Lecita la sanzione disciplinare basata sulle intercettazioni delle comunicazioni tra il legale e il cliente

Con questa sentenza la CEDU ha avuto un apparente revirement rispetto ai casi Cevat Ozel e Karabeyoglu c. Turchia che avevano vietato l’uso delle intercettazioni delle conversazioni di un avvocato e di un magistrato per usarle in procedimenti disciplinari non vi è alcuna violazione della privacy ed è lecito se dal contenuto delle conversazioni intercettate emerge che il legale ha commesso un’infrazione, purchè sia tutelato il suo diritto alla difesa.

È quanto deciso dalla CEDU sez. V nel caso Versini-Campinchi e Crasnianski del 16/6/16. Il caso. Sono due avvocati uno era titolare della difesa del CEO e presidente di un’importante azienda fornitrice di carne e filiale di una catena di ristoranti-steak house, l’altra una sua collaboratrice di studio. L’uomo fu accusato, assieme ad altre tre persone, di aver provocato la morte di molte persone a causa della fornitura di carne infetta morbo della mucca pazza a detti ristoranti, importandola da una zona della Gran Bretagna classificata come particolarmente pericolosa perché c’era stata un’epidemia di afta epizotica all’origine di questo morbo. Aveva falsificato anche i documenti sulla provenienza e lo stato di salute degli animali attentando alla salute pubblica e danneggiando terzi. I legali, in violazione delle norme penali interne sulla custodia cautelare, durante conversazioni telefoniche, avevano riferito al cliente le informazioni relative al suo dossier ed al suo stato di avanzamento nonché sulle dichiarazioni rese da terzi la legge sul segreto professionale francese è molto rigida sul punto e vieta questo scambio di notizie con chi è sotto custodia, tanto più che il Parlamento, dato che erano in corso rogatorie internazionali, aveva segretato tutte le informazioni sul caso. Inoltre durante queste intercettazioni solo una fu distrutta perché rientrante nell’esercizio di diritto di difesa del cliente e dello svolgimento dei loro mandati emersero commenti non consoni e diffamatori sul giudice istruttore, sì che era provata la commissione dei reati di violazione del segreto professionale e di oltraggio ad un magistrato per i quali subirono un processo penale ed un procedimento disciplinare puniti l’interdizione temporanea dalla professione pari ad 2 ed 1 anno con la condizionale . Vani tutti i ricorsi. Presupposti di un’intercettazione lecita. L’autorizzazione e le modalità di esecuzione e del loro utilizzo devono avere una base legale e giuridica chiara, prevedibile ed intellegibile dall’interessato. Inoltre una volta terminata l’indagine ne deve essere data comunicazione allo stesso perché possa impugnarle, ma nel nostro caso i legali si sono avvalsi tardi di questa facoltà e le intercettazioni inutili ed/od estranee al caso devono esser distrutte a breve termine. Devono poi essere giustificate da forti sospetti e dall’impossibilità di reperire le prove con altri mezzi ed in ogni momento l’interessato deve avere un controllo efficace ed effettivo sulle stesse. Risulta che i ricorrenti, una volta formalizzata l’accusa, hanno potuto chiederne la trascrizione, averne accesso e contestarle nel pieno rispetto dell’equo processo. Infine questa interferenza deve essere necessaria in una società democratica corrispondere ad un «bisogno sociale imperioso», proporzionata e finalizzata a perseguire uno scopo legittimo nel nostro la tutela dell’ordine pubblico, della credibilità e dell’onorabilità della professione forense . Orbene nella fattispecie tutti i presupposti sono stati rispettati, tanto più che la professione dei ricorrenti li avvantaggiava nel comprendere e conoscere la portata delle norme sul segreto professionale dalle intercettazioni emerge chiaramente che hanno commesso reati ed infrazioni disciplinari ed il giudice interno si era assicurato che la trascrizione delle intercettazioni non ledesse il diritto di difesa del cliente, tanto più che quelle contestate non influivano sulla sua posizione processuale alla base del mandato di difesa dei ricorrenti. Segreto professionale ed intercettazioni quale bilanciamento? La tutela avanzata riconosciuta alle comunicazioni tra avvocato e cliente è uno dei fondamenti della società democratica, perchè preordinato al corretto funzionamento della giustizia ed alla difesa degli interessi mandato difensivo tutto ciò si basa sul presupposto che la loro corrispondenza e lo scambio d’informazioni rimanga confidenziale. Questo diritto però «non è intoccabile», bensì è soggetto, in base al diritto francese, ad alcuni limiti l’avvocato trovandosi in una posizione privilegiata ha il dovere di segnalare alcuni crimini come il riciclaggio, l’immigrazione clandestina etc La CEDU rileva come la professione possa diventare un limite a tale diritto, perché gli avvocati, per questa ragione, hanno un bagaglio di conoscenze e strumenti atti ad interpretare correttamente le leggi, la giurisprudenza ed ad evitare crimini. Ergo è lecito escludere i limiti all’uso di queste peculiari intercettazioni in caso di autoincriminazione o se dal tenore e dalla natura delle stesse emerge la commissione di un reato ed/od una deroga alle norme etiche della professione. Sul punto la prassi interna e della CEDU sono ben chiare a convalidarle ed escludere deroghe alla CEDU Roman Zakharov c. Russia [GC] del 4/12/15, Michaud c. Francia del 2012 e Matheron c. Francia del 29/3/05 . Alla luce di tutto ciò l’art.8 CEDU non è stato violato.

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