La dicitura “brutta copia”, in sede di pubblici concorsi o di esami abilitativi, comporta l'esclusione

La regola dell'anonimato degli scritti deve essere intesa nel senso che gli elaborati non devono recare alcun segno, che sia in astratto ed oggettivamente suscettibile di riconoscibilità. La dicitura “brutta copia”, inserita nel proprio elaborato, costituisce segno di riconoscimento, in ragione della mera suscettibilità del segno medesimo a comportare la riferibilità dell'elaborato ad un determinato soggetto.

E’ quanto statuito dal Tar Veneto, sez. Prima, nella sentenza 1° aprile 2014, numero 445. La pericolosa dicitura. La dottoressa G.C., partecipante agli esami di avvocato presso la Corte d'Appello di Venezia, in sede di prova scritta relativa al parere motivato di diritto civile, inserì nel proprio elaborato, su uno dei fogli, la dicitura “brutta copia”. La commissione di esame dispose l'esclusione, ritenendo e qualificando l'apposizione della predetta dicitura come segno di riconoscimento, idoneo a violare la fondamentale regola dell'anonimato. Avverso tale decisione, la candidata esclusa propose ricorso al Tar. Al riguardo, occorre ricordare che il fondamento normativo di tale regola in sede di pubblici concorsi deve essere rinvenuto nell’articolo 14, comma 2, d.p.r. numero 487/1994. Tale disposizione normativa prevede espressamente che il candidato, dopo aver svolto il tema, senza apporvi sottoscrizione, né altro contrassegno, collochi i fogli relativi agli elaborati, nella busta grande. La norma trova applicazione in tutti i concorsi banditi da qualsiasi Pubblica amministrazione, compresi pure gli esami abilitativi, in quanto l'anonimato costituisce il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza e di buon andamento e di imparzialità della Pubblica amministrazione Consiglio di Stato, A.P., numero 26/2013 . Sulla base di tale valutazione, la commissione dispose l'annullamento della prova scritta e la conseguente non ammissione alla prova orale. La regola dell'anonimato. La regola dell’anonimato costituisce un principio generale, avente vigenza ed applicazione indipendentemente da una precisa consacrazione formale, che pure, come anticipato, sussiste. Infatti, la giurisprudenza, già da tempo, afferma che si tratta di un principio generale, che non abbisogna di specifico richiamo nel bando di concorso Tar Sicilia, sez. Catania. numero 1.479/2001 . Tale sua forza deve essere ricollegata alla semplice considerazione che la regola dell’anonimato si pone come presidio di tutela dell’imparzialità, della trasparenza e della par condicio. Precisamente - tutela dell’imparzialità, in quanto, impedendo il riconoscimento, assicura una valutazione imparziale dei candidati - tutela della trasparenza, in quanto evita il pericoloso formarsi di eventuali forme di collusione, in danno di una valutazione neutrale - tutela della par condicio, in quanto pone tutti i candidati nelle medesime condizioni e posizioni, non consentendo, surrettiziamente, privilegi di alcun genere. In altri termini, la regola garantisce l’egual trattamento in favore degli aspiranti al posto in concorso, assicurando piena tutela al loro legittimo interesse ad una procedura concorsuale imparziale e trasparente. La regola dell’anonimato è stata da tempo interpretata in modo non inutilmente severo, in quanto la giurisprudenza si è concentrata sul fatto che la mera possibilità di riconoscimento non può condurre all’esclusione “la regola dell'anonimato va intesa nel senso che non deve esserci nell'elaborato alcun segno che sia « in astratto » ed «oggettivamente» suscettibile di riconoscibilità” Tar Basilicata, numero 489/2007 . Recentemente, il Consiglio di Stato sez. V, sentenza numero 102/2013 , dopo aver ricordato che ogni fase della procedura concorsuale deve essere espletata in modo da garantirne la più completa ed assoluta trasparenza, nel rispetto anche della regola in esame, ha affermato che possono essere considerati quali segni di riconoscimento solo quegli elementi, che assumono carattere anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, da cui si desume la volontà e l’intenzionalità di rendere riconoscibile l’elaborato in favore di terzi cioè qualche soggetto terzo “interessato”! . Conseguentemente, «la regola dell’anonimato degli elaborati scritti, anche se essenziale, non può essere intesa in modo assoluto e tassativo, tale da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sia solo ipotizzabile il riconoscimento dell’autore del compito». Una pronuncia controcorrente. I giudici amministrativi veneti, dopo aver giustamente ricordato che la regola dell'anonimato trova applicazione non solo per i concorsi pubblici, ma anche per gli esami abilitativi ad una professione ed, in particolare, alla professione di avvocato articolo 22, comma II e 23, r.d. numero 37/1934 , pervengono ad un'interpretazione che si palesa come contrastante rispetto all'indirizzo giurisprudenziale in materia. Ovviamente, al di là delle enunciazioni di principio, non è agevole pervenire a soluzioni unitarie in materia di segni di riconoscimento, idonei a violare la regola dell'anonimato. Tuttavia, in relazione alla dicitura “brutta copia”, si è formato nel tempo un indirizzo, affermante la sua inidoneità a costituire un chiaro segno di riconoscimento. Infatti, è stato statuito che l’apposizione della dicitura “brutta copia” non può dar luogo ad un concreto segno di riconoscimento, in quanto persegue diverse finalità e funzioni. Precisamente - è espressione di una mera formula di stile Tar Sardegna, numero 2.070/1994 - è espressione di reminiscenze scolastiche Tar Basilicata, numero 489/2007 - favorisce l’individuazione della versione definitiva dell’elaborato Tar Sicilia, sez. Palermo I, numero 966/2002 Tar Puglia, sez. Bari II, numero 1.698/2006 Tar Lazio, sez. Roma II, numero 5.980/2007 . Più recentemente, si è affermato che l’apposizione della dicitura “brutta copia” «persegue lo scopo di rendere immediatamente percepibile la versione definitiva del compito, anche al fine di agevolarne la correzione da parte della stessa Commissione e non è assimilabile ad altri contrassegni idonei a fungere da elemento di identificazione del candidato per il loro carattere oggettivamente distintivo ed anomalo» Tar Sicilia, sez. Palermo I, numero 1.550/2013 . A fronte di tale indirizzo, indubbiamente liberale, il Tar Veneto assume una posizione di contrasto, respingendo il ricorso. I giudici amministrativi veneti, primariamente, evidenziano che la commissione d'esame deve operare le proprie valutazioni, senza dover subire alcuna forma di condizionamento o di influenza, al fine di garantire la par condicio tra i candidati. Proprio in vista di tale obiettivo, è assolutamente necessario che gli elaborati non debbano recare alcun segno, che sia in astratto ed «oggettivamente suscettibile di riconoscibilità». Il problema è cosa deve intendersi per «oggettiva potenzialità di riconoscimento». Su tale decisivo versante, l'analisi dei giudici veneti si discosta dal solco tracciato dalla giurisprudenza tradizionale. Infatti, il Tar afferma che la dicitura “brutta copia”, apposta sull'elaborato, giustifica «ampiamente la fondatezza giuridica del dubbio sulla non difficile riconoscibilità degli scritti e, quindi, la fondatezza giuridica della disposta esclusione». Quindi, l'indicata dicitura costituisce un segno di riconoscimento, comportante l'esclusione, in dissenso con l'orientamento fino ad oggi dominante. Pertanto, occorre prendere atto di tale sviluppo giurisprudenziale, che opera in netto contrasto con l'attuale e dominante indirizzo, volto, invero meritoriamente. ad evitare una facile corsa all'esclusione, fondata su di una plausibile riflessione è davvero difficile escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca la scrittura o “strani” segni di un candidato, benché il relativo elaborato sia formalmente anonimo.

TAR Venero, sez. I, sentenza 26 marzo – 1° aprile 2014, numero 445 Presidente Amoroso – Estensore Rovis Considerato Che, come affermato dalla giurisprudenza, nei concorsi a pubblici impieghi – ma il principio si applica anche agli esami abilitativi ad una professione, ed in particolare alla professione di avvocato cfr. gli articolo 22, II comma e 23, u.c. del RD numero 37 del 1934 - la regola dell'anonimato degli scritti – che costituisce il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza e di buon andamento e di imparzialità della Pubblica amministrazione cfr. CdS, Ap, 20.11.2013 numero 26 , la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni e dunque garantendo la par condicio tra i candidati - deve essere intesa nel senso che gli elaborati non devono recare alcun segno che sia in astratto e oggettivamente suscettibile di riconoscibilità. Certo, non un qualsiasi segno o scritta possono considerarsi idonei a consentire il riconoscimento del candidato, ma solo quelli che, per la loro particolarità, assumano una fisionomia oggettivamente ed inequivocabilmente inabituale rispetto alla normalità al fine del rispetto della regola dell’anonimato, infatti, “ciò che rileva non è tanto l'identificabilità dell'autore dell'elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l'astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, e ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la Commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l'autore dell'elaborato CdS, V, 11.1.2013 numero 102 cfr., in tal senso, anche TAR Palermo, I, 25.7.2013 numero 1550 . Donde il carattere invalidante di quelle disomogeneità formali che sono suscettibili di arrecare un vulnus al principio di anonimato, rendendo oggettivamente riconoscibile la provenienza dei testi. Orbene, venendo al caso in esame deve osservarsi che le espressioni aggiuntive utilizzate dall’odierno ricorrente – che pur tenta di disconoscere una circostanza di assoluta evidenza, e cioè la sicura identificabilità della provenienza degli elaborati in base alla originale indicazione inserita in capo alla “brutta copia” del proprio elaborato - giustificano ampiamente la fondatezza giuridica del dubbio sulla non difficile riconoscibilità degli scritti e, quindi, la fondatezza giuridica della disposta esclusione. Nè possono contrastare il carattere invalidante della violazione del principio dell’anonimato considerazioni di mero fatto, quali la possibile buona fede dell’artefice o l'eventuale non conoscenza del fatto che andavano consegnate anche le brutte copie degli elaborati come si è detto, infatti, ciò che rileva è non già la prova impossibile da fornire dell’intenzionalità di rendere riconoscibile l’elaborato attraverso un determinato segno, ma la mera suscettibilità del segno a comportare la riferibilità dell'elaborato a un determinato soggetto. Quanto, poi, alla necessità di consegnare anche le brutte copie, ciò deriva - oltre che, in via generale, dalla puntuale disposizione contenuta nell’articolo 12, V comma del DM 9.9.1957 - dalla circostanza che ai sensi degli articolo 20, II comma e 22, II comma del RD numero 37 del 1934 i fogli senza alcuna distinzione , che sono consegnati al candidato muniti “del sigillo della commissione e della firma del presidente o di un commissario da lui delegato” e che egli deve usare in via esclusiva, debbono essere inseriti “nella busta grande” che, dunque, per le suestese considerazioni il ricorso è infondato e va respinto, le spese potendo essere compensate in ragione della particolarità della controversia P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.