La Corte di Cassazione applica correttamente il principio di legalità, con i suoi corollari di tassatività e determinatezza, escludendo che la prescrizione, accessoria alla misura di prevenzione personale, di fissare una dimora e non allontanarsene senza preavviso sia punibile come violazione dell’obbligo di soggiorno.
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il ricorso. La difesa aveva sottolineato che la condotta dell'imputato è consistita nella violazione di una specifica prescrizione correlata alla misura di prevenzione applicatagli dal Tribunale – sezione autonoma misure di prevenzione. La statuizione contenuta in quel decreto prevedeva l'applicazione della misura di sorveglianza di pubblica sicurezza e conteneva – associate a quella misura – le seguenti prescrizioni : di fissare all'atto della sottoposizione la propria dimora e di farla conoscere all'autorità di pubblica sicurezza non allontanandosi dalla propria dimora senza preventivo avviso a quest'ultima, di darsi alla ricerca di un lavoro, di vivere onestamente, di rispettare le leggi, di non associarsi abitualmente a persone che hanno subito condanne e/o sono state sottoposte a misure di prevenzione e/o di sicurezza, di non rincasare la sera più tardi delle ore 22,00 e di non uscire la mattina prima delle ore 7,00 senza comprovata necessità e senza averne dato tempestiva notizia all'autorità di pubblica sicurezza, di non detenere e portare armi di qualsiasi natura, di non partecipare a riunioni in luogo pubblico per le quali deve essere dato preavviso alle pubbliche autorità e di non frequentare bar e luoghi dove normalmente si somministrano e si consumano bevande alcoliche. La contestazione ha ad oggetto la violazione in due diverse occasioni della prescrizione di non rincasare la sera più tardi delle ore 22,00 e di non uscire la mattina prima delle ore 7,00, senza comprovata necessità. La difesa aveva sostenuto che, essendo la condotta circoscritta alla violazione di una prescrizione e non della misura di prevenzione, doveva essere qualificata ai sensi dell' articolo 75, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 . Com'è noto, l' articolo 75 d.lgs. n. 159/2011 (cosiddetto codice antimafia e delle misure di prevenzione) prevede due diverse fattispecie di reato . Al primo comma è previsto che «il contravventore agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno», descrivendo una condotta di tipo contravvenzionale; al secondo comma è descritta, invece, una condotta più̀ grave , sanzionata quale delitto, e si stabilisce che «se l'inosservanza riguarda gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni ed è consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza». Secondo l'insegnamento costante della giurisprudenza di legittimità, «in tema di sorveglianza speciale, le prescrizioni accessorie di cui all' articolo 8 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 , valevoli ad adattare al caso concreto le esigenze di difesa sociale proprie delle misure di prevenzione, hanno efficacia integrativa del precetto relativo ai reati di cui all'articolo 75, commi 1 e 2, del decreto citato, sicché anche la loro violazione integra tali reati» (Sez. 1, n. 32575 del 21/04/2023; analogamente già Sez. 1, n. 12889 del 26/02/2018). Il principio di accessorietà comporta che la violazione della prescrizione integra il delitto dell' articolo 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 , se la prescrizione medesima è stata applicata in relazione ad una misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di dimora. La prescrizione violata dall'odierno imputato integrava un provvedimento applicativo della sorveglianza speciale e quindi doveva considerarsi ad essa «inerente». Nella decisione impugnata si evidenza tale “accessorietà” per affermare che nel caso di specie ricorrerebbe il reato di cui all' articolo 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 . La Corte di Cassazione osserva, però, che nel decreto che applica la sorveglianza speciale non è aggiunto, in parte dispositiva, né l'obbligo né il divieto di dimora. Con il provvedimento veniva imposta la prescrizione di fissare, all'atto della sottoposizione alla sorveglianza speciale, la propria dimora e di farla conoscere all'autorità di pubblica sicurezza non allontanandosene senza preventivo avviso a quest'ultima. La sentenza è categorica nell'affermare che «tale prescrizione non può essere assimilata all'obbligo di dimora» e precisa che «l'obbligo e il divieto di dimora sono misure tipiche e previste dall' articolo 4, commi 2 e 3, d.lgs. n. 159 del 2011 e devono avere uno specifico oggetto: il divieto di soggiorno può riguardare uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, o una o più regioni; l'obbligo di soggiorno può essere imposto nel comune di residenza o di dimora abituale». Invece, «la prescrizione di fissare una dimora da comunicare all'autorità di pubblica sicurezza è prevista tra quelle accessorie descritte dall' articolo 8, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011 e, a differenza dell'obbligo di dimora che si impone nel comune di residenza o di dimora abituale, questa prescrizione lascia al prevenuto la scelta del comune e del luogo dove fissare la dimora». Pertanto, «in assenza di una esplicita indicazione nel decreto applicativo dell'obbligo o del divieto di dimora che si accompagna alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza […] la prescrizione di fissare una dimora non consente di dare applicazione all' articolo 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 , che tra gli elementi del fatto tipico richiama una misura di prevenzione applicata ai sensi dell' articolo 4, commi 2 e 3, d.lgs. n. 159 del 2011 ». Alla luce delle considerazioni sin qui svolte il fatto accertato a carico dell'imputato è stato erroneamente qualificato ai sensi dell' articolo 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 e deve invece essere riqualificato ai sensi dell' articolo 75, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 . Da tale riqualificazione deriva l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, affinché̀ in nuovo giudizio, fermo l'accertamento del fatto illecito riconducibile alla contravvenzione di cui all' articolo 75, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 , il giudice proceda a rivalutare i profili inerenti alla causa di non punibilità di cui all'articolo 131- bis c.p. e, ove ne vengano esclusi i presupposti, a determinare l'entità̀ della sanzione. Pertanto, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, riqualificando il fatto ai sensi dell' articolo 75, comma 1, d. lgs. n. 159 del 2011 , con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello. La sentenza merita di essere condivisa perché distingue tra due condotte ben diverse: una è la violazione dell'obbligo o il divieto di dimora nel luogo stabilito dal giudice (punita come delitto dall' articolo 75, comma 2, “codice antimafia ”), l'altra è la violazione inerente la facoltà concessa al prevenuto di fissare lui stesso la sua dimora dove preferisce (punita come contravvenzione dall' articolo 75, comma 1 “codice antimafia ”). La sentenza, inquadrando il fatto nella corretta fattispecie astratta, fa buon governo dei principi fondamentali della legge penale. In particolare, risulta rispettosa del principio di legalità sostanziale e dei suoi corollari di tassatività e determinatezza . Si tratta di valori fondanti l'ordinamento giuridico penale, e perciò enunciati dall' articolo 25, comma 2, Cost. , oltre che dalle fonti sovranazionali, quali l'articolo 49 Carta dei diritti fondamentali U.E., l'articolo 7 Conv. e.d.u. e l'articolo 15 Patto internazionale sui diritti civile e politici. Infatti, è di intuitiva evidenza che non si può punire il cittadino per un fatto diverso da quello enunciato , in forma determinata e tassativa, dalla legge penale incriminatrice . In caso contrario, la sua applicazione difetterebbe di prevedibilità ed accessibilità, caratteri essenziali della disposizione penale incriminatrice e il cittadino non sarebbe messo in condizione di conoscere e valutare, a priori, le conseguenze dell'eventuale violazione della legge, con la conseguenza che la pena, non avendo alcuna finalità rieducativa nei confronti dell'ignaro imputato, sarebbe ingiustamente applicata.
Presidente Santalucia - Relatore Tona Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 06/05/2025, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza che aveva ritenuto Gi.Om. responsabile della violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale con obbligo di permanenza domiciliare notturna ( articolo 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 ), commessa nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2022 a S, e concesse le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla recidiva, applicata la riduzione per il rito prescelto, lo aveva condannato alla pena di mesi otto di reclusione. L'imputato era sottoposto alla misura di prevenzione con obbligo di permanenza in casa dalle 22 alle 7, disposta dal Tribunale di Milano con decreto del 19/01/2021, e venne sorpreso fuori dalla propria abitazione alle 23 40 dell'8 maggio e successivamente, alle 2 30 del 9 maggio, mentre cantava per strada ad alta voce. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il difensore di Gi.Om., articolando tre motivi. 2.1 Con la prima censura, si lamenta violazione di legge e contraddittorietà della motivazione in relazione all'erronea qualificazione della condotta. Il comportamento accertato integrava la violazione di alcune prescrizioni e non doveva per questo ritenersi riconducibile alla fattispecie di delitto di cui all' articolo 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 , ma a quella di contravvenzione di cui all' articolo 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 . 2.2 Con il secondo motivo, si lamenta violazione di legge e contraddittorietà della motivazione in relazione all'illegittimo diniego dell'applicazione al caso di specie dell' articolo 131 bis cod. pen. , basato solo sul fatto che non era stata considerata la condotta come unitaria e non frazionata in due successive azioni e che si era dato rilievo ai precedenti penali dell'imputato, senza tenere conto delle sue condizioni personali documentate. 2.3 Con il terzo motivo, si lamenta violazione di legge e contraddittorietà della motivazione in relazione all'applicazione degli articolo 99 e 62bis cod. pen. I giudici di merito avevano valorizzato precedenti penali assai remoti e non avevano tenuto conto del fatto che la condotta era unicamente conseguente alla condizione di disagio dell'imputato. 3. Il Procuratore Generale, Alfredo Pompeo Viola, ha chiesto annullarsi con rinvio il provvedimento impugnato, poiché non risulta che all'imputato sia stato applicato anche il divieto o l'obbligo di soggiorno. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. È fondato il primo motivo, mentre gli altri restano assorbiti ma non preclusi. La difesa sottolinea che la condotta dell'imputato è consistita nella violazione di una specifica prescrizione correlata alla misura di prevenzione applicatagli dal Tribunale di Milano - sezione autonoma misure di prevenzione con decreto in data 19/01/2021. La statuizione contenuta in quel decreto prevedeva l'applicazione della misura di sorveglianza di pubblica sicurezza e conteneva - associate a quella misura - le seguenti prescrizioni di fissare all'atto della sottoposizione la propria dimora e di farla conoscere all'autorità di pubblica sicurezza non allontanandosi dalla propria dimora senza preventivo avviso a quest'ultima, di darsi alla ricerca di un lavoro, di vivere onestamente, di rispettare le leggi, di non associarsi abitualmente a persone che hanno subito condanne e/o sono state sottoposte a misure di prevenzione e/o di sicurezza, di non rincasare la sera più tardi dalle ore 22,00 e di non uscire la mattina prima delle ore 7,00 senza comprovata necessità e senza averne dato tempestiva notizia all'autorità di pubblica sicurezza, di non detenere e portare armi di qualsiasi natura, di non partecipare a riunioni in luogo pubblico per le quali deve essere dato preavviso alle pubbliche autorità e di non frequentare bar e luoghi dove normalmente si somministrano e si consumano bevande alcoliche. La contestazione ha ad oggetto la violazione in due diverse occasioni della prescrizione di non rincasare la sera più tardi dalle ore 22,00 e di non uscire la mattina prima delle ore 7,00 senza comprovata necessità. La difesa sostiene che, essendo la condotta circoscritta alla violazione di una prescrizione e non della misura di prevenzione, doveva essere qualificata ai sensi dell' articolo 75, comma 1, D.Lgs. n. 159 del 2011 . 2.1. L'articolo 75 D.Lgs. n. 159/2011 prevede due diverse fattispecie di reato. Al primo comma è previsto che il contravventore agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno , descrivendo un fatto tipico di tipo contravvenzionale; al secondo comma è descritta una condotta più grave, sanzionata quale delitto, e si stabilisce che se l'inosservanza riguarda gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni ed è consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza . Secondo l'insegnamento costante della giurisprudenza di legittimità, in tema di sorveglianza speciale, le prescrizioni accessorie di cui all' articolo 8 D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 , valevoli ad adattare al caso concreto le esigenze di difesa sociale proprie delle misure di prevenzione, hanno efficacia integrativa del precetto relativo ai reati di cui all'articolo 75, commi 1 e 2, del decreto citato, sicché anche la loro violazione integra tali reati (Sez. 1, n. 32575 del 21/04/2023, Cacucciolo, Rv. 285051 - 01; analogamente già Sez. 1, n. 12889 del 26/02/2018, Rv. 272612 - 01). Il principio di accessorietà comporta che la violazione della prescrizione integra il delitto dell' articolo 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 , se la prescrizione medesima è stata applicata in relazione ad una misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di dimora. 2.2. La prescrizione violata dall'odierno imputato integrava un provvedimento applicativo della sorveglianza speciale e quindi doveva considerarsi ad essa inerente . Nella decisione impugnata si evidenza tale accessorietà per affermare che nel caso di specie il reato di cui all' articolo 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 . Tuttavia nel decreto che applica la sorveglianza speciale non è aggiunto in parte dispositiva né l'obbligo né il divieto di dimora. Con il provvedimento veniva imposta la prescrizione di fissare, all'atto della sottoposizione alla sorveglianza speciale, la propria dimora e di farla conoscere all'autorità di pubblica sicurezza non allontanandosene senza preventivo avviso a quest'ultima. Tale prescrizione non può essere assimilata all'obbligo di dimora. L'obbligo e il divieto di dimora sono misure tipiche e previste dall' articolo 4, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 159 del 2011 e devono avere uno specifico oggetto il divieto di soggiorno può riguardare uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, o una o più regioni; l'obbligo di soggiorno può essere imposto nel comune di residenza o di dimora abituale. La prescrizione di fissare una dimora da comunicare all'autorità di pubblica sicurezza è prevista tra quelle accessorie descritte dall' articolo 8, comma 4, D.Lgs. n.159 del 2011 e, a differenza dell'obbligo di dimora che si impone nel comune di residenza o di dimora abituale, questa prescrizione lascia al prevenuto la scelta del comune e del luogo dove fissare la dimora. In assenza di una esplicita indicazione nel decreto applicativo dell'obbligo o del divieto di dimora che si accompagna alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, pertanto, la prescrizione di fissare una dimora non consente di dare applicazione all' articolo 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 , che tra gli elementi del fatto tipico richiama una misura di prevenzione applicata ai sensi dell' articolo 4, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 159 del 2011 . 2.3. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte il fatto accertato a carico dell'imputato è stato erroneamente qualificato ai sensi dell' articolo 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 e deve invece essere riqualificato ai sensi dell' articolo 75, comma 1, D.Lgs. n. 159 del 2011 . 3. Da tale riqualificazione deriva l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, affinché in nuovo giudizio, fermo l'accertamento del fatto illecito riconducibile alla contravvenzione di cui all' articolo 75, comma 1, D.Lgs. n. 159 del 2011 , il giudice proceda a rivalutare i profili inerenti alla causa di non punibilità di cui all' articolo 131-bis cod. pen. e, ove ne vengano esclusi i presupposti, a determinare l'entità della sanzione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, riqualificato il fatto ai sensi dell 'articolo 75, comma 1, D.Lgs. n. 159 del 201 1, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.