Macchia d’olio sull’asfalto, motociclista a terra: paga il Comune

Resta preponderante, secondo i giudici, il fatto che l’intoppo che ha provocato la caduta del ciclomotore sia costituito da un’anomalia della strada. Evidente, quindi, il carico di responsabilità sulle spalle dell’ente pubblico, obbligato a provvedere al risarcimento dei danni. A meno che non riesca a dimostrare di non aver potuto proprio fare nulla

Macchia d’olio ‘a sorpresa’ e, ovviamente, fatale il conducente del ciclomotore scivola, perde il controllo e finisce a terra. Scarsa attenzione? Difficile ipotizzarlo non solo per l’assoluta imprevedibilità dell’intoppo, ma anche per lo scenario, ossia strada periferica romana percorsa alle 2 di notte. Anche per questo, il peso del risarcimento dei danni, avanzato dalla persona rimasta ferita, va caricato sulle spalle del Comune Cassazione, sentenza numero 3640/2013, Terza Sezione Civile, depositata oggi . Uso collettivo. Eppure, sia in Tribunale che in Corte d’Appello, le pretese del conducente del ciclomotore vengono completamente disattese. Secondo i giudici, difatti, non è applicabile l’ipotesi del «danno cagionato da cosa in custodia» perché ci si trova di fronte a «beni demaniali affidati ad un uso generalizzato della collettività». E, comunque, analizzando la vicenda, non si può parlare di «insidia o trabocchetto, essendo la macchia di olio visibile» e, addirittura, «prevedibile». Consequenziale e logica, quindi, per i giudici, è la scelta di respingere la richiesta di risarcimento avanzata dall’uomo. Anomalia. Ma a ribaltare questa prospettiva provvedono i giudici di Cassazione, i quali, accogliendo il ricorso proposto dal conducente del ciclomotore, chiariscono che, sino a prova contraria, è «configurabile la responsabilità dell’ente pubblico custode» – il Comune di Roma, come detto – soprattutto perché «il fatto dannoso si è verificato a causa di una anomalia della strada». Tutto ciò sino a prova contraria ossia a meno che l’ente pubblico, che è catalogato come «custode», riesca a dimostrare di «non avere potuto fare nulla per evitare il danno». Quest’ultimo aspetto andrà approfondito senza dubbio in Appello, a cui la questione viene nuovamente affidata. Di certo, per ora, vi è soltanto il ‘carico’ di responsabilità sulle spalle del Comune, soprattutto quando si parla, come in questo caso, di «strade comunali», cioè ricomprese «all’interno della perimetrazione del centro abitato».

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 novembre 2012 – 14 febbraio 2013, numero 3640 Presidente Trifone – Relatore Armano Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 4-12-2006 la Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado di rigetto della domanda proposta da E.S. nei confronti del Comune di Roma per ottenere il risarcimento dei danni riportati a causa della caduta dal suo ciclomotore, avvenuta alla via , in Roma, alle due di notte a causa di una macchia di olio presente sulla sede stradale. La Corte di appello ha ritenuto inapplicabile alla fattispecie la disciplina di cui all’articolo 2051 c.c. sul rilievo che tale norma “non può disciplinare la responsabilità della P.A. per danni cagionati da beni demaniali affidati ad un uso generalizzato della collettività”. Ha rigettato la domanda esaminata anche alla luce della disciplina di cui all’articolo 2043 c.c., negando la sussistenza dell’ipotesi dell’insidia o trabocchetto, essendo la macchia di olio visibile e prevedibile. Propone ricorso il S. con quattro motivi. Resiste il Come di Roma. Resiste la s.p.a. Assicurazioni Generali. Tutte le parti hanno presentato memoria. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si denunzia violazione dell’articolo 2051 c.c. e difetto di motivazione su un punto decisivo ex articolo 360 numero 3 e 5 c.p.c. Lamenta il ricorrente che la Corte di merito ha escluso in via di principio l’applicabilità della responsabilità del Comune di Roma ex articolo 2051 c.c. solo sul rilievo che le strade pubbliche sono beni demaniali affidati ad un uso generalizzato della collettività senza esaminare i concreti elementi della fattispecie in oggetto. 2. Il motivo è fondato. La Corte territoriale invoca un orientamento giurisprudenziale ormai superato che non tiene conto dell’evoluzione della giurisprudenza in subiecta materia a partire dalla nota pronuncia numero 156 del 10.5.1999 della Corte costituzionale. Questa, infatti, ha affermato il principio che alla P.A. non era applicabile la disciplina normativa dettata dall’articolo 2051 c.c. sola allorquando “sul bene di sua proprietà non sia possibile - per la notevole estensione di esso e le modalità di uso, diretto e generale, da parte di terzi – un continuo, efficace controllo, idoneo ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti”. 3. Ne deriva che il fattore decisivo per l’applicabilità della disciplina ex articolo 2051 c.c. debba individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che l’impossibilità di siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole estensione del bene e all’uso generale e diretto da parte dei terzi, da considerarsi meri indici di tale impossibilità, ma all’esito di una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento al caso singolo, che tenga in debito conto innanzitutto gli indici suddetti. 4. L’evoluzione giurisprudenziale è culminata nell’affermazione contenuta nella sentenza Cass. numero 20427 del 2008 secondo la quale va superata la giurisprudenza di questa Corte che ritiene che l’articolo 2051 c.c. è applicabile nei confronti della P.A., per le categorie di beni demaniali quali le strade pubbliche, solamente quando, per le ridotte dimensioni, ne è possibile un efficace controllo ed una costante vigilanza da parte della P.A., tale da impedire l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti Cass. 26 settembre 2006, numero 20827 Cass. 12 luglio 2006, numero 15779 Cass. 6 luglio 2006, numero 15383 . 5. S’è dunque ritenuto di dover affermare il diverso principio secondo il quale a la responsabilità da cosa in custodia presuppone che il soggetto cui la si imputa abbia con la cosa un rapporto definibile come di custodia perché questo rapporto ci sia è necessario che il soggetto abbia e sia in grado di esplicare riguardo alla cosa un potere di sorveglianza, il potere di modificarne le stato e quello di escludere che altri vi apporti modifiche. 6. S’è ulteriormente precisato che b per le strade aperte al traffico, è certo che l’ente proprietario si trova in questa situazione in particolare, una volta accertato che il fatto dannoso si è verificato a causa di una anomalia della strada stessa e l’onere probatorio di tale dimostrazione grava, palesemente, sul danneggiato , è comunque configurabile la responsabilità dell’ente pubblico custode, salvo che questo ultimo non dimostri di non avere potuto far nulla per evitare il danno c l’ente proprietario non può far nulla quando la situazione che provoca il danno si determina non come conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada ma in maniera improvvisa, atteso che solo questa ultima al pari della eventuale colpa esclusiva nello stesso danneggiato in ordine al verificarsi del fatto integra il caso fortuito previsto dall’articolo 2051 c.c., quale scriminante della responsabilità del custode E s’è concluso, in sintesi, che d agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito in linea generale è applicabile l’articolo 2051 c.c., in riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, essendo peraltro configurabile il caso fortuito in relazione a quelle provocate dagli stessi utenti, ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere Cass. 29 marzo 2007, numero 7763. Analogamente, Cass. 2 febbraio 2007, numero 2308 . 7. In questa direzione si è orientata negli ultimi anni la giurisprudenza di questa Corte i cui più recenti arresti hanno segnalato, con particolare riguarda al demanio stradale, la necessità che la configurabilità della possibilità in concreto della custodia debba essere indagata non soltanto con riguardo all’estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le stesse si trovino all’interno della perimetrazione del centro abitato v. Cass. numero 21328 e 21329/10 12695/10 24529/09 9546/09 3651/06 15384/06 . 8. Tali principi sono pienamente condivisi dal Collegio e vanno anche in quest’occasione ribaditi. Il giudice di merito ha escluso l’applicabilità dell’articolo 2051 c.c. solo sul rilievo dell’uso generalizzato del bene demaniale ma, una volta accertato che il fatto dannoso si è verificato a causa di una anomalia della strada stessa, era comunque configurabile la responsabilità dell’ente pubblico custode, salvo la dimostrazione a carico di quest’ultimo non avere potuto far nulla per evitare il danno, elementi e circostanze sulle quali la Corte territoriale avrebbe dovuto estendere la sua indagine. L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame degli altri. La sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.