Il curatore deve provare l’effettiva scientia decoctonis della banca, non essendo desumibile dal mero andamento anomalo dei conti del fallito

La scientia decoctionis ex articolo 67 L.F. così come novellato dal d.l. numero 35/05 è l’elemento soggettivo indispensabile per l’accoglimento dell’azione revocatoria proposta dal fallimento. La mera possibilità che la banca conosca, prima e meglio degli altri creditori, lo stato patrimoniale del fallito e l’andamento anomalo dei suoi conti, per la sua natura di operatore qualificato e, quindi, per le sue conoscenze tecniche specifiche, non legittima, tramite un processo logico deduttivo, la desunzione e l’effettiva prova di questo elemento in assenza del deposito dei bilanci e del movimento dettagliato delle operazioni nei sei mesi antecedenti il fallimento. Spetterà al curatore provarla effettivamente col deposito di questa documentazione.

E' quanto affermato dal Tribunale di Napoli, sez. fallimentare, numero 285 del 9 gennaio 2015, dettando i criteri per provare questo elemento. Il caso. La curatela di una società fallita agiva in revocatoria delle rimesse effettuate sui conti corrente ed anticipi di questa ultima nei sei mesi antecedenti al fallimento. Riteneva che il giudice adito potesse desumere la scientia decoctionis della banca circa lo stato d’insolvenza del fallito dal loro cattivo andamento e dal fatto che le rimesse erano state effettuate «su conti già a sofferenza». Si costituiva l’istituto convenuto chiedendone il rigetto, perché non era stata dimostrata e per l’omessa dettagliata indicazione delle singole rimesse revocabili. Questa richiesta è stata accolta e la revocatoria è stata rigettata perché infondata. Conoscenza effettiva o potenziale dello stato d’insolvenza? Come evidenziato dalla dottrina Redazione ACLAW, La prova della scientia decoctionis nell’azione revocatoria fallimentare contro i c.d. “operatori qualificati” e dalla giurisprudenza, nell’affermare la prevalenza della prima tesi, sussistono molti contrasti e problemi esegetici. Dato che la prova concreta dovrebbe essere data tramite dichiarazioni confessorie, molto rare, può essere desunta, anche indirettamente, da presunzioni e da semplici indizi tramite «la comune prudenza ed avvedutezza o la normale ed ordinaria diligenza» Meloncelli, La natura semantica dell’insolvenza nota a Cass. Civ. 1719/01, Cass. 11369/98, 586/85 e conformi , sì da formare l’oggetto dell’effettiva valutazione da parte del giudice ai sensi del combinato disposto degli articolo 2727 e 2729 cc. La Cass. Civ. numero 4277/98, nel fornire la definizione di scientia decoctionis , sancisce che l’avvenuta pubblicazione di una pluralità di protesti a carico del fallito esonera il curatore dal produrre ulteriori prove dello stato d’insolvenza, salvo la necessità del giudice di valutarne, caso per caso, la rilevanza probatoria Cass., numero 14787/12 . La sentenza annotata riporta anche un’ampia casistica, cui si rinvia in toto, comprendente la pubblicazione di bilanci in perdita o di notizie sulla stampa relative alle vicende dell’impresa fallita scioperi, cassa integrazione etc. e similia da cui presumerla CDA TO 19/03/95 e MI del 26/07/85 . Qualifica professionale dell’operatore ed onere di allegazione da parte del curatore. Si deve parametrare tale diligenza alla natura ed alla qualifica di operatore professionale, ma dalla stessa non si può desumere con certezza tale elemento oggettivo. Infatti non è possibile affermare che il creditore, in quanto banca, abbia una concreta conoscenza dell’insolvenza del fallito viste le attività svolte, le sue conoscenze tecniche specifiche, avendo la possibilità di accedere alla Centrale Rischi e di monitorare i conti, sì da sapere, prima e meglio degli altri creditori, la sua situazione patrimoniale e rilevare vicende aziendali, pur se poco significative, sintomatiche delle sue difficoltà economiche. Se si accettasse ciò «si rischierebbe di escludere ed illegittimamente ogni necessità di allegazione da parte del curatore degli elementi sintomatici della concreta conoscenza della crisi dell'imprenditore o addirittura di dar luogo ad una vera e propria inversione dell'onere della prova» Cass. Civ. 4765/98, 18196/12, ord. 25952/13 . Ergo, come sopra detto, non è valido il sillogismo per desumere tutto ciò dal mero andamento anomalo dei conti se non sono prodotti anche i bilanci e non sono dettagliatamente riportate tutte le operazioni compiute nei sei mesi prima del fallimento. Nella fattispecie non si è assolto a questo onere e le rimesse erano di poco antecedenti al fallimento, perciò manca detta conoscenza effettiva e l’azione è stata rigettata. Si noti come questa sia una delle poche sentenze in cui sono conteggiate analiticamente ex DM 55/14 le spettanze liquidate al legale della convenuta parte vincitrice .