottrina taluno aveva sin da subito acutamente osservato, ciò apre, tuttavia, una nuova e straordinariamente ampia via alla confisca diretta, includendo nel profitto derivante dai reati tributari e non solo da quello di cui all’articolo 11, d.lgs numero 74/2000 tutte le somme sottratte al pagamento dell’erario. Se ciò appariva evidente nel caso della singola fattispecie di cui all’articolo 11, d. lgs. numero 74/2000 cui invero si riferiva la pronuncia richiamata dalla SS.UU. , che, come noto, sanziona proprio quelle operazioni simulate o fraudolente finalizzate a sottrare il proprio patrimonio a debiti fiscali o erariali, il concetto non pareva, sino alla pronuncia numero 10516/2014, assolutamente o quanto meno automaticamente estensibile agli altri reati tributari. Lungo il solco tracciato dalle SS.UU. Ed è proprio nel pericoloso? solco segnato dalla appena menzionata pronuncia a Sezioni Unite che si muove la sentenza che si annota, la quale, pur annullando il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente confermato dal Tribunale del Riesame, rimarca il campo di possibile operatività della confisca diretta, che ha ad oggetto il profitto del reato tributario, rappresentato, come indicato, da un risparmio di spesa. Sul punto, riafferma la pronuncia del caso in esame, la prova di trovarsi di fronte al profitto del reato, e dunque a somme o beni suscettibili di confisca diretta e non di confisca per equivalente, sarà individuata allorchè somme equivalenti a quelle sottratte all’erario siano state contestualmente, o in tempo immediatamente successivo, utilizzate dalla società per altre finalità. La conseguenza applicativa di dette affermazioni potrebbe essere assai significativa in quanto consentirebbe, per esempio, la confisca diretta come profitto di un immobile acquistato dalla società con somme equivalenti al risparmio di imposta derivante dal reato tributario, se avvenuto contestualmente o in tempo immediatamente successivo alla commissione di detto reato. Se, dunque, le SS.UU. hanno chiarito che detto immobile non può essere oggetto di sequestro per equivalente, non essendo i reati tributari annoverati in quelli menzionati nel d. lgs. numero 231/2001, tuttavia, detto immobile parrebbe – oggi anche alla luce della sentenza in commento – suscettibile di sequestro diretto, in quanto misura finalizzata a colpire non un bene equivalente al profitto del reato, ma il profitto stesso del reato tributario, con un pericoloso, a sommesso avviso di chi scrive, ulteriore ampliamento del campo di operatività del diritto penale, che utilizza le sanzioni patrimoniali quale strumento repressivo e punitivo per eccellenza.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 marzo – 5 maggio 2014, numero 18311 Presidente Fiale – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 23.05.2013 il Tribunale di Teramo ha respinto il riesame proposto da C.P. avverso il decreto con cui in data 28.12.2012 il Giudice per le Indagini Preliminari di quel Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente sulle somme contenute nel conto corrente intestato alla società H.T.S. GROUP srl nell'ambito di procedimento penale a carico del ricorrente per reati integranti molteplici violazioni del D.L.vo 74/2000, accertate in omissis . 2. Ricorre per Cassazione, a mezzo del proprio difensore, C.P. in qualità di legale rappresentante della H.T.S. GROUP srl, deducendo a. Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, violazione dell'articolo 322 ter cod. penumero e 321 cod. proc. penumero - violazione dell'articolo 606 lett. b e c cod. proc. penumero in relazione agli articolo 322 ter cod. penumero , 321 cod. proc. penumero , articolo 19 e 53 del D.L.vo 231/2001. Il ricorrente si duole che sarebbero stati sottoposti a sequestro preventivo beni di proprietà della società, da lui amministrata, ma tuttavia estranea alla commissione del reato. Il principio della responsabilità penale personale, determinerebbe infatti, ad avviso del ricorrente, l'impossibilità di essere sottoposti a misure di sicurezza sanzionatorie, se non si sia contribuito alla commissione del reato. Il sequestro preventivo, perciò, potrebbe incidere solo sull'autore o compartecipe del reato. Il legislatore, con il D.L.vo 231/2001 – prosegue - ha introdotto una forma di coinvolgimento degli enti, senza qualificare la responsabilità degli stessi come responsabilità penale. Pertanto non apparirebbe possibile configurare una responsabilità penale degli stessi, né configurarne una responsabilità obbiettiva. Il decreto sopra richiamato avrebbe introdotto una responsabilità amministrativa degli enti per fatti riconducibili a due categorie di soggetti. Il reato però deve essere commesso nell'interesse o a vantaggio della società. Inoltre lo stesso reato deve essere compreso nell'elencazione tassativa di cui alla sezione III del capo I del D.Lg.vo 231/2001. Il provvedimento di sequestro e le argomentazioni dell'ordinanza impugnata contrasterebbero con le disposizioni in esame. Il sequestro sarebbe consentito solo per il prezzo e il profitto del reato. Per l'applicabilità della misura occorrerà valutare l'esistenza del fumus commissi delicti, non in relazione al reato della persona fisica, ma all'illecito amministrativo da esso dipendente. In assenza del reato il fumus non potrebbe sussistere. Nel caso di specie non sarebbe nemmeno astrattamente ipotizzabile, infatti - secondo la tesi proposta - una responsabilità della società per le ipotesi illecite contestate al C. . b. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 321 cod. proc. penumero e dell'articolo 322 ter cod. penumero in relazione alla definizione di cui all'articolo 812 cod. civ. delle quote sociali della società - violazione dell'articolo 606 lett. b ed e cod. proc. penumero in relazione ai medesimi articoli - mancanza di motivazione. Ad avviso del ricorrente il Tribunale avrebbe ritenuto che le somme esistenti sul conto intestato alla H.T.S. GROUP srl fossero riferite a proventi dell'attività illecita commessa dal C. in concorso con il D. , assumendosi che C.P. fosse soggetto con funzione di gestore della società. Il GIP, secondo la difesa, avrebbe dovuto specificare che il provvedimento riguardava somme depositate sul conto corrente intestato alla società, che sarebbe soggetto estraneo alla commissione dell'illecito. Il Tribunale avrebbe ritenuto legittimo il provvedimento di sequestro eseguito sulle somme che costituiscono il patrimonio della società, a prescindere di come e quando esse sono entrate a farne parte, violando il principio del divieto di applicazione retroattiva della confisca per equivalente. c. Violazione e falsa applicazione degli articolo 321 cod. proc. penumero e 322 ter cod. penumero - violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione agli importi contenuti sui conti correnti - violazione dell'articolo 606 lett. a ed e mancanza di motivazione. Il Tribunale - si duole il ricorrente - si sarebbe limitato a riferire dell'esistenza di somme sul conto corrente senza evidenziare il nesso pertinenziale tra il reato e le somme intestate a terzi. Si sarebbe, altresì, limitato ad affermare che, in mancanza di prova di lecite fonti di reddito, tali fondi si dovrebbero presumere provenienti dalla contestata evasione. Le somme sequestrate, invece, deriverebbero da bonifici che nulla avrebbero a che vedere con le attività illecite ipotizzate a carico di C.P. . d. Violazione e falsa applicazione degli articolo 321 cod. proc. penumero e 322 ter-mancanza ed illogica motivazione - violazione dell'articolo 606 lett. b ed e in relazione agli articolo 321 cod. proc. penumero ed articolo 125 co. 3 cod. proc, penumero , articolo 292 co. 1 c-bis cod. proc. penumero . Il Tribunale avrebbe omesso di visionare la documentazione allegata dalla difesa, dalla quale emergerebbe ad avviso del ricorrente l'esatto contrario di quanto sostenuto dalla Guardia di Finanza. Il provvedimento impugnato mancherebbe di riferimenti individualizzanti in relazione alle condotte ipotizzate. La motivazione apparirebbe svincolata dal concreto riscontro della riferibilità soggettiva e delle plausibilità dell'accusa e si limiterebbe a rinviare agli esiti delle investigazioni ritenendo che la documentazione fosse stata già esaminata dalla Guardia di finanza, la quale sarebbe giunta all'esatta qualificazione della figura illecita ipotizzata. Il tribunale, invece, dovrebbe ad avviso del ricorrente necessariamente riesaminare tutta la documentazione al fine di giungere ad un proprio convincimento sull'esistenza sul fumus commissi delicti e sul periculum in mora necessari per legittimare l'emissione del provvedimento di sequestro. Nel provvedimento impugnato il tribunale del riesame di Teramo si sarebbe, infatti, limitato ad una motivazione per relationem senza operare la necessaria attenta valutazione dell'atto. In ultimo, il ricorrente lamenta il difetto di motivazione sul periculum in mora da cui deriverebbe la nullità del provvedimento. Chiede, pertanto, l'annullamento del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. Il motivo in premessa indicato sub a è fondato e, pertanto, il ricorso merita di trovare accoglimento. 2. L'articolo 325 cod. proc. penumero prevede, com'è noto, che contro le ordinanze in materia di riesame di misure cautelari reali il ricorso per cassazione possa essere proposto solo per violazione di legge. La giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha, tuttavia, più volte ribadito come in tale nozione debbano ricomprendersi sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice vedasi Sez. U, numero 25932 del 29.5.2008, Ivanov, rv. 239692 conf. sez. 5, numero 43068 del 13.10.2009, Bosi, rv. 245093 . Ancora più di recente è stato precisato che è ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l' iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato, così sez. 6, numero 6589 del 10.1.2013, Gabriele, rv. 254893 nel giudicare una fattispecie in cui la Corte ha annullato il provvedimento impugnato che, in ordine a contestazioni per i reati previsti dagli articolo 416, 323, 476, 483 e 353 cod. penumero con riguardo all'affidamento di incarichi di progettazione e direzione di lavori pubblici, non aveva specificato le violazioni riscontrate, ma aveva fatto ricorso ad espressioni ambigue, le quali, anche alla luce di quanto prospettato dalla difesa in sede di riesame, non erano idonee ad escludere che si fosse trattato di mere irregolarità amministrative . Di fronte all'assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell'atto. 3. Ciò premesso, ritiene il Collegio che nel caso all'odierno esame si sia in presenza di un deficit motivazionale tale da configurare l'errata applicazione di norme di diritto. Ciò in quanto si deve tener conto che nelle more del proposto ricorso, le Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno affrontato il contrasto giurisprudenziale determinatosi, per lo più in seno a questa sezione, dando una risposta al quesito, con motivazione depositata il giorno precedente la presente pronuncia, sul se sia possibile o meno disporre il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta o per equivalente, nei confronti di beni di una persona giuridica per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante della stessa Sez. Unite numero 10561 del 30.1.2014 dep. il 5.3.2014, Gubert . Secondo alcune pronunce degli ultimi anni, infatti, con riferimento ai reati tributari, sarebbe possibile applicare il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni della persona giuridica, anche al di fuori dei casi in cui la sua creazione era finalizzata a farvi confluire i profitti degli illeciti fiscali quale società schermo . Ciò in ragione dell'affermazione che, sebbene il reato tributario fosse addebitabile all'indagato, le conseguenze patrimoniali ricadevano in ogni caso sulla società a favore della quale egli aveva agito, salvo che si fosse dimostrata una rottura del rapporto organico. Secondo i fautori di tale tesi, dunque, non era richiesto che l'ente fosse responsabile, ai sensi del D.Lgs. numero 231/2001, e lo stesso non poteva considerarsi terzo estraneo al reato perché fruiva degli incrementi economici che erano derivati dallo stesso così ex plurimis sez. 3 numero 28731 del 19.7.2011, Soc. Coop. R. L. PR Burlando, non mass. sez. 3 numero 26389 del 9.6.2011, Occhipinti, rv. 250679 . Di segno contrario erano state, invece, altre pronunce con le quali si era affermata l'impossibilità di applicare l'istituto del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni appartenenti alla persona giuridica, nei casi in cui si procedeva per violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della stessa, in quanto gli articoli 24 e seguenti del D.Lgs. numero 231/2001 non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l'adozione di un provvedimento siffatto, tranne che nel caso in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti, tanto che ogni cosa fittiziamente intestata alla società sia immediatamente riconducibile alla disponibilità dell'autore del reato sez. 3, numero 25774 del 14.6.2012, PM in Proc. Amoddio e altro, rv 253062 sez. 3 numero 15349 del 23.10.2012 dep. il 3.4.2013, Gimeli, rv. 254739 sez. 3 numero 42350 del 10.7.2013, PM in proc. Stigelbauer, rv. 257129 sez. 3 numero 42476 del 20.9.2013, Salvatori, rv. 257353 . Le Sezioni Unite hanno optato, con le precisazioni che si illustreranno, per tale seconda opzione, affermando i principi di diritto secondo cui I. È consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto o beni direttamente riconducibili al profitto sia nella disponibilità di tale persona giuridica. II. Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio. III. Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona compresa quella giuridica non estranea al reato. IV. La impossibilità del sequestro del profitto del reato può essere anche solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato. 4. Occorrerà ripercorrere alcuni punti della decisione del Supremo Collegio al fine di verificare ed indicare al giudice di rinvio quali sono gli snodi motivazionali attraverso i quali si può pervenire, eventualmente, alla confisca per equivalente di beni e quindi anche al sequestro finalizzato alla stessa che siano formalmente intestati ad una persona giuridica, a fronte di reati tributari commessi dai suoi amministratori. La prima e più importante verifica, che deve trovare riscontro in motivazione, e quella che attiene alla possibilità che la persona giuridica stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso cui l'amministratore agisca come effettivo titolare. Numerose sono le pronunce di questa Suprema Corte, richiamate dalle stesse Sezioni Unite, che affermano tale principio vedasi tra le tante sez. 3, numero 42476 del 20.9.2013, Salvatori, rv. 257353 sez. 3. numero 42638 del 26.9.2013, Preziosi sez. 3. numero 42350 del 10.7.2013, PM in proc. Stigelbauer, rv. 257129 sez. 3 3182 del 14.5.2013, De Salvia, rv. 255871 sez. 3, numero 15349 del 23.10.2012, dep. il 3.4.2013, Gimeli, rv. 254739 sez. 3, numero 1256 del 19.9.2012 dep. il 10.1.2013, UniCredit spa, rv. 254796 sez. 3, numero 33371 del 4.7.2012, Fallii sez. 3, numero 25774 del 14.6.2012, Amoddio, rv. 253062 sez. 6, numero 42703 del 12.10.2010, Giani, non mass. . In tal caso infatti - come rilevano condivisibilmente le SS.UU.- la trasmigrazione del profitto del reato in capo all'ente non si atteggia alla stregua di trasferimento effettivo di valori, ma si configura come un espediente fraudolento, non dissimile dalla figura dell'interposizione fittizia con la conseguenza che il denaro o il valore trasferito devono ritenersi ancora pertinenti, sul piano sostanziale, alla disponibilità del soggetto che ha commesso il reato, in apparente vantaggio dell'ente, ma nella sostanza a favore proprio. Se ciò è provato, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente è, dunque, consentito. Allo stesso modo il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente sarà possibile anche nei confronti di beni societari per i reati transnazionali, consentendolo l'articolo 11 della legge 16.3.2006 numero 146 recante Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 , che prevede la confisca obbligatoria, anche per equivalente, per i reati di cui all'articolo 3 della stessa legge. Nel caso che ci occupa, tuttavia, la motivazione della sentenza impugnata non consente di comprendere se versiamo in una ipotesi di società schermo. E certamente non siamo di fronte a reati transnazionali. Il Tribunale di Teramo si limita a valutare come risulti comprovato ex actis che C.P. è risultato essere onnipresente nella effettiva e concreta gestione della H.T.S. Group srl, società rivelatasi essere una vera e propria impresa commerciale che, nel corso del periodo oggetto di disamina, ha disinvoltamente emesso fatture per operazioni inesistenti, dando luogo alle molteplici violazioni della norma in materia di imposta così come hanno posto in risalto gli Ufficiali di P.G. operanti, in grado di far percepire la davvero non comune carica di disvalore che quelle tipologie comportamentali intimamente sottendono, in tal modo integrandosi i reati configurati in rubrica cfr. pagg. 1-2 del provvedimento impugnato . Si tratta, con tutta evidenza, di una motivazione apparente, con la quale pare, quasi, che si voglia imputare alla società, e non ai suoi organi, la commissione dei reati. Più in avanti, nel provvedimento impugnato, si rileva come dalle indagini sia emersa la funzione di gestore dell'organismo societario da parte del C. . Ma ciò non appare in discussione, laddove C.P. risulta essere il l.r.p.t. della H.T.S. Group srl, veste nella quale, peraltro, propone l'odierno ricorso. Apparente è la motivazione anche laddove il Tribunale di Teramo si esprime in termini di verosimiglianza “risulta assai verosimile in ordine al fatto che la somma di denaro in concreto sottoposta a sequestro costituisca espressione del più consistente patrimonio acquisito illecitamente con il ricorso al sistema fraudolento delineatosi nel corso della fase investigativa, fino a questo momento abilmente occultato dal D. , soggetto che sa sempre operare con scaltrezza e professionalità in operazioni illecite . 5. Le Sezioni Unite hanno confutato una per una, nella sentenza 10561/2014, le argomentazioni di chi aveva affermato, come pare fare il Tribunale di Teramo nel provvedimento impugnato, la possibilità di procedere alla confisca per equivalente in capo alla persona giuridica sull'assunto tout court della provata esistenza del rapporto organico esistente tra il soggetto indagato della società, facendo discendere dalla mera disponibilità dei beni societari da parte dell'indagato la possibilità di sequestrarli prima e di confiscarli poi. Il Supremo Collegio evidenzia come simili conclusioni non tengano conto che la confisca per equivalente debba basarsi su specifiche disposizioni di legge e di come, non di rado, la persona giuridica sia il soggetto danneggiato dal reato, tanto che promuove poi azioni di responsabilità verso l'amministratore che l'ha esposta alle conseguenze civili del reato. Viene poi fatto notare come alla determinazione di procedere al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente si potrebbe pervenire solo dopo aver affermato - e dimostrato - che la persona giuridica sia stata concorrente nel reato. Nel nostro ordinamento, tuttavia, è prevista solo una responsabilità amministrativa e non una responsabilità penale degli enti ai sensi del decreto legislativo numero 231 dell'8.6.2001 , derivandone che la società non può mai essere autore o concorrente nel reato. Ma, soprattutto, le Sezioni Unite evidenziano come il D.lgs 231/2001, che ha introdotto la responsabilità amministrativa degli enti conseguente al reato, non contempla i reati tributari fra quelli per cui è prevista tale responsabilità. E come gli articoli 19 e, soprattutto, 24 e seguenti del Dlgs 231/2001 non prevedono i reati fiscali tra quelli idonei a giustificare la confisca ed il sequestro alla stessa finalizzato per equivalente. Viene anche ribadito, che, al di fuori dei casi in cui sia stato possibile dimostrare che la società non sia che uno schermo fittizio, è assolutamente normale - come nel caso che ci occupa - la disponibilità dei beni societari da parte del suo amministratore, ma tale disponibilità deve ritenersi, fino a prova contraria, nell'interesse dell'ente e in ragione della funzione che lo stesso ricopre. Ciò in ragione della fondamentale distinzione tra il patrimonio della persona giuridica e quello dei suoi amministratori, potendo l'appropriazione indebita in tutto o in parte del primo da parte dei secondi integrare il reato di cui all'articolo 646 cod. penumero aggravato ai sensi dell'articolo 61 numero 11 cod. penumero . L'articolo 1, comma 143, della legge 24.12.2007 numero 244, che ha previsto che nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 del decreto legislativo 10.3.2000, numero 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'articolo 322 ter del codice penale - rilevano ancora le Sezioni Unite - non ha introdotto una previsione autonoma di confisca per equivalente, ma si è limitato a richiamare l'articolo 322 ter del codice penale. Tale ultima norma si applica all'autore del reato, e, come si è detto, la persona giuridica non può essere considerata tale. 6. Rimane sempre possibile, tuttavia, anche dopo la pronuncia delle Sezioni Unite, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario, compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, nella loro disponibilità personale o in quella della persona giuridica. Già in passato le stesse Sezioni Unite avevano rilevato, in proposito, che non è rinvenibile in alcuna disposizione legislativa una definizione della nozione di profitto del reato e che tale locuzione viene utilizzata in maniera meramente enunciativa nelle varie fattispecie in cui è inserita, assumendo quindi un'ampia latitudine semantica da colmare in via interpretativa Sez. Unite, numero 26654 del 2.7.2008, Fisia Italimpianti S.p.A. ed altri . In detta pronuncia con riferimento alla confisca di valore prevista dall'articolo 19 del D.Lgs. 8.6.2001, numero 231 sono state richiamate le consolidate affermazioni giurisprudenziali sulla nozione di profitto dei reato contenuta nell'articolo 240 cod. penumero , secondo le quali il profitto a cui fa riferimento l'articolo 240, comma 1, cod. penumero , deve essere identificato col vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato vedi Sez. Unite 24.2.1993, numero 1811, Bissoli 17.10.1996, numero 9149, Chabni Samir . Consolidato è anche il principio che il profitto del reato, nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, coincide con l'importo delle ritenute non versate sez. 3, numero 45735 dell'8.11.2012, Bastianelli, rv. 253999 . Tuttavia le Sezioni Unite, con la sentenza 10561/2014, hanno affermato il principio, come visto, che in ogni caso non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente quando sia possibile il sequestro diretto finalizzato alla confisca di danaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario. Il giudice che disporrà il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dovrà, dunque, sempre motivare in ordine all'impossibilità del sequestro diretto del profitto di reato. Occorrerà prima verificare la percorribilità di tale strada per poi, con i limiti che hanno individuato le Sezioni Unite per quanto concerne l'aggressione dei beni societari, poter eventualmente percorrere, in via residuale, quella di cui all'articolo 322 ter cod. penumero . L'impossibilità della confisca diretta, tuttavia, sempre secondo il dictum di Sezioni Unite 10561/2014 potrà essere tale anche solo in via transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto del reato. 7. Per addivenire a questo, tuttavia, occorrerà provare che ci si trovi di fronte al profitto del reato, con le difficoltà che ciò comporta, laddove questo, in materia di reati tributari, è costituito, generalmente, da un risparmio di spesa. Le stesse Sezioni Unite, nella loro recente pronuncia, non si sono nascoste tali difficoltà, se sono arrivate a segnalare un'irrazionalità del sistema e ad auspicare un intervento del legislatore volto ad inserire i reati tributari tra quelli per i quali sia configurabile una responsabilità amministrativa dell'ente ai sensi del D.lgs 231/2001. Al contempo, tuttavia, è stato evidenziato come la prova che ci si trovi di fronte al profitto del reato possa dirsi raggiunta quando emerga dagli atti, o sia comunque altrimenti provato, che somme equivalenti a quelle sottratte al pagamento all'erario, siano state utilizzate dalla società, nello stesso contesto temporale o, evidentemente, in quello immediatamente successivo, ad esempio, per saldare debiti verso i fornitori, pagare gli stipendi, etcomma 8. Manifestamente infondati sono gli ulteriori profili di doglianza. Si è già ricordato che in materia di misure cautelari reali il ricorso per cassazione e consentito solo per violazione di legge e non per vizi motivazionali potendo questi ultimi rilevare soltanto in caso di assoluta mancanza o apparenza di motivazione . Nel caso che ci occupa, a fronte di una motivazione coerente logica, e pertanto immune da vizi di legittimità, il ricorrente con i motivi di ricorso indicati in premessa sub b , c e d sollecita a questa Corte una rivalutazione del materiale indiziario, impossibile in questa sede, pena la trasformazione del giudice di legittimità di un ulteriore giudice di merito. Di natura meramente fattuale è, in particolare, il motivo con cui ci si duole che non sia stata visionata e valutata la documentazione allegata dalla difesa, dalla quale emergerebbe ad avviso del ricorrente l'esatto contrario di quanto sostenuto dalla Guardia di Finanza. Infine, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte - anche in tema di sequestro afferente a reati di natura tributaria - la finalità della misura cautelare è di tipo sanzionatorio - ablatorio tra le tante, sez. 2 numero 3629 del 12.12.2006, Ideai Standard Italia s.r.l., rv. 235814 sez. 2, numero 21027 del 13.5.2010, P.M. in proc. Ferretti, rv. 247115 sez. 2 numero 28685 del 5.6.2008, P.M. in proc. Chinaglia, rv. 241111 più recentemente, sez. 3, numero 28731 del 7.6.2011, Soc. Coop. r. l. P.R. Burlando, non mass. . Attesa tale specifica finalità il sequestro per equivalente non richiede specifiche esigenze cautelari, essendo sufficiente soltanto il fumus criminis e la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o il prezzo dell'ipotizzato reato tributario così questa sez. 3, numero 19034 del 2.5.2013 . Su ciò ha correttamente motivato il Tribunale di Teramo nel provvedimento impugnato. 9. Per i motivi sin qui delineati s'impone, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Teramo per nuovo esame. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Teramo per nuovo esame.