Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 473- bis .17 del codice di procedura civile, sollevate, in riferimento agli articolo 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui la norma prevede, al primo comma, che l’attore debba, a pena di decadenza, modificare o precisare le domande e le conclusioni già formulate, proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza delle difese del convenuto, indicare mezzi di prova, produrre documenti e formulare le istanze di prova, mediante il deposito di una memoria almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione delle parti.
Le preclusioni nel rito per le persone, i minorenni e le famiglie: i lavori preparatori La sentenza della Corte Costituzionale, che dichiara l'infondatezza della questione sollevata dal Tribunale di Genova con ordinanza del 4 settembre 2024, relativamente alla tenuta costituzionale delle preclusioni stabilite nell' articolo 473-bis.17 del codice di rito, in relazione agli articoli 3, 24 e 111 Cost. , si pronuncia rispetto a un articolato che l'esecutivo ha adottato con il d. lgs. n. 149 del 2022 , non perfettamente coerente con i dettami della legge delega n. 266 del 2021. Infatti il modello a cui si ispirava la legge delega era quello del rito del lavoro: le preclusioni, sia per domande, sia per allegazioni ed eccezioni e sia per le prove, tutte necessariamente concentrate a pena di preclusione negli atti introduttivi e, quindi, non lasciava respiro alle parti più graduato nello svolgimento delle proprie difese. In forza del potere di armonizzazione e razionalizzazione delle regole processuali , consentito all'articolo 1 del citato d. lgs. n. 149 , la Commissione costituita dall'Esecutivo ha preferito un modello graduale, dove solo domande ed eccezioni riservate alle parti erano, a pena di preclusione, deducibili negli atti introduttivi, potendo gli adattamenti alle difese successive, per esigenze di contraddittorio o anche solo per ius poenitendi , nonché le prove, deducibili a pena di decadenza – per l'attore – nella prima memoria ex articolo 473- bis .17 c.p.c. , e – per il convenuto – nella seconda memoria, consentita dallo stesso articolo e da trasmettere telematicamente al PCT venti giorni prima dell'udienza la prima, dieci giorni prima dell'udienza la seconda. Era apparso alla Commissione e poi all'Esecutivo che ha adottato l'articolato, l'unica concessione possibile ai tempi di svolgimento delle difese delle parti, stante il dettame rigido della legge delega n. 206 cit. e stante l'impossibilità di superare il termine di costituzione del convenuto, fissato dal giudice nel decreto in calce al ricorso, normalmente trenta giorni prima dell'udienza ( articolo 473- bis .16 c.p.c. ). Dovevano quindi le memorie successive essere trasmesse in termini ristretti (venti, dieci e, per le repliche dell'attore alla memoria del convenuto nell'ambito della prova, cinque giorni prima dell'udienza). Il sospetto di incostituzionalità La ristrettezza dei termini era apparsa particolarmente gravosa per l'attore, in relazione all'eventuale domanda riconvenzionale del convenuto (solo dieci giorni per articolare la replica, a fronte di una vera e propria domanda, benché in replica alla domanda dell'attore il convenuto avesse un termine pari a trenta giorni). La soluzione del processo per le persone, per i minorenni e per le famiglie , era parsa , in violazione del principio di eguaglianza e di parità delle armi (articolo 3 e 111 c.p.c. ), anche se raffrontata agli altri riti, essendo la domanda riconvenzionale formulata dal convenuto nel rito del lavoro, destinata a un rinvio dell'udienza che consentiva all'attore di godere degli stessi termini del convenuto rispetto alla sua domanda ( articolo 419 c.p.c. ) ed essendo i termini per il rito ordinario e il rito semplificato, più generosi (rispettivamente trenta giorni per il rito ordinario, articolo 171- ter c.p.c. e più di dieci giorni nel rito semplificato, articolo 281- duodecies , 4° comma, c.p.c. , poiché il giudice può concedere all'udienza alle parti un termine perentorio non superiore a venti giorni per contraddire alle difese delle altre parti). Il tema involgeva anche i principi costituzionali relativi al diritto di difesa , articolo 24 Cost. , e relativi al contraddittorio , ancora articolo 171- ter c.p.c. La soluzione La Corte ribadisce un orientamento consolidato che salvo manifeste irrazionalità o diseguaglianze, il tema dello scandimento temporale degli atti processuali è e resta nell'ambito delle scelte di opportunità del legislatore, sulle quali il giudice della costituzionalità delle leggi non ritiene di pronunciarsi. Peraltro la manifesta irrazionalità e diseguaglianza viene esclusa, in modo convincente, per le particolarità differenziali – donde la specialità del rito conseguente – delle controversie sulla crisi familiare (il caso era offerto da una domanda di divorzio esercitata in via riconvenzionale dal convenuto rispetto a una domanda di separazione introdotta dall'attore, possibilità consentita – quella del cumulo – dall' articolo 473- bis .49 c.p.c. ). Infatti, le controversie sulla crisi delle famiglie , siano esse originate dal matrimonio, dalla convivenza o dall'unione civile, possono proporre come possibili domande riconvenzionali, domande prevedibili e sulle quali l'attore , che ha la libertà di individuare il momento in cui ha inizio il procedimento, deve essere preparato , ben prima della loro successiva formulazione. Infatti introdurre una separazione o un divorzio, lascia spazio a una riconvenzionale sul contributo di mantenimento e sull'assegno divorzile, a una riconvenzionale sull'addebito, a una riconvenzionale sui danni da illecito endo-familiare, ipotesi tutte che l'attore ha ampia possibilità di prevedere, preparandosi per tempo sulle possibili controdeduzioni e domande del convenuto. Ugualmente, nel caso di specie , a fronte di una domanda di separazione, la possibilità in via riconvenzionale che sia proposta domanda di divorzio, anche con pretesa a un assegno divorzile. Peraltro vi è da aggiungere, e la sentenza che si annota coglie questo aspetto, che le controversie minorili hanno a oggetto tutte diritti indisponibili, come tali, ai sensi dell' articolo 473- bis .19 c.p.c. , non soggetti a decadenze, perciò una qualsiasi domanda riconvenzionale formulata dal convenuto e avente a oggetto diritti del minore, può essere contraddetta lungo tutto il corso del processo, sinanche assoggettata a iniziative dell'ufficio, che non è soggetto ai principi del processo dispositivo. Il tema involge quindi solo le controversie sulla crisi della famiglia, per gli aspetti strettamente economici, assoggettate a preclusione. Tuttavia, anche nell'ambito delle pretese economiche, le preclusioni sono attenuate dal riconoscimento di una iniziativa officiosa nell'ambito della prova ( articolo 473- bis .19 , 2° comma c.p.c. ) e consentono la formulazione di domande in corso di causa, anche oltre le preclusioni, qualora la ragione sorga da nuove acquisizioni istruttorie.