La promozione della cultura e della ricerca giustificano il sacrificio della proprietà privata. Vediamo in che termini

L’occupazione a fini di ricerca archeologica costituisce attività lecita della P.A., mirante a realizzare l’interesse pubblico alla conservazione del patrimonio storico-culturale e alla promozione della cultura e della ricerca art. 9 Cost. . Sulla base di ciò è giustificato anche il sacrificio definitivo della proprietà privata o, più in generale, la limitazione all’uso, al godimento, alla disponibilità artt. 3 e 21 .

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 2962 del 10 febbraio 2014. Il fatto. Una s.r.l. chiedeva al Tribunale di Lecce la condanna del Ministero per i beni culturali e ambientali al pagamento di una somma a titolo di indennizzo per la sospensione dei lavori di costruzione di un fabbricato e per l’occupazione temporanea del suolo, di sua proprietà, da parte della Soprintendenza archeologica della Puglia, per l’effettuazione di ricerche archeologiche. Modificando parzialmente la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Lecce sosteneva che il periodo indennizzabile comprendesse tutto il tempo in cui il proprietario non aveva potuto disporre dell’immobile e stabiliva la somma dovuta tenendo conto del particolare statuto della proprietà interessata da testimonianze storiche. Ricorso principale. Ricorre per cassazione l’Avvocatura Generale dello Stato per conto del Ministero per i beni e le attività culturali, contestando che sia stato ritenuto indennizzabile anche il periodo anteriore all’adozione del decreto di occupazione di urgenza, per la durata della sospensione dei lavori. Ricorso incidentale. La s.r.l. propone, a sua volta, ricorso incidentale per non avere la sentenza impugnata congruamente indennizzato le perdite subite dall’impresa, liquidate considerando il costo per la vigilanza del cantiere, per le attrezzature, ecc e non comprendendosi le modalità di applicazione degli interessi per calcolare l’indennità. Ordine di sospensione caratteri. Il ricorso principale è fondato. In base all’art. 20, l. n. 1089/1939 se un bene può essere qualificato di interesse storico-artistico, anche in assenza di notifica, la cosa di proprietà privata può essere sottratta alle facoltà di trasformazione da parte del proprietario, in nome del superiore interesse alla tutela dei beni culturali. Si tratta di una misura avente carattere cautelare e provvisorio, decadendo se, nel termine di sessanta giorni, non sia intervenuta la notifica. Niente indennizzo per la menomazioni delle facoltà dominicali. L’ordine di sospensione non dà diritto ad alcun indennizzo per la menomazione peraltro temporanea, delle facoltà dominicali, in quanto è in funzione dell’imposizione eventuale di un vincolo per la tutela dell’integrità del bene. Ne consegue che, per il tempo in cui il bene, per ragioni di interesse culturale, abbia subito restrizioni al suo utilizzo, prima in via provvisoria, per il tempo limitato in cui, per salvarne l’integrità materiale, è stata interdetta un’attività potenzialmente dannosa in atto, poi, per il periodo successivo, in virtù del riconosciuto interesse pubblico alla conservazione, sono state limitate le facoltà di trasformazione e disposizione del bene, non è dovuta alcuna reintegrazione patrimoniale. Le conclusioni non cambiano ove, al primo periodo di sospensione, non sia seguita, come nella specie, l’imposizione del vincolo . Decisivo l’art. 9 Cost. Nel superiore interesse della cultura, quale valore cui tende l’ordinamento costituzionale art. 9 , infatti, è la natura stessa del bene a giustificare le limitazioni al diritto dominicale, anche in ossequio al dettato della Corte europea dei diritti dell’uomo che si è, in molteplici occasioni, espressa in tal senso in presenza, dunque, di un decreto dichiarativo della particolare importanza a fini pubblici di un bene, non c’è necessità di un indennizzo. E questo principio va applicato, a maggior ragione, per una misura provvisoria e temporanea, quale la sospensione ex art. 20, l. n. 1089/1939. Sacrificio, anche definitivo, del diritto dominicale. Il ricorso incidentale è infondato. Sempre secondo il dettato costituzionale, ragioni di interesse culturale possono sacrificare anche in modo definitivo, la proprietà privata o limitarne l’uso, il godimento, la disponibilità. Se un bene riveste carattere storico, artistico, archeologico, la sua proprietà nasce vincolata e la riparazione del pregiudizio arrecato dall’occupazione al diritto dominicale a fini di ricerca archeologica non può e non deve essere ispirata a caratteri di integralità del risarcimento. Si tratta di un’obbligazione indennitaria che si risolve in un compenso minore, limitato alla perdita di disponibilità del bene. Visto il carattere solo in parte ristorativo del pregiudizio, giusta la determinazione equitativa dell’indennità. In coerenza con il carattere solo parzialmente ristorativo del pregiudizio, la Cassazione ritiene giusta la determinazione indennitaria in via equitativa effettuata dai giudici d’appello e l’esclusione dell’indennizzabilità del danno al proprietario costruttore.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 gennaio – 10 febbraio 2014, n. 2962 Presidente Salmè – Relatore Benini Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 12.6.1996, la Edilstevi s.r.l. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Lecce il Ministero per i beni culturali e ambientali chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 1.149.954.960, con interessi e rivalutazione, a titolo di indennizzo per sospensione dei lavori di costruzione di un fabbricato in Brindisi, e occupazione temporanea del suolo, di sua proprietà, da parte della Soprintendenza archeologica della Puglia, dal 18.3 al 9.9.1995, per l'effettuazione di ricerche archeologiche. Si costituiva in giudizio il Ministero per i beni culturali e ambientali, contestando il fondamento della domanda, di cui chiedeva il rigetto. Avverso la sentenza di primo grado, depositata il 18.5.2003, che riteneva indennizzabile l'intero periodo di occupazione comprensivo del periodo di mera sospensione dei lavori , ed escludendo la natura risarcitoria del dovuto, condannava l'amministrazione al pagamento della somma di Euro 72.027,02, proponevano appello, in via principale, il Ministero per i beni e le attività culturali già Ministero per i beni culturali e ambientali , e in via incidentale la Edilstevi s.r.l. Con sentenza depositata il 24.1.2006, la Corte d'appello di Lecce, in parziale accoglimento del gravame, confermava che il periodo indennizzabile comprendesse tutto il tempo i cui il proprietario non aveva potuto disporre dell'immobile, quindi dal 18.3.1995, per tutta la durata della sospensione dei lavori, e poi dell'occupazione temporanea, e riformava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva liquidato l'indennizzo alla stregua di una comune obbligazione risarcitoria, dovendosi viceversa tener conto del particolare statuto della proprietà interessata da testimonianze storiche, che nasce vincolata per l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio culturale, costituzionalmente tutelato conseguentemente determinava l'indennità con il criterio degli interessi legali sul valore effettivo del bene, riconoscendo la somma di Euro 35.253,06, con interessi dalla domanda. Ricorre per cassazione l'Avvocatura generale dello Stato per conto del Ministero per i beni e le attività culturali, affidandosi a due motivi, illustrati da memoria, al cui accoglimento si oppone con controricorso la Edilstevi s.r.l., che a sua volta propone ricorso incidentale fondato su un motivo. Motivi della decisione l. Deve preliminarmente disporsi la riunione dei procedimenti ai sensi dell'articolo 335 c.p.c., avendo essi ad oggetto ricorsi avverso la stessa sentenza. 2. Con il primo motivo di ricorso, il Ministero per i beni e le attività culturali, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 43 l. 1.6.1939 n. 1089, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto indennizzabile anche il periodo anteriore all'adozione del decreto di occupazione di urgenza, per la durata della sospensione dei lavori, che è misura diretta a garantire l'integrità fisica delle cose di interesse archeologico in attesa dei provvedimenti diretti a consentire la ricerca e la valorizzazione delle scoperte archeologiche, e non può essere assimilata ad un provvedimento ablatorio. Con il secondo motivo di ricorso, l'amministrazione ricorrente, denuncia la nullità della sentenza impugnata, per non essersi pronunciata sull'eccezione di compensatio lucri cura damno , proposta in primo grado e ribadita nell'atto di appello in cui si era anche precisato l'importo da defalcare sulla base delle risultanze della c.t.u. in primo grado , avendo l'impresa proprietaria tratto vantaggio dagli scavi eseguiti dalla Soprintendenza, fino a quota di progetto. 3. Con l'unico motivo del ricorso incidentale, la Edistevi s.r.l., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 43 l. 1.6.1939 n. 1089, dell'articolo 68 l. 25.6.1865 n. 2359, degli artt. 61, 62, 112, 114, 115, 116 c.p.c., e dell'articolo 2697 c.c., ed omessa e/o insufficiente motivazione su punto decisivo, censura la sentenza impugnata per non aver congruamente indennizzato le perdite subite dall'impresa, liquidate dal primo giudice considerando il costo per la vigilanza del cantiere, per le attrezzature, gli interessi legali sul valore del lotto, non comprendendosi, peraltro, su quale base il giudice di secondo abbia applicato gli interessi per calcolare l'indennità, essendo certo che il valore del suolo, quantificato dalla Edilstevi stessa senza contestazione, ammontava a L. 3.501.000.000, o comunque doveva essere accertato tramite c.t.u. 4. Il primo motivo del ricorso principale è fondato. L'articolo 20 l. 1.6.1939 n. 1089 applicabile al caso di specie in seguito, con disciplina sostanzialmente immutata, articolo 28 d.lgs. 29.10.1999 n. 490 articolo 28 d.lgs. 22.1.2004 n. 42 conferisce ai soprintendenti il potere di ordinare la sospensione dei lavori iniziati sulla cosa d'interesse storico-artistico il primo comma riguarda gli interventi, per i quali non vi sia stata autorizzazione, apprestati su immobili di proprietà privata per i quali sia intervenuta la dichiarazione di interesse particolarmente importante il secondo comma riguarda i beni per i quali non sia ancora intervenuta la notifica . Se la prima ipotesi è rafforzativa del controllo autorizzatorio per le cose sulle quali l'autorità abbia già riscontrato l'interesse culturale, la seconda ha carattere palesemente cautelare, mirando a salvaguardare l'integrità delle cose, evidentemente fino ad allora non conosciute dall'amministrazione. Per il solo fatto di possedere i connotati oggettivi del bene d'interesse storico-artistico, la cosa di proprietà privata, anche se non notificata, viene sottratta alle facoltà di trasformazione da parte del proprietario, in nome del superiore interesse alla tutela dei beni culturali. La misura, conformemente alla finalità cautelare, è provvisoria, e decade ove nel temine di sessanta giorni non sia intervenuta la notifica. Questa è l'unica conseguenza che la legge riconnette all'ordine di sospensione nessun indennizzo è previsto per la menomazione, peraltro temporanea, delle facoltà dominicali, a differenza di altre ingerenze nella proprietà, che alla stregua della stessa disciplina di tutela delle cose d'interesse storico-artistico, comportano più rilevanti compressioni come l'occupazione d'urgenza, della quale si dirà oltre , fino alla soppressione del diritto articolo 54 e ss. , quando l'interesse culturale possa essere salvaguardato solo mediante l'acquisizione del bene alla proprietà pubblica. L'ordine di sospensione non è in funzione dell'occupazione, né dell'espropriazione e dunque non assume le sembianze di provvedimento ablatorio , ma è in funzione dell'imposizione eventuale di un vincolo che se manca, deve essere apposto nel termine di efficacia del provvedimento cautelare. Nell'ipotesi del secondo comma dell'articolo 20, la sospensione dei lavori dannosi per l'integrità del bene, costituisce provvisoria anticipazione del vincolo e in qualche modo, sempre che lo stesso venga apposto entro sessanta giorni, ne assume la natura. Nel superiore interesse della cultura, quale valore cui tende l'ordinamento costituzionale articolo 9 Cost. , la proprietà su cui insistano beni d'interesse storico-artistico nasce conformata, nel senso che la natura stessa del bene giustifica le limitazioni al diritto dominicale, a differenza dei vincoli, di natura discrezionale, apposti in virtù di provvedimenti dell'amministrazione, che per non intaccare il nucleo essenziale della proprietà, devono essere temporanei, o comunque indennizzati. Il vincolo di interesse storico ed artistico si collega alle caratteristiche intrinseche dei beni pertanto, il decreto dichiarativo della particolare importanza ai fini pubblici non concreta l'imposizione di un vincolo espropriativo ai sensi dell'articolo 42, terzo comma, Cost. e non comporta la necessità di indennizzo Cass. 19.7.2002, n. 10542 . La limitazione alla proprietà per le superiori ragioni della cultura è stata ricondotta dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo alle ragioni d'interesse generale che ai sensi dell'articolo 1, prot. 1, seconda parte, giustificano l'apposizione del vincolo senza indennizzo sentenze 26.6.2007, in cause Perinelli/Italia e Longobardi/Italia . Principio che a maggior ragione va applicato ad una misura a carattere provvisorio e temporaneo, quale la sospensione prevista dall'articolo 20 l. 1089/39. Per il tempo in cui il bene, per ragioni d'interesse culturale, abbia subito restrizioni al suo utilizzo, prima, in via provvisoria, per il tempo limitato in cui per salvaguardarne l'integrità materiale, è stata interdetta un'attività potenzialmente dannosa in atto, poi, per il periodo successivo, in virtù del riconosciuto dell'interesse pubblico alla conservazione, sono state limitate le facoltà di trasformazione e disposizione del bene, non è dovuta alcuna reintegrazione patrimoniale. Le conclusioni non cambiano ove, al primo periodo di sospensione, non sia seguita, come nella specie, l'imposizione del vincolo. In accoglimento del motivo di doglianza, si procederà ad una proporzionale riduzione dell'indennizzo riconosciuto dal giudice di merito, come si dirà oltre. 5. Riguardo al secondo motivo, la pretesa di compensazione appare generica, non essendo richiamate nel motivo di ricorso, se non attraverso un sommario accenno, le ragioni per le quali il proprietario costruttore sarebbe stato avvantaggiato dalle ricerche archeologiche. Non ottemperando all'onere di rappresentare puntualmente i fatti di causa in parte qua nel momento in cui si accinga al ricorso per cassazione Cass. 11.1.2007, n. 324 , in ottemperanza al principio di autosufficienza, il motivo è inammissibile. 6. Il ricorso incidentale è infondato, e va rigettato. La Corte d'appello di Lecce non incorre in alcuna violazione di legge riguardo alla qualificazione in termini indennitari, e non risarcitori, del compenso dovuto per l'occupazione a fini di ricerche archeologiche, disciplinata dall'articolo 43 l. 1.6.1939, n 1089 mediante il rinvio agli artt. 65 e ss. l. 25.6.1865 n. 2359. L'occupazione a fini di ricerca archeologica costituisce attività lecita della pubblica amministrazione, mirante a realizzare l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio storico-artistico e alla promozione della cultura e della ricerca articolo 9 Cost. , essendo d'altro canto giustificati, per ragioni d'interesse culturale, anche il sacrificio definitivo della proprietà privata articolo 56 l. 1089/39 , o, più in generale, la limitazione all'uso, al godimento, alla disponibilità artt. 3 e 21 . La proprietà delle cose che rivestono l'interesse storico, artistico, archeologico, nasce vincolata, e la connotazione culturale del bene è un carattere che incide sulla valutazione economica dello stesso, comportando, ad esempio, che in caso di esproprio, dell'eventuale minusvalore che il vincolo determini sul bene, a causa della sua limitata utilizzabilità, si debba tener conto in sede di determinazione dell'indennizzo, come per tutti i vincoli conformativi della proprietà Cass. 17.4.2008, n. 10102 . Tali considerazioni, inerenti, da un lato, alla qualificazione dell'attività di ricerca archeologica condotta dagli enti preposti istituzionalmente lo Stato articolo 43, primo comma , dall'altro al particolare statuto della proprietà dei terreni il cui sottosuolo contenga testimonianze di antiche civiltà, inducono alla corretta interpretazione del combinato disposto degli artt. 43, terzo comma, l. 1089/39 vedi ora l'articolo 85 d.lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali e 68, secondo comma, l. 2359/1865 la riparazione del pregiudizio arrecato alla proprietà privata dall'occupazione a fini di ricerca archeologica non può essere ispirata ai caratteri di integralità del risarcimento, bensì assume i connotati dell'obbligazione indennitaria che, in quanto riferita alla lesione dell'altrui interesse a prescindere dal contegno illecito e dalla colpa, si risolve nell'obbligo di versare un compenso minore, per lo più limitato alla perdita della disponibilità del bene Cass. 29.8.2002, n. 12642 22.11.2012, n. 20679 . Nell'ipotesi di occupazione temporanea, l'articolo 68 fissa alcuni parametri, che assumono i caratteri della valutazione equitativa. Nella specie, l'occupazione è stata compensata con il criterio degli interessi legali sul valore del fondo per la durata dell'occupazione. La contestazione sul valore-base del fondo, su cui sono stati applicati gli interessi, appare inammissibile, posto che tale valore, fissato dal giudice di primo grado in L. 1.457.000.000, non aveva formato oggetto di contestazione da parte dell'attuale ricorrente incidentale, che aveva incidentalmente gravato la sentenza del Tribunale solo per non aver liquidato gli interessi per l'aliquota di ricavo incassata con ritardo dalle vendite delle unità immobiliari realizzate sul fondo. L'equità che ha informato la determinazione indennitaria nel caso di specie, risulta applicata dalla Corte d'appello - nei limiti in cui è consentita la verifica di legittimità nel giudizio equitativo, particolarmente in sede di liquidazione indennitaria Cass. 19.7.2002, n. 10571 - con operazione immune da vizi logici e giuridici, che fa leva sul particolare interesse pubblico connesso alla tutela dei beni culturali ed alle conseguenti limitazioni alla proprietà privata. In coerenza con il carattere solo parzialmente ristorativo del pregiudizio, previsto dalla normativa all'epoca vigente, è stata esclusa l'indennizzabilità del danno al proprietario-costruttore, reclamato per il ritardo nella vendita degli immobili realizzati sul fondo dopo la restituzione, che il giudice di primo grado aveva commisurato agli interessi sul ricavo dalla vendita delle unità immobiliari realizzate sul fondo. Il criterio indennitario applicato appare comunque più remunerativo dell'indennizzo per l'occupazione preespropriativa, all'epoca vigente interessi sul valore espropriativo, inferiore in misura consistente al valore venale, secondo il sistema dell'articolo 5-bis d.l. 11.7.1992 n. 333, conv. in l. 8.8.1992 n. 359 ma anche alla luce delle sopravvenienze normative l'applicazione dell'articolo 88, comma 3, d.lgs. 22.1.2004 n. 42 fa rinvio all'indennità di occupazione legittima ed al correlato criterio di computo, che comporta l'erogazione non dell'interesse legale sull'ammontare del valore dell'area ma della quota di 1/12, pari all'8,33% annuo articolo 50 d.p.r. 8.6.211 n. 327 , laddove il giudice d'appello ha applicato il tasso del 10% annuo sul valore del bene, come sopra indicato, per la durata dell'occupazione approdando al risultato di Euro 35.253,06, che, corrispondendo a L. 68.259.452, è maggiore della somma liquidata dal Tribunale limitatamente a tale titolo, pari a L. 60.370.410 . Va anche tenuto conto che al termine dell'occupazione il bene è stato restituito al proprietario senza imposizione di vincoli. 7. Alla cassazione della sentenza in parte qua segue la decisione nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti essendosi verificata la correttezza del criterio che ha indotto il giudice d'appello a determinare un indennizzo di Euro 35.253,06 oltre interessi dalla domanda al saldo per 176 giorni dal 18.3.1995 al 9.9.1995 , dovendosi sottrarre 60 giorni, non indennizzabili, quale durata massima dell'occupazione prima che intervenisse il decreto di occupazione, l'ammontare del credito viene proporzionalmente ridotto a Euro 35.253,06 176 X 176 - 60 = 23.234,97 oltre interessi dalla domanda al saldo . La particolarità delle questioni trattate, che presentano aspetti di novità, induce alla compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione, ferme le statuizioni dei giudici di merito nei rispettivi gradi. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il secondo motivo, rigetta il ricorso incidentale. In relazione alla censura accolta cassa la sentenza impugnata, e pronunciando nel merito, condanna il Ministero al pagamento della somma a favore di Edilstevi s.r.l. di Euro 23.234,97, oltre interessi dalla domanda al saldo. Compensa le spese del giudizio di cassazione.