I compensi dell’avvocato che aveva inutilmente tentato il concordato preventivo sono prededucibili

I crediti del professionista, derivanti da attività di consulenza ed assistenza prestata al debitore, rientrano de plano nell’eccezione al principio della par condicio dettata dal novellato articolo 111, comma 2, l. fall., risultando pacificamente prededucibili nel sopravvenuto fallimento del debitore.

È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 2264/15 depositata il 6 febbraio. Il caso. Un avvocato aveva prestato la propria opera professionale in funzione dell’ammissione al concordato preventivo da parte della società per cui agiva. La domanda fu dichiarata inammissibile, con contestuale dichiarazione di fallimento della società. L’avvocato chiese dunque l’ammissione al fallimento dei propri crediti professionali, con collocazione in prededuzione. Il G.D. ammise il credito al privilegio, rideterminandone però l’ammontare, in misura dello 0,7% del valore della pratica. L’opposizione proposta dall’avvocato ai sensi dell’articolo 81, l. fall. veniva rigettata dal giudice di primo grado il quale riteneva non ammissibile in prededuzione il predetto credito, poiché, come previsto dall’articolo 182 – quater, l. fall., introdotto dal d.l. numero 48/10, convertito poi in l. numero 122/10, l’unico credito funzionale all’apertura della procedura di concordato e quindi ammissibile in prededuzione nel successivo fallimento, era quello del professionista attestatore, previo riconoscimento giudiziale della natura di credito di massa. L’avvocato ricorre per cassazione avverso il decreto. Crediti per prestazioni professionali e prededuzione. Il motivo principale su cui si basa il ricorso di legittimità lamenta il mancato riconoscimento in prededuzione del credito vantato dal professionista, rilevando l’inapplicabilità al caso concreto della norma fallimentare richiamata. Essa risulta infatti priva di valore interpretativo ed inoltre è stata introdotta in data successiva sia alla domanda di ammissione che al deposito del ricorso in opposizione. La Suprema Corte, accogliendo le doglianze così prospettate, sottolinea come il Tribunale abbia erroneamente fondato la propria decisione sulla pretesa valenza retroattiva della norma citata, la cui applicazione deve invece escludersi, ratione temporis, al caso di specie. Inoltre i dibattiti e i dubbi, interpretativi ed applicativi, suscitati dalla medesima disposizione, nonché il rilievo circa la sua breve vita nel nostro ordinamento introdotta dal d.l. numero 48/10, convertito in l. numero 122/10 e poi abrogata dal d.l. numero 83/12, convertito in l. numero 134/12 , consentono alla Corte di specificare che tale disposizione non avrebbe potuto essere assunta a sostegno di un’interpretazione immotivatamente restrittiva della generale disposizione di cui all’articolo 111, comma 2, l. fall Sulla base di queste premesse, i giudici di legittimità ribadiscono il consolidato orientamento per cui i crediti del professionista derivanti da attività di consulenza ed assistenza prestate al debitore, ammesso al concordato preventivo, sono prededucibili nel fallimento consecutivo. L’articolo 111, comma 2, l. fall. detta infatti un principio generale a favore della soluzione concordata della crisi d’impresa introducendo un’eccezione al principio della par condicio ed estendendo al contempo la prededucibilità di tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali, fra i quali il credito del professionista rientra pacificamente, essendo irrilevante il risultato delle prestazioni dello stesso nonché la loro concreta utilità per la massa. Una diversa lettura della disposizione fallimentare che richiedesse un accertamento puntuale della funzionalità del credito rispetto alle necessità sanatorie dell’impresa e al conseguente vantaggio per i creditori, finirebbe con lo svuotare la norma di significato, considerando che la sopravvenuta dichiarazione di fallimento farebbe presumere inevitabilmente una mancanza di utilità delle prestazioni professionali precedentemente svolte a favore di soluzioni concordate, alternative al fallimento stesso. Per questi motivi, accogliendo i motivi del ricorso, la S.C. cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito, ammette il credito in prededuzione allo stato passivo del fallimento controricorrente.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 novembre 2014 – 6 febbraio 2015, numero 2264 Presidente Ceccherini – Relatore Cristiano Svolgimento del processo L'avvocato G.V. prestò la propria opera professionale in favore della Nuova Orsa Maggiore s.r.l., in nome e per conto della quale presentò due domande di ammissione al concordato preventivo. L'adito tribunale di Fermo accolse la prima domanda, ma l'ammissione della società al concordato venne meno per il mancato raggiungimento delle maggioranze richieste dal I comma dell'articolo 177 I. fall. La seconda domanda fu invece dichiarata inammissibile e il tribunale, contestualmente al decreto emesso ai sensi dell'articolo 162 I. fall., dichiarò il fallimento della società. L'avv. V. chiese l'ammissione dei crediti professionali vantati in relazione alla prima ed alla seconda procedura che quantificò, rispettivamente, in € 350.739,52, di cui domandò collocazione in prededuzione, ai sensi dell'articolo 111 II comma I. fall., ed in € 204.563,94, di cui domandò collocazione privilegiata, ai sensi dell'articolo 2751 bis numero 2 c.c. Il G.D. ammise il primo credito al privilegio per la minor somma di € 139.838,62, pari allo 0,7% del valore della pratica, e dichiarò assorbito in tale importo il compenso relativo alla seconda domanda di concordato. L'opposizione ex articolo 98 I. fall. proposta dall'avv. V. contro il provvedimento è stata rigettata dal tribunale di Fermo con decreto dell'8.9.011. II giudice del merito, dopo aver respinto l'eccezione svolta in rito dall'opponente, di difetto di legittimazione processuale del curatore costituitosi in giudizio senza richiedere l'autorizzazione del G.D., ha ritenuto generica la censura con la quale il V. aveva lamentato l'applicazione del coefficiente dello 0,7%, sul valore della pratica, di poco superiore ai minimi tariffari, aggiungendo che la decisione trovava giustificazione nell'esito negativo di entrambe le domande ha quindi escluso che il credito potesse essere ammesso in prededuzione, rilevando che l'articolo 182 quater, introdotto dal d.l. numero 48 del 2010, convertito dalla l. numero 122/010, che era norma avente valore interpretativo, aveva chiarito che l'unico credito funzionale all'apertura della procedura di concordato,e perciò prededucibile nel successivo fallimento, era quello del professionista attestatore, sempre che il tribunale ne avesse riconosciuto la natura di credito di massa nel decreto di ammissione. II provvedimento è stato impugnato dall'avv. V. con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui il Fallimento della Nuova Orsa Maggiore ha resistito con controricorso. La causa, per la quale era stata disposta relazione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., è stata chiamata una prima volta all'udienza camerale del 15 ottobre 2013 e quindi rimessa all'odierna udienza pubblica. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo, denunciando violazione dell'articolo 31 I. fall. il ricorrente sostiene che il curatore, per potersi costituire ritualmente in giudizio, avrebbe dovuto munirsi dell'autorizzazione del giudice delegato al fallimento. II motivo é infondato, atteso che fra i giudizi di contestazione dei crediti, nei quali, a norma del comma II dell'articolo 31 I. fall., così come novellato dal d. Igs. numero 5/06, il curatore può stare in giudizio senza l'autorizzazione del giudice delegato, rientrano tutti i giudizi di impugnazione dello stato passivo contemplati dall'articolo 98 I. fall. Cass. numero 7918/012 2 Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione del provvedimento impugnato, che avrebbe drasticamente ridotto la misura del compenso in base ad argomentazioni lacunose. II motivo va dichiarato inammissibile, sia perché assolutamente generico, sia perché non rivolge alcuna critica all'assunto del tribunale secondo il quale la riduzione operata trovava giustificazione nell'esito negativo di entrambe le domande di concordato. 3 Con il terzo ed il quarto motivo, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, l'avv. V. lamenta che al credito non sia stata riconosciuta collocazione in prededuzione. Rileva, per un verso, che l'articolo 182 quater I. fall. è norma inapplicabile al caso di specie, in quanto priva di valore interpretativo ed introdotta in data successiva non solo alla domanda di ammissione ma anche al deposito del ricorso in opposizione contesta, per altro verso, in via generale, la correttezza della conclusione raggiunta dal tribunale. I motivi sono fondati e devono essere accolti. Il tribunale ha, del tutto erroneamente, fondato la propria decisione sulla pretesa valenza retroattiva di una norma l'articolo 182 quater comma 4° della I. fall. non applicabile ratione temporis al caso di specie e che comunque, proprio a causa delle innumerevoli questioni derivate dalla sua interpretazione ed applicazione, ha avuto vita breve nel nostro ordinamento, essendo stata introdotta dall'articolo 48 1 ° comma del d.l. numero 78/010, convertito dalla l. numero 122/010 che l'aveva già in parte modificata ed abrogata dall'articolo 3, 1 ° comma lett. e bis del d.l. numero 83/012, convertito dalla l. numero 134/012. Questa Corte, nel vigore di tale disposizione, aveva peraltro già rilevato come la sua introduzione non potesse essere assunta a sostegno di un'interpretazione immotivatamente restrittiva della disposizione generale dettata dall'articolo 111 comma 2° I. fall. tale da annullarne sostanzialmente la portata , in contrasto con la lettera della legge e con l'intenzione del legislatore, all'evidenza individuabile nell'esigenza di favorire il ricorso alle procedure concorsuali diverse da quella fallimentare Cass. numero 8533/013 . Ciò premesso, appare sufficiente rilevare che sulla questione dibattuta fra le parti è ormai consolidato l'orientamento di legittimità, che il collegio pienamente condivide, secondo cui i crediti del professionista derivanti dall'attività di consulenza ed assistenza prestata al debitore, ammesso al concordato preventivo, per la redazione e la presentazione della relativa domanda sono prededucibili nel fallimento consecutivo, ai sensi del novellato articolo 111, 2° comma I. fall., che detta un precetto di carattere generale che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, ha introdotto un'eccezione al principio della par condicio ed ha esteso la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali Cass. nnumero 8533/013, 1513/014, 8958/014 , fra i quali il credito del professionista rientra de plano Cass. nnumero 5098/014, 19013/014 , senza che debba verificarsi il risultato delle prestazioni certamente strumentali all'accesso alla procedura minore da questi svolte, ovvero la loro concreta utilità per la massa. La lettura dell'articolo 111 2° comma cit. offerta dal Fallimento controricorrente, secondo cui, ai fini dell'ammissione in prededuzione, la nozione di funzionalità implicherebbe comunque la valutazione dell'inerenza delle prestazioni alle necessità risanatorie dell'impresa ed all'esistenza di un vantaggio per i creditori, finirebbe con lo svuotare la norma di significato, atteso che dalla sopravvenuta dichiarazione di fallimento si dovrebbe necessariamente presumere la mancanza di utilità per la massa di attività svolte in funzione dell'ammissione al concordato preventivo e ricondurrebbe la fattispecie entro i medesimi ambiti interpretativi ed applicativi cui, proprio per l'assenza di un'espressa previsione regolatrice, sottostava nel vigore della precedente disciplina. All'accoglimento degli ultimi due motivi del ricorso consegue la cassazione del decreto impugnato. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto questa Corte può decidere nel merito, ai sensi dell'articolo 384 2° comma c.p.c., e riconoscere collocazione in prededuzione al credito del ricorrente. Le spese del giudizio di merito e del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta i primi due motivi del ricorso ed accoglie il terzo ed il quarto motivo cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, ammette in prededuzione allo stato passivo del Fallimento della Nuova Orsa Maggiore s.r.l. il credito dell'avv. G.V. di € 139.838,62 oltre accessori condanna il Fallimento al pagamento delle spese processuali del giudizio di merito, che liquida in complessivi € 7.000, di cui € 1.000 per esborsi, € 1.500 per diritti ed € 4.500 per onorari, e di questo giudizio di legittimità, che liquida in € 7.200, di cui € 200 per esborsi, oltre, per entrambi i giudizi, rimborso forfetario ed accessori di legge.