Il Garante della Privacy con il parere doc. numero 7810482 del 2018 è intervenuto sul delicato rapporto tra l’accesso civico generalizzato meglio noto con l’acronimo FOIA e le esigenze di tutela della privacy.
L’accesso in base al FOIA. In estrema sintesi, l’accesso in base al FOIA si differenzia dall’accesso in base alla legge numero 241/1990 essenzialmente perché a non è richiesta la presenza di un interesse specifico in capo al richiedente e b è possibile chiedere anche all’Amministrazione di elaborare alcuni dati di cui dispone. Ed infatti, in base alla vigente formulazione dell’articolo 5, d.lgs. numero 33/2013 «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis» comma 2 senza che tale diritto possa «sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente [] e non richiede motivazione» comma 3 . Tuttavia, per quel che qui più rileva, l'accesso civico è precluso «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» articolo 5-bis, comma 2, lett. a . Sul tema, peraltro, sono state adottate dall’ANAC le Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico. Queste peculiarità rendono l’accesso civico uno strumento certamente più snello rispetto all’accesso della legge 241/1990 e rendere più efficace il controllo del cittadino sull’attività della pubblica amministrazione in ciò consistendo – o in ciò dovrebbe consistere - l’obiettivo del nuovo istituto . L’accesso alle sentenze. Nel caso di specie era accaduto che un Comune tramite il responsabile per la prevenzione alla corruzione avesse chiesto al Garante il parere previsto dall'articolo 5, comma 7, del d.lgs. numero 33/2013, nell'ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame sul provvedimento di diniego parziale di un'istanza di accesso civico proposto da un’associazione avente ad oggetto «copia delle sentenze e dei provvedimenti portanti condanna al pagamento di somme in favore [del] Comune e di conoscere lo stato attuale di riscossione», con riferimento a «tutti i provvedimenti giudiziari emessi negli ultimi cinque anni, anche se regolarmente adempiuti, e [agli] eventuali altri provvedimenti giudiziari anche antecedenti ai cinque anni, qualora non interamente adempiuti». Il Comune aveva parzialmente accolto la richiesta sul rilevo che poiché vi erano «ben 59 controinteressati anche in relazione al periodo in cui è intervenuta la richiesta fine esercizio finanziario che prevede sempre innumerevoli adempimenti irripetibili e che la stessa ha quasi paralizzato per circa un mese l'attività dei servizi legali, ha ritenuto di non effettuare comunicazioni ai predetti soggetti, ma di contemperare l'interesse a conoscere di codesta associazione e l'interesse dei privati cittadini e/o soggetti giuridici alla tutela dei loro dati personali e/o sensibili» tramite il rilascio di un elenco anonimo, contenente il numero di sentenza con anno di emanazione, l'autorità giudiziaria, l'oggetto della lite, lo stato attuale dell'azione esecutiva intrapresa dall'Amministrazione e l'eventuale riscossione. L’istanza di riesame. Senonché, per il richiedente l’accesso a non è vero che tutti i debitori rivestivano la qualità di controinteressati alla richiesta b e con riferimento alla sentenza non vi possono essere mai problematiche di tutela di protezione di dati personali salvo che sulla sentenza sia stata apposta in calce, con decreto, la apposita annotazione interdittiva a tutela della privacy prevista dall'articolo 52 d.lgs. numero 196/2003 c si potrebbero contemperare i diversi interessi con opportuni omissis delle parti idonee a rivelare lo stato di salute degli interessati. Accesso civico e privacy Il Garante richiama innanzitutto le Linee guida che ribadiscono come la disciplina in materia di protezione dei dati personali trova applicazione anche quando vi è una comunicazione di dati personali a un terzo per effetto di un’istanza di accesso civico generalizzato ne deriva che anche questa comunicazione non deve determinare un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati. sentenze e privacy. Peraltro, il Garante ricorda anche di essere già intervenuto sul tema della pubblicità delle sentenze allorquando ha avuto modo di affermare, relativamente alla pubblicazione integrale sul web delle sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione che «la natura pubblica della sentenza e del processo non implica che siano perciò solo conoscibili da chiunque le generalità degli interessati con tutti i dettagli delle loro personali vicende, spesso delicati anche quando non si riferiscano a minori, ovvero a dati giudiziari o sensibili». Esame del caso concreto. Ebbene, poiché nel caso di specie negli atti giudiziari integrali sono in ogni caso contenute informazioni di carattere personale, quali ad esempio la qualità di debitore, l'impossibilità di restituire le somme a causa di un ISEE basso, l'esistenza di un pignoramento o di un decreto ingiuntivo in corso peraltro in alcuni casi anche oggetto di impugnazione , la concessione della rateizzazione del pagamento, l'esistenza di vertenze in materia di lavoro, la conclusione di accordi transattivi, etc. occorre proteggere la privacy. Secondo il Garante «si tratta di informazioni delicate la cui generale e decontestualizzata conoscenza, considerando la natura dei dati personali coinvolti e il particolare regime di pubblicità dei dati e documenti oggetti di accesso civico, potrebbe determinare, a seconda delle ipotesi e del contesto in cui possono essere utilizzati da terzi, effettivamente un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall'articolo 5-bis, comma 2, lett. a , d.lgs. numero 33/2013». Peraltro, per realizzare questo obiettivo si potrebbe procedere direttamente all’oscuramento dei dati personali senza necessità di coinvolgere i singoli controinteressati così garantendo l’obiettivo della loro tutela e, quindi, a prescindere dalle loro osservazioni, nda senza attivare un procedimento complesso ferma ed impregiudicata ogni altra questione di competenza eventualmente del giudice amministrativo in sede di impugnazione del provvedimento di diniego . Correttezza del diniego parziale. Ecco allora che, in conclusione, il comportamento del Comune, con riferimento al solo tema della privacy, è stato ritenuto dal Garante «corretto ai sensi della normativa vigente e delle richiamate indicazioni contenute nelle Linee guida dell'ANAC in materia di accesso civico conforme alla disciplina in materia di protezione dei dati personali». Osservazione critica. Da ultimo, un’osservazione suscitata dal parere del Garante anche alla luce di precedenti interventi proprio sul rapporto tra FOIA e privacy. Ed infatti, a mio avviso, il solo elenco dei provvedimenti con il numero salva la possibilità di accedere con quei numeri alle sentenze presso il Tribunale che ne è pubblico depositario potrebbe non realizzare sempre e comunque l’interesse all’accesso. E ciò perché, la lettura della motivazione della sentenza che ha istituzionalmente una funzione anche di controllo pubblico di ciò che accade nel processo e tramite il processo nella realtà è spesso indicativa di alcune condotte potenzialmente di interesse. Mi spiego con un esempio non si può negare che la conoscenza del comportamento di un ente pubblico che sistematicamente viene condannato sulla base del principio di non contestazione ovvero per riconoscimento di debito ovvero ancora per citare un caso che ha già occupato il Garante, ma in senso sfavorevole alla mia tesi perché ha raggiuto accordi di mediazione che accertano l’usucapione, sia fondamentale per chi intende esercitare il controllo sull’attività dell’ente come consentito e sperato dalla normativa in materia. Ed ancora – ma qui tocchiamo il punto di massima frizione tra le opposte esigenze specie dopo quella che appare essere l’assolutezza della cancellazione dei nominativi – non si può negare che anche i nomi dei soggetti coinvolti siano rilevanti per l’esercizio effettivo ed efficace di quella forma di controllo pubblico che dovrebbe essere favorito e non reso gravoso per il cittadino attraverso magari forme di caccia al tesoro procedendo passo per passo, istanza di accesso per istanza di accesso . Certamente il tema merita ancora approfondimento nella speranza che la forza innovativa dell’istanza di accesso generalizzato venga sostanzialmente e progressivamente ricondotta agli schemi dell’istanza di accesso agli atti ad esempio tramite il recupero che l’istanza non può essere formalizzata per il controllo generalizzato dell’attività ovvero per soddisfare curiosità perché è proprio questo a mio avviso lo scopo della norma . Ma sono anche consapevole che per l’accesso agli atti che già aveva cambiato il paradigma dei rapporti tra cittadino e amministrazione è servito molto tempo per entrare nella “coscienza” e, quindi, anche per l’accesso generalizzato che contribuisce ancora una volta a cambiare il paradigma del rapporto tra cittadino e amministrazione servirà tempo e vi saranno resistenze.
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