Per dichiarare la penale responsabilità dell’imputato in relazione alla violazione del disposto dell’articolo 650 c.p., il Giudice deve necessariamente verificare i presupposti di legittimità dell’atto amministrativo per il cui mancato rispetto è invocata la sanzione penale.
La verifica va effettuata alla luce dei tre principi cardini dettati in tema di legittimità dell’atto amministrativo, ovvero sindacando se esso sia affetto da eccesso di potere, violazione di legge od incompetenza. Il caso. L’imputato veniva tratto a giudizio per rispondere della contravvenzione ex articolo 650 c.p., lui contestato per essersi reso inottemperante all’ordinanza del Sindaco del comune di residenza, che lo obbligava alla condotta richiesta per motivi di igiene e lo condannava alla pena di euro duecento di ammenda. Avverso la sentenza l’imputato frapponeva ricorso per cassazione, denunciando l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta legalità dell’ordine emanato dalla Pubblica Amministrazione che, invece andava considerato quale emesso in difetto dei requisiti ex lege previsti per la sua legittimità. La Corte accoglieva il ricorso annullando la sentenza resa dal Giudice di primo grado. L'atto deve provenire da un soggetto «autorizzato», il cui contenuto sia rispondente ai principi ordina mentali. La Corte, certamente conscia di problemi evidenziati dalla dottrina circa la legittimità Costituzionale di una norma dal contenuto così lasco dal confinare pericolosamente con la violazione dei principi di tassatività e tipicità della norma penale, ritiene imprescindibile l’analisi del contenuto della norma di incriminatrice norma che richiede, ai fini di poter essere applicata alla condotta assunta e tenuta in concreto da taluno che l’ordine emanato sia legittimo. Detta legittimità deve estrinsecarsi sotto due differenti profili da un lato esse deve provenire da un soggetto ex lege «autorizzato» e quindi competente ad emetterlo e, dall’altro, esse deve consistere, ovvero sostenere e garantire un atto il cui contenuto sia rispondente ai principi ordina mentali, ovvero sia caratterizzato dal possedere il requisito della legittimità. Solo allorché ricorrano le due predette, e distinte caratteristiche, l’una riferita al contenuto e l’atra riferita all’autorità emanante, l’articolo 650 del codice sostanziale potrà dispiegare i propri effetti, dapprima di natura deterrente general preventiva e, successivamente sanzionatori special preventiva . Il contenuto dell’analisi del Giudice penale Per procedere all’applicazione della norma incriminatrice il Giudice penale deve necessariamente verificare che l’atto emanato dalla Pubblica Amministrazione, presupposto per l’applicazione della stessa, sia munito delle caratteristiche tipiche, ben note alla giurisprudenza amministrativa, affinché esso possa trovare usbergo nell’ordinamento. Ovvero occorre che il Giudice penale estenda la propria conoscenza alla insussistenza dei tre tipici vizi dell’atto amministrativo, ovvero che esso non sia affetto dai vizi di eccesso di potere, violazione di legge od incompetenza. Solo dopo aver verificato l’insussistenza dei vizi tipici nell’atto amministrativo presupposto, il Giudice penale potrà verificare se la condotta assunta e tenuta dall’imputato integri quella prevista dalla fattispecie astratta e, conseguentemente, applicare la sanzione ivi prevista. Quali limiti all’analisi del Giudice penale? La Corte di cassazione chiarisce, con la pronuncia in commento, come non sussistano limiti per il Giudice penale nel compiere l’analisi circa i requisiti di legittimità dell’atto presupposto. Egli si trova in una condizione che è del tutto equiparabile a quella propria del Giudice amministrativo. Anzi, a ben vedere, egli è dotato di poter addirittura più ampi di quelli assegnati al predetto organo giurisdizionale. Questi è vincolato nella propria attività di giudizio circa la legittimità dell’atto, alle doglianze formulate in ordine allo stesso dalla parte o dalle parti ricorrenti, mentre il Giudice penale deve svolgere l’attività di sindacato di legittimità senza essere assoggettato o contenuto dai limiti costituiti dalle «doglianze» delle parti. In particolare, come indicato dalla Corte nella sentenza in commento, egli deve verificare che l’atto amministrativo presupposto sia stato emesso nel rispetto della norma amministrativa, ovvero che esso non sia stato emesso da autorità competente, in ossequio a norma di legge che ne preveda l’assunzione ed in assenza di eccesso di potere. Un vero e proprio giudizio di legittimità «amministrativa» dell’atto da trasfondersi nel procedimento penale. Anzi un giudizio che pare in qualche modo debba procedere il giudizio penale in senso proprio e ristretto relativo al mero inadempimento dell’ordine emanato dall’autorità da parte dell’imputato. Se al termine del giudizio «amministrativo» il Giudice penale dovesse ritenere presenti nell’atto vizi tipici atti a renderlo illegittimo non potrebbe far altro che dichiararne il contenuto non cogente, anche con riferimento all’obbligo penalmente sanzionata, pur sempre di natura sussidiaria, portato dalla fattispecie astratta dettata dall’articolo 650 c.p Ovvero disapplicare l’atto amministrativo, traendone le dovute conseguenze.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 febbraio – 8 marzo 2012, numero 9157 Presidente Chieffi – Relatore Cassano Ritenuto in fatto 1. Il 18 gennaio 2011 il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, in composizione monocratica, dichiarava S.D.S.C. colpevole della contravvenzione prevista dall'articolo 650 c.p., a lui contestato per essersi reso inottemperante all'ordine legalmente dato dal Comune di Procida con ordinanza del Sindaco del 2.8.2004 numero 151 per motivi di igiene, e lo condannava alla pena di duecento Euro di ammenda. 2.Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, l'imputato, il quale denuncia erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta legalità dell'ordine impartito dal Sindaco di Procida, in realtà emesso in assenza dei presupposti richiesi dalla legge. In subordine chiede l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Osserva in diritto Il ricorso è fondato. 1. In presenza di norme penali che sanzionano l'inottemperanza a un ordine della pubblica amministrazione, il giudice penale deve verificare la legittimità del provvedimento amministrativo presupposto del reato, sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto quello formale, con riferimento a tutti e tre i vizi tipici che possono determinare l'illegittimità degli atti amministrativi, e cioè violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere. 2. L'articolo 650 c.p. è una norma penale in bianco a carattere sussidiario, applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da una specifica disposizione ovvero allorché il provvedimento dell'autorità rimasto inosservato sia munito di un proprio, specifico meccanismo di tutela Sez. I, 14.2.2000, numero 01711 Sez. I, 3.3.2000, numero 2653 . Ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 650 c.p. è necessario che a l'inosservanza riguardi un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia b l'inosservanza attenga ad un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione c il provvedimento emesso per ragioni di giustizia, di sicurezza, di ordine pubblico, di igiene sia adottato nell'interesse della collettività e non di privati individui. Il giudice deve, inoltre, valutare se il provvedimento corrisponde effettivamente alla funzione legale tipica assegnatagli dall'ordinamento e se, per la sua formulazione, sia - in rapporto alla particolare situazione che si intende tutelare - eseguibile nei tempi e nelle modalità descritte. 2. L'ordinanza contingibile ed urgente che, ai sensi dell'articolo 54 d.lgs. 18 agosto 2000 numero 267, il sindaco può emanare in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica o a tutela dell'ambiente, a carattere esclusivamente locale, deve avere come requisito di legittimità formale una motivazione che dia conto dei presupposti concreti previsti dalla legge necessità di immediata e tempestiva tutela di interessi pubblici, come la salute o l'ambiente, che, in ragione della situazione di emergenza, non potrebbero essere protetti in modo altrettanto adeguato, ricorrendo alla via ordinaria Sez. I, 20.10.2010, numero 39830 Sez. I, 16.10. 2007, n 15881 . 3. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di questi principi, in quanto ha omesso di valutare il tenore dell'ordine impartito dal Sindaco di Procida per ragioni di igiene , articolato in due parti. Nella prima, veniva richiamato il contenuto della relazione redatta il 21 luglio 2004 dal Comando dei Vigili Urbani - intervenuti su richiesta dei vicini dell'imputato - del seguente tenore il fondo è incolto e presenta rovi e arbusti che creano disagi alle unità immobiliari di proprietà di O.C. e N.E. , nonché pericoli per eventuali fenomeni di combustione o altri eventi nocivi . Nella seconda l'ordinanza concludeva testualmente occorre intervenire a tutela della salute pubblica e privata . Sulla base di questi elementi è evidente che non sussistevano i presupposti di adozione dell'ordinanza contingibile e urgente, mancando qualsiasi obiettiva indicazione delle ragioni di igiene, poste a tutela della collettività e non di singoli soggetti interessati quali, nel caso di specie, i confinanti, che non consentivano di ricorrere alla via ordinaria e imponevano una pronta tutela degli interessi pubblici a fronte di una condizione di mera trascuratezza di un fondo con vegetazione. L'illegalità dell'ordine, costituente il presupposto del reato, si riflette sulla configurabilità dello stesso. Per tutte queste ragioni s'impone, quindi, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.