La tematica dei vantaggi compensativi di gruppo non è estranea alla configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. La questione assume rilevanza in questa materia in quanto sia dimostrato che le operazioni contestate abbiano prodotto uno specifico vantaggio, anche indirettamente derivante da quello riferibile al gruppo nel suo complesso, idoneo a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi delle operazioni stesse.
Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 23997 depositata il 4 giugno. La rilevanza del “gruppo”. Il fenomeno dei gruppi di società, conosciuto da tempo, si è sviluppato in modo esponenziale nel corso degli ultimi decenni. Per lungo tempo, tuttavia, tale evidente fenomeno di fatto è stato completamente ignorato dal legislatore. Ancora oggi, nonostante il ripetersi negli ultimi anni di interventi normativi in tal senso, difetta, se non per limitati aspetti, una disciplina organica di queste entità, e soprattutto manca quasi totalmente la esplicita previsione di una qualche valenza ai fini penali del fenomeno. A detta regola fa da puntuale eccezione il dettato dell'articolo 2634 c.c., in tema di infedeltà patrimoniale, il cui comma 3°, oggi, dopo la riforma intervenuta con il d.lgs. numero 61/2002, recita «[i]n ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo». Ferma l’applicabilità di questa norma nelle ipotesi di infedeltà patrimoniale e, in conseguenza, di bancarotta fraudolenta da infedeltà patrimoniale, la giurisprudenza penale si è chiesta a lungo se la norma indicata potesse invocarsi come principio generale nel contesto delle operazioni infragruppo, ma è giunta a concludere che le singole società facenti parte del gruppo dovevano essere considerate entità autonome, fatta eccezione per i casi in cui discipline specifiche quale l’articolo 2634, comma 3° c.c. attribuiscano rilievo unitario al fenomeno nel suo complesso. una prima evoluzione giurisprudenziale Verosimilmente decisivo nell’imporre un’evoluzione giurisprudenziale è stato un nuovo intervento legislativo che ha riformulato, tra le altre norme, l'ultimo periodo dell'articolo 2497 c.c. statuendo che «non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette». La giurisprudenza civilistica ha dunque recepito il principio espresso dalla teoria dei vantaggi compensativi, secondo cui non c'è responsabilità se il pregiudizio manca in considerazione della complessiva attività di direzione del gruppo o a seguito di operazioni a ciò dirette. La stessa giurisprudenza ha dovuto riconoscere che riforma civilistica e penalistica, seppur intervenute in tempi successivi, entrambe richiamano il concetto di gruppo e introducono il principio dei vantaggi compensativi. A lungo, tuttavia, si è affermato che mentre detto principio assume valenza generale nel diritto civile, al contrario, in ambito penale, resta relegato alla singola fattispecie di infedeltà patrimoniale nella quale è esplicitamente previsto. Nel dettaglio, la giurisprudenza penale sottolineava che il momento consumativo del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione coincide con il compimento dei singoli atti distrattivi, e pertanto sono irrilevanti i successivi atti di reintegrazione patrimoniale, quali gli eventuali vantaggi compensativi derivanti dall'appartenenza ad un gruppo. Secondo la giurisprudenza tradizionale la clausola di cui all’art 2634, comma 3° c.c. sarebbe inapplicabile ai reati fallimentari altresì per la strutturale diversità dei reati societari e fallimentari, sia facendo riferimento agli obiettivi di tutela, che alla ratio . I reati societari sono infatti rivolti a tutelare i soci dalle condotte infedeli degli amministratori, mentre nei reati fallimentari oggetto di tutela sono i creditori dal depauperamento del patrimonio societario. sino alla penale rilevanza dei vantaggi compensativi. Solo in tempi relativamente recenti e con una storica pronuncia la Cassazione Cass. Penumero , Sez. V, 24/05/2006, numero 36764 ha esplicitamente riconosciuto che la previsione dell'articolo 2634, comma 3, c.c., che esclude la rilevanza penale dell'atto depauperatorio in presenza dei cd. vantaggi compensativi dei quali la società apparentemente danneggiata abbia fruito o sarebbe stata in grado di fruire in ragione della sua appartenenza a un più ampio gruppo dì società, conferisce valenza “normativa” a principi — già desumibili dal sistema, in punto di necessaria considerazione della reale offensività — che sono senz'altro applicabili anche alle condotte sanzionate dalle norme fallimentari e, segnatamente, a fatti di disposizione patrimoniale contestati come distrattivi o dissipativi. All’apertura della Corte non sono tuttavia mancate reazioni, osservandosi in diverse successive pronunce che gli atti di disposizione patrimoniale privi di seria contropartita eseguiti dagli amministratori a favore di società dello stesso gruppo realizzano comunque il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, in quanto ad escludere la penale rilevanza di tali condotte non è sufficiente la mera ipotesi della sussistenza di vantaggi compensativi, ma occorre la prova che il vantaggio complessivo del gruppo compensi, perlomeno nella ragionevole previsione dell'agente, gli effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta. Lo stato dell’arte Anche in recenti pronunce si è statuito che, «[i]n tema di bancarotta fraudolenta per distrazione infragruppo, l'interesse che può escludere l'effettività della distrazione non può ridursi al fatto stesso della partecipazione al gruppo, né identificarsi nel vantaggio della società controllante, dovendosi escludere l'esistenza di una distrazione solo se la mancanza di corrispettivo sia meramente apparente, in considerazione dei concreti vantaggi compensativi, che l'amministratore ha l'onere di allegare e provare» Cass. Penumero , Sez. I, 26/10/2012, numero 48327, in Diritto & amp Giustizia, 14 dicembre 2012 . In termini ancora più restrittivi la Suprema Corte ha chiarito che, quando all'interno di un gruppo societario avvengono finanziamenti da parte di una delle società, dichiarata fallita, a favore di altra società impossibilitata alla restituzione del prestito, è ipotizzabile la configurazione della bancarotta fraudolenta indipendentemente dalla valutazione dei vantaggi compensativi della operazione all'intero del gruppo stesso. Infatti, hanno osservato gli Ermellini, di fronte a condotte distrattive non è reso inoperante, sul piano penale, il principio della autonoma tutela delle ragioni creditorie specificamente riferibili alla società fallita Cass. Penumero , Sez. V, 21/02/2013, numero 20039, in Diritto & amp Giustizia, 10 maggio 2013 . e la pronuncia in commento Di fronte ad un contesto giurisprudenziale non consolidato e comunque ancora in evoluzione, appare, senza dubbio, interessante verificare la presa di posizione della Suprema Corte nel caso di specie. Significativo rilevare come la Cassazione, sollecitata dal ricorrente a riqualificare la contestata bancarotta per distrazione in bancarotta da infedeltà patrimoniale, nel rigettare detta impostazione abbia comunque esplicitamente ribadito la rilevanza della teoria dei vantaggi compensativi anche nella bancarotta per distrazione, in linea dunque con l’orientamento che va consolidandosi a seguito della citata pronuncia del 2006. L’apertura giurisprudenziale, che pur indubbiamente si riscontra laddove si precisa la necessità di verificare se le operazioni contestate abbiano prodotto uno specifico vantaggio, anche indirettamente derivante da quello riferibile al gruppo nel suo complesso, idoneo a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi delle operazioni stesse, risulta tuttavia mitigata dalle ulteriori precisazioni in cui si afferma in primis che detto onore probatorio incombe sull’imputato. In secondo luogo, proseguono gli Ermellini, detto vantaggio non può essere certamente ravvisato nel mero spostamento di disponibilità fra società dello stesso gruppo che si trovino tutte in situazione di difficoltà economica, tale da escludere la prognosi di un risultato favorevole della operazione. Ciò è tanto vero che, nel caso sub iudice , la Suprema Corte finisce per condividere la valutazione compiuta dalla Corte di appello di Firenze circa l’insussistenza di idonei vantaggi compensativi, con conseguente conferma della affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 marzo – 4 giugno 2015, numero 23997 Presidente Savani – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Firenze del 20/05/2006, con la quale G.M. era ritenuto responsabile del reato di cui all'articolo 216 r.d. 16 marzo 1942, numero 267, commesso quale amministratore di fatto della s.r.l. Chini, dichiarata fallita in Firenze il 03/10/1997, distraendo somme prelevate dai conti della società per complessive L. 3.298.605.000 e destinate per L. 977.9990.000 prevalentemente a spese personali dell'imputato, e per il resto ad esigenze di altre società del gruppo facente capo al G. e condannato alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile. L'imputato ricorrente, con due atti distinti presentati dai propri difensori, deduce 1. violazione di legge e vizio di motivazione sulla revoca, disposta con ordinanza della Corte territoriale del 07/11/2013, dell'assunzione della perizia contabile che la stessa Corte, in diversa composizione, aveva ordinato a rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, con precedente ordinanza del 11/10/2012, in ordine alla provenienza ed alla destinazione delle somme erogate alla fallita a titolo di finanziamento posto che con la prima ordinanza indicata, a seguito di accoglimento dell'eccezione sulla mancata partecipazione del difensore dell'imputato alle operazioni peritali e di conseguente declaratoria di nullità della perizia, la Corte d'Appello disponeva procedersi alla discussione ritenendo che la causa potesse essere decisa allo stato degli atti, si sarebbe in tal modo implicitamente ed illegittimamente revocata l'assunzione di una prova disposta a seguito di nuove produzioni documentali della difesa, e la cui acquisizione sarebbe stata pertanto obbligatoria ai sensi dell'articolo 603, comma secondo, cod. proc. penumero difetterebbe poi, sia nell'ordinanza indicata che nella sentenza impugnata, la motivazione sulle ragioni per le quali la perizia non veniva ritenuta necessaria, tale non essendo il mero riferimento al materiale probatorio acquisito, e una puntuale critica alle argomentazioni che avevano precedentemente indotto la Corte territoriale ad assumere la prova 2. vizio di motivazione sulla sussistenza del fatto contestato la sentenza impugnata si ridurrebbe ad un mero rinvio alla decisione di primo grado, omettendo di valutare i rilievi proposti con l'appello in ordine all'immissione nelle casse della fallita di liquidità effettive e di importo complessivo superiore alle somme delle quali era contestata la distrazione, ed al drastico ridimensionamento delle distrazioni in base alla stessa consulenza del pubblico ministero 3. violazione di legge e vizio di motivazione sulla responsabilità soggettiva dell'imputato la stessa sarebbe stata ritenuta per il solo fatto di essere il G. la figura di riferimento del gruppo societario di cui faceva parte la fallita, e sarebbe stata automaticamente attribuita all'imputato in concorrenza con quella dell'amministratore di diritto Gabriele Caponnetto, omettendo di valutare al riferibilità al G. degli specifici atti distrattivi contestati 4. violazione di legge e vizio di motivazione sulla qualificazione giuridica dei fatti contestati gli stessi sarebbero riconducibili all'ipotesi di cui all'articolo 223, comma secondo, legge fall., in relazione, per le distrazioni di somme a copertura di spese di altre società del gruppo, alla fattispecie cui all'articolo 2634 cod. civ., e per le distrazioni costituenti restituzioni ai soci di conferimenti o anticipazioni a quella di cui all'articolo 2626 cod. civ. la prima fattispecie non sarebbe ravvisabile per la presenza nelle operazioni di vantaggi compensativi, costituenti causa di non punibilità prevista dalla norma, specificamente indicati dalla difesa nel trasferimento sulla fallita dei benefici concernenti la garanzia per un concordato di gruppo per entrambe le fattispecie non sarebbe contestata, né ricorrerebbe la condizione prevista dal citato articolo 223 nell'aggravamento del dissesto quale conseguenza della condotta le operazioni costituirebbero comunque pagamenti effettuati dall'amministratore in favore di sé stesso, con riguardo alle operazioni infragruppo, o di creditori, venendo ad essere integrata l'ipotesi della bancarotta preferenziale 5. vizio di motivazione sul rigetto dell'eccezione di nullità della sentenza di primo grado per la mancata astensione del giudice Dott. M.M.M. il motivo di appello sarebbe stato disatteso in base all'apodittica affermazione del mancato accertamento dell'imparzialità del giudice, omettendo di valutare le circostanze emergenti dalle dichiarazioni di ricusazione presentate, l'accoglimento di una di esse con ordinanza della Corte d'Appello di Firenze del 07/06/2007 e la conseguente violazione del divieto di pronunciare sentenza 6. violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza dell'aggravante del danno di rilevante entità non sarebbero stati valutati i motivi di appello in ordine al ridimensionamento delle somme distratte alla luce delle stesse considerazioni del consulente del pubblico ministero 7. violazione di legge e vizio di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche e la determinazione della pena la decisione sarebbe fondata unicamente sull'entità della somma sottratta, tralasciando gli elementi favorevoli all'imputato costituiti dall'immissione nella società di notevoli flussi finanziari, dal rilascio di fidejussioni personali dall'acquisizione di importanti disponibilità immobiliari e dalla documentazione prodotta in merito al ridimensionamento delle somme distratte, e sulle dichiarazioni di ricusazione proposte dall'imputato, omettendo di valutare che una di esse trovava accoglimento e induceva a valutare in modo più approfondito le condizioni di imparzialità del giudizio. 8. Il ricorrente ha depositato due memorie a sostegno dei motivi di ricorso nella prima rilevando che il procedimento sarebbe stata condizionato da un'indagine diretta in un'unica direzione e nella quale non avrebbero trovato ingresso le legittime richieste difensive, quale quella di assunzione della perizia, la cui revoca avrebbe impedito ottenere una completa ricostruzione della cause che determinavano il fallimento e nella seconda illustrando il contenuto dei documenti, allegati in copia alla memoria, dimostrativi di un passivo della fallita diverso da quello indicato dal curatore e dei versamenti dei soci, elementi meritevoli di approfondimento peritale, ed evidenziando ulteriori profili di incompatibilità dei magistrati componenti del collegio giudicante di primo grado, Dott.ri B.E. e Gr.Fr. , in quanto giudicanti in altro procedimento concluso con sentenza nella quale erano stati espressi giudizi negativi sul gruppo di società del G. . Considerato in diritto 1. I motivi dedotti sulla revoca dell'ammissione, quale prova a rinnovazione del dibattimento in appello, della perizia contabile, sono infondati. È innanzitutto infondata l'affermazione del ricorrente per la quale l'assunzione della prova sarebbe stata nella specie obbligatoria, in quanto fondata su nuove produzioni documentali della difesa, ai sensi dell'articolo 603, comma secondo, cod. proc. penumero . Detta norma rende infatti obbligatoria l'acquisizione delle prove sopravvenute al giudizio di primo grado, salvo che le stesse siano manifestamente superflue o irrilevanti Sez. 2, numero 31065 del 10/05/2012, Lo Bianco, Rv. 253526 Sez. 3, numero 8382 del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239341 Sez. 5, numero 43464 del 09/05/2002, Pinto, Rv. 223541 , come nel caso dei documenti nella specie prodotti dalla difesa ma obbligatorio non può essere assolutamente considerato l'espletamento della ben diversa prova costituita dalla perizia contabile, pur se valutativa anche dei citati elementi documentali, viceversa affidata alla discrezionalità del giudice di appello. Non può sottacersi, per il vero, che detta discrezionalità, una volta esercitata, come avveniva nella situazione esaminata con la precedente disposizione della perizia da parte della stessa Corte territoriale, sia pure in diversa composizione, può essere oggetto di revoca in quanto l'assunzione di altre prove in sede di rinnovazione istruttoria renda superflua l'acquisizione di taluna di esse Sez. 5, numero 13277 del 17/01/2013, Sanna, Rv. 254839 Sez. 6, numero 13571 del 12/11/2010, dep. 05/04/2011, C, Rv. 249907 . La deduzione di uno specifico vizio in sede di legittimità, proprio in quanto non riguardante una prova la cui assunzione sia obbligatoria, è tuttavia riferibile non all'ipotesi della mancata acquisizione di una prova decisiva, cui all'articolo 606, lett. D, cod. proc. penumero , ma a quella della mancanza o illogicità della motivazione di cui alla lett. E dello stesso articolo Sez. 1, numero 3972 del 28/11/2013, dep. 2014, Inguì, Rv. 259136 Sez. 5, numero 34643 del 08/05/2008, De Carlo, Rv. 240995 Sez. 4, numero 4675 del 17/05/2006, Bartalini, Rv. 235654 Sez. 2, numero 44313 del 11/11/2005, Picone, Rv. 232772 fattispecie che sul punto in esame, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non ricorre. Se è vero infatti che l'ordinanza reiettiva della Corte d'Appello si limitava a rilevare come il procedimento potesse essere definito allo stato degli atti, adeguata motivazione era invece esposta nella sentenza impugnata, ove si osservava che l'oggetto della richiesta perizia, tendente ad accertare l'effettività dei crediti dei soci della fallita nei confronti della stessa, era stato già ampiamente verificato dall'analitica ricostruzione del consulente tecnico del pubblico ministero. Del resto, anche a voler trascurare tali considerazioni, adottando la prospettiva della deduzione di un motivo di mancata assunzione di una prova decisiva, occorrerebbe comunque avere riguardo per un verso ai principi affermati da questa Corte in ordine all'impossibilità di qualificare come decisiva la prova costituita da una perizia, in quanto avente intrinseca natura di accertamento neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla valutazione discrezionale del giudice Sez. 4, numero 7444 del 17/01/2013, Sciarra, Rv. 255152 Sez. 6, numero 43526 del 03/10/2012, Ritorto, Rv. 253707 e per altro alla necessità che la prova non assunta risulti comunque decisiva, ossia tale che avrebbe potuto determinare una decisione diversa, nel raffronto con la motivazione della sentenza impugnata Sez. 4, numero 23505 del 14/03/2008, Di Dio, Rv. 240839 . Ed a quest'ultimo proposito, come meglio si vedrà nell'esame dei motivi di ricorso sulla sussistenza del fatto contestato, di cui al punto seguente, il descritto tema della richiesta perizia appalesa la sua mancanza di decisività rispetto alle argomentazioni della Corte territoriale, con riguardo non solo alla prova dell'insussistenza del credito da finanziamenti dei soci, ma anche, e soprattutto, all'effettiva destinazione delle somme distratte a finalità diverse dalla restituzione di detti finanziamenti. 2. I motivi dedotti sulla sussistenza del fatto contestato sono infondati. Il lamentato rinvio della sentenza impugnata alla decisione di primo grado aveva invero la limitata finalità di riepilogare la ricostruzione della vicenda. Rammentandosi in questa prospettiva che nel 1992 la società esponeva un aumento di capitale per L. 4.940.000.000 eseguito dai soci C. e O. senza alcuna effettiva erogazione di denaro, ma con un mero passaggio contabile, alla voce relativa a tale aumento, di quella registrata come finanziamento soci, in realtà fondata su un credito dei soci dato da fatture per lavori di ristrutturazione degli immobili dell'importo complessivo di circa L. 10.000.000.000 che detti lavori non risultavano effettuati, essendo le relative fatture da considerarsi fittizie come accertato con perizia nell'ambito di altro procedimento, al cui contraddittorio l'imputato aveva partecipato che, sulla base dell'aumento di capitale e dell'appostazione di incremento del valore degli immobili a seguito delle asserite ristrutturazioni, la Chini otteneva dal circuito bancario prestiti per la somma L. 3.961.200.000, che veniva contabilmente girata quasi nella sua interezza ai soci in restituzione dei finanziamenti e che il consulente del pubblico ministero accertava come la somma fosse stata prelevata con titoli che risultavano incassati dal G. , segnatamente per L. 127.000.000, dal Caponnetto, da un fiduciario dei predetti e da soggetti che non avevano avuto mai alcun rapporto con la Chini, trattandosi di professionisti, dipendenti e fornitori di altre società facenti parte dello stesso gruppo. Tanto premesso, la Corte territoriale osservava coerentemente, ed all'esito di autonome valutazioni, che l'uscita delle somme a titolo di restituzione di finanziamenti dei soci era priva di reale giustificazione precisando a tale proposito che da una parte le fatture poste a sostegno dell'esecuzione da parte dei soci dei lavori di ristrutturazione, nella quale si sarebbe sostanziato il finanziamento, erano artefatte addirittura mediante fotomontaggi, e che dall'altra tanto trovava conferma nell'assurdità dell'asserito pagamento di venti miliardi di lire ai fornitori dei materiali, impiegati per tali lavori, in assenza del versamento di alcun contributo previdenziale. Ma aggiungeva altresì che, anche a voler tralasciare queste considerazioni, i pagamenti erano risultati comunque destinati non al soddisfacimento dei crediti dei soci verso la fallita, ma ad esigenze personali dei soci stessi o a creditori di altre società del gruppo tanto integrando di per sé il carattere distrattivo delle operazioni. Queste ultime considerazioni evidenziano l'insussistenza della dedotta mancanza di motivazione sui rilievi difensivi in ordine all'immissione nella società, da parte dell'imputato e dei soci della fallita, di liquidità di importo superiore a quello delle somme distratte. Oltre ad essere fondati su argomentazioni di merito, detti rilievi sono infatti superati dalla destinazione, a finalità diverse dal pagamento di debiti sociali, di somme comunque entrate nelle disponibilità della fallita. Sono di conseguenza irrilevanti le connesse questioni poste dal ricorrente sugli impedimenti posti alla difesa nell'accesso al fascicolo fallimentare per la verifica della consistenza dei finanziamenti dei soci mentre altrettanto irrilevanti sono le argomentazioni del ricorso sulla ricostruzione delle origini del fallimento, il cui rapporto causale con la condotta non rientra fra gli elementi costitutivi del reato di bancarotta. Ed attengono infine al merito gli ulteriori richiami del ricorrente all'entità delle somme distratte in base agli accertamenti del consulente tecnico ed alla documentazione allegata al ricorso ed alla memoria depositata. 3. I motivi dedotti sulla responsabilità soggettiva dell'imputato sono infondati. Infondata è in primo luogo l'affermazione del ricorrente, per la quale la qualifica di amministratore di fatto della fallita sarebbe stata attribuita all'imputato unicamente per la sua posizione preminente nel gruppo del quale faceva parte la società. La prova di detta qualifica era invece tratta, nella motivazione della sentenza impugnata, da documenti, da dichiarazioni testimoniali e da ammissioni dello stesso imputato sulla negoziazione dei titoli emessi sui conti correnti bancari della fallita riferimenti ai quali il ricorrente non oppone alcuna censura specifica. Ciò posto, ne deriva l'insussistenza del vizio di illegittimità dedotto nel giudizio di responsabilità del G. nonostante la presenza di un amministratore di diritto, nella persona del Caponnetto, e la mancata indicazione di elementi dimostrativi della materiale partecipazione dell'imputato ai singoli atti distrattivi. In quanto amministratore di fatto, l'imputato era correttamente ritenuto gravato di tutti i doveri incombenti sull'amministratore della società, con la connessa responsabilità per i fatti illeciti commessi nel corso della sua gestione Sez. 5, numero 39593 del 20/05/2011, Assello, Rv. 250844 Sez. 5, numero 15065 del 02/03/2011, Guadagnoli, Rv. 250094 Sez. 5, numero 7203 del 11/01/2008, Salamida, Rv. 239040 . E, in questa posizione, l'amministratore di fatto concorre con l'amministratore legale, senza che la specifica responsabilità dell'uno o dell'altro soggetto sia per ciò solo esclusa Sez. 5, numero 11938 del 09/02/2010, Mortillaro, Rv. 246897 Sez. 5, numero 853 del 12/12/2005, dep. 2006, Procacci, Rv. 233758 Sez. 5, numero 8695 del 18/02/2002, Coiante, Rv. 220930 . 4. I motivi dedotti sulla qualificazione giuridica dei fatti contestati sono infondati. Non è in primo luogo ravvisabile nei fatti la diversa ipotesi di cui all'articolo 223, comma secondo, legge fall., nelle forme della causazione dell'evento fallimentare in conseguenza della condotta di indebita restituzione di conferimenti dei soci, di cui all'articolo 2626 cod. civ., ovvero di quella di infedeltà patrimoniale di cui all'articolo 2634 cod. civ., con le dedotte conseguenze in termini di mancanza di motivazione sul nesso causale di tali condotte con il dissesto, in questi casi necessario ai fini della configurabilità del reato. L'ipotesi di cui all'articolo 2626 cod. civ., come osservato nella sentenza impugnata, non ricorre invero nella situazione esaminata laddove, per quanto detto, era congruamente motivata l'insussistenza di una restituzione di conferimenti di soci nell'uscita di somme di denaro per finalità diverse. E, quanto alla fattispecie della bancarotta societaria da reato di infedeltà patrimoniale, la stessa concorre con quella di bancarotta fraudolenta, la cui configurabilita non è pertanto esclusa. I due reati si pongono invero in rapporto di specialità reciproca, considerata la presenza nell'ipotesi di cui all'articolo 2634 cod. civ. di elementi, quale il preesistente conflitto di interessi dell'amministratore, non compresi nella struttura della bancarotta fraudolenta e d'altra parte le norme incriminatrici tutelano interessi diversi, attinenti rispettivamente al patrimonio sociale ed alla garanzia dei creditori Sez. 5, numero 43001 del 27/09/2012, Muglia, Rv. 254553 Sez. 5, numero 26083 del 06/05/2008, Turci, Rv. 242323 Sez. 5, numero 13110 del 05/03/2008, Scotuzzi, Rv. 239394 . La tematica dei vantaggi compensativi di gruppo, evocata dal ricorrente con riguardo alla causa di esclusione dell'ingiustizia del profitto, elemento costitutivo del reato di cui all'articolo 2634 cod. civ., prevista dal terzo comma di detto articolo, non è per il vero estranea alla configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, ove lo stesso abbia ad oggetto trasferimenti di risorse all'interno di un gruppo del quale la società fallita faccia parte Sez. 5, numero 49787 del 05/06/2013, Bellemans, Rv. 257562 . In tanto però la questione assume rilevanza in questa materia, in quanto sia dimostrato che le operazioni contestate abbiano prodotto uno specifico vantaggio, anche indirettamente derivante da quello riferibile al gruppo nel suo complesso, idoneo a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi delle operazioni stesse Sez. 5, numero 20039 del 21/02/2013, Turchi, Rv. 255646 Sez. 5, numero 44963 del 27/09/2012, Bozzano, Rv. 254519 Sez. 5, numero 48518 del 06/10/2011, Plebani, Rv. 251536 vantaggio che non può essere ravvisato nel mero spostamento di disponibilità fra società dello stesso gruppo che si trovino tutte in condizioni di difficoltà economiche, tali pertanto da escludere una prognosi favorevole sul risultato dell'operazione Sez. 5, numero 37370 del 07/06/2011, Bianchi, Rv. 250492 . La sentenza impugnata era adeguatamente motivata in conformità a questi principi nell'esclusione della ravvisabilità di vantaggi compensativi, laddove vi si osservava che nessuno specifico vantaggio era derivato dalle condotte per la società fallita, la quale ne era rimasta impoverita ed anche il richiamo del ricorrente al trasferimento sulla fallita dei benefici, riguardanti la garanzia ai fini della richiesta di un concordato di gruppo, veniva debitamente esaminato dai giudici di merito e ritenuto infondato nel momento in cui le acquisizioni degli immobili accollavano alla Chini ingenti debiti e non impedivano il fallimento della Tecnoconsult, altra società del gruppo, a pochi giorni dall'ammissione della stessa al concordato preventivo, il che rendeva impraticabile il concordato di gruppo. Ma, oltre a queste già dirimenti considerazioni, lo stesso presupposto perché la questione dei vantaggi compensativi potesse essere utilmente affrontata, ossia l'esclusiva riconducibilità delle condotte contestate a trasferimenti infragruppo, era in partenza insussistente, nel momento in cui la ricostruzione dei movimenti finanziari accolta nella sentenza impugnata aveva evidenziato la destinazione di parte delle somme distratte alle persone dello stesso imputato e di soci della fallita. L'ipotesi alternativa della bancarotta preferenziale, adombrata dal ricorrente, veniva infine anch'essa esaminata ed esclusa richiamando anche a questo proposito le precedenti conclusioni sull'insussistenza di effettivi crediti dei soci verso la fallita. 5. Manifestamente infondati, e quindi inammissibili, sono i motivi dedotti sul rigetto dell'eccezione di nullità della sentenza di primo grado per la mancata astensione del giudice Dott. M.M.M. e, come aggiunto nella memoria successivamente deposita, anche degli altri componenti del collegio giudicante di quel grado. Le questioni di incompatibilità dei magistrati decidenti e di inosservanza delle norme sull'astensione degli stessi, non attenendo alla capacità del giudice ad esercitare le proprie funzioni, non determinano infatti nullità, esaurendo la loro conseguenze nei diversi istituti dell'astensione e della ricusazione, ovvero sul piano disciplinare Sez. 6, numero 25013 del 04/06/2013, Shkurko, Rv. 257033 Sez. 2, numero 36365 del 07/05/2013, Braccini, Rv. 256872 Sez. 5, numero 13593 del 12/03/2010, Bonaventura, Rv. 246716 . Né alcuna nullità è ravvisabile nella pronuncia della sentenza di primo grado in relazione alle dichiarazioni di ricusazione presentate dall'imputato, considerato che lo stesso ricorrente da atto che l'unica decisione di accoglimento di una delle istanze interveniva il 07/06/2007, successivamente quindi alla sentenza di primo grado, e veniva successivamente annullata a seguito di ricorso per cassazione. 6. I motivi dedotti sulla ritenuta sussistenza dell'aggravante del danno di rilevante entità sono inammissibili. La sussistenza dell'aggravante era congruamente motivata dalla Corte territoriale con riferimento alla consistenza delle somme distratte ed a ciò il ricorrente oppone unicamente rilievi di merito sull'asserito ridimensionamento dell'importo delle distrazioni. 7. Sono infine inammissibili i motivi dedotti sul diniego delle attenuanti generiche e sulla determinazione della pena. Il ricorso è generico nella censura per la quale la motivazione della sentenza impugnata sarebbe fondata unicamente sulla dimensione delle somme distratte e sulle dichiarazioni di ricusazione presentate, laddove la Corte territoriale non faceva alcun riferimento a queste ultime circostanze e valutava invece, oltre alle più ampie modalità dei fatti, segnatamente la programmazione della condotta con l'artificiosa creazione dell'apparenza documentale del credito dei soci, il fittizio aumento del capitale e del patrimonio immobiliare della fallita ed il conseguimento dei finanziamenti poi distratti, il precedente penale dell'imputato. Elementi questi, sui quali il ricorrente non svolge alcuna deduzione specifica, richiamando circostanze diverse ed implicitamente ritenute dai giudici di merito recessive rispetto a quelle appena evidenziate. Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.