Ubriaco e drogato, prende in mano una lancia idropulitrice e rimane folgorato: risarcimento a carico del proprietario

Legittima la richiesta avanzata dal padre della persona rimasta uccisa a causa di una goliardata trasformatasi in tragedia. Assolutamente irrilevanti le precarie condizioni psicofisiche della vittima. E non basta il dissenso espresso dal proprietario della macchina per attenuarne la responsabilità.

Tutto comincia come semplice goliardia, frutto anche dell’uso di alcool e di droga, ma la conclusione è tragica Davvero drammatica la morte di un uomo, che, presa, per gioco, in mano una lancia idropulitrice – nonostante il ‘no’ del proprietario –, perde la vita a causa di un episodio di elettro-folgorazione. Nonostante la follia della vicenda, nonostante le condizioni precarie dell’uomo, nonostante la posizione assunta dal proprietario della macchina, è quest’ultimo a dovere caricarsi sulle spalle il risarcimento dei danni a favore del padre dell’uomo morto per il tragico gioco. Cassazione, ord. n. 1305/2014, Sesta Sezione Civile, depositata oggi Tragedia. A riconoscere la legittimità della domanda di risarcimento avanzata dal padre dell’uomo rimasto tragicamente ucciso a causa di un episodio di elettro-folgorazione , e fondata sui danni subiti per la perdita del figlio , è la Corte d’Appello, che ribalta completamente la visione adottata dai giudici del Tribunale. A pagare dovrà essere il proprietario della lancia idropulitrice, usata dalla vittima e causa della sua morte per i giudici di secondo grado, difatti, è evidente la responsabilità oggettiva dell’uomo che avrebbe dovuto impedire l’uso della macchina. Ma l’uomo, ritenuto responsabile del tragico episodio – con tanto anche di patteggiamento, per omicidio colposo, in sede penale – , contesta la decisione della Corte d’Appello, sottolineando il ‘peso’ del dissenso espresso, in occasione della tragedia, rispetto all’ uso della macchina . Allo stesso tempo, egli richiama anche le precarie condizioni della vittima , in preda a uno stato di intossicazione frutto dell’uso di alcool e droghe. Tali obiezioni, però, non vengono ritenute decisive dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, confermano la decisione assunta in Corte d’Appello l’uomo dovrà provvedere al risarcimento dei danni subiti dal padre della vittima del tragico ‘gioco’. Per i giudici, da un lato, non si può parlare di caso fortuito ragionando sull’azzardo compiuto dalla vittima che, è acclarato, si limitò a prendere in mano la lancia idropulitrice , e, dall’altro, non si può attribuire grosso rilievo , in materia di interruzione del nesso di causalità psicologica , al dissenso espresso dal proprietario della macchina. Eppoi, anche di fronte alla constatazione dello stato di intossicazione etilica e per abuso di droghe della persona rimasta uccisa, non si può comunque ipotizzare il concorso del fatto colposo della vittima .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 7 novembre 2013 – 22 gennaio 2014, n. 1305 Presidente Segreto – Relatore Giacalone In fatto e in diritto Nella causa indicata in premessa è stata depositata la seguente relazione 1. - La sentenza impugnata Corte d'App. L'Aquila, 13/06/2011 ha, per quanto qui rileva, accolto l'appello proposto da G.D.C. - genitore convivente di P.M.D.C. deceduto per elettrofolgorazione - avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Chieti, che aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni subiti per la perdita del figlio, nei confronti di M.D.F. Fulvio, proprietario della lancia idropulitrice usata dalla vittima e causa della sua morte. La Corte Territoriale ha ritenuto dover applicare la fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. e, sulla base degli elementi costitutivi emersi nel corso del processo, concludere per una responsabilità oggettiva del D.F., condannandolo al risarcimento dei danni. 2. - Ricorre per Cassazione il D.F. con tre motivi di ricorso resiste con controricorso il D.C Le censure lamentate dal ricorrente sono 2.1 - Violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la sentenza impugnata erroneamente affermato che il dissenso del D.F. all'uso della macchina da parte del D.C. non aveva avuto alcun effetto sulla determinazione dell'evento letale, in quanto dalla deposizione del teste A.D.F. sarebbe emerse che la vittima apprese la cosa contro la volontà del custode 2.2 - Violazione e falsa applicazione dell'art. 445 c.p.p. Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto la Corte d'Appello avrebbe dovuto esternare le ragioni per le quali alla sentenza di patteggiamento con cui si condannava il D.F. per omicidio colposo, in sede penale doveva riconoscersi valenza indiziaria della responsabilità dell'odierno ricorrente 2.3 - Violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2697 c.c. Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non avere il giudice di merito valutato la condotta della vittima, posto in uno stato di intossicazione, costituendo questo un suo atto volontario idoneo ad assumere efficacia concausale del decesso. 3. – Il ricorso è manifestamente privo di pregio. Tutti i motivi dedotti dall'odierno ricorrente - che possono essere trattati congiuntamente data l'intima connessione, essendo relativi alla ricostruzione dell'evento lesivo - implicano accertamenti di fatto e valutazioni di merito. Ripropongono, in realtà, un'inammissibile diversa lettura delle risultanze probatorie, senza tenere presente il consolidato orientamento di questa S.C., secondo cui, in tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all'art. 2051 cod. civ. individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo. Pertanto non assume rilievo in sé la violazione dell'obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno. Ne consegue l'inversione dell'onere della prova in ordine al nesso causale, incombendo sull'attore la prova del nesso eziologico tra la cosa e l'evento lesivo e sul convenuto la prova del caso fortuito. Sia l'accertamento in ordine alla sussistenza della responsabilità oggettiva che quello in ordine all'intervento del caso fortuito che lo esclude involgono valutazioni riservate al giudice del merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici Cass. n. 6753/2004 n. 376/2005 n. 4279/2008 . La sentenza impugnata, invece, ha congruamente spiegato le ragioni della propria decisione ritenendo, da un lato, mancante il caso fortuito, consistente, nel caso in esame, nella condotta della vittima che si limitò a prendere in mano la lancia idropulitrice e, dall'altro, errata l'affermazione del giudice di primo grado, che aveva attribuito rilievo, in termini di interruzione del nesso di causalità psicologica, al dissenso del D.F La Corte d'Appello, inoltre, circa l'esclusione del concorso del fatto colposo della vittima, che al momento del decesso era in stato di intossicazione etilica e per abuso di droghe, motiva evidenziando come, ai fini dell'art. 205 1 c.c., non rilevano, gli stati soggettivi e i requisiti psicologici imputabili sia al danneggiante che al danneggiato. Inoltre, legittimamente si è tratto ulteriore riscontro ed indizio della responsabilità dell'appellato per l'illecito dedotto, dalla sentenza di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. di condanna del D.F. per omicidio colposo, in conformità all'orientamento di questa S.C. secondo cui il giudice civile, ai fini del proprio convincimento, può autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte in un processo penale e le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali, anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento ove il procedimento penale sia stato definito ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., potendo la parte, del resto, contestare, nell'ambito del giudizio civile, i fatti così acquisiti in sede penale Cass. n. 22020/2007 n. 132/2008 . 4. - Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso. La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite. Non sono state presentate memorie né conclusioni scritte. Ritenuto che a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato le spese seguono la soccombenza visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.200,00=. di cui Euro 40.00,00= per compensi, oltre accessori di legge.