Sanatoria abusi edilizi: occorre sempre la doppia conformità temporale

L'accertamento di conformità, previsto dall'art. 36 d.P.R. n. 380/2001, è diretto a sanare le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza il previo rilascio del titolo, ma conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica applicabile per l'area su cui sorgono, vigente sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria cd. doppia conformità .

Di conseguenza, il provvedimento di accertamento di conformità assume una connotazione eminentemente oggettiva e vincolata, priva di apprezzamenti discrezionali, dovendo l'autorità procedente valutare l'assentibilità dell'opera eseguita sulla base della normativa urbanistica ed edilizia vigente in relazione ad entrambi i distinti momenti considerati dalla norma. È quanto statuito dal Tar Campania, sez. Napoli VIII, nella sentenza 10 febbraio 2014, n. 957. Gli abusi edilizi commessi. Il signor V.A. presentava, in data 26 luglio 2011, richiesta di permesso di costruire in sanatoria inerente diversi interventi edilizi, relativi ad un immobile di proprietà. Tali interventi, consistenti prevalentemente nella realizzazione di forni a legna, ingresso, disimpegno, spogliatoio e servizi igienici non erano mai stati assentiti da validi titoli edilizi ed implicavano un accorpamento delle volumetrie. Il Comune di Mondragone denegava la domanda, sulla base di un preciso motivo la destinazione urbanistica dell'area non consentiva, al momento dell'effettiva realizzazione degli interventi, e non consente, al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria, l'edificazione delle opere realizzate. Avverso tale diniego, veniva proposto ricorso al Tar, contestando soprattutto il fatto di essere venuto a conoscenza solo al momento del diniego medesimo che i terreni destinati alla realizzazione delle strutture predette avevano cambiato destinazione urbanistica, passando da una destinazione E2” agricola ad una destinazione E2 a” aree di salvaguardia del centro abitato. Tale nuova destinazione era stata impressa con l’approvazione del nuovo Piano Regolatore Generale, adottato in data 26 novembre 2003 ed approvato con decreto della Giunta Regionale Campania n. 597 del 18 novembre 2005. La ‘doppia conformità’. Come noto, il principio della c.d. ‘doppia conformità’ in materia di sanatoria degli abusi edilizi ha avuto nell’art. 13 legge n. 47/1985 il suo primo riferimento normativo, trovando ulteriore conferma nel successivo articolo 36 d.p.r. n. 380/2001. Il legislatore nazionale ha dato, quindi, ampia conferma all’operatività del principio in oggetto, dimostrando di condividerne la ratio e le finalità di tutela urbanistica. La previsione normativa, infatti, prevedendo la posteriore sanabilità delle sole opere che, ancorché prive del titolo abilitativo od eseguite in parziale difformità dallo stesso, risultassero comunque conformi agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati sia al momento della realizzazione dell’opera e sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria, ha l’obiettivo di evitare modifiche arbitrarie e opportunistiche agli strumenti urbanistici, a tutela ed a salvaguardia di un più generale e pubblico interesse. Tuttavia, il Consiglio di Stato sez. VI , con la pronuncia n. 2835/2009, ha riportato in auge la vecchia tesi della sanatoria giurisprudenziale , affermando che La sanatoria edilizia di opere abusive può ben intervenire anche a seguito di conformità sopraggiunta dell’intervento in un primo tempo illegittimamente assentito, divenuto cioè permissibile al momento della proposizione della nuova istanza dell’interessato, posto che questa si profila come del tutto autonoma rispetto all’originaria istanza che aveva condotto al permesso annullato in sede giurisdizionale, in quanto basata su nuovi presupposti normativi in materia edilizia sarebbe infatti palesemente irragionevole negare una sanatoria per interventi che sono legittimamente assentibili al momento della nuova istanza . Alla base di tale indirizzo, vi è la considerazione, secondo cui la doppia conformità determinerebbe l’imposizione di una duplice attività edilizia, prima demolitoria e poi identicamente riedificatoria. Ciò, secondo tale prospettazione, non avrebbe senso perché darebbe luogo ad un doppio carico di iniziative industriali-edilizie, con la conseguenza, contrastante con il principio di proporzionalità, di un significativo aumento dell’impatto territoriale ed ambientale. Invero, occorre osservare che la giurisprudenza più recente ha sconfessato tale indirizzo del 2009, statuendo quanto segue Nonostante alcune oscillazioni giurisprudenziali riscontratesi sul punto in vigenza dell’art. 13 legge n. 47/1985, l’art. 36 d.p.r. n. 380/2001, ha recepito in toto la precedente formulazione, pienamente ribadendo il principio della ‘doppia conformità’, secondo il quale il presupposto inderogabile per la sanatoria ordinaria è la conformità dell’abuso sia alla disciplina vigente al momento della realizzazione, che a quella vigente al momento della domanda Tar Abruzzo, sez. Pescara, n. 204/2012 . Ancor più recentemente, si è evidenziato che contro la cosiddetta sanatoria giurisprudenziale depone soprattutto l'argomento letterale, fondato sulla chiarezza dell'art. 36 nell'esigere la doppia conformità Tar Lazio, sez. Roma II ter , n. 5832/2013 . Gli interventi edilizi da sanare non erano conformi alle previsioni del PRG al momento della loro realizzazione. I giudici amministrativi campani aderiscono senza alcuna riserva all'orientamento dominante, evidenziando la debolezza teorica della cd. sanatoria giurisprudenziale. Secondo il Tar, l'accertamento di conformità, nell'attuale previsione normativa, si riferisce esclusivamente ad opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza il previo rilascio del titolo. Opere, tuttavia, conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento che al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria. Riferendo tale chiaro assunto alla concreta vicenda, i giudici, respingono il ricorso, affermando che gli interventi edilizi da sanare non erano assolutamente conformi alle previsioni del PRG al momento della loro realizzazione, per cui non era e non è possibile alcun accorpamento delle volumetrie. La posizione del Tar Campania appare fortemente condivisibile, in quanto la tesi della sanatoria giurisprudenziale si palesa in evidente disarmonia con la più recente giurisprudenza amministrativa di primo e di secondo grado ed in contrasto con il dettato legislativo, comportando una disapplicazione sostanziale del duplice e più restrittivo requisito previsto. L’evidente e negativa conseguenza della tesi della sanatoria giurisprudenziale consiste nel determinare l’inoperatività dei limiti e delle tutele che ispirano la norma.

TAR Campania, Sez. VIII Napoli, sentenza 22 gennaio - 10 febbraio 2014, numero 957 Presidente Corciulo – Estensore Ianigro Fatto e diritto 1. Con ricorso iscritto al numero 2559/2012 Valente Angelo, esponeva di aver inoltrato in data 26.07.2011 richiesta di permesso di costruire in sanatoria inerente la chiusura di un piano piloty di una casa colonica, una diversa distribuzione interna del primo piano, la realizzazione di una rampa scala per l’accesso al sottotetto e la chiusura del locale di lavorazione capannone costruiti con concessione edilizia numero 30/2003, che l’ampliamento consisteva nella realizzazione di forni a legna, ingresso, disimpegno, spogliatoio e servizi igienici e che, per rientrare nei parametri urbanistici, aveva effettuato un atto di asservimento in favore del Comune su alcuni terreni di sua proprietà per m.q. 12.761,00, oltre ai m.q. 11.091,00 del terreno sito in località Corsole. Aggiungeva che solo dopo l’emissione del parere sfavorevole impugnato era venuto a conoscenza che i terreni destinati alla realizzazione delle strutture predette avevano cambiato destinazione urbanistica passando da una destinazione E2” agricola ad una destinazione E2 a” aree di salvaguardia del centro abitato con l’approvazione del nuovo p.r.g. adottato in data 26.11.2003 ed approvato con decreto della Giunta Regionale Campania numero 597 del 18.11.2005. A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi di diritto 1 Violazione di legge, violazione e falsa applicazione della legge numero 1150/1942, erroneità della motivazione, abnorme illogicità manifesta, errore di fatto, incoerenza. Contraddittorietà, eccesso di potere per difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti sia di fatto che di diritto. Nel caso di specie, nell’adozione del p.r.g. non si è posta alcuna attenzione alla situazione di fatto preesistente ed all’incolpevole affidamento del ricorrente, stante l’esistenza di un manufatto nella zona oggetto di nuova regolamentazione che avrebbe dovuto impedire alla p.a. il mutamento della destinazione d’uso per cui appare evidente che il parere sfavorevole impugnato è certamente viziato da eccesso di potere per illogicità manifesta. La distinzione fisica tra zone edificate” e non” introduce senz’altro un effetto limitativo del potere discrezionale pianificatorio, nel senso che una destinazione di zona E non può certo essere attribuita ad una zona già edificata. E’ del tutto evidente pertanto che il parere impugnato è stato frutto di gravi omissioni ed erronee valutazioni anche di fatto. Concludeva quindi per la declaratoria di illegittimità del diniego impugnato e di ogni atto presupposto, nonché per la condanna del Comune al pagamento di spese, diritti ed onorari, con attribuzione al procuratore antistatario. Con memoria del 27.06.2012 si costituiva il Comune di Mondragone opponendo che il ricorrente, sin dal principio, aveva realizzato il proprio immobile in difformità dall’originario titolo concessorio, sicchè la situazione di fatto sottesa all’interesse vantato dal ricorrente non è mai stata legittima, né in buona fede, e non era pertanto suscettibile di ingenerare alcuna aspettativa meritevole di tutela ed idonea a condizionare l’amministrazione comunale nell’esercizio del proprio potere discrezionale di pianficazione urbanistica. Aggiungeva che l’ultimazione dei lavori era avvenuta in data 21.09.2005 ben prima dell’entrata in vigore del p.r.g. pubblicato sul Burc il 12.12.2005, che il programma di fabbricazione previgente poneva delle prescrizioni dimensionali sulle altezze e volumetriche che non sono state mai rispettate, come emerge dalla relazione di accertamento del 6.03.2012, e che il mancato rispetto dell’altezza massima inderogabile non è comunque superabile per effetto dell’atto di asservimento. Precisava altresì che le opere non potevano ritenersi conformi nemmeno al vigente piano regolatore che preclude la possibilità di procedere ad aumenti ed accorpamenti di volumetrie. Sosteneva inoltre che il piano regolatore doveva essere conosciuto dal ricorrente in quanto pubblicato sul burc numero 65 del 12.12.2005, che alcuna osservazione circa la futura destinazione urbanistica era pervenuta, e che l’amministrazione aveva correttamente operato nella genesi del proprio strumento urbanistico garantendo ogni forma di partecipazione collettiva. Concludeva quindi per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese, competenze ed onorari da attribuirsi ex art. 93 c.p.c. Alla pubblica udienza di discussione del 22.01.2014 il ricorso veniva introitato per la decisione. 2. Il ricorso è infondato e va respinto. Come noto, l'accertamento di conformità previsto dall'art. 36, d.P.R. numero 380 del 2001, già disciplinato dall'art. 13, l. numero 47 del 1985, è diretto a sanare le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza il previo rilascio del titolo, ma conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica applicabile per l'area su cui sorgono, vigente sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria cd. doppia conformità . Il provvedimento di accertamento di conformità assume pertanto una connotazione eminentemente oggettiva e vincolata, priva di apprezzamenti discrezionali, dovendo l'autorità procedente valutare l'assentibilità dell'opera eseguita sulla base della normativa urbanistica ed edilizia vigente in relazione ad entrambi i momenti considerati dalla norma. Nella specie il parere negativo opposto al ricorrente in data 10.02.2012 dall’Ufficio tecnico comunale per la sanatoria di una casa colonica con annesso locale di lavorazione è stato espresso poiché le opere non sono conformi alle norme urbanistiche vigenti sia rispetto all’art. 36 d.p.r. numero 380/2001, sia rispetto all’art. 21 scheda E2 a” del p.r.g. vigente adottato con delibera del 26.11.2003 e definitivamente approvato con decreto del 18.11.2005. La normativa opposta dal Comune identifica la zona in cui ricade l’intervento in questione come ambiente della pianura agricola, e precisamente come area di salvaguardia del centro abitato comprendente le aree ad uso agricolo che per la loro vicinanza al centro abitato necessitano di particolare protezione. In tali aree la normativa de qua stabilisce che non è possibile alcun accorpamento delle volumetrie. L’istanza di sanatoria in esame è stata quindi correttamente respinta stante l’inutilizzatibilità, ai sensi della normativa di piano, degli atti di asservimento allegati dal ricorrente per integrare la volumetria mancante. A nulla rileva l’addotta sopravvenienza della normativa di piano rispetto all’epoca di realizzazione dei manufatti, dal momento che, a fronte della realizzazione di un’opera abusiva, non può legittimamente configurarsi alcuna situazione di affidamento giuridicamente tutelabile in capo al soggetto interessato. I motivi con cui si contesta il modus procedendi con cui il Comune è addivenuto a variare la normativa di piano non possono ritenersi ammissibili in questa sede, dovendo essere introdotti nella sede opportuna e precisamente in sede di osservazioni da presentarsi durante l’iter di adozione e approvazione dello strumento urbanistico, o successivamente attraverso la proposizione nei termini di ricorso giurisdizionale avverso le disposizioni innovative di piano ritenute lesive. Sul punto il Comune ha peraltro dato atto di aver osservato le prescritte forme di pubblicità durante l’iter di approvazione dello strumento urbanistico, che nessuna osservazione era pervenuta da parte della ricorrente, e che il piano regolatore definitivamente approvato era stato regolarmente pubblicato sul B.u.r.c. della Regione Campania numero 65 del 12.12.2005. Costituisce difatti ius receptum che qualora sussista un rapporto di presupposizione tra atti, l'omessa impugnazione dell'atto presupposto rende inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso giurisdizionale proposto avverso gli atti che dello stesso costituiscono applicazione. Cons. Stato, sez. VI, 8 febbraio 2002, numero 686 Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 1996, numero 258 . Per le ragioni esposte il ricorso va respinto e le spese processuali seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Ottava definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dal Comune di Mondragone nella misura di €1500,00 da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.