Quando è possibile sostituire gli arresti domiciliari con misure meno afflittive?

In tema di misure cautelari personali, la Cassazione ribadisce che la sostituzione degli arresti domiciliari richiede rigorosa valutazione della recidiva, della personalità e delle esigenze cautelari.

La sentenza in esame, pronunciata dalla Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione in data 16 ottobre 2025, affronta il tema della sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari con una misura meno afflittiva , a seguito di ricorso presentato ex articolo 310 c.p.p. avverso il rigetto dell'istanza da parte del Tribunale di Ancona. Il ricorrente, indagato per tentata rapina pluriaggravata e lesioni personali aggravate in concorso , aveva chiesto la sostituzione della misura cautelare invocando la valutazione della sua collaborazione con la giustizia , l'assenza di strumenti da scasso, la presenza di testimoni favorevoli e la sussistenza di patologie che avrebbero giustificato un regime meno restrittivo. Nel ricorso veniva altresì sottolineata la disponibilità a sottoporsi a misure alternative come l'obbligo di dimora e la presentazione alla polizia giudiziaria, evidenziando l'eccessiva gravosità degli arresti domiciliari rispetto alle esigenze cautelari concrete. La decisione della Corte pone in rilievo i criteri normativi di adeguatezza e proporzionalità delle misure cautelari personali , richiamando i limiti della discrezionalità del giudice e l'obbligo di motivazione immune da vizi logico-giuridici. Motivando il rigetto del ricorso, il Collegio ha richiamato la propria giurisprudenza secondo cui la valutazione della “proporzionalità” della misura cautelare richiede un esame rigoroso della personalità dell'imputato, della gravità dei reati contestati, del tipo di recidiva e delle concrete esigenze cautelari ravvisate, in particolare in presenza di reati contro la persona. È stato inoltre sottolineato che, per la sostituzione degli arresti domiciliari, non è obbligatorio disporre perizia o accertamenti sanitari in assenza di custodia cautelare in carcere e che, nel caso di specie, il ricorrente non aveva allegato né la gravità delle patologie né la loro incompatibilità con il regime domiciliare. Sono quindi stati ribaditi i seguenti principi: • il pericolo di reiterazione di reati violenti giustifica il mantenimento della misura custodiale; • l'idoneità di una misura cautelare alternativa dev'essere giustificata da elementi concreti e attuali; • la sola presenza di condizioni patologiche non determina automaticamente la sostituzione della misura.   In conclusione, è stata confermata l'inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Presidente Ariolli - Relatore Nicastro Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 01/07/2025, il Tribunale di Ancona rigettava l'appello che era stato proposto, ai sensi dell' articolo 310 cod. proc. pen. , da (OMISSIS) contro l'ordinanza del 09/06/2025 del G.i.p. del Tribunale di Ascoli Piceno con la quale era stata rigettata la richiesta dello stesso (OMISSIS) di sostituzione con una misura meno grave della misura cautelare degli arresti domiciliari che gli era stata applicata con l'ordinanza del 21/01/2025 del G.i.p. del Tribunale di Ascoli Piceno per essere egli gravemente indiziato dei reati di tentata rapina pluriaggravata (a norma del n. 1 e del n. 3-bis del terzo comma dell' articolo 628 cod. pen. ) in concorso e di lesioni personali aggravate (dal cosiddetto nesso teleologico ) in concorso, e per essere sussistente il pericolo che commettesse delitti della stessa specie di quelli per i quali si stava procedendo. 2. Avverso l'indicata ordinanza del 01/07/2025 del Tribunale di Ancona, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. (OMISSIS) affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all'articolo 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell'articolo 275, comma 2, dello stesso codice. Dopo avere richiamato i criteri dell'adeguatezza e della proporzionalità nella scelta delle misure cautelari, il (OMISSIS) rappresenta che il Tribunale di Ancona avrebbe dovuto «accorgersi» che egli, nel corso dell'udienza del 04/06/2025, aveva spiegato che: aveva conosciuto la persona offesa in (OMISSIS) «per questioni di droga» e le aveva dato dei soldi per poi «non ricevere la merce»; si era quindi recato presso l'abitazione della persona offesa la quale, quando lo vide arrivare, lo aggredì; non era mai entrato «presso le pertinenze» di tale abitazione né aveva forzato alcuna finestra; al fatto avevano assistito «dei lavoranti che si trovavano di rimpetto alla strada». Nel corso della medesima udienza, egli aveva altresì affermato di essere pronto a collaborare con la giustizia con riguardo all'attività di spaccio di droga da parte della persona offesa e di avere ricevuto una chiamata da un soggetto da lui non identificato che lo aveva minacciato di morte se «avesse reso le predette dichiarazioni». Tali sue spiegazioni e affermazioni, le quali sarebbero «logiche e lineari», renderebbero logiche le circostanze che alcun arnese da scasso o cacciavite era stato rinvenuto in suo possesso e che le lesioni riportate dalla persona offesa potessero essere state causate, come egli aveva riferito, «dal cancello di casa». Inoltre, agli atti non vi erano «le foto del danneggiamento alla finestra». Il (OMISSIS) rappresenta ancora che, sempre nel corso dell'udienza del 04/06/2025, «chiedeva protezione al Giudice e la trascrizione ed il verbale venivano trasmesse al Pm». Tali elementi andrebbero «valorizzati per la modifica del quadro cautelare iniziale», atteso che sarebbe illogico sostenere che, per contenere le esigenze cautelari di cui alla lett. c) del comma 1 dell'articolo 274 cod. proc. pen., non sia sufficiente l'obbligo di dimora nel Comune di (OMISSIS) con anche l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, misure che gli consentirebbero «di curarsi» e, al contempo, di essere controllato, tenuto anche conto che il domicilio della persona offesa si trova «a chilometri di distanza dalla casa dell'imputato». Il ricorrente rappresenta che le sue «patologie» erano già state valutate dal G.i.p. del Tribunale di Ascoli Piceno «in sede di convalida e di interrogatorio» e, in ragione di esse, lo stesso G.i.p. aveva rigettato la richiesta del pubblico ministero di applicazione della custodia cautelare in carcere e aveva disposto l'applicazione degli arresti domiciliari. Ciò rappresentato, il (OMISSIS) deduce che «[d]i conseguenza risulta illogico ritenere che la documentazione in atti che qui si ripropone possa essere ritenuta non attuale». Il (OMISSIS) rappresenta ancora che «successivamente al provvedimento cautelare» gli veniva prescritta «dalla Asl anche la necessità di contatti con il Centro di Salute Mentale aggravato pure dalla recentissima scomparsa del nipote (OMISSIS) deceduto presso la CC di (OMISSIS) in data 25.03.2025 che assurge anche quale elemento di significativa valenza sintomatica che deve, allo stato degli atti portare il Giudice della cautela alla sostituzione della misura». Il ricorrente conclude che le ravvisate esigenze cautelari ben potrebbero essere fronteggiate con una misura non custodiale, che gli «permetterebbe di meglio curarsi in un luogo anni luce lontano da quelli frequentati dalla p.o. che nonostante la racc a/r ricevuta in data 10.04.2025 neppure esprimeva parere e dunque neppure parere contrario alla sostituzione e/o alla revoca della misura nei due giorni seguenti». Considerato in diritto 1. L'unico motivo è manifestamente infondato. 2. Secondo la Corte di cassazione, nella scelta discrezionale delle misure cautelari personali, l' articolo 275 cod. proc. pen. impone al giudice di valutare se la misura che intende adottare sia idonea a soddisfare le specifiche esigenze di cautela ravvisate nel caso concreto. La discrezionalità del giudice, ancorché ampia, non è assoluta e la formulazione del giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura alle esigenze che si intendono soddisfare è incensurabile in sede di legittimità solo se sorretta da adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (Sez. 5, n. 2995 del 20/07/1992, Stefanucci, Rv. 192222-01). La Corte di cassazione ha altresì statuito - affermando un principio che il Collegio, condividendolo, intende ribadire - che, in tema di misure cautelari personali, la valutazione in ordine alla proporzionalità della misura implica l'apprezzamento del tipo di recidiva che si intende contrastare, ovvero della gravità dei reati che si ritiene probabile possano essere nuovamente commessi (Sez. 2, n. 797 del 03/12/2020, dep. 2021, Viti, Rv. 280470-01, Sez. 2, n. 19559 del 25/02/2020, Amico, Rv. 279475-01, con le quali è stato precisato che, di conseguenza, quando si rileva il pericolo di reiterazione di reati caratterizzati da violenza alla persona , la misura degli arresti domiciliari può ritenersi proporzionata solo se, all'esito di un rigoroso esame della personalità dell'accusato, si ritenga abbattuto il rischio di violazione delle regole di autocontenimento). 3. Rammentati tali principi, affermati dalla Corte di cassazione, si deve anzitutto rilevare che, diversamente da quanto mostra di ritenere il ricorrente, il Tribunale di Ancona si è «accorto» della versione dei fatti che il (OMISSIS) aveva reso nel corso dell'udienza del 04/06/2025 ma aveva appurato come tale versione non avesse allo stato «alcun concreto riscontro», sicché, atteso ciò, la stessa versione non poteva essere posta a fondamento di una rivalutazione del quadro indiziario e, di conseguenza, delle esigenze cautelari e della natura e grado delle stesse. Quanto alle «patologie» del (OMISSIS) il Tribunale di Ancona ha correttamente argomentato l'assenza, nella specie, di un obbligo di disporre accertamenti nelle forme della perizia, atteso che: a) da un lato, un tale obbligo è previsto solo nel caso in sia richiesta la revoca o la sostituzione della custodia cautelare in carcere e non degli arresti domiciliari ( articolo 299, comma 4-ter, terzo periodo, cod. proc. pen. ); b) dall'altro lato, l'imputato non aveva neppure allegato di essere affetto da una «malattia particolarmente grave» ( articolo 275, comma 4-bis, cod. proc. pen. ). Si deve sempre in proposito peraltro rilevare che nel ricorso per cassazione il (OMISSIS) non ha neppure indicato da quali «patologie» è affetto né perché esse non potrebbero essere adeguatamente curate in regime di arresti domiciliari, come pure il suo asserito stato di disagio psichico. Ciò posto, si deve osservare che il Tribunale di Ancona ha argomentato che, attese le modalità di commissione della condotta delittuosa - le quali avevano evidenziato una caratura criminale di rilievo del (OMISSIS) -, nonché la personalità dello stesso (essendogli stata contestata anche la recidiva) e le sue connessioni nell'ambiente criminale, una misura non detentiva sarebbe stata del tutto inidonea a soddisfare le ravvisate esigenze cautelari. Tale complessiva motivazione dell'ordinanza impugnata appare assolutamente adeguata e del tutto immune da vizi, sia giuridici sia logici, con la conseguente manifesta infondatezza del motivo. 4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto per un motivo manifestamente infondato, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell' articolo 616, comma 1, cod. proc. pen. , al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore della cassa delie ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.