Il figlio tossicodipendente picchia sua madre e gli viene imposto il divieto di dimora nella sua città. Solo la Cassazione riconosce lo squilibrio tra incolumità della madre e interessi sociali e lavorativi dell'imputato.
Con la sentenza numero 36265/2011, depositata il 6 ottobre, la Corte di Cassazione ha annullato l'ordinanza che vietava a un tossicodipendente di dimorare nella sua città sede dei suoi affetti, del suo seppur saltuario lavoro e luogo in cui frequentava il S.E.R.T Il caso. L'imputato aveva più volte maltrattato la propria madre percuotendola, ingiuriandola e minacciandola ripetutamente, cagionandole anche delle lesioni personali. Il gip aveva quindi applicato, in via cautelare, la misura del divieto di dimora nel comune di Palermo e del divieto di accedervi senza l'autorizzazione del giudice. Misura poi confermata anche dal Tribunale del Riesame.Tutelare l'incolumità della vittima . Nel ricorso per cassazione, l'imputato contesta la mancata valutazione, in sede di riesame, del suo radicale disagio economico. Infatti, osserva il ricorrente, precludergli l'accesso alla città di Palermo non gli avrebbe consentito di produrre un reddito e, oltre a vivere separato dalla famiglia, non avrebbe potuto nemmeno continuare a frequentare il S.E.R.T .ma non ci deve essere squilibrio con le esigenze dell'imputato. Il Collegio, richiamando una recente decisione della Corte Costituzionale 231/2011 sul tema della custodia cautelare, ha ribadito il principio del minore sacrificio necessario . In pratica, il giudice deve sempre scegliere la misura meno afflittiva tra quelle astrattamente idonee a tutelare le esigenze cautelari ravvisabili . Nel caso di specie, però, tale regola non risulta rispettata, pertanto, l'ordinanza impugnata viene annullata con rinvio ad altro giudice, che valuterà la possibilità di escludere o di contenere la misura adottata, riequilibrando le contrastanti esigenze delle parti.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 22 settembre - 6 ottobre 2011, numero 36265Presidente Mannino - Relatore LanzaRitenuto in fatto e considerato in dirittoL.A. ricorre avverso l'ordinanza 6 maggio 2011 del Tribunale del riesame di Palermo che ha rigettato il riesame del provvedimento del GIP del Tribunale di Palermo del 19 aprile 2011, con il quale è stata disposta la misura del divieto di dimora nel comune di Palermo, nonché la preclusione di accedervi salva l'autorizzazione del giudice, deducendo vizi e violazioni di legge nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.1. la vicenda processuale.Con l'ordinanza 19 aprile 2011 il G.I.P. di Palermo, ritenuta l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza nonché delle esigenze cautelari di cui alla lett. c dell'articolo 274 c.p.p., applicava, al L. la misura del divieto di dimora nel comune di Palermo e del divieto di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice, in ordine alla seguente imputazione provvisoria articolo 81 cpv. e 572 c.p., per avere, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, maltrattato la propria madre T.G. , percuotendola, ingiuriandola e minacciandola ripetutamente, cagionandole altresì in un'occasione, dopo averla afferrata per le braccia e spinta verso una parete, lesioni personali consistite in ematoma braccio ds e sx, trauma contusivo spalla sx, reazione d'ansia . In , dal omissis fino alla data odierna.Il Tribunale del riesame ha confermato la detta statuizione ribadendo, quanto alle esigenze social preventive ed alla adeguatezza e proporzione della misura, tutte le argomentazioni del primo giudice.Lo stesso Tribunale inoltre ha ritenuto non accoglibile la richiesta subordinata di applicazione dell'articolo 282-bis c.p.p., giacché le gravi condotte del L. , improntate ad escandescenze ed atti violenti, collegati anche allo stato di tossicodipendenza, appaiono tali da non potere essere ragionevolmente impedite o infrenate dai limitati e difficili controlli territoriali - in una città come, Palermo - propri della prospettata misura ad es., quelli di cui al comma 2 della norma citata.In proposito il giudice cautelare ha richiamato una decisione di questa sezione Cass., sez. VI, 20.9.1999, Ancona, r.v. 214328 la quale ha ribadito che il coefficiente di pericolosità per le condizioni di base della civile convivenza e della sicurezza collettiva, connaturale a taluni illeciti gravi come quello in esame, giustifica il non irragionevole bilanciamento, previsto dal legislatore, tra le esigenze cautelari e le contrapposte esigenze di vita costituzionalmente protette , anche i tema di difficoltà di alloggio.Per tali ragioni il Tribunale del riesame ha considerato subvalenti le esigenze, rappresentate dalla difesa, in ordine agli attuali problemi economici ed abitativi dell'indagato, nel bilanciamento con le condizioni di base della civile convivenza e della sicurezza della parte offesa peraltro, madre dell'indagato stesso.2. i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.Con un unico motivo di impugnazione si prospetta vizio di motivazione e violazione di legge in relazione al principio di gradualità quale stabilito dall'articolo 275 comma 2 c.p.p In particolare il ricorrente lamenta che la decisione del Tribunale del riesame non abbia tenuto conto del radicale disagio economico dell'indagato il quale, una volta precluso il suo accesso alla città di Palermo, non sarebbe più in condizione di produrre il necessario reddito, derivantegli dalla sua saltuaria attività di cuoco, sarebbe costretto a vivere separato dal suo nucleo familiare e non potrebbe più frequentare il S.E.R.T Inoltre il ricorso contesta il negativo giudizio di personalità ed i precedenti di vita del ricorrente e segnala che la massima del Supremo collegio richiamata faceva riferimento a reati di estrema gravità quali quelli di cui agli articolo 416 bis c.p. e 629 c.p Il motivo, vera tale ultima affermazione, è fondato e merita accoglimento nei termini che ora si indicheranno.Con recente decisione 231/2011 la Corte costituzionale, sul tema della custodia cautelare, ha ribadito il principio dello standard del minore sacrificio necessario evidenziando che la compressione della libertà personale deve essere contenuta entro i limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto.Per la Corte delle leggi ciò impegna il legislatore da una parte, a strutturare il sistema cautelare secondo il modello della pluralità graduata , predisponendo una gamma di misure alternative, connotate da differenti gradi di incidenza sulla libertà personale dall'altra, a prefigurare, in corrispondenza, criteri per scelte individualizzanti del trattamento cautelare, coerenti e adeguate alle esigenze configurabili nei singoli casi concreti.Inoltre, a fronte della tipizzazione di un ventaglio di misure, di gravità crescente articolo 281-285 , il criterio di adeguatezza articolo 275, comma 1 - dando corpo al principio del minore sacrificio necessario - impone al giudice di scegliere la misura meno afflittiva tra quelle astrattamente idonee a tutelare le esigenze cautelari ravvisabili nel caso di specie.Orbene nella vicenda tale regola non risulta essere stata rispettata, posto che la preclusione all'accesso all'intero territorio urbano della città di Palermo è stata drasticamente formulata senza una adeguata motivazione della particolare estensione del divieto stesso, avuto riguardo alla specifica marcata afflittività della misura la quale, secondo la prospettazione difensiva, cui peraltro non è seguita congrua risposta da parte dei giudici di merito, ha determinato nel ricorrente a l'impossibilità dell'utile espletamento di una attività lavorativa b la non presentazione ed utilizzo dei servizi del S.E.R.T. c la separazione dal proprio nucleo familiare.Rileva in proposito la Corte la carenza di motivazione in punto di adeguatezza della misura, avuto riguardo all'obiettivo di proteggere l'incolumità della madre del ricorrente, la quale peraltro vive e si muove in un ambito territorialmente ristretto del comune di Palermo, con conseguente squilibrio tra totalità di estensione del divieto e contenutezza dell'area, socio-ambientale interessata ai movimenti ed alla presenza della madre del L. , persona da salvaguardare.Si impone pertanto l'annullamento con rinvio ad altro giudice, il quale, nel rispetto della regola dianzi formulata, valuti la possibilità di escludere - diversamente motivando - oppure di contenere la misura adottata, indicando un ambito territoriale del divieto, il quale contemperi le contrastanti esigenze delle parti, così assumendo una decisione sì funzionale alle esigenze di tutela della vittima, ma del pari idonea per consentire lo svolgimento, anche limitato, da parte del ricorrente, delle attività e delle relazioni familiari dianzi prospettate.La gravata ordinanza va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Palermo per nuovo esame che tenga conto delle regole dianzi formulate.P.Q.M.Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Palermo per nuovo esame.