Omessa nomina del responsabile del Servizio Prevenzione Aziendale: scatta la sanzione penale

E’ errata l'affermazione del ricorrente secondo cui la violazione dell’obbligo di nominare il responsabile del Servizio Prevenzione Aziendale e i lavoratori incaricati di attuare le misure relative alla prevenzione incendi e lotta antincendi non comporta alcuna sanzione penale.

La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 26420/13 depositata il 18 giugno, si è occupata nuovamente di un caso di inosservanza delle disposizioni antinfortunistiche presso un cantiere. La fattispecie. L’imputato, in qualità di datore di lavoro, aveva omesso di nominare il responsabile del Servizio Prevenzione Aziendale e di designare i lavoratori incaricati di attuare le misure relative alla prevenzione incendi e lotta antincendi, per questo veniva condannato alla pena di euro 2.500 per ciascun reato. La Cassazione, ricordando un orientamento di legittimità consolidato, precisa che, in tema di sicurezza nei luoghi di lavoro, «sussiste continuità normativa tra l'articolo 4 d.lgs. numero 626/1994 concernente gli obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto - ancorché formalmente abrogato dall'articolo 304 d.lgs. numero 81/2008 Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro - e la vigente normativa antinfortunistica, considerato che il contenuto delle predette disposizioni risulta recepito dagli articolo 28 e 29 d.lgs. numero 81/2003, in relazione ai rischi aziendali ed alle modalità di effettuazione della relativa valutazione, disposizioni che tutelano penalmente le predette cautele antinfortunistiche» Cass., Sez. 4, sent. numero 42018/2011 . Sanzione penale. Questo vale per entrambi i capi di imputazione. Pertanto – affermano gli Ermellini - «si rivela errata l'affermazione del ricorrente secondo cui la violazione di un tale obbligo non comporta alcuna sanzione penale, mentre invece del tutto corretto appare il ragionamento del Tribunale in materia di successione di leggi». Reati col vincolo della continuazione? Quanto all’omessa unificazione dei reati col vincolo della continuazione, la S.C. precisa che non sussiste alcun obbligo di procedere in tal senso, «sia perché compete al giudice l'apprezzamento discrezionale in ordine all'identità del disegno criminoso, sia perché l'imputato non ne aveva fatto neppure richiesta. Viene dichiarata, dunque, l'inammissibilità del ricorso proposto dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi che «non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'articolo 129 c.p.p.».

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 maggio – 18 giugno 2013, numero 26420 Presidente Teresi – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 16.3.2012 il Tribunale di Chiavari ha dichiarato F.A. colpevole a del reato di cui all'articolo 4 lett. A, modificato dal D. lvo 242/1996, in quanto nella sua qualità di datore di lavoro ometteva di nominare il responsabile del Servizio Prevenzione Aziendale secondo il disposto dell'articolo 8 del D. lvo 626/1994 b del reato di cui all'articolo 12 comma 1 lett. B del D. lvo 626/1994 modificato dal D. lvo 242/1996 per avere omesso di designare i lavoratori incaricati di attuare le misure relative alla prevenzione incendi e lotta antincendi. In omissis . Ha quindi condannato l'imputato alla pena di Euro 2.500 per ciascun reato. Dopo avere rilevato che le norme contestate risultano integralmente recepite nel D. lvo numero 81/2008, sussistendo continuità normativa, il Tribunale ha ritenuto provata la responsabilità dell'imputato sulla base dell'accertamento ispettivo eseguito dal Funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro di Genova che, sentito come teste, ne ha confermato il contenuto in sede di ispezione presso il cantiere dell'impresa edile del F. era emersa l'inosservanza delle disposizioni antinfortunistiche contestate. 2. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con un due motivi. Considerato in diritto 1. Col primo motivo denuncia la violazione dell'articolo 2 cp in relazione all'articolo 606 comma 1 lett. b cpp rilevando che le violazioni contestate, vennero accertate nel omissis in vigenza del decreto legislativo 626/1994 modificato dal decreto 242/1996, e che le norme incriminarci, formalmente abrogate dall'entrata in vigore del decreto legislativo numero 81/2008 articolo 304 comma 1 lett. b , non possono ritenersi confluite nelle nuove disposizioni, come risulta dalla diversa struttura dell'articolo 8 del d. lvo 626/1994 rispetto all'articolo 31 del vigente d. lvo 81/2008 quanto al capo A e della norma contestata al capo B rispetto all'articolo 37 del D. lvo di conseguenza, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, non sussiste, ad avviso del ricorrente continuità normativa tra le predette disposizioni. Il motivo è manifestamente inondato. Come infatti già affermato ripetutamente da questa Corte, in tema di sicurezza nei luoghi di lavoro, sussiste continuità normativa tra l'articolo 4 D.Lgs. numero 626 del 1994 concernente gli obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto - ancorché formalmente abrogato dall'articolo 304 D.Lgs. numero 81 del 2008 Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro - e la vigente normativa antinfortunistica, considerato che il contenuto delle predette disposizioni risulta recepito dagli articolo 28 e 29 D.Lgs. numero 81 del 2003, in relazione ai rischi aziendali ed alle modalità di effettuazione della relativa valutazione, disposizioni che tutelano penalmente le predette cautele antinfortunistiche cass. Sez. 4, Sentenza numero 42018 del 12/10/2011 Ud. dep. 15/11/2011 Rv. 251932 cfr. anche Sez. 3, Sentenza numero 23968 del 03/03/2011 Ud. dep. 15/06/2011 Rv. 250375 . Stesse considerazioni valgono per la contravvenzione contestata al capo B articolo 12 comma 1 lett. B D. Lvo 626/1994 omessa designazione dei lavoratori incaricati di attuare le misure relative alla prevenzione incendi e lotta antincendio , giacché l'articolo 18 comma 1 lett. b del D. Lvo 81/2008 prevede, tra gli obblighi del datore di lavoro, anche quello di designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio l'articolo 43 poi intitolato Disposizioni Generali , tra gli adempimenti del datore di lavoro prevede, al comma 1 lett. b, anche quello di designare preventivamente i lavoratori di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b cioè, appunto, quelli incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio , mentre infine l'articolo 55 al comma 5 lett. a prevede la sanzione penale dell'arresto da due a quattro mesi o dell'ammenda da 750 a 4.000 Euro anche per la violazione dell'ari . 43 comma 1 lett. b. Si rivela, dunque, errata l'affermazione del ricorrente secondo cui la violazione di un tale obbligo non comporta alcuna sanzione penale, mentre invece del tutto corretto appare il ragionamento del Tribunale in materia di successione di leggi. 2. Col secondo motivo il ricorrente, denunziando violazione dell'articolo 606 lett. b ed e cpp in relazione agli articolo 125 comma 3 cpp, 62 bis, 81 e 133 cp, si duole della mancata concessione delle attenuanti generiche nonostante la documentazione prodotta dalla difesa e della omessa unificazione dei reati col vincolo della continuazione sia tra i reati contestati sia con riferimento alle precedenti condanne riportate, in quanto conseguenti anch'esse a coeve violazioni di norme antinfortunistiche. Anche questa censura è manifestamente infondata perché investe valutazioni riservate al giudice di merito, il quale peraltro ha motivato sul diniego delle generiche richiamando i precedenti penali specifici dell'imputato. Quanto alla omessa unificazione dei reati col vincolo della continuazione, non sussisteva nessun obbligo di procedere in tal senso sia perché compete al giudice l'apprezzamento discrezionale in ordine all'identità del disegno criminoso tant'è che non si richiede neppure l'obbligo di una formale contestazione da parte del pubblico Ministero cfr. cass. Sez. 3, Sentenza numero 15927 del 05/03/2009 Ud. dep. 16/04/2009 Rv. 243408 , sia perché l'imputato non ne aveva fatto neppure richiesta cfr. conclusioni riportate in sentenza . L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'articolo 129 c.p.p. cass. sez. 3, Sentenza n 42839 del 08/10/2009 Ud. dep. 10/11/2009 cass. Sez. 4, Sentenza numero 18641 del 20/01/2004 Ud. dep. 22/04/2004 sez. unumero , Sentenza numero 32 del 22/11/2000 Cc. dep. 21/12/2000 . Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sentenza 13.6.2000 numero 186 , alla condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell'articolo 616 cpp nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.