«Il contenuto dell’obbligo di vigilanza è inversamente proporzionale al grado di maturità degli alunni, onde, con l’avvicinarsi di questi all’età del pieno discernimento, il dovere di vigilanza dei precettori richiede in minor misura la loro continua presenza».
È quanto stabilito dalla Suprema Corte con la pronuncia in esame. Il caso trae origine dalla richiesta di risarcimento avanzata da uno studente in relazione ai danni subiti il 9 ottobre 2007, durante la lezione di educazione fisica, quando venne colpito accidentalmente con un casco da un compagno di scuola, nel locale spogliatoio adiacente la palestra. Accolta in primo grado la domanda risarcitoria, la decisione veniva riformata in appello, essendosi ritenuta raggiunta la prova che il danno fosse stato determinato da causa non imputabile all'Istituto scolastico o a un suo docente . Esito al quale il giudice di secondo grado perveniva sul rilievo che il sinistro si era verificato nello spogliatoio maschile (al quale la docente, donna, di educazione fisica non poteva accedere), ad opera di un compagno del ricorrente frequentante il quinto anno scolastico e prossimo alla maggiore età , e dunque «munito di completa capacità di discernimento e già formato dal punto di vista comportamentale, donde l'impossibilità di configurare alcun profilo di “ culpa in vigilando ”». Di qui, il ricorso per cassazione dello studente, secondo il quale «con l'accoglimento della domanda di iscrizione presso un istituto scolastico e la conseguente ammissione dell'allievo a scuola, sorge un vincolo negoziale dal quale discende l' obbligo di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'alunno , per tutto il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica, in tutte le sue espressioni», e ciò « indipendentemente dalla sua età ». Inoltre, la circostanza che la docente di educazione fisica non potesse accedere – in quanto donna – allo spogliatoio non escluderebbe la responsabilità dell'Istituto, il quale “avrebbe dovuto «distaccare» o «delegare» un dipendente di sesso maschile per la sorveglianza all'interno dello spogliatoio, o «predisporre qualsiasi altra cautela idonea ad evitare episodi come quello verificatosi». La doglianza, tuttavia, è infondata . I Giudici, infatti, ricordano che «l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo alla scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni (anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso)», ragion per cui risulta « applicabile il regime probatorio desumibile dall' articolo 1218 c.c. »; di conseguenza, «mentre l'attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all'insegnante ». Tra le circostanze da apprezzare, al fine di stabilire se sia stata raggiunta o meno la prova della non imputabilità dell'evento dannoso rileva, innanzitutto, «l' età degli allievi , che impone una vigilanza crescente con la diminuzione dell'età anagrafica»: nello specifico, « il contenuto dell'obbligo di vigilanza è inversamente proporzionale al grado di maturità degli alunni , onde con l'avvicinarsi di questi all'età del pieno discernimento il dovere di vigilanza dei precettori richiede in minor misura la loro continua presenza », e ciò perché tale condizione è «tale da far presumere la non prevedibilità della condotta dannosa posta in essere» ( ex multiis , Cass. n. 2334/2018 ; Cass. n. 2394/2024 ). A questi principi si è attenuta la sentenza impugnata, pertanto il ricorso deve essere rigettato .
Presidente Frasca – Relatore Guizzi Fatti di causa 1. Tu .Mi. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 673/21, del 20 gennaio 2021, della Corte d'Appello di Lecce, che – accogliendo il gravame esperito, in via di principalità, dal Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca (d'ora in poi, MIUR ), nonché quello incidentale della società AMISSIMA ASSICURAZIONI Spa, avverso l'ordinanza n. 3723/18, resa del Tribunale della stessa città ex articolo 702-ter cod. proc. civ. – ha rigettato la domanda risarcitoria dallo stesso proposta nei confronti del MIUR, in relazione ai danni subiti il 9 ottobre 2007, alle ore 13.00 circa, allorché frequentava, in qualità di studente, l'Istituto Tecnico Industriale Statale A. Pacinotti , in Taranto. 2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierno ricorrente di essere rimasto vittima di un sinistro, nelle circostanze di tempo e luogo sopra meglio indicate, allorché – terminata la lezione di educazione fisica – venne colpito, accidentalmente, con un casco da un compagno di scuola, nel locale spogliatoio adiacente la palestra, subendo, per l'effetto, la rottura di due denti. Radicato un primo giudizio risarcitorio nei confronti dell'Istituto scolastico (nel quale, oltre ad intervenire volontariamente il MIUR, veniva autorizzata la chiamata in causa dell'assicuratore Carige Assicurazioni Spa), lo stesso si concludeva con sentenza dichiarativa del difetto di legittimazione passiva del convenuto. Radicato, pertanto, un nuovo giudizio – nelle forme del cd. processo sommario di cognizione – nei confronti del MIUR, il convenuto chiedeva ed otteneva di essere autorizzata a chiamare in causa la società Amissima Assicurazioni (già Carige Assicurazioni), per essere da essa manlevata. Accolta dal primo giudice la domanda risarcitoria (e quella di manleva), la decisione – su gravame del convenuto e della terza chiamata – veniva riformata in appello, essendosi ritenuta raggiunta la prova, necessaria vertendosi in una fattispecie di responsabilità contrattuale ex articolo 1218 cod. civ. , che il danno fosse stato determinato da causa non imputabile all'Istituto scolastico o a un suo docente. Esito al quale il giudice di seconde cure perveniva sul rilievo che il sinistro si era verificato nello spogliatoio maschile (al quale la docente, donna, di educazione fisica non poteva accedere), ad opera di un compagno di Tu .Mi. frequentante il quinto anno scolastico e prossimo alla maggiore età, e dunque munito di completa capacità di discernimento e già formato dal punto di vista comportamentale, donde l'impossibilità di configurare alcun profilo di culpa in vigilando . 3. Avverso la sentenza della Corte salentina ha proposto ricorso per cassazione Tu .Mi., sulla base – come detto – di due motivi. 3.1. Il primo motivo denuncia – ex articolo 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli articolo 1218 e 2048 cod. civ. Reputa il ricorrente che le circostanze valorizzate dalla sentenza impugnata per escludere la responsabilità dell'Istituto scolastico (e per esso, del MIUR) siano tutte prive di pregio e assolutamente non condivisibili . Premette il ricorrente che con l'accoglimento della domanda di iscrizione presso un istituto scolastico e la conseguente ammissione dell'allievo a scuola, sorge un vincolo negoziale dal quale discende l'obbligo di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'alunno, per tutto il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica, in tutte le sue espressioni , e ciò indipendentemente dalla sua età . Si tratterebbe, in altri termini, di un contratto di protezione , secondo il quale tra gli interessi da realizzarsi da parte della scuola rientra quello all'integrità fisica dell'allievo . Tale obbligo – di natura contrattuale – permane per tutta la durata del servizio scolastico , e non può essere interrotto per l'assenza di un insegnante, non costituendo ciò un fatto eccezionale, bensì normale e prevedibile . Ciò detto, la circostanza che la docente di educazione fisica non potesse accedere – in quanto donna – allo spogliatoio non escluderebbe la responsabilità dell'Istituto, il quale avrebbe dovuto distaccare o delegare un dipendente di sesso maschile (una volta si chiamavano bidelli ) per la sorveglianza all'interno dello spogliatoio, o predisporre qualsiasi altra cautela idonea ad evitare episodi come quello – incontestatamente e incontestabilmente – verificatosi . D'altra parte, neppure andrebbe trascurata la considerazione che un casco da moto non è un capo di vestiario da cambiare dopo l'ora di educazione fisica, ma sicuramente rappresenta un oggetto contundente, che non avrebbe dovuto – né dovrebbe – mai avere accesso nell'ambito di un istituto scolastico, o al massimo essere depositato in appositi contenitori posti all'ingresso . Infine, si rileva che, spingendo il ragionamento svolto dalla sentenza impugnata alle estreme, ma logiche, conseguenze , si dovrebbe affermare che, nell'ambito di uno spogliatoio , un alunno potrebbe portare non un casco da moto, bensì un coltello a serramanico, o altro strumento da offesa , senza che l'istituto scolastico ne risenta le conseguenze. 3.2. Il secondo motivo denuncia – ex articolo 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all' articolo 92 cod. proc. civ. , lamentando errata regolazione delle spese processuali. Si censura la sentenza impugnata per aver posto le spese di ambo i gradi di giudizio, sostenute tanto dal MIUR quanto da Amissima Assicurazioni, a carico di esso ricorrente. Si tratterebbe di decisione errata e non condivisibile sotto un duplice profilo . In primo luogo, perché egli, né in veste di attore nel giudizio di prime cure, né in veste di appellato nel giudizio di secondo grado, ha mai formulato deduzioni difensive e/o rassegnato conclusioni nei confronti della AMISSIMA ASSICURAZIONI Spa, soggetto a lui completamente estraneo ed evocato in giudizio solo ed esclusivamente dal Ministero . In secondo luogo, perché la Corte ha completamente omesso di considerare che il MIUR aveva proposto ben quattro motivi di appello, dei quali addirittura tre erano stati ritenuti infondati, e quindi rigettati , sicché avrebbe dovuto applicare il disposto del secondo comma dell' articolo 92 cod. proc. civ. , essendovi soccombenza reciproca e percentualmente maggiore per quanto attiene l'appellante MIUR . 4. Ha resistito all'avversaria impugnazione, con controricorso, la società Amissima Assicurazioni, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata. 5. È rimasto solo intimato il MIUR. 6. In relazione al presente ricorso veniva formulata proposta di definizione accelerata, ex articolo 380-bis, comma 1, cod. proc. civ, nel senso della sua inammissibilità o comunque infondatezza, così motivata: Quanto al primo motivo, in particolare, esso si palesa inammissibile ai sensi dell' articolo 360-bis c.p.c. , giacché la sentenza impugnata è stata decisa in conformità alla giurisprudenza di questa Corte ( Cass. n. 2334/2018 , resa su fattispecie singolarmente analoga a quella che occupa), ed il mezzo non offre argomenti per mutare orientamento. Quanto al secondo motivo, esso si palesa infondato, perché la Corte territoriale ha correttamente governato il regolamento delle spese secondo la pressoché totale soccombenza dell'odierno ricorrente, tenuto conseguentemente a rifondere anche le spese del terzo, neppure essendo stata dedotta l'arbitrarietà della chiamata in causa (ex multis, Cass. n. 31889/2019 ). . Comunicata al ricorrente tale proposta, il medesimo ha richiesto la decisione del collegio ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, sicché la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ 6. Il ricorrente e la controricorrente hanno presentato memoria. 7. Non consta, invece, la presentazione di requisitoria scritta da parte del Procuratore Generale presso questa Corte. Ragioni della decisione 8. In via preliminare, deve rilevarsi la nullità della notificazione del ricorso al MIUR, giacché avvenuta presso l'Avvocatura distrettuale di Lecce, e non presso l'Avvocatura generale dello Stato, ciò che imporrebbe la rinnovazione della stessa (tra molte: Cass. Sez. Un., ord. interl. 15 gennaio 2015, n. 608 , Rv. 633916-01). Nondimeno, essendo il ricorso destinato al rigetto, questo Collegio reputa di doversi esimere da tale incombente, in conformità con il consolidato indirizzo di questa Corte che esclude la necessità della rinnovazione della notificazione allorché il ricorso sia inammissibile o manifestamente infondato (cfr., tra le altre, Cass. Sez. Un., 22 marzo 2010, n. 6826 , Rv. 612077-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 15 maggio 2020, n. 8980, Rv. 657883-01). 9. Il ricorso va rigettato, come da proposta di definizione accelerata. 9.1. Il primo motivo non è fondato. 9.1.1. Nello scrutinarlo, deve premettersi – in ciò risultando corretto l'assunto da cui muove il ricorrente, salvo però trarne consegue erronee – che l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo alla scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni (anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso) , ragion per cui risulta applicabile il regime probatorio desumibile dall' articolo 1218 cod. civ. ; di conseguenza, mentre l'attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all'insegnante (così già Cass. Sez. 3, sent. 15 febbraio 2011, n. 3680 , Rv. 617285-01). Nondimeno, se l'istituto è certamente tenuto ad osservare obblighi di vigilanza e controllo , ciò deve avvenire con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto , dato che il normale esito della prestazione dipende, appunto, da una pluralità di fattori, tra cui l'organizzazione dei mezzi adeguati per il raggiungimento degli obiettivi in condizioni di normalità, secondo un giudizio relazionale di valore, in ragione delle circostanze del caso ( Cass. Sez. 3, sent. 4 ottobre 2013, n. 22752 , Rv. 628691-01). Tra le circostanze da apprezzare, al fine di stabilire se sia stata raggiunta, o meno, la prova della non imputabilità dell'evento dannoso – esonerativa, come detto, della responsabilità ex articolo 1218 cod. cv. – viene in rilievo, innanzitutto, l'età degli allievi, che impone una vigilanza crescente con la diminuzione dell'età anagrafica ( Cass. Sez. 3, sent. 29 maggio 2013, n. 13457 , Rv. 626650-01), essendosi, in particolare, precisato che il contenuto dell'obbligo di vigilanza è inversamente proporzionale al grado di maturità degli alunni, onde con l'avvicinarsi di questi all'età del pieno discernimento il dovere di vigilanza dei precettori richiede in minor misura la loro continua presenza , e ciò perché siffatta condizione, nei casi in cui si controverta in merito al danno cagionato da uno studente ad un altro, è tale da far presumere la non prevedibilità della condotta dannosa posta in essere ( Cass. Sez. 3, ord. 31 gennaio 2018, n. 2334 , Rv. 647926-01; negli stessi termini pure Cass. Sez. 3, ord. 24 gennaio 2024, n. 2394 , non massimata, peraltro relativa ad un caso di lesione cagionata ad un alunno volontariamente – e non, come nella specie, accidentalmente – da un altro). A questi principi si è – persino dichiaratamente – attenuta la sentenza impugnata, donde la non fondatezza del motivo. Infine, solo una suggestione è l'argomento per cui, la mancata predisposizione di misure di vigilanza all'interno di uno spogliatoio potrebbe condurre all'introduzione, nello stesso, di armi o di oggetti contundenti, e ciò perché – come si è detto – la valutazione relativa alla sussistenza della prova esonerativa della responsabilità deve essere sempre strettamente legata alle circostanze del caso concreto ( Cass. Sez. 3, sent. 13457 del 2013 , cit.), e non ad altre ipotetiche . Senza, infine, trascurare il fatto che il casco protettivo è da equipararsi ad un capo di abbigliamento, sicché, come tale, poteva essere introdotto nello spogliatoio dell'istituto. 9.2. Il secondo motivo è infondato, in ognuna delle censure in cui si articola. 9.2.1. Quanto alla prima, infatti, deve darsi ulteriore seguito al principio secondo cui le spese sostenute dal terzo chiamato in garanzia sono sopportate dall'attore soccombente, salvo che la chiamata non risulti – evenienza da escludersi (e, per vero, neppure ipotizzata) nel caso di specie – manifestamente arbitraria o palesemente infondata, tanto da concretare abuso del diritto ( Cass. Sez. 3, ord. 6 dicembre 2019, n. 31889 , Rv. 655979-02; Cass. Sez. 6-3, ord. 1 luglio 2021, n. 18710, Rv. 661752-01). Principio, questo, peraltro ormai esteso non solo alla chiamata in garanzia impropria ( Cass. Sez. 1, ord. 18 aprile 2023, n. 10364 , Rv. 667650-01), ma persino ad ogni altra ipotesi di chiamata di terzo ( Cass. Sez. 3, ord. 7 marzo 2024, n. 6144 , Rv. 670458-01). Quanto alla seconda censura, deve ribadirsi che il concetto di soccombenza reciproca, che consente la compensazione tra le parti delle spese processuali ( articolo 92, secondo comma, cod. proc. civ. ), sottende una pluralità di pretese contrapposte, rigettate dal giudice a svantaggio di entrambi gli istanti ( Cass. Sez. 1, sent. 26 maggio 2006, n. 12629 , Rv. 590079-01), e, dunque, l'esistenza di una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che siano state cumulate nel medesimo processo fra le stesse parti (da ultimo, tra le tante, Cass. Sez. 3, ord. 22 agosto 2018, n. 20888 , Rv. 650435-01), restandovi, dunque, estranea la reiezione di eccezioni – di rito o di merito – sollevate dalla parte nei cui confronti la domanda sia stata posta e poi risultata, come nella specie, totalmente vittoriosa all'esito del giudizio (Cass. Sez. 6-2, ord. 2 settembre 2014, n. 18503, Rv. 632108-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 aprile 2003, n. 5373 , Rv. 561926-01). Il tutto, poi, senza tacere che la Corte territoriale ha chiaramente liquidato le spese in applicazione del principio secondo cui la relativa regolamentazione deve tenere conto dell'esito finale della lite. 10. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. 11. Essendo stato il presente giudizio definito conformemente alla proposta ex articolo 380-bis cod. proc. civ., trovano applicazione le previsioni di cui ai commi 3 e 4 dell' articolo 96 cod. proc. civ. Va, pertanto, disposta – ai sensi della prima delle due previsioni normative testé richiamate – la condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore di AMISSIMA ASSICURAZIONI Spa, di una somma che si ritiene di dover fissare in Euro. 1.400,00. In forza, invece, di quanto stabilito dalla seconda delle due citate previsioni normative, va, altresì, disposta la condanna delle ricorrenti al pagamento di ulteriore somma di denaro alla Cassa delle ammende, somma che si reputa equo fissare, nella specie, nella misura, nuovamente, di Euro 500,00. 12. A carico del ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l'obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all'amministrazione giudiziaria ( Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315 , Rv. 657198-01), ai sensi dell' articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 . 13. Infine, per la natura della causa petendi, va di ufficio disposta l'omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente, ai sensi dell' articolo 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condannando T u.Mi. a rifondere, alla società AMISSIMA ASSICURAZIONI Spa, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.800,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 96, commi terzo e quarto, cod. proc. civ., condanna le T u.Mi. al pagamento della somma di Euro. 1.400,00, in favore di AMISSIMA ASSICURAZIONI Spa, e di una ulteriore somma di Euro. 500,00, in favore della Cassa delle Ammende. Ai sensi dell 'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 11 5, nel testo introdotto dall 'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 22 8, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Dispone che, ai sensi dell 'articolo 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 19 6, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi generalità ed altri dati identificativi del ricorrente.