Vittoria morale definitiva per il detenuto, obbligato a sottoporsi, alla conclusione di ogni colloquio con i propri familiari, a una perquisizione con tanto di denudamento. Assolutamente non giustificata la condotta tenuta dall’istituto penitenziario, che ha motivato la propria decisione col semplice richiamo a una circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Necessario, invece, proprio considerando l’invasività della misura, fare riferimento a pericoli concreti per la sicurezza carceraria.
Dignità, prima di tutto, anche per i detenuti. Ciò significa prevenire i possibili ‘abusi’ da parte dell’amministrazione penitenziaria, come, ad esempio, la sottoposizione a perquisizioni umilianti, con tanto di denudamento. Che è assolutamente illegittima, se non motivata in maniera dettagliata, alla luce della pericolosità del detenuto. Cass., sent. numero 12286/2014, Prima Sezione Penale, depositata oggi Perquisizione. A provocare la rabbia del detenuto è la decisione dell’istituto penitenziario di sottoporlo a «perquisizione con denudamento in occasione del termine di tutti i colloqui con i familiari» ecco spiegata la decisione di proporre «reclamo», accolto dal magistrato di sorveglianza perché quelle «perquisizioni personali, con denudamento, erano state effettuate senza una specifica ed effettiva motivazione in ordine alla sicurezza interna». Tale visione viene contestata dalla Procura della Repubblica, che, proponendo ricorso in Cassazione, sostiene la giustezza della misura adottata dall’istituto penitenziario ciò perché, all’interno del carcere, «la sicurezza interna può essere posta in serio pericolo dall’introduzione di sostanze vietate, che non possono essere rilevate da strumenti di controllo alternativi». Non a caso, viene aggiunto, la «perquisizione» oggetto della vicenda «era finalizzata ad acquisire tutti gli indumenti del detenuto per poterli controllare in modo efficace». Tutto assolutamente legittimo, quindi, secondo il rappresentante della Procura Abuso. ma di opposto avviso sono i giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, confermano, senza manifestare dubbi, la decisione del magistrato di sorveglianza, catalogando come illegittima la «perquisizione con denudamento» a cui è stato sottoposto, ripetutamente, il detenuto. Ciò che è decisivo è la mancanza di un prioritario riferimento alla sicurezza della struttura carceraria. Perché, viene ricordato, «la misura del denudamento, in quanto particolarmente invasiva e potenzialmente lesiva dei diritti fondamentali dell’individuo, non può essere prevista in astratto e in situazioni ordinarie, nelle quali il controllo può avvenire senza ricorrere alla suddetta misura, ma deve essere disposta con provvedimento motivato» e «solo nel caso in cui sussistano specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza interna» oppure «in ragione di una pericolosità del detenuto, risultante da fatti concreti». Non può bastare, assolutamente, chiariscono i giudici, il «riferimento», fatto dall’istituto penitenziario, alla «circolare del ‘Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria’» emanata a febbraio 2001 e destinata a «regolamentare la materia». Per questo, cioè per la mancanza di «una motivazione contenuta in uno specifico provvedimento», è illegittima «la perquisizione, con imposizione del denudamento» sopportata, più e più volte, dal detenuto «in occasione dei colloqui con i familiari». E sempre per questo motivo, ampliando l’orizzonte, sarebbe illegittimo anche l’eventuale «provvedimento disciplinare» adottato nei confronti del detenuto oppostosi alla «perquisizione personale mediante denudamento».
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 27 giugno 2013 – 14 marzo 2014, numero 12286 Presidente Giordano – Relatore Caiazzo Rilevato in fatto Con ordinanza in data 25.10.2012 il Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia accoglieva il reclamo di D.G.A. per il fatto di essere sottoposto a perquisizione con denudamento in occasione del termine di tutti i colloqui con i familiari. Il Magistrato di sorveglianza premetteva che la direzione dell'istituto, sollecitata a prendere posizione sul reclamo del detenuto, aveva fatto riferimento alla circolare DAP emanata in data 16.2.2001 per regolamentare la materia ed aveva sottolineato le esigenze di sicurezza sottese alle perquisizioni successive ai colloqui. Il predetto magistrato osservava che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 526/2000, le ispezioni corporali del detenuto dovevano essere adeguatamente motivate, al fine di consentire l'effettivo controllo giurisdizionale dell'operato dell'amministrazione penitenziaria. Secondo il Magistrato di sorveglianza, la possibilità di prevedere per regolamento interno forme di perquisizione in determinate occasioni ritenute maggiormente pericolose non legittimava in tali occasioni sempre e comunque perquisizioni con denudamento, poiché la perquisizione poteva essere effettuata anche in modo meno invasivo e solo se vi fossero fondati motivi di sospetto era legittima la perquisizione con denudamento, previa esposizione delle ragioni giustificative. Pertanto il reclamo veniva accolto, poiché le perquisizioni personali con denudamento erano state effettuate nei confronti del D.G. senza una specifica ed effettiva motivazione in ordine alla sicurezza interna. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la Procura della Repubblica di Reggio Emilia, chiedendone l'annullamento per falsa applicazione dell'articolo 34 O.P. e dell'articolo 74 del Regolamento emanato con DPR 230/2000. Le perquisizioni in questione sono certamente legittime se motivate da effettive, specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza interna della comunità di riferimento. Al riguardo si deve considerare che la sicurezza interna può essere posta in serio pericolo dall'introduzione di sostanze vietate che non possono essere rilevate da strumenti di controllo alternativi. Nel caso di specie la perquisizione con denudamento era finalizzata ad acquisire tutti gli indumenti del detenuto per poterli controllare in modo efficace. Pertanto, la perquisizione con denudamento nel caso di specie doveva essere considerata legittima. Considerato in diritto I motivi di ricorso sono generici e non contengono alcuna critica al percorso motivazionale sviluppato nell'ordinanza impugnata dal Magistrato di sorveglianza. Le perquisizioni ordinarie, con le modalità previste dal regolamento carcerario, debbono essere ovviamente effettuate in tutti i casi in cui il suddetto regolamento le prevede. Sono previste anche perquisizioni straordinarie, per fronteggiare particolari situazioni ovvero nel caso in cui il comportamento del detenuto dia adito ad un legittimo sospetto. Il Magistrato di sorveglianza nell'ordinanza de qua si è occupato della perquisizione effettuata imponendo il denudamento del detenuto e, uniformandosi a principi contenuti sia nella giurisprudenza della Corte Costituzionale che di questa Corte, ha affermato che la misura del denudamento, in quanto particolarmente invasiva e potenzialmente lesiva dei diritti fondamentali dell'individuo, non può essere prevista, in astratto e in situazioni ordinarie nelle quali il controllo può avvenire senza ricorrere alla suddetta misura, ma deve essere disposta con provvedimento motivato, solo nel caso in cui sussistano specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza interna o in ragione di una pericolosità del detenuto risultante da fatti concreti. In proposto, questa Corte ha affermato che la misura del denudamento del detenuto per lo svolgimento della perquisizione personale prima dei colloquio dello stesso con il difensore è legittimamente imposta dall'amministrazione penitenziaria soltanto ove sussistano specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza interna, in riferimento a particolari situazioni di fatto che non consentano l'accertamento con strumenti di controllo alternativi, oppure in riferimento alla pericolosità dimostrata in concreto dal detenuto, che renda la misura ragionevolmente necessaria e proporzionata V. Sez. 1 sentenza del 16.2.2011, Rv. 249685 . Ha anche avuto modo di precisare che è illegittimo il provvedimento disciplinare nella specie di esclusione per quindici giorni dalle attività in comune deliberato dal consiglio di disciplina di istituto penitenziario nei confronti di detenuto per avere egli opposto il rifiuto a perquisizione personale mediante denudamento con flessioni sulle gambe prima di recarsi a colloquio con il difensore senza vetro divisorio, allorché sia motivato non con l'allegazione di effettive e specifiche esigenze di sicurezza interna, ma con il riferimento esclusivo all'astratta previsione regolamentare, in tal modo ritenendo automaticamente imponibile una forma di controllo che, per la sua grave invasività, va adottata solo in circostanze che ne facciano ritenere ineluttabile l'adozione V. Sez. 1 sentenza numero 46263 del 19.11.2008, Rv. 242066 . Non può quindi essere accolta la censura alla motivazione dell'ordinanza impugnata, poiché nel caso di specie la perquisizione con imposizione del denudamento del detenuto G., in occasione dei colloqui con i familiari, è avvenuta senza una motivazione contenuta in uno specifico provvedimento, ma per asserite disposizioni previste dalla circolare DAP del 16.2.2001, la quale contiene invece uno specifico richiamo al rispetto degli elementi indicati dalla sentenza della Corte Costituzionale 526/2000. Pertanto, essendo generico il motivo di gravame della Procura della Repubblica di Reggio Emilia, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.