Nelle cause connesse scindibili l’evento interruttivo relativo ad una delle parti non produce effetti nei confronti delle altre

Ad avviso della Suprema Corte, nel caso di trattazione unitaria o di riunione di procedimenti relativi a cause scindibili, l’evento interruttivo riguardante una delle parti ha efficacia esclusivamente in riferimento al procedimento di cui è parte il soggetto colpito dall’evento, senza estendersi agli altri procedimenti connessi.

I fatti di causa Il Comune di Zeta otteneva nei confronti di Tizio e Caio una ingiunzione di pagamento per il recupero delle spese effettuate per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi abbandonati sul terreno di proprietà di uno di questi ultimi. Avverso il decreto monitorio, con separati atti, gli ingiunti proponevano opposizione, successivamente rigettate dal Tribunale. Avverso tale sentenza, i due opponenti proponevano due distinte impugnazioni dinanzi alla Corte di Appello, che poco dopo ne disponeva la riunione . Durante il corso del procedimento di appello, il difensore di Caio depositava istanza di interruzione del procedimento stante il sopravvenuto decesso della parte rappresentata. L’intero processo veniva dichiarato interrotto. Decorsi tre mesi dall’interruzione, il legale di Tizio depositava istanza di riassunzione del processo interrotto. La Corte d’Appello ha dichiarato l’ estinzione del processo d’appello con riferimento ad entrambi i giudizi riuniti sulla base dei seguenti motivi: con riferimento al procedimento promosso dal defunto Caio, il procedimento doveva ritenersi estinto non essendo intervenuta alcuna riassunzione da parte dei rispettivi eredi; quanto al giudizio promosso da Tizio, il procedimento doveva ritenersi estinto essendo la riassunzione stata proposta oltre il termine previsto dall’articolo 305 c.p.c.; non troverebbe applicazione il principio sostenuto da Tizio per cui, nel caso di riunione di più procedimenti relativi a cause scindibili, l’evento interruttivo che riguardi una di esse ha efficacia solo con riferimento al procedimento di cui è parte il soggetto colpito dall’evento.   Avverso tale decisione, il legale ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi ad un unico motivo. Nello specifico, Tizio ha lamentato la violazione o falsa applicazione degli articolo 103, 300, 305, 307 e 332 c.p.c. nonché dell’articolo 111 Cost., in relazione all’articolo 360, co. 1, n. 3 c.p.c. per aver il Giudice dell’appello erroneamente dichiarato estinto l’intero procedimento, nonostante sia principio consolidato di Codesta Suprema Corte che, nell’ipotesi di trattazione unitaria o di riunione di procedimenti relativi a cause scindibili, l’evento interruttivo relativo ad una sola delle parti non spiega effetto alcuno nei confronti delle altre, le quali non sono tenute a riassumere il processo. La decisione della Suprema Corte Con riferimento all’unico motivo di impugnazione, la Suprema Corte ne ha ritenuto la fondatezza evidenziando come, nella ipotesi di specie configurante una ipotesi di litisconsorzio facoltativo , l’evento interruttivo che colpisca una delle parti non si estende automaticamente all’intero processo, ma interessa solo la causa a cui partecipava la parte colpita dall’evento. Il giudice di legittimità, richiamando dei propri precedenti (Cass., S.U., n. 15142/2007; Cass. n. 4684/2020; Cass. n. 8123/2020) ha affermato che in caso di trattazione unitaria o di riunione di procedimenti relativi a cause connesse e scindibili , l’evento interruttivo relativo a una parte opera solo per il procedimento che la riguarda, con conseguente diritto delle altre parti a veder proseguito il processo. Tuttavia, l’altra causa, non colpita dall’evento, rimarrebbe in una “fase di stallo” o di “rinvio”, che, come tale, necessita di un impulso di parte per essere riattivata. Il Giudice di legittimità, su tale ultimo aspetto, richiamando un proprio precedente (Cass. n. 16883/2025), in ossequio al carattere dispositivo del processo civile, ha ritenuto imprescindibile a che la parte non colpita dall’evento interruttivo proponga istanza di riassunzione, analogamente a quanto prescritto dall’articolo 289 c.p.c., entro il termine perentorio di sei mesi dal provvedimento dichiarativo dell’interruzione. In conformità a tale ultimo principio, la Suprema Corte ha ritenuto l’istanza di riassunzione proposta da Tizio pienamente tempestiva , non essendo a quel momento ancora scaduto il termine semestrale sia dalla data della notificazione dell’evento interruttivo, sia alla data del provvedimento dichiarativo dell’interruzione.

Presidente Scrima – Relatore Spaziani Fatti di causa 1. Nel 2010 il Comune di Piombino ottenne dal Tribunale di Livorno, Sez. distaccata di Piombino, un decreto ingiuntivo nei confronti Ro.Fl. e Ri.Ia. per il recupero delle spese effettuate per lo smaltimento, a mezzo dell'Azienda di Servizi per l'Igiene Urbana, dei rifiuti pericolosi abbandonati su un terreno di cui la prima era proprietaria e su cui il secondo gestiva un maneggio. Il provvedimento fu opposto da entrambi gli ingiunti dinanzi allo stesso ufficio giudiziario che – dopo avere autorizzato la chiamata in causa di Se.Fr. (indicata da Ri.Ia. quale effettiva gestrice del maneggio, nonché responsabile dell'inquinamento) – rigettò entrambe le opposizioni con sentenza n. 667/2014. 2. Avverso questa sentenza i due opponenti proposero separate impugnazioni dinanzi alla Corte d'Appello di Firenze, che le riunì all'udienza del 3 novembre 2015. In data 6 marzo 2018, il difensore di Ri.Ia. depositò in via telematica istanza di interruzione del processo per il sopravvenuto decesso della parte rappresentata e la notificò a tutte le controparti. All'udienza del 3 aprile 2018, già fissata per la precisazione delle conclusioni, fu dichiarata l'interruzione del processo. In data 18 giugno 2018, il difensore di Ro.Fl. depositò istanza di riassunzione del processo interrotto. Costituitasi Se.Fr., rimessa la causa in decisione e concessi i termini per le comparse conclusionali e le memorie di replica, la Corte d'Appello, con sentenza 2 aprile 2020, n.728 , ha dichiarato l'estinzione del processo d'appello con riferimento ad entrambi i giudizi riuniti. La Corte fiorentina ha deciso sulla base dei seguenti rilievi Iquanto al giudizio promosso dal defunto Ri.Ia., la declaratoria di estinzione seguiva all'omessa riassunzione dello stesso da parte dei suoi eredi, avendo Ro.Fl. limitato la riassunzione a quella, tra le cause riunite, alla cui prosecuzione era interessata; ciò, in conformità al principio per cui la riunione degli appelli avverso la stessa sentenza non fa venir meno l'autonomia dei singoli giudizi, sicché, in caso di interruzione del processo concernente più cause riunite per ragioni di connessione, la parte interessata alla prosecuzione di una di esse non ha l'onere di riassumerle tutte, ma può lasciare estinguere le altre; IIquanto al giudizio proposto da Ro.Fl., la declaratoria di estinzione seguiva, invece, alla tardiva riassunzione, avendo essa depositato l'atto di riassunzione dopo la scadenza del termine perentorio di tre mesi dall'interruzione (termine previsto dall' art.305 cod. proc. civ. , nella formulazione modificata dalla legge n. 69 del 2009 , applicabile ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009); ciò, in conformità al principio per cui l'evento della morte o della perdita della capacità processuale della parte costituita che sia stato dichiarato in udienza o notificato alle altre parti dal suo difensore, determina l'interruzione del processo dal momento di questa dichiarazione o notificazione sicché il termine per la riassunzione decorre da tale momento, non assumendo rilievo, invece, il momento successivo in cui sia adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione, avente natura meramente ricognitiva ; nella fattispecie, poiché il difensore di Ri.Ia. aveva notificato l'evento interruttivo alle altre parti in data 6 marzo 2018, il termine trimestrale per la riassunzione decorreva da quella data e non da quella successiva (3 aprile 2018) in cui era stato emesso il provvedimento dichiarativo dell'avvenuta interruzione; esso termine era dunque inesorabilmente scaduto alla data del deposito dell'atto di riassunzione (18 giugno 2018); IIInon trovava applicazione, inoltre, il principio, invocato dall'appellante-riassumente, secondo cui, nel caso di riunione di più procedimenti relativi a cause scindibili, con conseguente litisconsorzio meramente facoltativo tra le parti dei singoli procedimenti, l'evento interruttivo che riguardi una di esse ha efficacia solo in riferimento al procedimento di cui è parte il soggetto colpito dall'evento, con conseguente facoltà per il giudice di separare le cause e dichiarare l'interruzione solo di quella promossa dal predetto soggetto; nel caso concreto, infatti, essa Corte aveva omesso di esercitare questa facoltà e aveva invece dichiarato l'interruzione di tutto il processo, sicché, esclusa la possibilità che il giudizio promosso da Ro.Fl. proseguisse in difetto di un atto di riassunzione (possibilità non considerata dalla stessa parte interessata, che aveva invece proceduto alla riassunzione medesima), doveva necessariamente ritenersi che essa avesse l'onere di riattivarlo tempestivamente, nel rispetto del termine trimestrale dalla data della notificazione dell'evento interruttivo. 3. Per la cassazione della sentenza della Corte fiorentina ricorre Ro.Fl., sulla base di un unico, articolato motivo. Risponde con controricorso il Comune di Piombino. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale. Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte. Il solo controricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso viene denunciata, ai sensi dell' articolo 360 n. 3 cod. proc. civ. , la violazione degli articolo 103, 300, 305, 307 e 332 cod. proc. civ. , nonché dell' articolo 111 Cost. , per avere la Corte d'Appello dichiarato estinto il procedimento per una presunta tardività dell'atto di riassunzione depositato dall'appellante Ro.Fl. in relazione ad un processo che non andava neppure interrotto . La ricorrente rammenta il principio (affermato da Cass., Sez. Un., n.15142/2007 e ribadito da successive pronunce a sezione semplice), secondo cui, in caso di trattazione unitaria o di riunione di procedimenti relativi a cause scindibili, con conseguente litisconsorzio facoltativo tra le parti dei singoli procedimenti confluiti in un unico processo, l'evento interruttivo relativo ad una delle parti di una o più delle cause connesse non spiega effetto nei confronti delle altre. Osserva che, verificatasi tale evenienza, il giudice non ha l'obbligo ma la mera facoltà di disporre la separazione dei procedimenti e che, tuttavia, a prescindere dall'esercizio o meno di questa facoltà, l'interruzione non può essere dichiarata per l'intero processo ma solo nei confronti della parte colpita dall'evento, sicché, anche laddove la separazione non venga disposta, le altre parti non sono tenute a riassumere il processo. Sostiene che, pertanto, qualora la riassunzione non sia tempestivamente effettuata nell'interesse della parte colpita dall'evento interruttivo, l'estinzione si verifica nei soli riguardi di quest'ultima, continuando il processo in confronto degli altri litisconsorti. 1.1. Il motivo è fondato. 1.1.a. Questa Corte, nel suo massimo consesso, ha affermato il principio secondo cui, nell'ipotesi di litisconsorzio facoltativo, quale quello che si determina nel giudizio promosso verso più coobbligati solidali, la verificazione di una causa di interruzione relativa ad uno di essi non ha effetto nei confronti degli altri ( Cass., Sez. Un., 5/07/2007, n. 15142 ). In tal caso, il giudice può esercitare il potere attribuitogli dall' articolo 103, secondo comma, cod. proc. civ. di disporre la separazione delle cause, ma, ove non si avvalga di tale potere, la mancata riassunzione della lite nel termine fissato dall' articolo 305 cod. proc. civ. non impedisce l'ulteriore prosecuzione del processo nei confronti dei litisconsorti non colpiti dall'evento interruttivo ( Cass. 21/02/2020, n. 4684 ). In altri termini, dal momento che l'evento interruttivo ha effetto solo nei riguardi della parte che ne è colpita, le altre parti, anche se il giudice non disponga la separazione delle cause, non sono tenute a riassumere nel termine fissato dall' articolo 305 cod. proc. civ. il processo che nei loro confronti non si è mai interrotto; pertanto, qualora la riassunzione non sia stata tempestivamente effettuata dalla parte colpita dal suddetto evento, l'estinzione si verifica solo nei confronti di quest'ultima, continuando il processo relativamente agli altri litisconsorti ( Cass. 23/04/2020, n. 8123 ; cfr., altresì, a contrario, Cass.29/12/2023, n. 36420 , secondo cui l'integrale estinzione del processo a seguito dell'interruzione dello stesso conseguente ad un evento relativo ad uno solo dei convenuti, si determina nella contraria ipotesi di litisconsorzio necessario processuale). 1.1.b. L'orientamento prevalso all'esito della citata sentenza 5/07/2007 n. 15142 delle Sezioni Unite va condiviso, militando in tal senso – oltre la rilevata efficacia relativa dell'interruzione che colpisce una sola delle parti della pluralità di cause connesse scindibili –, da un lato, il rilievo che la soluzione opposta darebbe luogo all'irragionevole implicazione per cui l' error in procedendo del giudice (il quale abbia indebitamente dichiarato l'interruzione di tutto il processo) determinerebbe la nascita di un non previsto onere processuale per la parte; dall'altro lato, la considerazione che il provvedimento dichiarativo dell'interruzione del processo (come, del resto, esattamente ritenuto nel caso in esame dalla stessa Corte fiorentina, allorché essa ha individuato il dies a quo del termine per la riassunzione nel momento della dichiarazione o notificazione dell'evento interruttivo ad opera del difensore della parte, anziché in quello successivo dell'adozione del provvedimento giudiziale) ha natura meramente ricognitiva di un effetto già precedentemente verificatosi; pertanto, la circostanza che per effetto di tale provvedimento, in mancanza di separazione della causa non colpita dall'evento, la ricognizione dell'effetto interruttivo venga erroneamente estesa a tutto il processo, non incide sul fatto che l'effetto interruttivo si produce, in sostanza, a far tempo dalla data precedente della dichiarazione o notificazione dell'evento, esclusivamente a carico del giudizio di cui è parte il litisconsorte interessato dall'evento medesimo, mentre l'altro (o gli altri) proseguono in quanto non interrotti. 1.1.c. Va però precisato, che, se, da un lato, a seguito della citata decisione delle Sezioni Unite, deve reputarsi definitivamente superato l'antico indirizzo secondo cui l'error in procedendo commesso dal giudice comporterebbe comunque un onere di riassunzione entro il termine di legge nei confronti di tutte le parti (indirizzo evocato in memoria dal Comune controricorrente, attraverso la citazione del risalente arresto di Cass. n. 4412/2004 ), dall'altro lato, non può essere tuttavia elusa la necessità di ancorare la ripresa del giudizio (pur erroneamente) dichiarato interrotto nella sua interezza ad un atto di impulso della parte interessata, la cui inerzia, stante il carattere del processo civile quale processo dispositivo ad impulso di parte, condurrebbe comunque all'estinzione anche della causa non interessata dall'evento (e dall'effetto) interruttivo. Avuto riguardo a tale esigenza, la Sezione Seconda di questa Corte ha recentemente riaffermato che, in caso di trattazione unitaria di più procedimenti relativi a cause connesse scindibili, sebbene – in conformità a quanto statuito da Cass., Sez. Un., 5 luglio 2007, n. 15142 – l'evento interruttivo relativo ad una delle parti di una o più delle cause connesse operi di regola solo in riferimento al procedimento di cui è parte il soggetto colpito dall'evento (con la conseguenza che, in una simile ipotesi, l'eventuale ordinanza che dichiari interrotto il processo produce gli effetti di cui agli articolo 300 e ss. cod. proc. civ. esclusivamente con riferimento alla causa in cui si è verificato l'evento interruttivo), tuttavia l'altra causa, ove non separata, resterebbe in una fase di stallo o di rinvio (destinata a cessare per effetto della riassunzione della causa interrotta o dell'estinzione di essa) e potrebbe rivitalizzarsi e proseguire solo grazie ad un impulso di parte, essendo comunque imprescindibile che la parte interessata proponga istanza di riassunzione (analogamente a quanto previsto dall' articolo 289 cod. proc. civ. ) entro il termine perentorio di sei mesi dalla dichiarazione di interruzione, verificandosi, in assenza di tale istanza, l'estinzione del giudizio ( Cass., Sez. 2, 24/06/2025, n.16883 ). 1.1.d. L'illustrato indirizzo giurisprudenziale esprime condivisibilmente, come detto, l'ineludibile esigenza di ancorare la ripresa di un giudizio, erroneamente dichiarato interrotto nella sua interezza, ad un atto di impulso della parte interessata, essendo estranea al sistema del processo civile – che non ha struttura inquisitoria ma dispositiva – la configurabilità di un impulso officioso. L'orientamento in esame, mentre da un lato, condivisibilmente esclude, con tutta evidenza, l'applicabilità del termine perentorio trimestrale dalla dichiarazione in udienza o dalla notificazione alle altre parti dell'evento interruttivo, ai sensi del combinato disposto degli articolo 300 e 305 cod. proc. civ. , dall'altro lato consente di riconoscere un fondamento dogmatico all'opinione – peraltro, tutt'altro che inedita nelle pronunce di questa Corte sui rimedi al provvedimento di interruzione emesso in difetto del presupposto richiesto dall' articolo 300 cod. proc. civ. (cfr., ad es., Cass. n. n. 32228/2018 e, in epoca più risalente, Cass. n. 24546/2009 ) – che onera la parte non colpita dall'evento interruttivo di proporre l'atto d'impulso nel termine perentorio di sei mesi dal provvedimento dichiarativo dell'interruzione, ad istar della disciplina stabilita dall' articolo 289 cod. proc. civ. 1.1.e. Nel caso in esame, avendo l'evento interruttivo (dichiarato il 6 marzo 2018) colpito esclusivamente Ri.Ia., la Corte di merito, previa eventuale separazione delle cause, con il provvedimento del 3 aprile 2018 avrebbe dovuto circoscrivere la declaratoria di interruzione al solo giudizio da lui promosso, senza estenderla a quello introdotto da Ro.Fl., il quale dunque sarebbe proseguito, senza potere andare incontro ad un provvedimento di estinzione, pure in mancanza di riassunzione nel termine da parte degli eredi della parte deceduta. In conformità al principio da ultimo richiamato – dato atto che il giudizio non interrotto era entrato in una situazione di stallo da cui sarebbe potuto uscire, rivitalizzandosi , solo in seguito ad un atto d'impulso ad opera della parte interessata –, deve poi ritersi che tale atto avrebbe dovuto essere compiuto nel termine di sei mesi dalla dichiarazione di interruzione, ai sensi dell'art. cod. proc. civ.; pertanto, l'atto di riassunzione posto in essere da Ro.Fl. in data 18 giugno 2018 deve comunque reputarsi tempestivo, non essendo a quel momento ancora scaduto il termine semestrale rispetto sia alla data della notificazione dell'evento interruttivo (6 marzo 2018), sia, a fortiori, alla data del provvedimento dichiarativo dell'interruzione (3 aprile 2018). 2. Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Firenze, in diversa composizione, la quale provvederà sul merito del gravame proposto da Ro.Fl. avverso la sentenza n. n.667/2014 del Tribunale di Livorno, Sezione distaccata di Piombino. La Corte territoriale provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità ( art.385, terzo comma, cod. proc. civ. ). P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'Appello di Firenze, in diversa composizione. Così deciso in Roma il 17 settembre 2025. Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2025.