Accolta l’istanza dell’acquirente: risolto il contratto e il venditore dovrà restituire quasi 13mila euro. Fatale al venditore un intervento sulla carrozzeria, ossia una riverniciatura mirata, secondo i giudici, ad occultare i danni presenti nella struttura portante del mezzo.
Scenario della vicenda è la provincia lombarda. Terreno di scontro è la vendita di un autocarro usato . Il compratore, a fronte della revisione effettuata il giorno prima e accettando la clausola “visto e piaciuto” , sborsa il prezzo pattuito e si mette al volante del mezzo appena acquistato. Il primo viaggio si rivela però fatale: l’uomo alla guida si accorge di alcuni difetti di marcia. E, una volta arrivato a destinazione, li segnala al venditore. A questo punto, però, arriva la beffa per il nuovo proprietario dell’autocarro: alcune ispezioni consentono di appurare che il veicolo presenta danni nella sua struttura portante, danni risultati non visibili a causa di una verniciatura. Inevitabile, a fronte della malafede addebitata dal compratore al venditore, l’azione giudiziaria mirata ad ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento dalla parte venditrice. Tale richiesta, respinta in primo grado, viene ritenuta legittima in appello: così, i giudici di secondo grado dichiarano « risolto il contratto di vendita » e condannano la parte venditrice a «restituire il prezzo, oltre alle spese sostenute per il passaggio di proprietà e per il premio assicurativo, per un importo complessivo» che sfiora i 13mila euro. Inutili le obiezioni sollevate in Cassazione dal venditore e centrate sulla accertata revisione del mezzo e sulla clausola “visto e piaciuto” accettata dal compratore. Per quanto concerne il primo punto, ossia l' efficacia probatoria di atto pubblico del verbale di revisione del veicolo – revisione effettuata, in questa vicenda, il giorno prima della vendita –, i magistrati condividono la tesi, accolta in appello, della « irrilevanza della circostanza che il veicolo avesse superato la revisione , poiché tale esito positivo risulta smentito da tutte le altre prove assunte. Ciò conferma che il venditore ha effettuato il controllo per conferire al mezzo una parvenza di idoneità al suo utilizzo». In generale, «il certificato di revisione attesta la conformità del veicolo alle prescrizioni tecniche e alle caratteristiche costruttive e funzionali previste dalla legge , ma non ha la virtù di accertare in modo assoluto l’assenza di qualsivoglia vizio, che poi, nel caso in esame, risulta essere emerso dopo la consegna del veicolo». Tirando le somme, i vizi dell’autocarro, scoperti dal compratore, cancellano il valore della revisione effettuata il giorno prima della vendita . Per quanto concerne il secondo punto, cioè, la clausola “visto e piaciuto”, essa « non esonera dalla garanzia per i vizi , ove questi siano stati taciuti», come in questa vicenda, «in malafede dal venditore e scoperti dopo l'uso della cosa». Rilevante, in questa ottica, «la riverniciatura» della carrozzeria, riverniciatura utilizzata dal venditore «quale strumento di occultamento» dei danni presenti nella struttura portante dell’autocarro.
Presidente Grasso – Relatore Caponi Fatti di causa M.S.L. acquistava il (OMISSIS) dalla società (OMISSIS) un autocarro usato, con la clausola ‘visto e piaciuto'. Durante il viaggio di ritorno, egli si accorgeva di difetti di marcia e ne dava immediata comunicazione alla venditrice. Successive ispezioni rivelavano che il veicolo presentava nella sua struttura portante dei danni, che non erano visibili a causa di una riverniciatura. Il compratore conveniva la venditrice dinanzi al Tribunale di Brescia in risoluzione del contratto per inadempimento. Rigettata in primo grado, la domanda è stata accolta in appello con la sentenza in epigrafe. La Corte territoriale ha risolto il contratto di vendita e condannato la società venditrice a restituire il prezzo, oltre alle spese sostenute per il passaggio di proprietà e per il premio assicurativo, per un importo complessivo di € 12.882,76, oltre agli interessi legali. Ricorre in cassazione la venditrice con due motivi, illustrati da memoria. Resiste il compratore con controricorso e memoria. Il Consigliere delegato ha proposto la definizione per inammissibilità o manifesta infondatezza. La ricorrente ne ha chiesto la decisione. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 2699 e 2700 c.c. , sostenendosi che la Corte di appello abbia errato nel disattendere l'efficacia probatoria di atto pubblico del verbale di revisione del veicolo. Si assume che la Corte territoriale abbia illegittimamente conferito prevalenza alle testimonianze e alle altre prove rispetto alle risultanze di tale atto pubblico. Il primo motivo è rigettato. Nel passo della sentenza censurato dal primo motivo, la Corte di appello sostiene l'irrilevanza della circostanza che il veicolo avesse superato la revisione il giorno prima della vendita, poiché l'esito positivo è smentito da tutte le altre prove assunte. Ad avviso di quella Corte, ciò conferma che il venditore ha effettuato il controllo per conferire al mezzo una parvenza di idoneità al suo utilizzo. Tale motivazione richiede di essere corretta ex articolo 384 co. 4 c.p.c. Non è che l'esito positivo della revisione, in quanto prova legale, possa essere smentito da altre prove (libere) assunte. Corretto è invece il ritenere che, se è vero che il certificato di revisione fa piena prova, fino a querela di falso, di quanto direttamente verificato sul veicolo (cfr. Cass. 3426/2024 ), è altrettanto vero che l'oggetto di tale prova è diverso dall'oggetto delle prove libere, all'esito delle quali la Corte territoriale ha maturato il proprio convincimento sulla sussistenza di vizi del veicolo. Il certificato di revisione attesta la conformità del veicolo alle prescrizioni tecniche e alle caratteristiche costruttive e funzionali previste dalla legge, ma non ha la virtù di accertare in modo assoluto il difetto di qualsivoglia vizio, che poi in effetti nel caso attuale risulta essere emerso dopo la consegna del veicolo e sono stato accertato in giudizio. Entro questi termini va ricondotta a piena conformità alla legge e alla logica la motivazione adottata dalla Corte di appello. 2. - Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell' articolo 1490 co. 2 c.c. , assumendosi che la Corte di appello abbia erroneamente disapplicato la clausola ‘visto e piaciuto', che esonera il venditore dalla garanzia per i vizi della cosa, salvo il caso di mala fede nell'occultamento degli stessi. Si sostiene che i vizi, se esistenti, erano riconoscibili e che non vi era prova della mala fede della venditrice. La censura colpisce la statuizione sulla non applicabilità della clausola ‘visto e piaciuto', fondata sul volontario occultamento dei vizi da parte della venditrice, accertato sulla base di un'opera di riverniciatura della carrozzeria. Il secondo motivo è rigettato. La clausola ‘visto e piaciuto' non esonera dalla garanzia per i vizi, ove questi siano stati taciuti in mala fede dal venditore e scoperti dopo l'uso della cosa. Tale è l'orientamento di questa Corte (cfr. Cass. 19061/2024 e 21204/2016 ) che la Corte territoriale ha correttamente applicato nel caso di specie, all'esito di un apprezzamento di merito (relativo alla riverniciatura quale strumento di occultamento) che non si espone a censure in sede di legittimità. Infatti, esso è plausibile e rispondente allo standard di prova del più probabile che non. 3. - La Corte rigetta il ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, anche ai sensi dell' articolo 93 co. 3 e 4 c.p.c. , avendo trovato conferma la proposta di definizione anticipata. Inoltre, ai sensi dell'articolo 13 co. 1-quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell'articolo 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 3.300, oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge. Inoltre, condanna la parte ricorrente al pagamento ex articolo 96 co. 3 c.p.c . di € 2.000 in favore della parte controricorrente, nonché al pagamento ex articolo 96 co. 4 c.p.c . di € 2.000 in favore della cassa delle ammende. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.