Portiera sostituita, ma con un ‘pezzo’ di un modello precedente: risarcito l’automobilista

Nessun dubbio sul ‘gioco di prestigio’ realizzato da un’officina. Assolutamente impensabile che l’operazione sia stata autorizzata dal proprietario del veicolo, anche tenendo presente che il costo era coperto integralmente dall’assicurazione. Evidente la violazione della clausola di buonafede.

Pessima sorpresa per il proprietario di un’automobile – una ‘Renault Scenic’ a cinque porte, per la precisione – lo sportello, sostituito, a seguito di un incidente, da una ‘autocarrozzeria’, non è originale. A svelare il ‘pacco’ è un altro carrozziere, che segnala all’automobilista la presenza dello sportello ‘tarocco’, proveniente da un modello di veicolo precedente e adattato per l’occasione alla sua ‘Renault Scenic’. Scontata l’arrabbiatura del proprietario dell’automobile, che, però, ottiene almeno la soddisfazione, da parte della ‘autocarrozzeria’ responsabile del bluff, di un risarcimento dei danni. Cassazione, sentenza n. 1179, Seconda sezione Civile, depositata oggi Per l’orgoglio A dirla tutta, comunque, il quantum stabilito dal Giudice di pace e confermato dalla Corte d’Appello non è clamoroso l’automobilista dovrà ricevere poco più di mille euro come risarcimento del danno – soddisfazione più per l’orgoglio che per le tasche – per l’ installazione di una portiera non originale . Decisivo, per i giudici, innanzitutto, il fatto che l’officina non ha dimostrato che la sostituzione con un pezzo non originale era stata autorizzata . E a dare forza a questa visione anche alcune considerazioni fondate sul buon senso carenza di interesse, del proprietario del veicolo, ad autorizzare la sostituzione, posto che il pagamento del lavoro veniva coperto dall’assicurazione assenza di urgenza del lavoro, perché provata la disponibilità di altre autovetture per il proprietario della ‘Renault Scenic’, e, infine, tempestività della richiesta di spiegazioni dopo la scoperta del ‘fattaccio’ . Buona fede. Questione chiusa? Assolutamente no. Perché i titolari dell’officina, nonostante l’obolo ‘minimal’ da versare all’automobilista, decidono di proporre ricorso in Cassazione, ribadendo la tesi della autorizzazione del cliente al montaggio della portiera di un modello precedente della stessa autovettura , e aggiungendo che, comunque, avrebbe dovuto essere il proprietario del veicolo a provare il dolo incidente e la violazione dei principi di correttezza e buonafede . Ma queste obiezioni vengono respinte in maniera netta dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali mostrano di condividere in pieno l’ottica adottata dalla Corte d’Appello, poggiata sulla acclarata installazione di una portiera non originale e sulla considerazione logica della mancanza di interesse dell’automobilista a consentire l’utilizzo di una portiera di un precedente modello di vettura, peraltro modificata e da adattare, con svalutazione dell’automezzo acquistato un anno prima, atteso che il danno sarebbe stato risarcito dall’assicurazione . Senza dimenticare, poi, la mancanza di urgenza di ottenere la restituzione del veicolo e la meraviglia espressa dall’automobilista, una volta conosciuta la sgradevole ‘sorpresa’ Tutti questi elementi, come detto, sono assolutamente rilevanti. Altrettanto decisiva è la considerazione, evidenziano i giudici, che la domanda di risarcimento è da accogliere alla luce della non conformità a buonafede dell’esecuzione del contratto, in quanto la sostituzione della portiera era avvenuta mediante la installazione di un ricambio pertinente ad un modello della medesima autovettura non più in produzione . Tale passaggio è fondamentale perché la clausola di buonafede nell’esecuzione del contratto rappresenta un dovere giuridico autonomo a carico delle parti, a prescindere dalla esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge di conseguenza, la violazione di tale clausola di buonafede , concludono i giudici, costituisce, di per sé, inadempimento, e può comportare l’obbligo di risarcire il danno che ne sia derivato . Per questo, sono state sufficienti la prova del contratto di riparazione e l’evidenza del comportamento dell’officina, contrario a buonafede , per considerare legittima la richiesta di risarcimento avanzata dall’automobilista.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 ottobre 2013 – 21 gennaio 2014, n. 1179 Presidente Oddo – Relatore Parziale Svolgimento del processo 1. Con atto 16 marzo 2005 l’Autocarrozzeria B.A. di B.G. & amp C. S.n.c. interponeva appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Pesaro in data 6 dicembre 2004 con cui era stata condannata al risarcimento del danno in favore di P.A., determinato in € 1.091,00, oltre interessi. Il giudice dell’appello rigettava il gravame, ritenendo fatto pacifico l’avvenuta installazione di una portiera non originale, con conseguente onere per l’autocarrozzeria, che tale circostanza aveva addotto, di provare che tale sostituzione era stata autorizzata. Il giudice di appello nella valutazione delle prove attribuiva scarso rilievo all’interrogatorio formale, essendo sufficienti le prove testimoniali, analizzate in dettaglio, unite alla prova logica derivante dalla a carenza di interesse del proprietario del veicolo ad autorizzare la sostituzione, posto che il pagamento del lavoro veniva coperto, come è stato, dall’assicurazione b assenza di urgenza del lavoro, perché provata la disponibilità di altre autovetture in capo al danneggiato c la tempestività della richiesta di spiegazioni dopo la scoperta del fatto. 2. Propone impugnazione l’Autocarrozzeria che formula due motivi. Resiste con controricorso il P. Motivi della decisione 1. I motivi del ricorso. 1.1 - Col primo motivo di ricorso si deduce Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio circa la mancanza di autorizzazione o consenso del cliente al montaggio della portiera di. un modello precedente della stessa autovettura. 1.2 - Col secondo motivo di ricorso si deduce Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente dell’art. 2697 cc. . Assume essere onere dell’attore provare il dolo incidente e la violazione dei principi di correttezza e buona fede e non del convenuto provare l’autorizzazione o il consenso dato dall’attore alla incongrua sostituzione. Viene formulato il seguente quesito Quando l’attore conviene in giudizio il convenuto per ivi sentir accertare e dichiarare che il convenuto con dolo e mediante raggiri lo ha indotto in errore inducendolo a concludere un contratto che non avrebbe concluso o che avrebbe concluso a diverse condizioni o, in via subordinata, che il convenuto è incorso nella violazione dell’obbligo di correttezza e buona fede nella formazione ed esecuzione del contratto, l’attore ha l’onere di fornire la prova di avere con confidato erroneamente, senza propria colpa, nella situazione apparente ed altresì ha l’onere di provare che il proprio erroneo convincimento è stato determinato da un comportamento colposo del soggetto contro il quale la violazione è invocata? Affinché l’onere probatorio venga ritenuto assolto, l’attore deve dimostrare entrambe tali circostante? 2.1 Occorre in primo luogo rilevare che il giudice dell’appello ha rigettato l’impugnazione, osservando che è pacifico tra le parti che 1’Autocarrozzeria B. ha installato sull’autovettura del P. una Renault Scenic 5 porte una portiera posteriore destra di un precedente modello di veicolo, adattandola e rilevando che consegue che la prova che tale solutizione fosse stata autorizzata dal proprietario gravava sulla prima, che tale assunto aveva allegato . Osservava, altresì, che la valutazione che il giudice ha fatto delle dichiarazioni rese dall’attore assume scarso rilievo nel contesto delle prove testimoniali raccolte in istruttoria, dalle quali non è stata suffragata la tesi della convenuta , posto che i due dipendenti dello predetta, C.P. e B.D., hanno fornito una versione difforme sulla specifica circostanza se il P. avesse autorizzato o meno tale sostituzione e che il quadro probatorio si completa, poi, con la prova logica, desunta dalle altre circostanze che il P. non aveva un interesse a consentire utilizzo di una portiera di un precedente modello di vettura - peraltro modificata e da adattare come ha riferito il teste C. , con svalutazione dell’automezzo acquistato un anno prima - atteso che il danno gli sarebbe stato risarcito dall’assicurazione . Inoltre, rilevava ancora il giudice dell’appello che non si spiega né l’asserita urgenza di ottenere la restituzione del veicolo, addotta a giustificazione dalla convenuta - atteso che il P. disponeva di altre autovetture - né la meraviglia del predetto allorché, a distanza di tempo dalla riparazione nel 2003 , reso edotto dell’accaduto da parte di altro carrozziere, subito richieste spiegazioni al B., mostrandosi irritato per la sostituzione non autorizzata, da rivolgersi ad un legale . 2.2 - I motivi sono infondati. 2.2.1 - Quanto al primo motivo, occorre rilevare, in primo luogo, che la sentenza impugnata non ha accolto la domanda principale di risarcimento del danno basata su un dolo incidente la cui prova sarebbe gravata sull’attore nella volontà negoziale, ma quella subordinata ex art. 1375 fondata sulla non conformità a buona fede dell’esecuzione del contratto. Sul punto la motivazione del giudice dell’impugnazione risulta ampia ed esaustiva, offrendo una varietà di argomenti dopo avere correttamente affermato che l’onere della prova dell’autorizzazione o consenso gravava sul convenuto e non era stato soddisfatto. A1 riguardo, il giudice, a fronte delle dichiarazioni risultanti dall’interrogatorio, ha valutato la prova testimoniale e la prova logica auto nuova, danno causato, immediata denuncia al momento della scoperta del fatto , così giungendo alle indicate conclusioni. Si tratta di valutazione di merito, che in quanto idoneamente motivata, non è censurabile in questa sede. 2.2.2 - Quanto al secondo motivo, occorre ribadire che la sentenza impugnata non ha accolto la domanda principale di risarcimento del danno basata su un dolo incidente la cui prova sarebbe gravata sull’attore nella volontà negoziale, ma quella subordinata ex art. 1375 fondata sulla non conformità a buona fede dell’esecuzione del contratto, in quanto la sostituzione della portiera era avvenuta mediante la installazione di un ricambio pertinente ad un modello della medesima autovettura non più in produzione. Rispetto a tale azione, diretta a far valere l’inadempimento del convenuto, occorre osservare che il giudice del gravame ha fatto corretta applicazione dei principi al riguardo affermati da questa Corte, Secondo i quali la clausola di buona fede nell’esecuzione del contratto opera come criterio di reciprocità, imponendo a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico delle parti contrattuali, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge ne consegue che la sua violazione costituisce di per sé inadempimento e può comportare l’obbligo di risarcire il danno che ne sia derivata Cass. ti. 2855 del 11/02/2005 . Era, quindi, necessaria e sufficiente la prova del contratto di riparazione e di un comportamento del convenuto contrario a buona fede e tale comportamento inadempiente è stato individuato dal giudici con un apprezzamento di fatto nella pacifica abusiva utilizzazione per la riparazione del veicolo di un ricambio pertinente ad altro veicolo. 3. Le spese seguono la soccombenza. P.T.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio. liquidate in 1.500,00 millecinquecento euro per compensi e 200,00 duecento euro per spese, oltre accessori di legge.