Confermato in via definitiva il provvedimento adottato dalla scuola. Evidente la gravità della condotta tenuta in pubblico dal docente.
Solo una sospensione per il docente che nega la Shoah. Confermata però dai giudici l’entità della sanzione decisa dall’istituto scolastico, cioè cinque mesi a casa e senza stipendio. La vicenda risale a due anni fa, quando un docente, davanti a circa duecento studenti, interrompe una rappresentazione teatrale sulla Shoah e ad alta voce contesta fatti e numeri relativi alle vittime dello sterminio degli ebrei nei campi di concentramento nazisti, definendo quelle cifre “non storia ma ideologia”. Inevitabile il clamore mediatico, inevitabile lo strascico giudiziario. Quello penale, relativo all’ accusa di propaganda di idee razziste , si chiude con l’archiviazione decisa dal GIP. Quello civile, invece, che giunge fino in Cassazione, riguarda il provvedimento adottato dalla scuola nei confronti del docente, ossia la sospensione – dal lavoro e dalla retribuzione – per ben cinque mesi. A ritenere legittima la linea dura dell’istituto scolastico sono già i giudici di merito, i quali respingono le obiezioni proposte dal docente, ritenuto colpevole di una condotta « lesiva dell’immagine dell’istituzione scolastica e dell’amministrazione e del rapporto fiduciario con studenti e famiglie e, perciò, tale da integrare la violazione dei doveri di responsabilità e correttezza della funzione docente». Impossibile, quindi, sempre secondo i giudici di merito, ritenere non proporzionata la sanzione decisa dalla scuola, vista «la gravità del contrasto con la funzione docente chiamata a promuovere, anzitutto con l’esempio, il valore della conoscenza ed il principio della libera manifestazione del pensiero, nella fondamentale ottica del reciproco rispetto e del confronto civile». A chiudere il contenzioso provvedono ora i magistrati di Cassazione, sancendo in via definitiva la legittimità del provvedimento disciplinare adottato dalla scuola nei confronti del docente. Ciò perché è ritenuta lampante la gravità della condotta tenuta in pubblico dal professore, condotta «in contrasto con la funzione docente e tale da pregiudicare l’immagine dell’istituzione scolastica».
Presidente Marotta – Relatore DeMarinis Fatti di causa Con sentenza dell'11 ottobre 2024, la Corte d'Appello di Milano confermava la decisione resa dal Tribunale di Milano e rigettava la domanda proposta da M.P. nei confronti del Ministero dell'Istruzione e del Merito e dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia – Ambito Territoriale della Provincia di Milano, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità della sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per mesi 5 irrogatagli per aver interrotto una rappresentazione teatrale sulla Shoa tenutasi il (OMISSIS), giorno della memoria, contestando, ad alta voce e davanti a tutti i partecipanti, fatti e numeri relative alle vittime dello sterminio, condotta riguardata come lesiva dell'immagine dell'istituzione scolastica e dell'Amministrazione e del rapporto fiduciario con studenti e famiglie e , perciò, tale da integrare la violazione dei doveri di responsabilità e correttezza della funzione docente nonché. In subordine, l'applicazione di una sanzione conservativa non implicante la decurtazione della retribuzione ed. in ulteriore subordine, la mera riforma della condanna alle spese del giudizio pronunziata a suo carico in primo grado. La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto la decisione del primo giudice del tutto immune dalle censure svolte dall'istante quanto alla sussistenza della condotta addebitata, al di là della diversa ricostruzione della vicenda da parte del medesimo, volta a minimizzare la rilevanza di una parte integrante e significativa della commemorazione ed al giudizio di proporzionalità della sanzione, stante la gravità del contrasto con la funzione docente chiamata a promuovere, anzitutto con l'esempio, il valore della conoscenza ed il principio della libera manifestazione del pensiero, nella fondamentale ottica del reciproco rispetto e del confronto civile e tenuto conto altresì dei precedenti disciplinari dell'istante. - Per la cassazione di tale decisione ricorreva il M.P., affidando l'impugnazione a due motivi, in relazione alla quale degli intimati il solo Ministero si è costituito limitandosi peraltro al rilascio della delega per la difesa nell'eventuale udienza di discussione della causa. - Alla proposta di definizione del ricorso ex articolo 380-bis c.p.c. il ricorrente ha proposto opposizione, insistendo per la decisione della causa. Ragioni della decisione Il Collegio condivide le argomentazioni espresse in sede di proposta definizione anticipata, rispetto alla quale, peraltro, il ricorrente si è limitato a chiedere la decisione limitandosi ad esprimere il proprio dissenso, senza formulare alcuna puntuale critica ovvero osservazione. Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell' articolo 115 c.p.c. imputa alla Corte territoriale di non aver adeguatamente motivato in ordine alla mancata ammissione dei mezzi istruttori offerti a supporto della propria lettura della condotta addebitata e degli accadimenti a quella successivi. Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell' articolo 7 l. n. 300/1970 , il ricorrente lamenta la non conformità a diritto della valutazione operata dalla Corte territoriale della proporzionalità della sanzione tenendo conto dei precedenti disciplinari la cui rilevanza doveva ritenersi esclusa per il superamento del limite temporale del biennio che la norma invocata prevede possa essere preso in considerazione agli effetti della recidiva. Il primo motivo si rivela inammissibile innanzitutto per non essere state riportate nel ricorso le istanze istruttorie alle quali entrambi i giudici del merito non hanno dato seguito; nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato l'orientamento per cui il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un'istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di esso, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, che la Corte di Cassazione deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. fra le tante Cass. n. 19985/2017 ; Cass. n. 6928/2025 ) Si deve aggiungere che spetta al giudice di merito la selezione e valutazione delle prove a base della decisione, l'individuazione delle fonti del proprio motivato convincimento, l'assegnazione di prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, senza necessità di esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga non rilevante e di enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni; infatti il giudizio di cassazione non è strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, ai fini di un loro riesame (cfr. Cass. n. 5412/2025 ed i precedenti ivi richiamati in motivazione). Muovendo da questa premessa questa Corte ha precisato che nel giudizio di cassazione è consentito unicamente di denunciare, ex articolo 360, n. 4, c.p.c. , la violazione del diritto alla prova allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l'inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine all'attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione, con la conseguenza che è inammissibile il ricorso che non illustri la decisività del mezzo di prova di cui si lamenta la mancata ammissione (cfr. Cass. n. 30810/2023 ). - Nella specie, a fronte della motivazione della sentenza impugnata nella quale si dà atto che il comportamento di rilevanza disciplinare, oltre ad essere nella sostanza incontestato, risultava con evidenza dalle registrazioni acquisite agli atti, il ricorso che non riporta il contenuto delle richieste istruttorie, non rispetta gli oneri sopra indicati e non indica le ragioni per le quali le prove non ammesse dovevano essere ritenute decisive in quanto idonee ad invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie valorizzate dal giudice di merito (cfr. fra le tante Cass. n. 18072/2024 ) - Il secondo motivo risulta manifestamente infondato per aver la Corte territoriale espresso il giudizio di proporzionalità tenendo conto di una pluralità di elementi oggettivi e soggettivi e non limitandosi a richiamare le precedenti sanzioni, che sono state apprezzate al solo fine di avvalorare ulteriormente la valutazione già espressa in termini di gravità sulla condotta, ritenuta in contrasto con la funzione docente e tale da pregiudicare l'immagine dell'istituzione scolastica. - La Corte territoriale non è incorsa nella denunciata violazione dell' articolo 7 l. n. 300/1970 giacché da tempo questa Corte ha affermato che “il principio di cui all' articolo 7, ultimo comma, l. n. 300/1970 , secondo il quale non può tenersi conto, ad alcun effetto, delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione, non vieta di considerare fatti non contestati e, collocantisi a distanza anche superiore ai due anni dal recesso, quali circostanze confermative della significatività di altri addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità, o meno, del correlativo provvedimento sanzionatorio dell'imprenditore.” (Cfr. Cass. n. 14453/2017 e negli stessi termini fra le tante Cass. n. 8803/2020 ); si tratta di principio che, seppure affermato in relazione alla sanzione espulsiva, può essere esteso anche a quella conservativa che, come la prima, deve essere graduata in relazione alla gravità del fatto nelle sue componenti oggettive e soggettive. - Il ricorso va, dunque, rigettato senza attribuzione delle spese per non aver il Ministero, pur intimato, svolto alcuna concreta attività difensiva, limitandosi a depositare un mero atto di costituzione ai fini della partecipazione all'udienza pubblica. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di euro 800,00 ex articolo 96, comma 4, c.p.c . Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.