Dovere di rendere note talune circostanze? Il mero silenzio può costituire artificio o raggiro

La deminutio patrimonii può conseguire anche ad un ‘non facere’ della vittima determinato dal comportamento ingannevole del soggetto agente, in quanto l’atto di disposizione ben può consistere in un permesso o assenso, nella mera tolleranza o in una traditio, in un atto materiale o in un fatto commissivo, poiché ciò che importa è che sia un atto volontario, causativo di ingiusto profitto altrui a proprio danno e determinato dall’errore indotto da una condotta artificiosa.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5792/14, depositata il 6 febbraio. Il caso. La Corte di Appello di Bari confermava in toto la sentenza con cui il Giudice dell’udienza preliminare della medesima città, a seguito di giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di S.D. per il reato di truffa aggravata in danno dell’ente pubblico, e lo aveva condannato alla pena di anni uno di reclusione ed euro 400 di multa. In particolare, secondo la prospettazione accusatoria interamente accolta in entrambi i gradi di merito, l’imputato – nella sua qualità di amministratore della F.S.I. s.r.l., avente in gestione il mattatoio cittadino – avrebbe, con artifici e raggiri consistiti nella omessa redazione da parte del coimputato – veterinario ufficiale del Comune – delle bollette giornaliere di pagamento relative all’attività di ispezione e controllo veterinario, procurato alla società da lui amministrata un ingiusto profitto rappresentato dalla evasione o, comunque, dal ritardato pagamento per decine di migliaia di euro di diritti sanitari. Infatti, la società, per ogni capo di bestiame macellato, avrebbe dovuto versare all’ASL una somma di denaro variabile in base alla natura ed al numero di animali macellati, annotato sul registro dei diritti sanitari dal veterinario preposto ai controlli tali annotazioni non erano state mai eseguite contestualmente alla macellazione ma solo dopo un lungo arco temporale – e comunque in modo parziale – conseguentemente risultava omesso il pagamento dei diritti/contributi sanitari all’ASL, oppure gli stessi risultavano versati con notevole ritardo. Avverso tale sentenza l’imputato ricorre per Cassazione deducendo, con un unico motivo di gravame, vizio di incoerenza ed illogicità della motivazione con specifico riferimento sia alla ritenuta configurazione di tutti gli elementi tipici della fattispecie delittuosa contestata, che alla errata qualificazione giuridica della stessa. Il silenzio può avere rilevanza penale. La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza de qua , ha avuto modo di riprendere ed ulteriormente consolidare due differenti principi di diritto recentemente statuiti dalla Sezioni Unite della medesima Corte Suprema. Anzitutto, con precipuo riferimento all’elemento della fraudolenza, ed alla valutazione operata dai Giudici di merito relativamente al silenzio serbato dall’imputato in ordine alle prestazioni sanitarie erogate dal Servizio Veterinario in favore della società da lui amministrata – che costituiscono il presupposto per il pagamento dei relativi contributi – i Supremi Giudici rilevano come tale condotta integra perfettamente il delitto di truffa aggravata, essendo la stessa finalizzata a trarre in inganno l’ASL sulla entità e permanenza della obbligazione contributiva connessa alla macellazione. In effetti, continua la Corte Regolatrice, emerge ictu oculi come l’imputato continuasse a ricevere le prestazioni sanitarie omettendo di effettuare contestualmente il pagamento dei relativi contributi, così come invece richiesto dalla norma. Donde, richiamando la giurisprudenza di legittimità, la sentenza evidenzia come anche il mero silenzio malizioso può costituire artificio o raggiro allorquando si abbia il dovere di rendere note talune circostanze, pertanto in tali casi la condotta del soggetto agente non potrà qualificarsi quale meramente passiva ma, a contrario, andrà rilevata quale artificiosamente preordinata a perpetrare l’inganno. La truffa aggravata ai danni dello Stato ed il rapporto di specialità con i reati tributari. Anche la censura afferente l’assimilabilità della fattispecie di truffa aggravata rispetto a quella della infedele dichiarazione tributaria ovvero a quella di emissione di fatture per operazioni inesistenti è stata rigettata dalla Suprema Corte che, riprendendo una statuizione a Sezioni Unite in materia, ha chiarito come è stato già affermato il principio di specialità tra il delitto di truffa in danno dello Stato e le fattispecie in materia di reati tributari che, pertanto, devono essere applicate esclusivamente alle specifiche ipotesi previste dal d.lgs. n. 74/2000 e che mal si adattano ad una applicazione estensiva rispetto a situazioni normative oggettivamente differenti.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 23 ottobre 2013 – 6 febbraio 2014, n. 5792 Presidente Petti – Relatore Taddei Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bari, confermava la sentenza emessa dal Gup del Tribunale di quella città, in data 16.4.2009, che aveva condannato S.D. quale amministratore della Fin Sud Import srl, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, dichiarate prevalenti sulla contestata aggravante ed applicata la riduzione per il rito, alla pena di anni uno di reclusione ed euro 400,00 di multa per il reato di truffa aggravata in danno dell'ente pubblico, come di seguito precisata artt. 110, 640 co. 1 e 2 n. 1 c.p., perché, in concorso con M.G., direttore del Dipartimento della ASL BA/5 e L.V., il primo nella qualità già indicata ed il L. anche quale veterinario ufficiale del macello Comunale di Conversano, S. quale titolare della Fin Sud Import srl, società avente la gestione del predetto mattatoio, inducevano in errore la ASL BA/5 con artifici e raggiri consistiti nella omessa redazione da parte del L. delle bollette giornaliere di pagamento relative all'attività di ispezione e controllo veterinario, procuravano alla Fin Sud Import un ingiusto profitto consistente nell'evasione o, comunque, nel ritardo nel pagamento per decine di migliaia di euro dei relativi diritti sanitari. In Conversano negli anni 2003. 2003 e 2005 1.1 I fatti venivano ricostruiti dai giudici del merito nel modo seguente la Fin Sud Import s.r.L il cui rappresentante legale era S.D., aveva in gestione il mattatoio comunale di Conversano mentre le funzioni di veterinario ufficiale presso lo stesso mattatoio erano esercitate dal coimputato L.V. Nel corso dell'anno 1999, in cui era entrato in vigore il D.L. n. 155 che ha introdotto i controlli HACCP, L. aveva creato la snc Quality Sistem , accreditata per l'esecuzione dei controlli indicati, di cui era titolare la moglie B.A., ed aveva esercitato forti pressioni sui commercianti del settore per avvalersi della predetta società per i controlli. La Fin Sud s.r.l. per ogni capo di bestiame macellato, avrebbe dovuto versare alla ASL una somma di denaro variabile in base alla natura ed al numero di animali macellati, annotato sul registro dei diritti sanitari dal veterinario preposto ai controlli. Le annotazioni non erano state mai eseguite contestualmente alla macellazione, ma solo dopo un lungo arco temporale e neppure in maniera completa, di talché risultava omesso il pagamento dei diritti/contributi sanitari alla ASL, o gli stessi contributi risultavano versati con notevole ritardo. 1.2 Avverso tale sentenza propone ricorso il difensore di fiducia dell'imputato sollevando un unico motivo di gravame con il quale deduce la violazione dell'art. 606 lett. B , C , E Cod. Proc. pen. in relazione agli artt. 546 LETT. e , 192, c.p.p., 640 cpv., 41, 40 C.P. Lamenta, in particolare, il vizio di incoerenza ed illogicità della motivazione perché la Corte di merito attribuisce al mancato versamento dei contributi alla ASL non il valore di semplice inadempimento di una obbligazione, da sanzionare amministrativamente, bensì quello di fraudolento silenzio idoneo a configurare l'elemento fraudolento, - essenziale per il configurarsi della truffa ed ancora, con motivazione manifestamente illogica afferma che l'atto di disposizione patrimoniale che induce il danno, può consistere in qualsiasi attività di disposizione della propria sfera patrimoniale, da parte della vittima invece che un atto dispositivo. 1.3 Lamenta il ricorrente che nel caso in esame manca l'atto collaborativo della stessa parte lesa, determinato dall'errore in cui versa il truffato e che determina la concreta spoliazione del patrimonio dello stesso, sicché la condotta dell'Imputato è sufficiente da solo a determinare il fine di profitto perseguito, che si realizza con il semplice mancato pagamento. Nella motivazione della Corte territoriale non sono individuati né l'errore indotto dal comportamento dello S. né l'atto dispositivo ed autolesionante posto in essere dalla ASL. In definita la situazione creata dalla condotta dell'imputato è del tutto simile a quella che si verifica nel caso di infedele dichiarazione dei redditi reato speciale ed assorbente il delitto di truffa in danno dello Stato. Considerato in diritto 2. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2.1 La motivazione del provvedimento della Corte territoriale non evidenzia vizi di sorta essendo corretta nell'imposta giuridica, ed anche del tutto coerente con la ricostruzione dei fatti. 2.2 Quanto all'elemento della fraudolenza, la Corte ha ritenuto che il silenzio maliziosamente serbato dall'imputato in ordine alle prestazioni sanitarie erogate dal Servizio Veterinario in favore di Fin Sud Import srl -, che costituiscono il presupposto per il pagamento dei relativi contributi, configura la condotta di raggiro idonea ad integrare il delitto di truffa aggravata, essendo tale condotta finalizzata a trarre in inganno l'azienda sanitaria sulla entità e permanenza della obbligazione contributiva connessa alla macellazione. Precisa, opportunamente, la Corte che trattandosi di condotta truffaldina orientata a procurare un ingiusto vantaggio a Fin Sud Import srl, con conseguente danno per la ASL BA/5, era da escludere che l'imputato potesse essere ignaro di siffatta condotta artificiosa, poiché egli, quale amministratore della società, continuava a ricevere le prestazioni sanitarie, omettendo di effettuare contestualmente, come richiesto dalla norma, il pagamento dei relativi contributi. Richiamando la giurisprudenza consolidata di questa Corte la Corte territoriale ha anche sottolineato l'idoneità del silenzio malizioso a costituire artificio o raggiro quando si abbia il dovere di rendere note talune circostanze in tal caso il comportamento dell'agente non può ritenersi meramente passivo ma artificiosamente preordinato a perpetrare l'inganno, tanto più se la obiettiva difformità tra la situazione reale e quella conosciuta da colui che è stato indotto in errore dipende dal comportamento dell'agente 3 . 2.3 Anche la seconda censura del ricorrente è infondata. La Corte di merito, richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite n. 155 del 2011, ha precisato che la deminitio patrimonii può conseguire anche ad un non facere della vittima, determinato dal comportamento ingannevole dell'agente, di talché la circostanza che nel caso di specie, per effetto del silenzio maliziosamente serbato dal soggetto obbligato, la ASL non abbia adottato alcun atto dispositivo, non esclude che la condotta ingannevole dell'imputato si inserisca nel paradigma del reato di cui all'art. 640, co. 2 n. 1 c.p Se il senso riposto nell'atto di disposizione è che il danno deve potersi imputare ad un'azione che viene svolta all'interno della sfera patrimoniale aggredita, causata da errore e produttiva di danno e ingiusto profitto, il profilo penalisticamente rilevante della cooperazione della vittima non deve necessariamente riposare nella sua qualificabilità in termini di atto negoziale e neppure di atto giuridico in senso stretto, bastando la sua idoneità a produrre danno. Il così detto atto di disposizione ben può consistere, per tali ragioni, in un permesso o assenso, nella mera tolleranza o in una traditio, in un atto materiale o in un fatto omissivo quello che conta è che sia un atto volontario, causativo di ingiusto profitto altrui a proprio danno e determinato dall'errore indotto da una condotta artificiosa . 2.4 Infine, la Corte, con una motivazione condivisibile e corretta, ha escluso l'assimilabilità della fattispecie in esame a quella della infedele dichiarazione in materia tributaria ovvero all'emissione di fatture per operazioni inesistenti, sull'indubbio rilievo che il principio individuato dalle Sezioni Unite di questa Corte, nella decisione n. 1235 del 2010,che ha ravvisato il rapporto di specialità tra il delitto di truffa in danno dello Stato e le fattispecie penali in materia di frode fiscale, si giustifica in riferimento alle specifiche caratteristiche normative delle ipotesi delittuose richiamate artt. 2 ed 8 D.Lg. n. 74 del 2000 che mal si adattano ad essere ripetute per situazioni che non abbiano identiche caratteristiche normative. 2.5 Va comunque, rilevato che il ricorso in esame è meramente reiterativo delle tesi già proposte in appello, completamente esaminate e disattese dalla Corte territoriale, con una motivazione congrua e condivisa da questa Corte, ed è privo altresì, di alcuna nuova critica considerazione che valga a giustificare il nuovo esame. 3. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.