L’uomo ha aggredito una donna per portarle via denaro e cellulare e l’ha colpita con violenza, utilizzando anche un mestolo di legno. Riconosciuta l’aggravante dell’uso di uno strumento atto ad offendere.
Un mestolo di legno può essere catalogato come arma. A dirlo sono i Giudici del Palazzaccio, a chiusura del processo riguardante la rapina compiuta ai danni di una donna. Definitiva la condanna di un uomo, sanzionato con due anni e tre mesi di reclusione. A influire sulla pena anche il riconoscimento dell’aggravante rappresentata dall’uso di uno “strumento atto ad offendere” Cassazione, sentenza numero 21316/18, Sezione Sesta Penale, depositata oggi . Aggressione. Ricostruito facilmente l’episodio di violenza il rapinatore ha aggredito la donna per sottrarle «una modica somma di denaro e il cellulare», e per raggiungere il proprio scopo l’ha colpita ripetutamente «con pugni, calci, schiaffi», prima, e «con un mestolo di legno, un cacciavite e un attrezzo in metallo» poi. Gravi le lesioni riportate dalla donna, ossia «trauma e fratture» e «uno sfregio permanente al viso». Nessun dubbio, già per il GIP e per i giudici della Corte d’Appello, sulla colpevolezza dell’uomo, condannato a «due anni e tre mesi di reclusione». Il legale però prova ad ottenere una pena più lieve, contestando «l’aggravante dell’utilizzo di un arma impropria». Più precisamente, l’avvocato ritiene illogico «considerare arma impropria un mestolo da cucina, fatto di legno». Arma. Ogni obiezione difensiva si rivela però inutile. Anche per la Cassazione, difatti, è evidente come l’uomo abbia portato a termine la rapina utilizzando «un’arma impropria». Su questo fronte i giudici d’Appello «hanno rilevato che il mezzo utilizzato per provocare le lesioni alla donna consisteva in un mestolo di legno, della lunghezza di 30 centimetri, rinvenuto spezzato in due e sporco di sangue», e hanno «qualificato tale utensile da cucina come arma impropria» in quanto «strumento efficacemente usato contro la donna». In sostanza, è stata ritenuta prioritaria «non la forma dell’oggetto» bensì «la sua destinazione funzionale all’offesa». Questa prospettiva è condivisa dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali spiegano che «si devono considerare armi improprie tutti gli strumenti che possono essere utilizzati per l’offesa alla persona», mentre è irrilevante che «si tratti di un uso momentaneo ed occasionale». Per concludere, confermando la condanna del rapinatore, i giudici chiariscono che «indifferente è il giudizio astratto di intrinseca pericolosità od offensività dell’oggetto» mentre «assume rilevanza il concreto utilizzo che dello strumento viene fatto e che ne comporta un mutamento funzionale, attraendolo nell’orbita delle armi improprie».
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 5 aprile – 14 maggio 2018, numero 21316 Presidente Paoloni – Relatore Agliastro Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Catanzaro, giudicando in sede di rinvio della Corte di cassazione con sentenza del 5/7/2017, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari il 3/1/2015, rideterminava la pena irrogata a Iv. St. Il. in anni due e mesi tre di reclusione ed Euro 950,00 di multa essendo stato abrogato il reato di ingiuria confermava nel resto la sentenza appellata. L'imputato rispondeva dei seguenti reati a articolo 628 comma 1 e 3 numero 3 bis cod. penumero in pregiudizio di Iv. Da. St. per essersi impossessato di una modica somma di denaro e del cellulare della donna con violenza consistita in pugni, calci e schiaffi sul viso che provocavano alla stessa trauma e fratture. b articolo 582, 583 comma 2 numero 4, 585 comma 2 numero 2 cod. penumero per avere colpito la donna con un mestolo di legno, un cacciavite, un attrezzo in metallo e con schiaffi calci e pugni sul viso e sul corpo. Con l'aggravante di avere cagionato uno sfregio permanente al viso e di avere utilizzato armi improprie. c articolo 56, 610, 61 numero 2, 594 cod. penumero Il rinvio della Corte di cassazione derivava dal fatto che il reato di ingiuria è stata depenalizzato con il D.Lgs. numero 7 del 15/1/2017 e che occorreva statuire in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all'articolo 585 cod. penumero , per omessa motivazione sull'uso dell'arma non esclusa dal giudice di primo grado e oggetto di motivo di appello . L'imputato infatti aveva censurato che un mestolo da cucina potesse ritenersi arma impropria la ricorrenza o meno di tale aggravante ha refluenza sulla determinazione della pena. La Corte di appello di Catanzaro ha rilevato che il mezzo utilizzato per provocare le lesioni che ha giustificato la contestazione dell'aggravante consisteva in un mestolo in legno da cucina della lunghezza di trenta centimetri rinvenuto dai militari operanti, spezzato in due e sporco di sangue. La Corte ha qualificato tale utensile da cucina come arma impropria non da punta e taglio e però strumento efficacemente usato contro la donna in quel peculiare contesto aggressivo che ha visto l'utilizzo da parte dell'imputato anche di cacciavite e con la produzione di lesioni al volto particolarmente gravi, dovendosi valutare non tanto la forma dell'oggetto quanto la sua destinazione funzionale all'offesa. Nel confermare la ricorrenza dell'aggravante in questione la pena da infliggersi veniva determinata in anni due e mesi tre di reclusione ed Euro 950,00 di multa per essere stato depenalizzato il reato di ingiuria. 2. Ricorre per cassazione Iv. St. Il. per il tramite del difensore di fiducia lamentando violazione di legge e mancanza di motivazione con riferimento alla ricorrenza dell'aggravante di cui all'articolo 585 cod. penumero Con riguardo alla distinzione tra armi proprie ed armi improprie la Corte di cassazione ha fatto riferimento alla destinazione dei singoli strumenti in un determinato ambiente sociale alla stregua delle usanze dell'esperienza e dei costumi affermati in un certo momento storico . Ritiene il ricorrente che la capacità di offesa non costituisca l'unico elemento per distinguere le armi proprie da quelle improprie l'elenco delle armi improprie risulta ampliato dal decreto legislativo 26/10/2010 numero 204 in attuazione della direttiva 2008/51/CE di modifica della direttiva 91/477/CEE che ha modificato l'articolo 4 della legge 18/4/1975 numero 110. L'individuazione delle armi improprie avviene attraverso la verifica di due requisiti 1 uno di tipo naturalistico costituito dall'attitudine all'offesa 2 l'altro di carattere normativo caratterizzato dal divieto di porto senza giustificato motivo. Detta attitudine può escludersi quando facendo ricorso alle massime di comune esperienza si accerti che lo strumento sia stato usato per scopi diversi dall'offesa e che la lesione dello stesso eventualmente prodotta possa derivare anche da un colpo inferto a mani nude. Sulla base di tali indicazioni, sostiene il ricorrente che il mestolo da cucina di cm 30 non possa ricomprendersi nella categoria indicata e pertanto legittima l'esclusione dell'aggravante che era stata contestata con riferimento al reato di lesioni. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va disatteso. 2. La Corte ha qualificato il mestolo utilizzato come arma impropria sotto il profilo della destinazione funzionale all'offesa. Invero, si devono considerare armi improprie tutti gli strumenti che, nelle particolari circostanze di tempo e di luogo, possono essere utilizzati per l'offesa alla persona né agli stessi fini rileva che si tratti di un uso momentaneo ed occasionale dello strumento atto ad offendere, poiché per la configurabilità dell'aggravante non si richiede che concorra la contravvenzione di cui all'articolo 4 della legge numero 110/75. 3. Secondo la giurisprudenza di legittimità per arma impropria deve intendersi qualsiasi oggetto anche di uso comune e privo d apparente idoneità all'offesa che sia in concreto utilizzato per procurare lesioni personali, giacché il porto dell'oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per essere utilizzato come arma Sez. 5, numero 49517 del 21/11/2013, Rv. 257758 Sez. 5, numero 47504 del 24/09/2012, Rv. 254082 . Indifferente, dunque, è il giudizio astratto di intrinseca pericolosità-offensività dell'oggetto, mentre assume rilevanza il concreto utilizzo che dello strumento viene fatto e che ne comporta un mutamento funzionale, attraendolo nell'orbita delle armi improprie Sez. 5, 26/9/2014 numero 49582, Rv. 261342 . 4. Ne consegue che il ricorso è infondato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.