«Ai fini della sussistenza dell’aggravante del reato di maltrattamenti commessi in presenza di un minore, il giudice, a prescindere dal numero degli episodi di violenza intrafamiliare, deve accertare la qualità dell’episodio (o degli episodi) cui il minore assiste, verificandone la idoneità a determinare uno stato di sofferenza, fisica o psicologica, indotto dalle relative modalità di realizzazione».
La Cassazione affronta uno tra i più rilevanti nodi ermeneutici legati al delitto di maltrattamenti in famiglia , ex articolo 572 c.p. ; ossia la portata applicativa dell' aggravante prevista dal secondo comma, quando la condotta maltrattante sia commessa in presenza di minore . Vi è infatti un contrasto giurisprudenziale che concerne, in particolare, la nozione di “fatto” e il rapporto tra la struttura abituale del reato di maltrattamenti e l'esposizione del minore ad un singolo episodio di violenza, valutata in termini di potenziale lesività sul processo di crescita. I fatti La Corte di Appello di Bari confermava la condanna per i reati di estorsione e maltrattamenti in famiglia aggravati dalla presenza della nipotina di sette anni . Nel corso di uno di vari episodi maltrattanti, l'imputato strattonava e colpiva con calci la propria madre alla presenza della minore, che ne riportava effetti psicologici meritevoli di sostegno clinico. L'imputato ricorreva per Cassazione, a mezzo del proprio difensore, denunciando la violazione dell' articolo 572, comma 2, c.p. , in quanto la “presenza del minore” si sarebbe verificata in un solo episodio e non in un contesto di abitualità, elemento essenziale ai fini dell'integrazione della fattispecie del reato di maltrattamenti in famiglia. Il contrasto giurisprudenziale La Suprema Corte, nel rigettare i motivi di ricorso, coglie l'occasione per suggerire una possibile soluzione a un contrasto giurisprudenziale della medesima Sesta Sezione Penale. Secondo un primo orientamento, avallato da talune recentissime pronunce di legittimità, si riteneva che per configurare l'aggravante fosse necessario che il minore avesse assistito a più condotte maltrattanti, in ragione del carattere abituale del reato. Un diverso indirizzo ermeneutico - condiviso dalla sentenza in commento - ai fini dell'integrazione della suddetta aggravante, ha ritenuto sufficiente anche un solo episodio, purché idoneo a provocare un concreto pregiudizio alla serenità e allo sviluppo del minore , soggetto vulnerabile e portatore di un interesse diretto alla tutela. La ratio dell'aggravante Il Collegio evidenzia come per quanto il primo orientamento giurisprudenziale sia contraddistinto « innegabile la correttezza formale (…) che risulta ancorata al dato testuale e rispettosa del principio di tipicità », la definizione della portata applicativa dell'aggravante in esame debba comunque parametrarsi con le norme di diritto convenzionale e con la ratio della legge 69/2019 . Il riferimento è alla (cd. Convenzione di Istanbul del 2011) che imponeva agli Stati membri la previsione della circostanza aggravante per il fatto del reato commesso « su un bambino o in presenza di un bambino ». In questi termini, l'interpretazione che richiede l'abitualità della esposizione alla violenza domestica si tradurrebbe «in un “arretramento” della soglia di punibilità, a svantaggio della vittima » e in netto contrasto con le intenzioni legislative della successiva riforma del 2019 Oltre il formalismo: il primato della tutela effettiva La Corte critica, con equilibrata fermezza, la tesi di chi, ancorandosi alla materialità dell' abitualità , priverebbe di effettività la protezione del minore rispetto a un singolo episodio di violenza pur se altamente impattante. E invero, a giudizio della Cassazione, la nozione di “fatto” dell'aggravante di cui all' articolo 572, comma 2 c.p. , deve essere intesa in chiave di lettura “sostanziale” : nel senso che ciò che rileva non è la serialità degli eventi, bensì la loro capacità lesiva. Pretendere la reiterazione significherebbe subordinare la protezione del minore a una soglia quantitativa, ignorando il possibile impatto qualitativo e immediato che un singolo episodio può generare sulla psiche del soggetto fragile. La sentenza ritiene comunque che l'eventuale singolo grave episodio impone un accertamento concreto ed effettivo dello stato di sofferenza fisica e psicologica subita dal minore. Conclusioni La sentenza, pur distante dai corollari della tipicità, fornisce una propria soluzione ermeneutica che probabilmente imponeva una definizione nomofilattica dalle Sezioni Unite della medesima Corte. In primiis per l'innegabile contrasto giurisprudenziale , acuito dalla predominanza dell'orientamento interpretativo disatteso dalla Corte. Secondariamente proprio perché il corpo motivazionale ha coinvolto aspetti interpretativi relativi persino alla ratio legis delle riforme susseguitesi nel tempo, si imponeva perciò una maggior riflessione sistematica che tenesse conto del principio di tipicità rispetto alle circostanze esterne al fatto di reato.
Presidente De Amicis - Relatore Giordano Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.