Risarcimento comminabile anche in base alla condotta del genitore nel corso del procedimento

Il Tribunale di Messina dà continuità all’orientamento della giurisprudenza di merito secondo il quale le misure sanzionatorie ex articolo 709-ter c.p.c. appartengono alla categoria dei danni puntivi aventi natura sanzionatoria. In particolare, la prova del comportamento ostativo allo svolgimento delle modalità di affidamento emerge non solo da quanto riferito dai servizi sociali ma anche in virtù di quanto potuto accertare direttamente dal collegio nel corso del procedimento.

Le misure coercitive familiari. L’articolo 709-ter c.p.c. è stato introdotto dall’articolo 2 della legge numero 54 dell’8 febbraio 2006, recante disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli. L’importanza di questa disposizione sta nell’aver colmato una lacuna normativa in materia di corretta attuazione o esecuzione dei provvedimenti giudiziali in materia di esercizio della potestà genitoriale e di affidamento dei minori. A tal fine, è stato scritto un procedimento ad hoc con funzione prevalentemente esecutiva. In particolare, in caso di «gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento», il giudice ha facoltà di modificare i provvedimenti e, congiuntamente o alternativamente a tale soluzione, adottare delle misure volte a sanzionare e a scoraggiare il comportamento inadempiente del genitore che si ritiene responsabile. Viene attuata così una vera e propria esecuzione indiretta attraverso il ricorso a sanzioni di natura civile che consentono di incidere sulla volontà del debitore renitente per l’adempimento dell’obbligazione assunta nei confronti del creditore. Tornando alla disciplina, il giudice può ammonire il genitore inadempiente, disporre il risarcimento dei danni nei confronti del minore o nei confronti dell’altro genitore o, ancora, condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria. La fattispecie e la motivazione favorevole all’inquadramento delle misure ex articolo 709-ter c.p.c. nei danni punitivi. Nel caso sottoposto al tribunale di Messina un padre chiede la modifica delle condizioni della separazione con riferimento al cambio di domicilio del minore e, soprattutto, chiede la condanna della madre al risarcimento dei danni ex articolo 709-ter c.p.c., numero 2 e 3, oltre all’ammonizione e al pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende. In occasione della richiesta del risarcimento dei danni, il giudice torna sulla questione – oggetto di ampio dibattito in dottrina e in giurisprudenza – se esso rientra nella disciplina sostanziale del codice civile in materia di responsabilità civile e danno non patrimoniale articolo 2043 c.c. e 2059 c.c. oppure costituisce un caso a sé stante riconducibile ai danni punitivi, categoria di matrice anglosassone che si sostanzia in una condanna al pagamento di una somma che oltrepassa i danni effettivamente subiti dal danneggiato, al fine di punire determinati comportamenti che producono un danno sociale Patti, Pena privata, Digesto delle discipline privatistiche, Torino, 1995 . La riconduzione sotto una o l’altra categoria non è priva di conseguenze pratiche. Se vale la ricostruzione che fa capo alla struttura dell’articolo 2043 c.c., sappiamo che in questo caso bisogna provare un danno ingiusto riconducibile in virtù di un nesso di causalità ad una condotta dolosa o colposa del debitore. Se, invece, siamo dinanzi ad una mera sanzione ciò che rileva è la prova del comportamento inadempiente o di atti idonei ad arrecare il pregiudizio al minore o ad ostacolare lo svolgimento dell’affidamento, a prescindere dalla produzione di un danno. Questi, in estrema sintesi, gli estremi della questione, non potendo in questa sede soffermarci sulle ampie riflessioni della dottrina e sulle statuizioni giurisprudenziali. Basti menzionare che la dottrina maggioritaria propende per la categoria dei danni punitivi e così la giurisprudenza di merito T. Messina, 5 aprile 2007 T. Pisa, 20 dicembre 2006 T. Novara, 21 luglio 2011 , mentre la Cassazione ha affermato da ultimo in caso di delibazione di sentenza straniera che «Nel vigente ordinamento alla responsabilità civile è assegnato il compito precipuo di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, anche mediante l'attribuzione al danneggiato di una somma di denaro che tenda a eliminare le conseguenze del danno subito mentre rimane estranea al sistema l'idea della punizione e della sanzione del responsabile civile ed è indifferente la valutazione a tal fine della sua condotta. È quindi incompatibile con l'ordinamento italiano l'istituto dei danni punitivi che, per altro verso, non è neanche riferibile alla risarcibilità dei danni non patrimoniali o morali. Tale risarcibilità è sempre condizionata all'accertamento della sofferenza o della lesione determinata dall'illecito e non può considerarsi provata «in re ipsa». È inoltre esclusa la possibilità di pervenire alla liquidazione dei danni in base alla considerazione dello stato di bisogno del danneggiato o della capacità patrimoniale dell'obbligato» Cass. 1183/2007 . Nonostante ciò, il tribunale di Messina continua a sostenere l’orientamento di cui è stato antesignano, è cioè che la finalità della norma è quella di «garantire l’attuazione dei provvedimenti di affidamento esercitando una coazione indiretta sul soggetto obbligato, scelta che il legislatore ha di recente steso all’attuazione di tutti gli obblighi di facere infungibile introducendo la previsione di cui all’articolo 614-bis c.p.c.». L’impostazione è condivisibile e, tra i sostenitori, si sono fatte strada ulteriori argomentazioni a suo favore e che si possono qui di seguito così sintetizzare. In primo luogo, se si trattasse di una particolare fattispecie di risarcimento del danno nell’lambito delle relazioni familiari, sarebbe strana la scelta di inserirne la disciplina nel codice di rito invece che nel codice civile. Inoltre, non sembra ragionevole, né costituzionalmente legittimo, creare un regime differenziato di risarcimento del danno per l’ambito familiare. Infine, poiché il procedimento ex articolo 709-ter c.p.c. può essere promosso nel corso del grado di appello, sarebbe assai improbabile che il legislatore abbia inteso consentire per la prima volta la proposizione in appello di una domanda risarcitoria da decidersi a cognizione piena. Per un approfondimento si rinvia a D'Angelo, Il risarcimento del danno come sanzione? Alcune riflessioni sul nuovo articolo 709-ter c.p.c., in Familia, 2006, I, 1047 Finocchiaro, Poli, Esecuzione dei provvedimenti di affidamento dei minori, in Digesto delle discipline privatistiche, III, Torino, 2007, 546 Paladini, Misure sanzionatorie e preventive per l’attuazione dei provvedimenti riguardo ai figli, tra responsabilità civile, punitive damages e astreintes, in Famiglia e diritto, 2012, VIII-IX, 853 ss. Di Salvo, Risarcimento del danno ex articolo 709-ter, comma 2, numero 2, c.p.c. come pena privata, in Famiglia e diritto, 2012, VI, 612 ss. A queste considerazioni si aggiunga che le misure ex articolo 709-ter non sono sempre comminabili in presenza di un danno e ciò si evince direttamente dalla disposizione normativa. E’ vero, infatti, che il testo fa riferimento, oltre che alle mere inadempienze, «ad atti che comunque arrechino pregiudizio al minore» tuttavia, la presenza dell’avverbio comunque sta ad indicare che si deve trattare di atti idonei in ogni caso quindi anche a prescindere dalla produzione di un danno al minore ad arrecare un pregiudizio. Inoltre, gli atti possono essere semplicemente tali da ostacolare «il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento» anche in questa parte la produzione del danno non è proprio considerata. Non è necessario, pertanto, che dalla condotta del genitore derivi un danno-conseguenza da provare, né può considerarsi provato in re ipsa, non essendo le condotte descritte di per sé idonee a cagionare sempre un danno. La prova. Secondo l’impostazione seguita dalla sentenza in commento e qui condivisa, il genitore che richiede le misure deve fornire la prova dell'illecito costituito dall'inadempienza o dalla violazione. L'entità del risarcimento è svincolata da qualsiasi riferimento proporzionale ad una lesione eventualmente subita e si riferisce, invece, alla gravità della condotta illecita. Nel caso di specie, la gravità della condotta si è diversificata in molti atti coinvolgenti gli aspetti più rilevanti della vita del minore. In particolare, la madre si era deliberatamente trasferita in altra città con il minore, aveva contribuito al mancato inserimento scolastico, nonché alla continua mancanza di comunicazione tra padre e figlio che ha reso difficoltosi se non impossibili i loro rapporti infine, il genitore si era rilevato del tutto indisponibile a consentire al minore di incontrare il padre secondo le modalità prescritte dal Collegio. Quest’ultimo, in particolare, ha potuto direttamente constatare tale condotta, dal momento che ha autorizzato il padre a decidere autonomamente in ordine all’inserimento scolastico del minore, attesa l’opposizione della madre per giunta diplomata come insegnante elementare e in considerazione, altresì, del fatto che la madre ha fornito al padre informazioni relative al minore solo in udienza e su sollecitazione del Collegio. Motivo per cui la gravità della condotta risulta provata, non solo dalla relazione dei Servizi Sociali, ma anche dagli elementi probatori individuati dal Collegio medesimo, in giusta applicazione dell’articolo 116, secondo comma, c.p.c

Tribunale di Messina, sez. I Civile, decreto 8 ottobre 2012 Presidente Orifici – Relatore Cusolito Fatto e diritto nel procedimento iscritto al n° 1894/2010 V.G. proposto da M. M. contro L. M. P. esaminati gli atti, acquisito il parere del P.M. ed udito il Relatore, si osserva quanto segue il M., con ricorso depositato in data 2.10.2010, aveva chiesto che venisse disposto, a modifica del provvedimento emesso in sede di separazione dei coniugi, fermo restando l’affido condiviso, la domiciliazione del minore Clarence Pio presso di sé, con condanna della L. al risarcimento del danno ex articolo 709 ter c.p.c. numero 2 e 3 nonché l’ammonizione di quest’ultima, con condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende. La L., costituendosi, aveva richiesto l’affido esclusivo del minore, la sospensione o limitazione del diritto di visita da parte del M. e l’obbligo per quest’ultimo, di corrispondere per il mantenimento del minore la somma di € 1.200,00. A seguito dei mutamenti di fatto intervenuti, da ultimo con provvedimento del 12.1.2012 il Collegio aveva statuito la revoca del provvedimento che aveva imposto che gli incontri fra il M. ed il minore avvenissero presso strutture protette, nonché nuove modalità per gli incontri, atteso il trasferimento del minore e della madre a Comiso, con invito ai Servizi Sociali divenuti territorialmente competenti ad accertare le nuove condizioni di vita del minore nonché a compiere l’indagine sulla capacità genitoriale della L Deve rilevarsi che, nel corso del giudizio, era stato dapprima disposto, in via provvisoria, con provvedimento del 7.12.2010, che gli incontri fra il M. ed il minore avvenissero in forma protetta, con il supporto dei Servizi Sociali di Reggio Calabria, città di residenza della L. che successivamente era stato disposto che detti servizi relazionassero sugli incontri e sulla capacità genitoriale delle odierne parti processuali che in esito a tali richieste i Servizi sociali rispondevano parzialmente, da un lato dando conto delle modalità degli incontri e dall’altro concludendo positivamente in ordine alla capacità educativa ed accuditiva del M. al quale il minore appariva significativamente legato che successivamente, attesi i risultati dell’indagine sociale svolta dai quali era emerso che nonostante detti Servizi avessero sempre sollecitato la L. a favorire la frequentazione da parte del minore della scuola materna, la stessa aveva riferito che il bambino non frequentava la scuola materna e non riteneva opportuna la iscrizione alla prima classe della scuola priM. , era stato disposto che il M. provvedesse autonomamente alla iscrizione del minore a scuola a Reggio Calabria e contestualmente che i Servizi Sociali rispondessero al quesito relativo alla capacità genitoriale della L. che, a seguito di tale sollecito e nell’ambito dell’attività di supporto agli incontri fra il M. ed il minore era emerso - come da nota dei citati Servizi del 27.10.2011 - che la L. aveva cambiato il proprio domicilio trasferendosi a Comiso che solo all’udienza del 13.12.2011 il procuratore della L. comunicava il recapito telefonico del minore e, stante l’intervenuto mutamento, il Collegio disponeva la modifica provvisoria come sopra riportato che i Servizi Sociali di Comiso hanno relazionato sulle attuali condizioni di vita del minore Clarence Pio, valutando positivamente l’inserimento dello stesso sia nel nuovo contesto familiare che scolastico che, infine, all’udienza del 13.9.2012 il procuratore di parte resistente ha comunicato il nominativo della scuola primaria frequentata dal minore rilevando di averlo comunicato già il giorno prima e i procuratori hanno insistito nelle richieste formulate negli atti ed, in particolare, il M. nella richiesta di indagine sulla capacità genitoriale della L. tutto ciò premesso ritiene il Collegio quanto segue tutta la vicenda giudiziaria relativa all’affidamento del piccolo Clarence Pio – ormai in corso da oltre due anni – dimostra l’esistenza di una fortissima conflittualità fra i genitori, i quali, nonostante il tempo trascorso dalla separazione, non sono ancora riusciti a trovare un equilibrio che consenta loro di gestire in maniera adeguata i loro rapporti in maniera finalizzata al raggiungimento dell’interesse del minore. Deve, tuttavia, darsi atto della collaborazione prestata dal M. nel corso del giudizio, sia a rispettare i provvedimenti emessi dal Tribunale che a collaborare con gli enti preposti al fine tanto di riprendere e rendere più saldo il rapporto con il minore anche sottoponendosi a valutazione per l’accertamento della capacità genitoriale. Deve darsi atto della difficoltà dello stesso – tanto nel periodo in cui avvenivano gli incontri protetti che in quello successivo al trasferimento del minor a Comiso – di partecipare sempre con la medesima frequenza agli incontri, anche attesa la attività lavorativa svolta. Deve rilevarsi, al contrario, che dagli atti non emerge analoga disponibilità da parte della sig.ra M. a collaborare, considerato che la stessa ha, dapprima, trasferito il minore a Comiso senza comunicarlo al M. e successivamente – come dimostrano i verbali di udienza - solo su sollecitazione del Collegio ha fornito il recapito telefonico del minore e, da ultimo, ha indicato la scuola elementare frequentata dal minore non essendo dimostrata la circostanza dedotta che, cioè, tale indicazione fosse stata fornita il giorno prima dell’udienza, indicazione che comunque poteva sicuramente essere fornita da tempo . Anche dal report degli incontri, e comunque, dalle relazioni dei Sevizi Sociali, emerge che la L. ha dichiarato più volte la propria indisponibilità a condurre il figlio a Reggio Calabria, senza, peraltro, dichiarare che era già avvenuto il trasferimento a Comiso. Tale mancata comunicazione, inoltre, non solo ha reso impossibili gli incontri che di fatto venivano ancora fissati a Reggio Calabria ma ha anche impedito di dare esecuzione al provvedimento di questo Tribunale del 25.10.2011 in ordine all’accertamento della sua capacità genitoriale. Pertanto, nessun rilievo può attribuirsi alla positiva dichiarazione di intenti inviata dalla L. in data 27.10.2011 ai Servizi Sociali di Reggio Calabria, considerato che, alla data in cui detta comunicazione è stata inviata, il minore già era stato trasferito a Comiso. Come già rilevato, attualmente i rapporti fra il padre ed il minore sono regolati in via provvisoria sulla base del provvedimento del Collegio del 12.1.2012, che, a parte le necessarie modifiche conseguenti all’inserimento scolastico del minore, può essere confermato. Ritiene, invero, questo Collegio di non aderire alle richieste avanzate dai procuratori di proseguire le indagini sociali né quelle relative alla capacità dei genitori né di accogliere le richieste istruttorie dagli stessi avanzate. Se è pur vero, infatti, che i Servizi Sociali di Comiso non hanno compiutamente risposto al mandato in ordine alla capacità genitoriale della L. come già quelli di Reggio Calabria, da ultimo a causa del comportamento della L. , detti Servizi hanno comunque risposto sulla attuale situazione di vita di Clarence, rappresentando che il bambino è positivamente inserito sia nel nuovo ambiente familiare allargato che in quello scolastico. Non appare opportuno, pertanto, continuare a svolgere indagini mentre appare maggiormente conforme alle esigenze del minore disporre un assetto di rapporti più stabile che consenta soprattutto ai genitori di recuperare la serenità necessaria al fine di gestire in maniera corretta i loro rapporti affinchè ciò possa riverberarsi nei rispettivi rapporti con Clarence Pio. Invero, mentre da un lato le doglianze avanzate dal M. in ordine alla dedotta incapacità della L. appaiono, quantomeno di fatto, smentite dai risultati della ultima indagine svolta dai Servizi Sociali di Comiso, non può revocarsi in dubbio quanto affermato dai Servizi Sociali di Reggio Calabria in ordine alla capacità accuditive del M., non potendosi sostenere come allegato dalla L. la insufficienza di detti risultati solo perché maturati nell’ambito degli incontri protetti. Poiché, in ultima analisi, non risulta che il minore sia portatore di disagi tali da dovere sconvolgere totalmente l’equilibrio che lo stesso sembra avere raggiunto, appare piuttosto opportuno lasciare inalterato l’affido condiviso ad entrambi i genitori con domiciliazione privilegiata dello stesso presso la madre. Si ritiene inoltre che – nonostante la scelta dell’istituto scolastico che prevede la frequenza anche nella giornata di sabato sia stata effettuata in via esclusiva dalla madre laddove sarebbe stato, invece, necessario un previo accordo dei genitori - non possa accogliersi la richiesta del M. di prevedere il mutamento di detto istituto, sia considerato quanto affermato dai Servizi Sociali sia quanto dichiarato, sotto la propria responsabilità, in udienza dalla L. ovvero che la scuola elementare scelta fa parte dello stesso istituto comprensivo della materna già frequentata, dovendosi, pertanto, presumere che il bambino abbia mantenuto i rapporti già instaurati . Ciò rende, dunque, necessario un nuovo assetto dei rapporti con il padre che tenga conto, da un lato, della frequenza scolastica e, dall’altro, della particolare attività lavorativa svolta dal M Pertanto, pur prevedendo il Tribunale i tempi di permanenza del minore presso il padre come in dispositivo, devono invitarsi i genitori a prestare una fattiva collaborazione affinchè gli incontri possano avvenire contemperando le esigenze, specialmente scolastiche del minore, e quelle lavorative del M Ciò rende opportuno disporre che il M., oltre a potere tenere presso di sé il minore due fine settimana al mese che in difetto di accordo possono individuarsi nel I e III possa incontrare il minore a Comiso per due pomeriggi a settimana in difetto di accordo il martedì e giovedì , dall’orario di uscita del minore dalla scuola – ove lo stesso potrà prelevarlo - sino alle ore 20.00. La collaborazione al fine di consentire degli incontri dovrebbe portare i genitori - a mero titolo di esempio - ad accordarsi affinchè, nel caso di vacanze scolastiche ulteriori rispetto a quelle previste in dispositivo il M. possa incontrare il minore anche portandolo presso di sé a Messina dall’uscita della scuola per un periodo che comprenda anche una notte, con rientro del minore nel pomeriggio del giorno dopo. Detta collaborazione dovrà estrinsecarsi anche nelle modalità con cui il minore potrà recarsi a Messina e rientrare a Comiso in difetto di accordo, come già previsto nei provvedimenti provvisori, può disporsi che il M. prenda il bambino a Comiso e la L. vada a riprenderlo a Messina. Anche al fine di evitare ostacoli alle visite a Messina, si sollecita il M. a predisporre, per i periodi in cui il minore starà presso di sé, una adeguata sistemazione ed una presenza che sia – compatibilmente con l’attività lavorativa – maggiore possibile, delegando a terzi solo ove strettamente necessario e preferendo, a tal fine, i parenti più prossimi con i quali appare opportuno che il minore mantenga un significativo legame. Nessuna modifica, invece, ritiene il Tribunale che debba disporsi in ordine alla misura dell’assegno di mantenimento che può essere mantenuto nella misura fissata in sede di omologa della separazione consensuale di € 600,00 mensile, oltre al 50% delle spese straordinarie. Quanto alle ulteriori domande di condanna ex articolo 709 ter c.p.c. avanzate dal M. nei confronti della L. si rileva quanto segue. All’indomani dell’entrata in vigore della legge 54/2006 che ha introdotto, fra l’altro, l’articolo 709 ter c.p.c. sia in dottrina che in giurisprudenza è stata affrontata la questione interpretativa se il legislatore, nel prevedere una condanna al risarcimento dei danni in favore del figlio minore e/o dell’altro genitore nei casi di gravi inadempienze, di violazioni dei doveri genitoriali ovvero di comportamenti ostacolanti le modalità dell’affidamento, abbia inteso introdurre un’ipotesi a sé stante di c.d. danno punitivo, ovvero abbia semplicemente fatto richiamo alla disciplina sostanziale del codice civile e, quindi, alla responsabilità civile ex articolo 2043 c.c. nonché al danno non patrimoniale ex articolo 2059 c.c. . Tale distinzione è rilevante per le consequenziali ricadute pratiche che comporta, tenuto conto che, nel danno punitivo volto alla realizzazione di finalità pubblicistiche di deterrenza e punizione , viene sanzionata, ex se, la condotta lesiva prescindendo dal pregiudizio subito, in concreto,dal danneggiato , attribuendosi rilievo, ai fini dell’an debeatur, all’elemento soggettivo o alla gravità della condotta e, rispetto al quantum, al patrimonio del danneggiante mentre, nel danno non patrimoniale, occorre dare prova del danno subito e, successivamente, quantificare l’entità del ristoro in base alle conseguenze che ne sono derivate c.d. danno conseguenza , facendo ricorso, eventualmente, alle presunzioni ed all’equità. Secondo una prima tesi interpretativa – seguita sino ad ora da questo Tribunale - favorevole all’introduzione della categoria dei danni punitivi, la condanna al risarcimento del danno prevista dall’articolo 709 ter c.p.c. non sarebbe diretta a compensare la lesione del bene protetto subita dal soggetto passivo, ma a dissuadere il genitore dal tenere una condotta pregiudizievole per i figli e, quindi, ad assicurare l’attuazione del provvedimento di affidamento . Si è affermato, dunque, che, considerato che nella disposizione normativa in esame nessun riferimento viene effettuato all’esigenza che un danno concreto si sia verificato, “ciò che viene punito ai sensi dell’articolo 709 ter c.p.c., allora, è la condotta, e non già il pregiudizio dalla stessa provocato, in un’ottica che effettivamente sembra più vicina a quella del cd. danno punitivo”. Secondo tale orientamento ciò che assume rilievo ai fini della condanna ex articolo 709 ter c.p.c. è la mera inottemperanza alle prescrizioni contenute nei provvedimenti di affidamento dei figli e, più in generale, ai doveri genitoriali , fermo restando che la quantificazione del danno deve essere commisurata alla gravità della condotta illecita e liquidata in via equitativa. A sostegno della natura punitiva di tali danni, si è affermato che la struttura dell’articolo 709 ter c.p.c. è incompatibile sia con le regole processuali regolare costituzione del contraddittorio, onere della prova e preclusioni . Parte della giurisprudenza di merito ha, dunque, sostenuto la tesi del risarcimento sanzionatorio, o punitivo, affermando che “nella individuazione della misura del risarcimento occorre in primo luogo guardare alla gravità della condotta del genitore inadempiente, anche in considerazione del fatto che i rimedi di cui all’articolo 709 ter c.p.c. hanno essenzialmente finalità punitiva, e non occorre una prova specifica sulla esistenza ed entità del danno, che può considerarsi naturale conseguenza del deprecabile comportamento” di uno dei genitori. A tale primo orientamento si è contrapposto un secondo indirizzo interpretativo, secondo il quale le misure di cui ai nnumero 2 e 3 dell’articolo 709 ter, 2° co., c.p.c. svolgono una funzione esplicitamente risarcitoria di un danno non patrimoniale cagionato al figlio minore o al genitore, derivante dalla lesione di un diritto fondamentale della persona. In questa direzione, è stato sostenuto che la disposizione normativa in esame è inserita nel codice di rito e che il nostro sistema giuridico non contempla la figura del danno punitivo. In termini più generali, è stato affermato che le ipotesi previste dall’articolo 709 ter, 2° co., nnumero 2 e 3, c.p.c. hanno «valenza e natura risarcitoria alla quale non sono comunque estranei profili sanzionatori». Secondo tale orientamento giurisprudenziale, dalla qualificazione del danno in questione come danno non patrimoniale, derivante dalla lesione di un diritto fondamentale della persona, consegue l’applicazione dei connessi principi generali, secondo cui la pretesa risarcitoria è soggetta alle precise regole, sostanziali e processuali, della domanda e dell’onere di allegazione e di prova, con la conseguenza che la prova del danno «non può ravvisarsi in re ipsa – vale a dire nel mero comportamento ostruzionistico o gravemente inadempiente – ma va collegato a qualcosa di più, alla dimostrazione, da parte del danneggiato, di una perdita, della privazione di un valore personale, di un patimento derivante dalla lesione di un interesse costituzionalmente protetto» Ritiene il Collegio che debba essere confermata, in questa sede, l’interpretazione della norma contenuta nell’articolo 709 ter c.p.c. data sino ad ora a questo Tribunale, a partire dalla nota sentenza resa il 5.4.2007 e che costituisce precedente richiamato da molta giurisprudenza di merito di numerosi Uffici Giudiziari ex multis Tribunale Novara 21.7.2011 , considerato che la finalità della norma è quella di garantire l’attuazione dei provvedimenti di affidamento esercitando una coazione indiretta pressione psicologica sul soggetto obbligato, scelta che il legislatore ha di recente esteso all’attuazione di tutti gli obblighi di facere infungibile introducendo la previsione di cui all’articolo 614 bis c.p.c. . Pertanto, così interpretata la previsione dell’articolo 709 ter c.p.c., nella parte in cui prevede la possibilità di emettere a carico dei genitori la sanzione dell’ammonizione, del risarcimento in favore dell’altro genitore o del figlio e la condanna in favore della cassa delle Ammende, risulta assolvere ad una funzione sanzionatoria deterrente della condotta del genitore per evitare che nel futuro lo stesso continui a rendersi inadempiente rispetto ai propri obblighi nei confronti della prole e rispetto al contenuto dei provvedimenti. Conseguentemente, per la sanzione del risarcimento e del pagamento alla Cassa delle Ammende, la somma viene individuata in via equitativa senza essere corredata all’eventuale danno del minore. Nel caso del presente giudizio ritiene il Collegio che possa essere pronunziata condanna ex articolo 709 ter c.p.c. a carico della L. per i comportamenti tenuti dalla stessa in violazione dell’interesse del minore, e ciò senza che sia necessario procedere ad ulteriore istruzione. Invero, da tutta la condotta tenuta dalla L. nel corso del procedimento – così come appare in particolare anche da quanto riferito dai Servizi Sociali ma anche in virtù di quanto ha potuto accertare direttamente il Collegio – emerge che la stessa non è riuscita a mettere da parte la conflittualità con il M. ed ha posto in essere comportamenti da ritenersi in contrasto con gli interessi del minore e con i provvedimenti che sono stati presi seppur in via provvisoria nell’ambito del presente giudizio. Assumono rilevanza, in tal senso, l’evidente comportamento ostruzionistico della L., la quale si è di fatto sottratta agli ultimi incontri programmati. Ancor più grave appare la condotta della L. che ha manifestato ai Servizi di Reggio Calabria l’impossibilità di condurre il minore agli incontri tacendo il già avvenuto trasferimento in Sicilia, del quale si è avuto contezza solo alla fine del mese di ottobre e quando ancora la stessa – pur dichiarandosi disponibile – affermava di non volere proseguire gli incontri a Reggio Calabria a causa della condotta del M Sicuramente contrario al dovere di genitore affidatario seppur nella forma dell’affido condiviso è stata la condotta della L. che ha portato il Tribunale ad emettere il provvedimento del 25.10.2011, con il quale il M. era stato autorizzato a decidere autonomamente in ordine all’inserimento scolastico del minore, atteso il disinteresse, ed anzi l’opposizione, manifestata in proposito dalla L. peraltro dotata sul punto di specifica competenza, avendo il diploma di maestra elementare e nonostante le sollecitazioni dei Servizi Sociali. Sempre in tale ottica, palesemente non conforme ai doveri del genitore affidatario e presso il quale il minore è collocato appare la condotta tenuta dalla L. che ha trasferito lo stesso senza dapprima avvisare l’altro genitore così come appare contrario agli interessi del minore la circostanza che la L. abbia, di fatto, fornito le informazioni relative al minore all’ex coniuge solo in udienza e su sollecitazione del Collegio, come avvenuto tanto per la indicazione del numero di telefono al quale il M. avrebbe potuto contattare Clarence dopo il trasferimento a Comiso che per la indicazione dell’istituto scolastico frequentato. Ritiene quindi il Collegio che debbano applicarsi alla L. le sanzioni di cui all'articolo 709 ter c.p.c. congiuntamente condannandola - considerata la gravità della condotta che si è diversificata in molti atti, coinvolgenti gli aspetti più rilevanti della vita del minore, quali il trasferimento in altra città, il mancato inserimento scolastico e la continua mancanza di comunicazione che ha reso difficoltosi se non impossibili i rapporti fra il M. ed il minore e la indisponibilità a consentire al minore di incontrare il padre secondo le modalità prescritte dal Collegio - al pagamento ex articolo 709 ter numero 4 di una sanzione pecuniaria di euro 2.500,00 duemilacinquecento in favore della Cassa della Ammende e al risarcimento del danno ex articolo 709 ter numero 2 in favore del minore M. Clarence Pio di euro 4.000,00 quattromila da versare in un libretto bancario intestato al minore, con amministrazione regolata come per legge in relazione all'esercizio della potestà genitoriale. Le spese di questo giudizio, attesa la soccombenza, devono essere oste a carico della L P.Q.M. Ex articolo 710 c.p.c. a modifica delle condizioni previste nel decreto di omologa della separazione consensuale, e fermo restando l’ulteriore contenuto di detto decreto sugli altri aspetti, 1 dispone che il M. possa incontrare e tenere presso di sé il minore secondo le seguenti modalità - Dal sabato dall’orario di uscita da scuola alla domenica alle ore 20,00, a settimane alterne che in difetto di accodo si fissano il I e III fine settimana del mese , disponendo che, in difetto di diverso accordo fra le parti, il M. vada a prendere il minore a Comiso e che la L. provveda a riprenderlo a Messina - Nel periodo natalizio per cinque giorni consecutivi, comprendenti, ad anni alterni, Natale e Capodanno - Nelle vacanze pasquali, ad anni alterni, il giorno di Pasqua ed il Lunedì dell’Angelo, - Nel periodo estivo per due periodi di sette giorni continuativi ciascuno 2 Condanna L. M. P. al pagamento ex articolo 709 ter numero 4 di una sanzione pecuniaria di euro 2.500,00 duemilacinquecento in favore della Cassa della Ammende e al risarcimento del danno ex articolo 709 ter numero 2 in favore del minore M. Clarence Pio di euro 4.000,00 quattromila da versare in un libretto bancario intestato al minore, con amministrazione regolata come per legge in relazione all'esercizio della potestà genitoriale 3 condanna L. M. P. alla rifusione delle spese processuali in favore di M. M. che liquida in € 4.500,00 per compensi, oltre iva e cpa. Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di rito.