In tema di sgravi contributivi, anche laddove detti benefici trovino fondamento nell’avvenuta conclusione di contratti di formazione e lavoro, grava sull’impresa che vanti il relativo diritto l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti in relazione alla fattispecie normativa invocata.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con la sentenza numero 10923, depositata il 19 maggio 2014. Il datore invoca contratti di formazione e lavoro e di apprendistato che non riesce a dimostrare mantiene il diritto agli sgravi contributivi? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio di opposizione promosso avverso la cartella esattoriale con la quale l’Inps aveva intimato ad una società il pagamento di somme a titolo di recupero di differenze contributive in relazione ad alcuni soggetti che avevano prestato la propria attività, in favore della medesima società, in forza di contratti di formazione e lavoro e di contratti di apprendistato. All’esito del giudizio di merito, veniva riconosciuto l’obbligo della società a versare la maggiore contribuzione derivante dall’annullamento dei benefici contributivi indebitamente fruiti dall’azienda per contratti di formazione e lavoro, la cui effettiva sussistenza non era stata dimostrata, e per rapporti di apprendistato, rispetto ai quali era risultato un massiccio ricorso allo svolgimento di lavoro straordinario incompatibile con la natura di tale tipologia contrattuale . Fruizione dei benefici contributivi il datore deve produrre i contratti di formazione e lavoro. La pronuncia in commento conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di sgravi contributivi, anche laddove detti benefici trovino fondamento nell’avvenuta conclusione di contratti di formazione e lavoro, grava sull’impresa, che vanti il relativo diritto, l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata Cass., numero 21898/2010 . Pertanto, era onere della società quello di produrre in giudizio i contratti di formazione e lavoro al fine di provare il diritto ai pretesi sgravi contributivi, essendo richiesta, per la validità dei predetti contratti, la forma scritta. Infatti, a tale riguardo, la Suprema Corte ha definitivamente chiarito che, in materia di contratto di formazione e lavoro, il requisito della forma scritta, previsto ad substantiam dall’articolo 8, comma 7, l. numero 407/1990, deve ritenersi soddisfatto quando l’assunzione è effettuata per iscritto con atto, contenente il progetto formativo, consegnato al dipendente, così da renderlo pienamente consapevole del sottotipo contrattuale che si trova a stipulare cfr. Cass., numero 18817/2013 . Sanzioni più leggere solo se il credito contributivo è stato soddisfatto al 30 settembre 2000. La pronuncia in commento ribadisce, poi, che, in materia di sanzioni per il ritardato o l’omesso pagamento di contributi previdenziali, il nuovo regime sanzionatorio di cui alla l. numero 388/2000, più favorevole al contribuente rispetto a quello precedente di cui alla l. numero 662/1996, è applicabile, qualora si tratti di violazioni commesse in epoca anteriore alla nuova normativa, soltanto nel caso in cui il credito dell’INPS per contributi sia stato soddisfatto alla data del 30 settembre 2000. Non può, quindi, ritenersi che tale regime sia applicabile anche a violazioni commesse antecedentemente e non ancora soddisfatte, qualora il provvedimento amministrativo ordinanza-ingiunzione o cartella esattoriale sia stato notificato dopo l’entrata in vigore della legge, posto che l’ordinanza-ingiunzione non costituisce un provvedimento amministrativo costitutivo, ma un atto puramente esecutivo, preordinato soltanto alla riscossione di un credito già sorto per effetto della violazione commessa, momento a partire dal quale inizia a decorrere la prescrizione, ai sensi dell’articolo 28, comma 1, l. numero 689/1981 cfr. Cass., numero 17099/2010 .
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 29 gennaio – 19 maggio 2014, numero 10923 Presidente Roselli – Relatore Berrino Svolgimento del processo Con sentenza del 31/5 - 5/7/2007 la Corte d'appello di Torino ha accolto parzialmente l'impugnazione proposta dalla F.P.F. di Carlo Ferrero & amp C. S.numero c. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale dello stesso capoluogo, che aveva riconosciuto all'Inps la pretesa contributiva azionata tramite cartella esattoriale per l'importo di Euro 150.539,77, alla quale si era opposta l'intimata e, per l'effetto, ha annullato la predetta cartella, condannando l'appellante al pagamento del minor importo di Euro 55.991,16. La Corte territoriale è pervenuta a tale decisione sulla scorta della seguente motivazione - Le dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società nel corso del libero interrogatorio avevano valore confessorio, essendo sfavorevoli alla stessa rappresentata la maggiore contribuzione dipendeva in gran parte dall'annullamento dei benefici contributivi fruiti indebitamente dall'azienda per contratti di formazione e lavoro, la cui sussistenza non era stata dimostrata, e per rapporti di apprendistato rispetto ai quali era risultato un massiccio ricorso allo svolgimento di lavoro straordinario incompatibile con la natura di tale tipologia contrattuale era, invece, infondata la pretesa contributiva per la posizione lavorativa della dipendente Lombardi, in quanto la stessa era stata azionata dall'Inps anche in relazione ad un periodo successivo alla cessazione del rapporto egualmente, non era stata dimostrata la pretesa contributiva riferita all'inquadramento della società appellante nel ramo dell'industria, atteso che la stessa aveva conservato la struttura organizzativa imprenditoriale del settore della panificazione era, invece, da escludere, in quanto non dotato di efficacia retroattiva, il regime sanzionatorio più favorevole di cui all'articolo 116 della legge numero 388 del 2000 invero, trattandosi di debito contributivo accertato il 21/6/95, vale a dire prima della data del 30/9/2000 prevista da quest'ultima normativa, la fonte di disciplina del sistema sanzionatorio andava ricercata nella legge numero 662 del 1996. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la F.P.F di Carlo Ferrero & amp C. s.numero c. con quattro motivi illustrati da memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Resiste con controricorso l'Inps, in proprio e quale mandatario della SCCI S.p.A Motivi della decisione Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilità del controricorso svolta dal ricorrente, con la memoria illustrativa, in ordine alla non corretta individuazione del destinatario della notifica di tale atto difensivo e della mancata ricezione dell'avviso di cui all'articolo 140 c.p.c Invero, dagli atti concernenti la predetta notificazione emerge che in ordine alla stessa si è avuta la compiuta giacenza della notifica del controricorso dell'Inps, per cui tale atto può trovare ingresso nel presente giudizio. 1. Col primo motivo la società ricorrente denunzia sia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all'articolo 5 della legge 22 luglio 1961, numero 628 ed all'articolo 3 della legge 11 novembre 1983, numero 638, nonché agli articolo 2697 e 2733 cod. civ. ed agli articolo 116, 228, 229 e 230 c.p.c., sia il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. In particolare, la ricorrente contesta sia la parte della decisione attraverso la quale è stata rilevata la tardività dell'eccezione da essa svolta in merito alla mancanza della qualifica di legale rappresentante in capo al socio P.A. , le cui dichiarazioni, rese nel corso del libero interrogatorio di primo grado, sono state poste dalla Corte territoriale a base del parziale accoglimento dell'appello della società, sia la parte della motivazione in cui è stato attribuito a tali dichiarazioni valore confessorio. Inoltre, la ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello non avrebbe considerato che i dati concernenti i rapporti lavorativi elencati nel verbale d'accertamento numero 616/94 del 21/6/1995 non costituivano il risultato di un'attività puramente ricognitiva degli ispettori, bensì il frutto di una valutazione operata dall'ente previdenziale ai fini dell'individuazione del regime contributivo ritenuto pertinente al caso in esame. Il motivo è infondato. Va, anzitutto, rilevato che dalla lettura della motivazione della sentenza della Corte di merito emerge che era da ritenere incontestata la circostanza per la quale il soggetto che rese il libero interrogatorio in primo grado, vale a dire P.A. , era legale rappresentante della società opponente. Infatti, i giudici d'appello danno atto della circostanza per la quale nel verbale d'udienza del 5/3/2003 il medesimo P. era espressamente qualificato come legale rappresentante della società, essendo stato da questa incaricato di rendere nel processo le dichiarazioni in occasione dell'espletamento del mezzo istruttorie del libero interrogatorio. Ebbene, tale statuizione non viene fatta oggetto di specifica contestazione, in quanto l'odierna ricorrente limita la doglianza esclusivamente alla parte della decisione che ha rilevato la tardività dell'eccezione di mancanza della qualità di legale rappresentante in capo al socio P.A. . Quanto alla segnalata mancanza di valore contessono delle dichiarazioni rese da quest'ultimo nel corso del libero interrogatorio è agevole osservare che le stesse, seppur prive di tale valore, in quanto il mezzo dell'interrogatorio non formale è diretto a chiarire i termini della controversia, possono, tuttavia, concorrere al convincimento del giudicante, così come avvenuto nella fattispecie. v. ad esempio Cass. Sez. 1 numero 6510 del 2/4/2004 e Cass. Sez. 3 numero 15849 del 14/12/2001 . Per quel che concerne la contestazione che investe il valore dei dati contenuti nel verbale di accertamento ispettivo richiamato in sentenza si osserva che trattasi di inammissibile tentativo di rivisitazione di risultanze istruttorie valutate dalla Corte d'appello che le ha raffrontate, con motivazione adeguata che sfugge ai rilievi di legittimità, col contenuto delle dichiarazioni rese dal legale rappresentante nel corso del libero interrogatorio. 2. Col secondo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all'articolo 5 della legge 22 luglio 1961 numero 628 ed all'articolo 3 della legge 11 novembre 1983 numero 638, primo e secondo comma, nonché dell'insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. In particolare la ricorrente censura la parte della decisione in cui si è affermato che ricadeva sul datore di lavoro l'onere di dimostrare, ai fini contributivi, la correttezza delle qualifiche a suo tempo dichiarate per i dipendenti interessati da rapporti di formazione e lavoro, oltre che di apprendistato. Ulteriore doglianza è quella per la quale la Corte di merito avrebbe fatto riferimento ad un documento compilato dagli ispettori e non dalla datrice di lavoro all'atto di ricavare gli elementi utili per definire come irregolare il rapporto intrattenuto col lavoratore Pa. . Il motivo è infondato. Invero, come questa Corte ha avuto già modo di affermare Cass. Sez. lav. numero 21898 del 26/10/2010 in tema di sgravi contributivi, anche laddove detti benefici trovino fondamento nell'avvenuta conclusione di contratti di formazione e lavoro, grava sull'impresa che vanti il relativo diritto l'onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata . Pertanto, è corretto il rilievo della Corte d'appello in ordine alla considerazione che era onere della società quello di produrre in giudizio i contratti di formazione e lavoro al fine di provare il diritto ai pretesi sgravi contributivi, essendo richiesta, per la validità dei predetti contratti, la forma scritta. Infatti, a tal riguardo questa Corte ha chiarito Cass. Sez. Lav. numero 18817 del 7/8/2013 che in materia di contratto di formazione e lavoro, il requisito della forma scritta, previsto ad substantiam dall'articolo 8, comma 7, della legge 29 dicembre 1990, numero 407, deve ritenersi soddisfatto quando l'assunzione è effettuata per iscritto con atto, contenente il progetto formativo, consegnato al dipendente, così da renderlo pienamente consapevole del sottotipo contrattuale che si trova a stipulare . Le generiche doglianze della ricorrente non scalfiscono nemmeno la parte della decisione attraverso la quale la Corte di merito ha correttamente evidenziato, con argomentazione logica che sfugge ai rilievi di legittimità, che il convincimento sulla ritenuta insussistenza di rapporti di apprendistato ai fini dei pretesi sgravi contributivi discendeva dalla constatazione che il massiccio ricorso al lavoro straordinario, incompatibile con le finalità formative proprie dell'apprendistato, era documentato dalle stesse buste paga. Infine, quanto alla doglianza che investe l'accertamento, in un caso specifico, del ricorso da parte della società all'instaurazione di un rapporto di lavoro irregolare cosiddetto lavoro in nero , non può non rilevarsene l'infondatezza, posto che i modelli cui la Corte territoriale ha fatto riferimento per giungere alla suddetta conclusione non sono moduli compilati dagli ispettori dell'ente previdenziale, come erroneamente asserito dalla ricorrente, bensì le denunce annuali delle retribuzioni presentate dalla stessa datrice di lavoro attraverso la redazione e l'inoltro di appositi modelli denominati 01M , così com'è dato evincere dalla lettura della sentenza a tal riguardo. 3. Col terzo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione dell'articolo 116, comma 12, della legge numero 388 del 23/12/2000, dell'articolo 35 della legge numero 689 del 24/11/1981 e dell'articolo 1, commi 217, 218 e 225 della legge numero 662 del 23/12/1996, la ricorrente contesta la decisione dei giudici d'appello di escludere, in quanto ritenuto irretroattivo, il regime sanzionatorio più favorevole di cui all'articolo 116 della legge numero 388 del 23/12/2000 e di ritenere, invece, applicabile quello di cui alla legge numero 662 del 1996, quale fonte di disciplina del debito contributivo accertato nella fattispecie in data 21 giugno 1995. Secondo la ricorrente la disciplina sanzionatoria di cui all'articolo 116, comma 12, della legge numero 388 del 2000 non farebbe riferimento alle condotte omissive da perseguire, vale a dire quelle di totale o parziale inadempimento degli obblighi contributivi, bensì alla manifestazione della potestà punitiva della pubblica autorità, coincidente, nella fattispecie, con la notifica dell'ordinanza-ingiunzione del 4 febbraio 2002. Il motivo è infondato. Invero, in materia di sanzioni per il ritardato o l'omesso pagamento di contributi previdenziali l'orientamento di questa Corte è nel senso di ritenere che il nuovo regime sanzionatorio di cui alla legge numero 388 del 2000, più favorevole al contribuente rispetto a quello precedente di cui alla legge numero 662 del 1996, è applicabile, qualora si tratti di violazioni commesse in epoca anteriore alla nuova normativa, soltanto nel caso in cui il credito dell'INPS per contributi sia stato soddisfatto alla data del 30 settembre 2000. È bene ricordare che l'articolo 116, comma 18, primo inciso, della legge 23 dicembre 2000, numero 388, contemplante misure per favorire l'emersione del lavoro irregolare, stabilisce che per i crediti in essere e accertati al 30 settembre 2000 le sanzioni sono dovute nella misura e secondo le modalità fissate dai commi 217, 218, 219, 220, 221, 222, 223 e 224 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, numero 662 . Orbene, come questa Corte ha già precisato Cass. Sez. lav. numero 17099 del 21/7/2010 , in tema di sanzioni per il ritardato o omesso pagamento di contributi previdenziali, la disposizione di cui all'articolo 116, comma diciotto, della legge numero 388 del 2000 condiziona inequivocabilmente l'applicazione della normativa sanzionatoria previgente legge numero 662 del 1996 alla circostanza che sussista un credito per contributi alla data del 30 settembre 2000, con la conseguenza che il nuovo regime sanzionatorio è applicabile, qualora si tratti di violazioni commesse antecedentemente, soltanto nel caso in cui il credito dell'INPS per contributi sia stato soddisfatto alla data del 30 settembre 2000. Né può ritenersi che tale regime sia applicabile anche a violazioni commesse antecedentemente e non ancora soddisfatte, qualora il provvedimento amministrativo ordinanza ingiunzione o cartella esattoriale sia stato notificato dopo l'entrata in vigore della legge, posto che l'ordinanza - ingiunzione non costituisce un provvedimento amministrativo costitutivo, ma un atto puramente esecutivo, preordinato soltanto alla riscossione di un credito già sorto per effetto della violazione commessa, momento a partire dal quale inizia a decorrere la prescrizione, ai sensi dell'articolo 28, comma 1, della legge numero 689 del 1981 . Ancor prima Cass. Sez. lav. numero 22414 del 22/10/2009 si era affermato che in tema di sanzioni civili per omissioni contributive previdenziali, nel cui novero rientrano le somme aggiuntive, la legge numero 388 del 2000, in deroga al principio tempus regit actum, ha sancito la generalizzata applicazione del sistema sanzionatorio previsto dalla legge numero 662 del 1996 a tutte le omissioni contributive, in qualunque tempo poste in essere, purché esistenti ed accertate alla data del 30 settembre 2000, contemperando la voluntas legis, da un lato, di applicare con effetto retroattivo la nuova disciplina più favorevole agli obbligati di cui all'articolo 116, commi da 8 a 17 della legge numero 388 del 2000 e, dall'altro, di evitare di interferire sulle attività di cartolarizzazione e di iscrizione a ruolo, già effettuate sulla base della previgente disciplina, mantenendo ferme le penalità di cui alla legge numero 662 citata e riconoscendo alle aziende sanzionate in modo più consistente un credito contributivo allo scopo di alleggerirne l'impatto. La conservazione delle sanzioni previste dalla legge numero 662 citata, peraltro, è condizionata alla sussistenza del credito dell'INPS per contributi alla data del 30 settembre 2000, conseguendo, ove il credito dell'istituto previdenziale sia già stato soddisfatto in epoca antecedente, l'applicazione del nuovo regime sanzionatorio introdotto dall'articolo 116, commi da 8 a 10 della legge numero 388 citata . 4. Col quarto motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell'articolo 1, commi 217, 218 e 225 della legge 23 dicembre 1996, numero 662, la ricorrente si duole del fatto che i giudici d'appello, nel ritenere applicabile la sanzione massima corrispondente al 100% dell'importo contributivo, non avrebbero considerato che tale norma consente di determinare la sanzione sulla base di parametri differenti, a seconda che si versi in ipotesi di omesso pagamento o di omessa o infedele denunzia, con conseguente graduazione della stessa in relazione all'entità dell'evasione ed al comportamento complessivo del contribuente. Inoltre, secondo la ricorrente, la stessa Corte non avrebbe fornito alcuna motivazione in ordine alla decisione di ritenere applicabile il massimo della sanzione, né in merito al suo comportamento complessivo in qualità di contribuente. Anche quest'ultimo motivo è infondato. Invero, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la Corte d'appello ha adeguatamente apprezzato i parametri previsti dalla norma in esame per la determinazione della sanzione nel momento in cui ha ritenuto di non poter condividere la quantificazione della sanzione operata dall’Inps nella misura di Euro 84.929,21 e di determinarla, invece, alla stregua dell'importo dei contributi evasi nella misura di Euro 27.995,28, spiegando che la sanzione non poteva superare tale limite. Pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio nella misura di Euro 3500,00 per compensi professionali e di Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.