La richiamata ordinanza della Suprema Corte chiarisce – così ponendosi in piena linea di continuità con la già affermata giurisprudenza di legittimità sul punto – le principali caratteristiche e gli oneri probatori afferenti al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, di talché anche i membri della famiglia originaria della vittima (come un fratello) possono invocare in giudizio la prova presuntiva del pregiudizio. In assenza di una tabella legale atta a definirne il quantum , il giudice potrà fare ricorso, fornendo adeguata motivazione alla propria decisione, alle tabelle pretorie predisposte dai principali Tribunali del Paese e, tra queste, anche non esclusivamente alle tabelle di Milano.
Con l'ordinanza in commento la Suprema Corte torna ad esprimersi in merito alla configurabilità e relativa risarcibilità del danno da perdita del rapporto parentale , patito dai congiunti della vittima di un fatto illecito. Nella fattispecie concreta, posta all'esame dei giudici supremi, i congiunti di un operaio (deceduto a causa di una asbestosi polmonare contratta per effetto della prolungata esposizione all'amianto durante lo svolgimento della propria attività lavorativa) avevano reclamato il risarcimento del danno parentale nei confronti dell'azienda pubblica, datrice di lavoro della vittima. I giudici di merito hanno quindi riconosciuto in favore dei congiunti diretti e principali del de cuius (coniuge e figli) il risarcimento del danno parentale, quantificato secondo i criteri “a punti” elaborati dal Tribunale di Roma; hanno invece rigettato le istanze risarcitorie avanzate dalla sorella germana della vittima per carenza di allegazione e prova. Ora, i giudici di legittimità sono stati posti di fronte a due questioni principali da dirimere: se i congiunti collaterali o, comunque, appartenenti alla famiglia originaria della vittima (come i fratelli) debbano rigorosamente comprovare il pregiudizio non patrimoniale derivato dal decesso del parente defunto; se, ai fini dell' aestimatio del danno lamentato, sia possibile invocare una doverosa e necessaria applicabilità delle tabelle milanesi , in luogo di quelle elaborate da altri Fori (come ad esempio quelle romane). In merito al primo profilo di indagine, il Supremo Collegio ricorda – così dando continuità alla propria consolidata giurisprudenza sul punto – come la morte di una persona causata da un illecito determini essa sola la presunzione ex articolo 2727 c.c. dell'insorgenza di una conseguente sofferenza morale in capo, oltre che ai membri della famiglia nucleare “successiva” (coniuge e figli della vittima), anche ai membri della famiglia “originaria” (genitori e fratelli), a nulla rilevando né che la vittima e il superstite non convivessero, né che fossero distanti [in senso conforme (cfr. Cass. civ., 15 febbraio 2018, n. 3767 , in IUS Responsabilità Civile , 6 giugno 2018; Cass. civ., 15 luglio 2022, n. 22397 , in DeJure ; Cass. civ., 30 gennaio 2024, n. 2776 , in questa Rivista , 31 gennaio 2024; e Cass. civ., 16 febbraio 2025, n. 3904 , in questa Rivista , 18 febbraio 2025). In base a ciò, il congiunto richiedente ben potrà allegare e provare il danno in sede giudiziale anche solo su base presuntiva , poiché è l'intensità del legame parentale con la vittima a dimostrare sic et simpliciter l'esistenza del legame affettivo e, con essa, la sofferenza patita per la prematura scomparsa della vittima. Nel quadro così delineato dagli interpreti – ricondotto a presunzione iuris tantum del pregiudizio invocato dal danneggiato – grava sul convenuto l'onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo ( Cass. civ., 4 marzo 2024, n. 5769 , in DeJure ). La prova contraria (e liberatoria) a carico del debitore/convenuto – precisano i magistrati di legittimità – concerne evidentemente l'aspetto interiore del danno risarcibile (c.d. sofferenza morale) derivante dalla perdita del rapporto parentale, mentre non si estende all'aspetto esteriore (c.d. danno dinamico-relazionale), sulla cui liquidazione incide la dimostrazione dell'effettività, della consistenza e dell'intensità della relazione affettiva, delle quali il giudice del merito deve tenere conto, ai fini della quantificazione complessiva delle conseguenze risarcibili derivanti dalla lesione estrema del vincolo familiare ( Cass. civ., 24 giugno 2025, n. 16895 , in DeJure ). La sorella del de cuius , pertanto, ha diritto al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale – quantomeno nella sua sola componente morale o di sofferenza interiore – fornendo la sola allegazione della relazione affettiva; spetterà, poi, alla controparte fornire eventuale prova contraria e, infine, al giudice stimare il danno in base alle circostanze del caso concreto. In merito al secondo (e a nostro avviso maggiormente interessante) profilo di indagine, la Suprema Corte conferma nella propria decisione la sentenza territoriale, la quale aveva liquidato il danno parentale in favore dei congiunti principali della vittima (coniuge e figli) facendo uso delle tabelle di Roma . I ricorrenti lamentano la mancata applicazione delle tabelle di Milano, in forza delle quali il pregiudizio azionato avrebbe visto il riconoscimento di somme risarcitorie differenti e superiori rispetto a quelle stimate con i criteri capitolini. Come è ampiamente noto, il risarcimento del danno da perdita o lesione del rapporto parentale non è previsto da alcuna norma di legge, ma rappresenta il frutto di una lunga elaborazione della dottrina, della giurisprudenza, della prassi stessa (cfr. in dottrina ex aliis Berti, Il nuovo danno parentale: come si valuta e quando si liquida , Milano, 2022, passim ). Nonostante la unanime e condivisa vocazione paranormativa assunta dalle tabelle di Milano ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale (cfr. specialmente la nota sentenza Amatucci: Cass. civ., 7 giugno 2011, n. 12408 , in Foro it. , 2011, I, 2274; e in Resp. civ. prev. , 2011, 2018, con nota di Ziviz), in anni recenti il Supremo Collegio ha ammesso (con specifico riferimento alla valutazione del danno parentale da morte) l'utilizzo da parte del giudice di una tabella basata sul sistema a punti , che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l 'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella (così la nota sentenza Scoditti: Cass. civ., 21 aprile 2021, n. 10579 , in Foro it. , 2021, I, 2017; e in Resp. civ. prev. , 2021, 807). Le tabelle di Roma recano, tradizionalmente, il conteggio “a punti”; l'Osservatorio del Tribunale di Milano ha adeguato le proprie tabelle, con una stima anch'essa “a punti”, nel 2022. La stessa Cassazione, nel volgere di breve tempo, ha ritenuto le tabelle milanesi coerenti con i principi da essa stessa sostenuti, ritenendole criterio idoneo per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema “a punto variabile” ( Cass. civ., 16 dicembre 2022, n. 37009 , in Foro it. , 2023, I, 118). In questo particolare contesto, è doveroso rilevare una rinnovata affermazione applicativa – in via ampiamente maggioritaria se non sostanzialmente unanime su ogni Foro nazionale – delle tabelle ambrosiane a partire dal 2023 e fino ad oggi (cfr. in argomento Argine, Fortuna della Tabella milanese “a punti” per la valutazione del danno da perdita del rapporto parentale , in IUS Responsabilità Civile , 15 gennaio 2025). Ad oggi, pertanto, in un perdurante quadro di vacatio legis , entrambe le tabelle redatte dagli Osservatori dei Tribunali di Roma e Milano parrebbero suscettibili di concreta applicazione ad opera del giudice, con la precisazione che le tabelle pretorie non hanno alcun valore normativo, non provenendo da un soggetto dotato di potestà legislativa e/o regolamentare, di talché esse possono al più rappresentare una mera proposta di usualità equiparativa, cui tuttavia il giudice non è vincolato verso una applicazione totale o parziale delle anzidette tabelle (così, recentemente, Cass. civ., 2 settembre 2025, n. 24349 , in IUS Responsabilità Civile , 16 settembre 2025). In virtù di ciò – precisa coerentemente la Cassazione nell'ordinanza in epigrafe – non esistendo una indicazione preferenziale per l'applicazione dell'una o dell'altra tabella, non è sufficiente la mera invocazione, svolta con l'atto di appello, dell'applicazione delle tabelle milanesi senza una adeguata rappresentazione di come la liquidazione fatta abbia integrato violazione dei parametri di conformazione del potere di liquidazione ex articolo 1226 c.c. L'allegata decisione della Suprema Corte conferma, ancora una volta, la stretta necessità che il legislatore intervenga nella difficile materia, promuovendo una tabella dotata di forza coercitiva capace di superare le stime pretorie del danno parentale: solo così sarà possibile scongiurare quell'insana “lotteria forense” (per tale definizione già Alpa, Il danno alla persona oltre le esperienze nazionali. Una prospettiva europea , in Resp. civ. prev. , 1998, 325), che da troppi anni impegna ripetutamente i vani sforzi degli interpreti e degli operatori del diritto, financo dei cittadini, nell'individuazione predittiva del danno risarcibile da morte.
Presidente Rubino – Relatore Simone Svolgimento del processo 1. Con sentenza n. 1116/2022 il Tribunale di Venezia condannava l'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale (d'ora in avanti indicata come l'Autorità) a pagare a Me.Fe. Euro 264.995,90, a Mo.Da. Euro 258.474,00, a Mo.Gi. Euro 245.167,50, oltre interessi legali dalla decisione al saldo. Rigettava, invece, la domanda svolta da Mo.An. In particolare, il Tribunale, all'esito dell'istruttoria, riconosceva al coniuge Me.Fe. e ai figli Mo.Da. e Mo.Gi. il diritto al risarcimento del danno patito per la morte di Mo.Li. (nato il (Omissis), deceduto il (Omissis)). Il decesso era avvenuto a causa dell'esposizione al rischio tramite lavorazioni a contatto con l'amianto e della successiva contrazione della asbestosi polmonare da parte del Mo.Li., lavoratore del Provveditorato al Porto dall'1.7.1966 al 31.3.1988. La domanda svolta da Mo.An., sorella del deceduto, invece, era rigettata per mancanza di allegazione adeguata. 2. La Corte d'Appello di Venezia con sentenza pubblicata l'8.1.2024 rigettava l'appello proposto da Mo.Da., Mo.Gi., Mo.Fe. e Mo.An., gravandoli delle spese del grado in favore dell'appellata Autorità. Nei limiti di quanto ancora rilevante ai fini del giudizio, la Corte d'Appello ribadiva, quanto alla doglianza svolta da Mo.An., che era mancata una allegazione concreta e specifica a riprova del danno subito. L'attrice aveva dedotto soltanto che era l'unica sorella sopravvissuta, che il fratello era per lei un riferimento affettivo costante e che lo aveva frequentato assiduamente. Relativamente alla posizione dei figli e della vedova, per i quali la liquidazione era stata fatta dal Tribunale sulla base della tabella adottata dal Tribunale di Roma, la corte rigettava l'impugnazione svolta sul rilievo della mancata applicazione della tabella milanese, osservando come non vi fossero scostamenti significativi con l'applicazione delle due tabelle. 3. Per la cassazione della sentenza della Corte ricorrono Mo.Da., Mo.Gi., Mo.Fe. e Mo.An., sulla base di due motivi. Resiste con controricorso l'Autorità. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell'articolo 380-bis.1. cod. proc. civ. Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte. I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo è denunciato, ai sensi dell' articolo 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. , vizio logico di motivazione per contrasto tra la sentenza impugnata e le prove assunte in primo grado... circa l'accertamento di un fatto decisivo e riguardante il danno subito da Mo.An. – Violazione degli articolo 2697 e 2729 cod. civ. per aver fatto carico all'attrice di dimostrare ed allegare lo stretto legame affettivo che la legava al fratello . I ricorrenti si dolgono per aver la Corte d'Appello, quanto al legame affettivo tra Mo.An. e il fratello, confermato la decisione del primo grado, dato il contrasto tra l'esito dell'istruttoria orale e l'asserito inadempimento dell'onere di allegazione e prova . Aggiungono i ricorrenti che per costante giurisprudenza il legame affettivo tra stretti congiunti è oggetto di presunzione, sì che spetta al convenuto la prova contraria. 1.1. La prima censura contenuta nel motivo è inammissibile ai sensi dell' articolo 360, comma quarto, cod. proc. civ. , applicabile ratione temporis, poiché in caso di una doppia pronuncia conforme, sulla base delle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto oggetto di censura, non è ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell' articolo 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ. Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha confermato la decisione del primo grado di rigetto della domanda di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale reclamato da Mo.An., e i ricorrenti non hanno dimostrato la diversità delle ragioni esposte nelle due sentenze con riferimento ai medesimi fatti (v. Cass. 29 gennaio 2024, n. 2701 ; 20 settembre 2023, n. 26934; 28 febbraio 2023, n. 5497; 7 maggio 2018, n. 10897; 10 marzo 2014, n. 5528). Va ricordato che, secondo questa Corte, ricorre l'ipotesi di c.d. doppia conforme , ai sensi dell' articolo 348-ter, commi 4 e 5, c.p.c. , con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex articolo 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. , non solo quando la decisione di secondo grado sia interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (v., Cass. sez. 6-II, 9 marzo 2022, n. 7724; 2701/2024, cit.). L'applicabilità nel presente procedimento dell' articolo 360, comma quarto, cod. proc. civ. non induce un esito diverso, posto che la previsione normativa per le stesse ragioni inerenti ai medesimi fatti ha, semmai, reso ancor più netta nel riferimento ai fatti l'espressione questioni di fatto , contenuta in quella previgente contenuta nell'articolo 348-ter, commi quarto e quinto, cod. proc. civ., dovendosi verificare la conformità delle decisioni rispetto ai medesimi fatti . 1.2. I ricorrenti assumono che non ricorrerebbe una ipotesi di doppia conforme per la diversità delle argomentazioni adottate nelle due decisioni a) il Tribunale ha negato che sia stata data la prova della frequentazione e del rapporto parentale intenso tra i fratelli e che sia stato allegato e dimostrato lo stretto rapporto affettivo; b) la Corte d'Appello ha dato atto che tali circostanze erano state allegate, ma ha sostenuto che esse non bastavano per far presumere l'esistenza del danno da perdita del danno parentale. I ricorrenti non hanno tenuto conto che il Tribunale, stando a quanto da loro riportato nel ricorso, dopo aver indicato in cosa dovrebbe consistere il danno da perdita del rapporto parentale e come lo si dovrebbe provare, anche per via presuntiva, ha rigettato la domanda svolta da Mo.An. per (l)'assenza totale di allegazione sul punto sia nel libello introduttivo, sia nella prima memoria ex articolo 183 c.p.c. , così marcando la mancanza di deduzioni specifiche in ordine al danno reclamato. La Corte d'Appello, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, si è mantenuta nel solco del difetto di allegazione ed ha aggiunto che le allegazioni svolte in citazione, comunque, erano generiche, là dove è stato scritto Il motivo non è fondato, poiché non solo non v'era prova, ma non vi era neppure allegazione questo è il rilievo formulato dal giudice, e in effetti a leggere la citazione del primo grado è sicuro che Mo.An. non ha svolto alcuna allegazione concreta e specifica a riprova del danno da essa subito. Allo scopo non valgono perché generici i cenni al fatto di essere l'unica sorella sopravvissuta, all'essere il fratello un riferimento affettivo costante e alla frequentazione assidua tra i due, senza altre più puntuali allegazioni (sentenza pagina 6 e 7, paragrafo 6). In secondo luogo, il motivo non indica nemmeno quale sarebbe il fatto omesso, dovendo intendersi per tale un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a questioni o argomentazioni che, pertanto, risultano irrilevanti (v. Cass., sez. I, 29 febbraio 2024, n. 5375 ; Cass., sez. V, 23 febbraio 2024, n. 4942 ; Cass., sez. III, 15 febbraio 2024, n. 4163 ; Cass., sez. lav., 22 gennaio 2024, n. 2226 ; Cass., sez. III, 14 dicembre 2023, n. 35106 ), ma si risolve nella mera prospettazione di argomentazioni legate al compendio probatorio e alle conseguenze che, a dire dei ricorrenti, si sarebbero dovute trarre da esso. 1.3. La seconda censura, invece, è fondata. La ricorrente Mo.An., perché il rilievo concerne solo la posizione della sorella del de cuius, ha efficacemente aggredito le singolari ragioni che il giudice d'appello ha posto alla base del diniego risarcitorio, del tutto difformi dalla giurisprudenza ormai consolidata. La Corte d'Appello dà atto che Mo.An. aveva allegato di essere l'unica sorella sopravvissuta, che il fratello era un riferimento costante e che tra i due vi era una frequentazione assidua. Allegazioni, queste ultime, valutate come generiche. Tale statuizione non è in linea con il costante orientamento espresso da questa Corte in materia di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale. È stato ripetutamente sostenuto da questa Corte, con orientamento stabile e ribadito ancora di recente, il principio secondo il quale la morte di una persona causata da un illecito fa presumere da sola, ex articolo 2727 cod. civ. , una conseguente sofferenza morale in capo, oltre che ai membri della famiglia nucleare successiva (coniuge e figli della vittima), anche ai membri della famiglia originaria (genitori e fratelli), a nulla rilevando né che la vittima e il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del quantum debeatur); in tali casi, grava sul convenuto l'onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo (v., Cass. 15 febbraio 2018, n. 3767 ; Cass. 28 febbraio 2020, n. 5452 ; Cass. 15 luglio 2022, n. 22397 ; Cass. 30 agosto 2022, n. 25541 ; Cass. 4 marzo 2024, n. 5769 ; Cass. 16 febbraio 2025, n. 3904 . In senso conforme, v., inoltre, Cass. 16 marzo 2012, n. 4253 ). Cass. 5769/2024 , nel dare continuità all'indicato principio di diritto e declinandolo con riferimento alle due polarità delle possibili conseguenze non patrimoniali risarcibili per la lesione di interessi costituzionalmente protetti (v., Cass. 17 gennaio 2018, n. 901 ), ha osservato che che la presunzione iuris tantum (che onera il convenuto della prova contraria dell'indifferenza affettiva o, persino, dell'odio) concerne l'aspetto interiore del danno risarcibile (c.d. sofferenza morale) derivante dalla perdita del rapporto parentale, mentre non si estende all'aspetto esteriore (c.d. danno dinamico-relazionale), sulla cui liquidazione incide la dimostrazione dell'effettività, della consistenza e dell'intensità della relazione affettiva (desumibili, oltre che dall'eventuale convivenza – o, all'opposto, dalla distanza – da qualsiasi allegazione, comunque provata, del danneggiato), delle quali il giudice del merito deve tenere conto, ai fini della quantificazione complessiva delle conseguenze risarcibili derivanti dalla lesione estrema del vincolo familiare . 1.4. L'affermazione fatta dalla Corte d'Appello a proposito degli indici esposti dalla ricorrente - Mo.An. era l'unica sorella sopravvissuta, il fratello era un riferimento costante e che tra i due vi era una frequentazione assidua – nel senso che essi fossero generici in assenza di altre più puntuali allegazioni , è errata e confligge con i già indicati principi di diritto. Infatti, la riferita genericità non attiene all'individuazione del danno, ma alla sua quantificazione, ed ha portato a negare, quantomeno limitatamente alla componente interiore della sofferenza morale connessa alla perdita del congiunto, la presunzione, sia pure iuris tantum, della sua sussistenza, in base alla quale gravava sul danneggiante l'onere di fornire la prova contraria. 2. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione degli articolo 1223 e 1226 cod. civ. per la mancata applicazione delle tabelle milanesi del giugno 2022. I ricorrenti (nella specie, la vedova e i figli del Mo.Li.) rilevano che, pur pronunciata la sentenza di primo grado prima della pubblicazione delle nuove tabelle milanesi, per costante giurisprudenza la mancata adozione di esse integra un vizio deducibile in appello, dovendo la Corte d'Appello attenersi alle medesime tabelle. I ricorrenti contestano, inoltre, quanto sostenuto dal giudice di secondo grado a proposito dell'assenza di scostamenti significativi tra le due tabelle, poiché nell'atto di appello erano stati evidenziati, sulla base di una tavola di confronto tra quanto liquidabile in base alla tabella milanese del 2022 e quanto liquidato dal Tribunale, i maggiori importi derivanti dal ricorso alla tabella invocata. In ogni caso, il conteggio comparativo effettuato dalla corte sarebbe errato quanto ai punti attribuibili secondo il parametro della sopravvivenza di altri congiunti, là dove il danneggiato era stato incluso tra i sopravvissuti, mentre secondo le linee guida milanesi il computo deve essere fatto con riferimento ai superstiti oltre al danneggiato . Anche a voler aderire al conteggio fatto dalla corte, che ha attribuito per il parametro qualità e intensità della relazione 30 punti alla vedova e 20 ai figli, permanevano delle differenze tali da escludere la ritenuta equivalenza. 2.1. Entrambe le censure illustrate sono inammissibili. 2.2. È inammissibile la prima là dove, pur dando atto della pubblicazione della sentenza di primo grado prima dell'adozione da parte dell'Osservatorio della Giustizia civile di Milano, avvenuta il 29 giugno 2022, dei nuovi Criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da perdita del rapporto parentale Tabelle integrate a punti – Edizione 2022 , si limita a invocare in modo del tutto assertorio la giurisprudenza che, a partire da Cass., sez. III, 7 giugno 2011, n. 12408 , ha attribuito carattere cogente alle tabelle milanesi, in quanto in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad alimentarne o ridurne l'entità , pretermettendo del tutto l'evoluzione avutasi successivamente quanto alla modalità di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale. Infatti, a partire da Cass., sez. III, 21 aprile 2021, n. 10579 , è stato affermato da questa Corte che in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti , che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella (v., Cass., sez. III, 21 aprile 2021, n. 10579 ; Cass. 29 settembre 2021, n. 26300 ; 10 novembre 2021, n. 33005, che ha espresso ancor più chiaramente la preferenza verso il modello tabellare romano basato su un sistema a punti ; 23 giugno 2022, n. 20292; 16 dicembre 2022, n. 37009; 28 febbraio 2023, n. 5948; 22 gennaio 2024, n. 2239; Cass., sez. lav., 16 maggio 2024, n. 13701 ; Cass., sez. III, 6 marzo 2025, n. 6026 ). Questo nuovo orientamento ha propiziato l'adeguamento delle tabelle milanesi nel 2022, nel cui documento di accompagnamento è stato chiarito che non si tratta di nuove tabelle, ma di una variante basata su un sistema a punti con previsione di un capitolo con riferimento a due grandi raggruppamenti, includenti la perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati, il primo, la perdita di fratelli/nipoti, il secondo, con indicazione del valore di base, rispettivamente, di Euro 3.365,00 ed Euro 1.461,20, su cui applicare poi un meccanismo a punti per ciascun gruppo. È stato in seguito sostenuto da questa Corte che (l)e tabelle di Milano pubblicate nel giugno del 2022 costituiscono idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema a punto variabile (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione a forbice ) che prevede l'attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti all'età della vittima primaria e secondaria, alla convivenza tra le stesse, alla sopravvivenza di altri congiunti e alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa pura , purché sorretta da adeguata motivazione (v. Cass., 37009/2022 ; cui adde Cass. 17 maggio 2023, n. 13540 ). Cass. 37009/2022 ha chiarito, inoltre, che non è mai stato, e non è a tutt'oggi compito di questa Corte – in tema di distinzione, che allarma autorevole dottrina tra merito e controllo della motivazione – procedere a qualsivoglia valutazione (e men che meno a qualunque intervento di merito) sui singoli criteri di quantificazione del danno rimessi tout court ai Tribunali e alle Corti territoriali, potendosi, al più, formulare l'auspicio – nel perdurante quanto assordante silenzio del legislatore – della costruzione di una tabella unica nazionale, all'esito di un lavoro congiunto tra gli osservatori impegnati nello studio ed alla elaborazione delle tabelle relative al danno da perdita del rapporto parentale (parag. 5.6). In questo contesto, non esistendo una indicazione preferenziale per l'applicazione dell'una o dell'altra tabella, non è sufficiente la mera invocazione, svolta con l'atto di appello, dell'applicazione delle tabelle milanesi senza una adeguata rappresentazione di come la liquidazione fatta abbia integrato violazione dei parametri di conformazione del potere di liquidazione ex articolo 1226 cod. civ. Del pari, anche quest'oggi i ricorrenti richiamano impropriamente l'indirizzo giurisprudenziale in base al quale la liquidazione del danno alla persona deve essere effettuata in base alla tabella vigente al momento della decisione. In primo luogo, la Corte d'Appello non ha provveduto alla rideterminazione del danno da perdita del rapporto parentale, ma ha fatto una mera comparazione di valori astrattamente liquidabili. In secondo luogo, l'invocato orientamento afferisce al caso dell'applicazione della stessa tabella nella versione più recente, ipotesi ben diversa da quella in esame. 2.3. Anche la seconda censura è inammissibile. I ricorrenti, senza nemmeno aggredire la motivazione resa dalla Corte d'Appello secondo l'insegnamento reso da Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053/8054 (è denunciabile in Cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , v. anche Cass., sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940 ; Sez. VI-3, 25 settembre 2018, n. 22598; sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090), svolgono una doglianza in chiave puramente fattuale, là dove, nel prospettare in modo assertorio un confronto fra valori liquidabili in base alle tabelle milanesi e quanto riconosciuto dal Tribunale, evocano aspetti rimessi alla valutazione del giudice del merito. Nella tabella riportata si fa riferimento all'età della vittima e dei congiunti, al numero dei superstiti, alla convivenza, alla residenza nello stesso condominio, alla qualità e intensità della relazione, al fine di marcare la diversità di equivalenti monetari conseguibili, senza tuttavia svolgere una critica adeguata sul piano della violazione della fattispecie astratta o della sussunzione di quella concreta nella prima, ma formulando solamente una censura sul merito della decisione mediante la rappresentazione di un preteso divario fra liquidazione (in astratto spettante) e quella fatta dal Tribunale, poi confermata dalla Corte d'Appello. Risulta, inoltre, inconferente l'addotta violazione del parametro sopravvivenza di altro/i congiunti del nucleo familiare primario del de cuius , di cui alla lettera D delle tabelle milanesi, in quanto del tutto eccentrica rispetto alla decisione, che ha, implicitamente, confermato il ricorso da parte del giudice del primo grado alla tabella romana. 3. Conclusivamente, accolto per quanto di ragione il primo motivo di ricorso relativamente alla sola posizione di Mo.An., dichiarato inammissibile il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata, rinviando alla Corte d'Appello di Venezia, che, in diversa composizione, procederà a un nuovo esame, facendo applicazione dei suindicati principi. P.Q.M. La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.