Riparazioni da macchina di lusso per veicolo di poco valore: il giudice riporta l’equilibrio

La domanda di risarcimento per danni causati ad un mezzo da un incidente stradale, se ha per oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, è da considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, in base all’articolo 2058, comma 2, c.c., di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, cioè alla corresponsione di una somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, qualora il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 11662, depositata il 26 maggio 2014. Il caso. In seguito ad un incidente stradale, un uomo conveniva in giudizio il responsabile dei danni al suo veicolo e la compagnia di assicurazioni, la quale, prima del giudizio, aveva offerto la somma di 3.000 euro a totale liquidazione del danno, ma questa venne ritenuta incongrua e rifiutata dall’attore. La Corte d’appello di Gela rigettava la domanda, in quanto reputava congrua la somma offerta a titolo di ristoro dei danni subiti dal veicolo dell’uomo. L’attore ricorreva in Cassazione, contestando la limitazione del risarcimento del danno ad un valore del veicolo dedotto astrattamente da tabelle ricavate dalla media di indici standard. Avendo deciso di riparare l’auto incidentata, piuttosto che acquistarne una usata, il danno per equivalente, a suo giudizio, andava determinato nella media tra costo del danno e valore ante sinistro, che rappresentava il concreto valore commerciale, o valore di mercato del mezzo danneggiato. Forma specifica da escludere. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che il risarcimento del danno da responsabilità aquiliana ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato se l’illecito non si fosse verificato. Di conseguenza, è da escludere la legittimità del ricorso alla reintegrazione in forma specifica qualora, per le circostanze del caso concreto, le spese necessarie ad essa sarebbero superiori rispetto alla somma alla quale avrebbe diritto il danneggiato ex articolo 2056 c.c., poiché in tal caso il danneggiato riceverebbe dalla reintegrazione un ingiustificato arricchimento. Sproporzione. Inoltre, la domanda di risarcimento per danni causati ad un mezzo da un incidente stradale, se ha per oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, è da considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, in base all’articolo 2058, comma 2, c.c., di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, cioè alla corresponsione di una somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, qualora il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo. Nel caso di specie, il valore di mercato dell’auto era stato determinato in 1.500 euro, per cui doveva ritenersi ampiamente satisfattiva la somma offerta dalla compagnia di assicurazione, comprendendo in tale somma anche il danno da fermo tecnico. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 marzo – 26 maggio 2014, numero 11662 Presidente Russo – Relatore D’Amico Svolgimento del processo 1. S.S. convenne in giudizio innanzi al giudice di Pace di Gela la Sara Assicurazioni s.p.a., C.E. e C.A.M. esponendo che in data omissis , era alla guida della propria autovettura Mercedes quando, giunto all'altezza di un rifornimento di carburanti, un'altra autovettura, Fiat Panda, di proprietà di C.E. e condotta nella circostanza da C.A.M. , che lo precedeva, improvvisamente e senza alcuna segnalazione effettuò una repentina svolta a sinistra. Evidenziò l'attore che, trovandosi innanzi un improvviso ed imprevedibile ostacolo, aveva sterzato verso sinistra venendo a collidere con un'auto ferma e con la parte sinistra dell'auto del convenuto, riportando notevoli danni. Per tali danni, in data omissis , la convenuta Sara Assicurazioni aveva effettuato offerta reale della somma di Euro 3000,00 a totale liquidazione del danno. Tale somma, ritenuta incongrua, non fu accettata dall'attore che pertanto chiese dichiararsi la responsabilità di C.A.M. - in ordine al verificarsi del sinistro per cui è causa -, con conseguente condanna dei convenuti, in solido tra loro, al pagamento, in suo favore, della ulteriore somma di Euro 4.528,00 oltre accessori. 2. I convenuti rimasero contumaci. 3. Il Giudice di Pace di Gela, riconoscendo l'esclusiva responsabilità di C.A.M. , ritenuta congrua la somma offerta a titolo di ristoro dei danni subiti dal veicolo dell'attore, rigettò la domanda attrice, ponendo definitivamente a carico dell'attore le spese di C.T.U 4. Avverso tale sentenza propose appello S.S. convenendo nel relativo giudizio la Sara Assicurazioni s.p.a., C.E. e C.A.M. . L'appellante censurò l'impugnata sentenza nella parte in cui aveva rigettato la domanda ritenendo congrua la somma di Euro 3.000,00 offerta dalla compagnia di assicurazione convenuta a ristoro dei danni subiti dal suo autoveicolo. Censurò altresì l'impugnata sentenza nella parte cui non gli aveva riconosciuto il danno da fermo tecnico. Lo S. chiese quindi la riforma della sentenza impugnata limitatamente al quantum debeatur e, conseguentemente, la condanna dei convenuti al pagamento, in suo favore, dell'ulteriore somma di Euro 4.300,00, secondo la stima del danno effettuata dal C.T.U. in subordine, avuto riguardo alla media tra il costo del danno, pari ad Euro 7.309,00 ed il valore del veicolo ante sinistro, pari ad Euro 1.500,00, chiese la condanna degli appellati al pagamento della ulteriore somma di Euro 1.400,00, oltre al danno da fermo tecnico e le spese di C.T.U. e di entrambi i gradi di giudizio. 5. Nel giudizio di appello rimasero contumaci la Sara Assicurazioni s.p.a., C.E. , e C.A.M. . 6. La Corte d'appello di Gela ha rigettato l'appello confermando integralmente la sentenza impugnata. 7. Propone ricorso per cassazione S.S. con due motivi e presenta memoria. Gli intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione 8. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione di legge degli articolo 1226, 1227, 2056 e 2058 c.c., 61, 52 c.p.c. e vizio di motivazione con riferimento all'articolo 360, numero 3-4-5 c.p.c.”. Sostiene S.S. che deve considerarsi ineccepibile la sua scelta di riparare l'auto incidentata e conseguentemente infondata la pretesa di limitare il risarcimento del danno ad un valore della stessa dedotto astrattamente da tabelle ricavate dalla media di indici standard. A suo avviso, in altri termini, era preferibile far riparare detta autovettura piuttosto che acquistarne una usata, ovvero una nuova con esborsi eccessivi. Nel caso concreto, prosegue il ricorrente, il danno per equivalente andava determinato, come specificato dal c.t.u., nella media tra costo del danno e valore ante sinistro ossia in Euro 4.400,00 che rappresenta il concreto valore commerciale, o valore di mercato del mezzo danneggiato. 9. Con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione di legge, degli articolo 2909 cod. civ., e 324 c.p.c. e vizio di motivazione con riferimento all'articolo 360, numero 3-4-5 c.p.c.”. Sostiene S.S. che con la sentenza di secondo grado il giudice del Tribunale ha effettuato una nuova e non consentita valutazione del danno subito dal suo veicolo. Infatti, a suo avviso, dalla disamina degli atti del procedimento si evince come su di un capo autonomo della sentenza, che ha risolto - con effetto preclusivo rispetto ad altre argomentazioni e censure - una questione avente una propria individualità ed autonomia, si era formato il giudicato interno. Di conseguenza, la relativa pronuncia non avrebbe potuto essere rimossa se non per effetto di espressa impugnazione impugnazione che non è stata proposta per cui non poteva il giudice d'appello ridimensionare l'entità del risarcimento del danno subito dal veicolo incidentato, come determinato dal giudice di primo grado in Euro 3.000,00, affermando che tale somma doveva considerarsi satisfattiva anche in relazione al danno da fermo tecnico lamentato da parte appellante . In altri termini, sostiene il ricorrente, il giudice di secondo grado non poteva ridimensionare la valutazione del danno subito dall'autoveicolo, quale effettuata dal Giudice di Pace, affermando che essa era comprensiva anche del danno che l'attore aveva dovuto sopportare per il fermo tecnico del mezzo. 10. I due motivi, che per la stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. Poiché il risarcimento del danno da responsabilità aquiliana ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato se l'illecito non si fosse verificato, è da escludere la legittimità del ricorso alla reintegrazione in forma specifica qualora, per le circostanze del caso concreto, le spese necessarie ad essa sarebbero superiori rispetto alla somma alla quale avrebbe diritto il danneggiato ex articolo 2056 c.c., in quanto in tal caso il danneggiato riceverebbe dalla reintegrazione una ingiustificata locupletazione Cass., 22 maggio 2003, numero 8052 . La domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, quando abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, ai sensi dell'articolo 2058, secondo comma, c.c., di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di una somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo Cass., 12 ottobre 2010, numero 21012 . Emerge dall'impugnata sentenza che il valore delle riparazioni è stato stimato dal c.t.u. in Euro 8.097,05, ridotto in Euro 7.309,04 in considerazione dell'usura al 40 % dei pezzi antecedente al sinistro e che il valore commerciale ante sinistro dell'autoveicolo è stato determinato in Euro 1.500,00. Per i principi giurisprudenziali sopra enunciati, la somma offerta dalla compagnia di assicurazione deve quindi ritenersi ampiamente satisfattiva anche in relazione al danno da fermo tecnico e il Tribunale ha correttamente applicato i principi sopra richiamati. Il giudice di merito ha infatti liquidato i danni, subiti dalla vettura, per equivalente, applicando l'articolo 2056 c.c. e discostandosi dalle indicazioni della c.t.u Sulla base di precedenti giurisprudenziali e tenuto conto del valore commerciale del veicolo, determinato in Euro 1.500,00, ha così ritenuto congrua la somma di Euro 3.000,00 offerta dalla compagnia assicuratrice ed ha compreso in tale somma anche il fermo tecnico. Né può ritenersi che vi sia stata alcuna violazione del giudicato sostanziale e formale in quanto la sentenza di primo grado è stata integralmente confermata, in secondo grado, nella parte dispositiva. Lo stesso ricorrente riconosce che il valore dell'auto, prima del sinistro, era di Euro 1.500,00. 11. Per tutte le ragioni che precedono la motivazione del giudice di merito deve considerarsi corretta e il ricorso deve essere rigettato. In assenza di attività difensiva degli intimati non si da luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.