Cancellato dall’Ordine si spaccia per avvocato: “graziato” dall’estradizione e dalla prescrizione

La prescrizione annulla la condanna del praticante cancellato dall’albo che si sostituisce illecitamente ad un avvocato, ma anche il provvedimento di estradizione parziale avrebbe potuto evitargli la condanna.

Questo è il caso affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 28486/13, depositata il 2 luglio scorso. Il caso. Privo del necessario titolo abilitativo all’esercizio della professione forense, perché cancellato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati competente dal registro dei praticanti senza patrocinio, un uomo interveniva in qualità di avvocato in un processo - traendo in errore l’assistente giudiziario – sostituendosi illecitamente ad un avvocato effettivamente iscritto all’albo. La condanna - confermata anche dai giudici di secondo grado – era pari a 3 anni e 6 mesi di reclusione. È lo stesso imputato a presentare ricorso per cassazione. Intervenuta prescrizione, ma La sentenza impugnata viene annullata senza rinvio dagli Ermellini per l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione. Tuttavia, la S.C. rileva che la sentenza comunque sarebbe stata annullata con rinvio, perché il ricorrente era stato estradato nel 2005 dalla Franca in Italia con provvedimento di estradizione parziale, accettato dall’Italia, che negava l’estradizione per alcune condanne definitive e per tutti i procedimenti pendenti, tra i quali quello oggetto di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 marzo – 2 luglio 2013, n. 28486 Presidente Marasca – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'appello di Brescia confermava la sentenza del Tribunale di quella stessa città del 24/06/2011 che aveva dichiarato V Z. , assieme ad altri imputati, colpevole del reato di cui agli artt. 110, 48, 479 commi 1 e 2, cod. pen. perché, in concorso tra loro, P.A. inducendo l'imputato L.B.G. da lei difeso nel procedimento penale n. 1258/98 pendente presso la Procura della Repubblica di Brescia a nominare come codifensore il sedicente R.V.V. del foro di Trani, che presentava come proprio collega di studio, ben consapevole invece che si trattava in realtà di Z.V. , sottacendogli che questi era privo del necessario titolo abitativo all'esercizio della professione forense perché cancellato in data 17.12.1992 dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Trani dal registro dei praticanti senza patrocinio, con decisione passata in giudicato l’8.4.1993 , Z.V. intervenendo in qualità di avvocato difensore all'udienza preliminare dql 9.2.1999 e al successivo rito abbreviato avanti al GUP di Brescia, traeva in errore in tal modo l'assistente giudiziario/cancelliere, inducendolo a dichiarare nel relativo verbale, contrariamente al vero, che l'imputato L.B. , presente all'udienza, era assistito dal difensore di fiducia avv. V.V R. avvocato effettivamente scritto all'Ordine degli Avvocati di ed al quale illecitamente si sostituiva, con l'aggravante del falso commesso in atto pubblico facente fede fino a querela di falso e, per l'effetto, l'aveva condannato alla pena di anni tre, mesi sei di reclusione, oltre consequenziali statuizioni. 2. Avverso la pronunzia anzidetta l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo di impugnazione parte ricorrente denuncia violazione dell'art. 606 lett. b cod. proc. pen. per inosservanza della legge penale e delle norme giuridiche che regolano l'estradizione nonché improcedibilità dell'azione penale. Deduce, in proposito, che, in data 25 gennaio 2005, esso ricorrente era stato estradato dalla Francia in Italia con provvedimento di estradizione parziale, accettato dall'Italia, che negava l'estradizione per alcune condanne definitive e per tutti i procedimenti pendenti, tra i quali quello oggetto di giudizio. Tuttavia una volta in Italia, il Tribunale di Brescia, decideva di processare patimenti l'imputato, che non aveva mai prestato il consenso alla celebrazione del procedimento penale in assenza di estradizione, ai sensi dell'art. 14 legge 30 gennaio 1963, n. 300. In violazione della norma da ultimo richiamata e dell'insegnamento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, Ferrarese, il primo giudice ed il giudice di appello avevano giudicato esso istante senza rilevare la mancanza di una condizione di procedibilità. Peraltro, su identiche vicende la stessa Corte Regolatrice, Sezioni Seconda e Sesta, aveva condiviso le ragioni del ricorrente, provvedendo in conformità. I giudici di merito avevano ignorato l'insegnamento giurisprudenziale di legittimità, disattendendo la dichiarazione resa dallo stesso imputato all'udienza del 4 giugno 2010, che aveva affermato di non accettare il giudizio, mancando di idoneo documento valido per l'espatrio. Ed infatti, la competente Questura aveva negato il rilascio di passaporto elettronico, sicché esso ricorrente non avrebbe potuto allontanarsi dal territorio dello Stato. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dello stesso art. 606 lett. b per erronea applicazione della legge penale. Rileva, al riguardo, che i fatti oggetto di giudizio si sarebbero verosimilmente verificati il 9 febbraio 1999 l'avviso di conclusione delle indagini era stato notificato il 27 agosto 2007, mentre il decreto dispositivo del giudizio era stato emesso il 19 novembre 2009, sicché il primo atto interruttivo della prescrizione era intervenuto ben 10 anni e nove mesi dopo la presunta consumazione del reato, che, pertanto, era prescritto. 2. La prima ragione di censura non appare, prima facie , priva di fondamento, specie in punto di critica al compendio motivazionale che aveva valorizzato la permanenza del ricorrente sul territorio italiano senza valutare l'asserito impedimento ad allontanarsene. Mancava, in particolare, il doveroso accertamento che la carta d'identità dell'imputato fosse o meno valida per l'espatrio. In ragione di tale carenza, la sentenza dovrebbe pertanto essere annullata con rinvio al competente giudice di merito. Sennonché sull'annullamento prevale, pacificamente, il rilievo dell'intervenuta prescrizione intermedia, maturata nell'arco di tempo tra la data di commissione del reato ed il primo atto interruttivo consistente nella notifica del decreto dispositivo del giudizio. Non resta, pertanto che prendere atto dell'intervenuta prescrizione e far luogo alla relativa declaratoria di estinzione del reato in questione, non risultando in atti - tanto più a fronte di doppia conforme - l'esistenza di una più favorevole causa di proscioglimento nel merito, ai sensi dell'art. 129, comma 2, del codice di rito. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere reato estinto per prescrizione.