La Suprema Corte ha affrontato il tema della decadenza nelle istanze di restituzione avanzate dai terzi creditori ipotecari in buona fede, in relazione ai beni oggetto di confisca ex articolo 19 d.lgs. n. 231/2001.
Il caso vedeva protagonista una S.r.l., mandataria di una S.p.A., cui era stato negato dalla Corte d'appello di Milano il diritto alla restituzione di una consistente somma , ritenendo la richiesta tardiva rispetto alla definitività della confisca . La Cassazione ha però accolto il ricorso, sottolineando che l' articolo 19 d.lgs. 231/2001 – a differenza della disciplina delle misure di prevenzione – non contiene alcun riferimento a termini di decadenza, né richiama la disciplina contenuta nel d.lgs. 159/2011 o in altre disposizioni che prevedano limiti temporali per la proposizione delle domande dei terzi. La Suprema Corte, richiamando la propria giurisprudenza e in particolare la sentenza Uniland delle Sezioni Unite ( Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015 dove si legge che «… nel disporre che in caso di confisca debbano essere salvaguardati i diritti dei terzi acquisiti in buona fede, non pone alcun limite temporale alla prova della acquisizione del diritto, nel senso che non è vero che la titolarità del diritto al terzo debba essere riconosciuta prima che venga disposta la confisca; può benissimo accadere, infatti, che al terzo venga riconosciuta l'acquisizione in buona fede del diritto dopo che sia stata disposta la confisca…»), ha ricordato che la normativa richiede soltanto la prova della buona fede del terzo e la titolarità del diritto , senza che sia necessario che il diritto sia stato fatto valere prima della confisca. Pertanto, l' assenza di un termine esplicito impedisce di dichiarare la decadenza della richiesta del terzo, anche qualora la domanda venga proposta dopo il passaggio in giudicato del provvedimento di confisca. La Corte d'appello di Milano dovrà ora riesaminare la posizione della ricorrente, valutando nel merito la sussistenza della buona fede e della legittimazione della creditrice ipotecaria, senza più poter opporre la preclusione temporale.
Presidente Di Nicola – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18 aprile 2025 la Corte d'appello di Milano ha rigettato la richiesta della S.r.l. ( omissis ), creditrice ipotecaria di buona fede, di restituzione, in misura pari al 63,46% dell'Importo complessivo di euro 1.135.181,01 residuato al pagamento delle spese di procedura, quindi della somma di euro 720.385,87, delle somme versate dal Fallimento della S.r.l. ( omissis ) al Fondo Unico di Giustizia, oggetto di confisca successiva alla iscrizione ipotecaria in favore della sua dante causa, ( omissis ) S.p.a. Il Tribunale ha disatteso detta richiesta a causa della sua tardività, per essere stata proposta successivamente alla definitività del provvedimento di confisca, conseguente alla sentenza del 20 luglio 2018 della Corte di cassazione, pienamente conoscibile essendo stato trascritto il 6 marzo 2019, in quanto formulata solamente con istanza del 9 agosto 2022, senza neppure proporre domanda di accertamento della buona fede della richiedente, nonostante la sua veste di cessionaria della originaria creditrice, ( omissis ), con la conseguente irrilevanza dell'accertamento della buona fede della cedente (avvenuto con ordinanza dell'11 gennaio 2024 del Tribunale di Milano). 2. Avverso tale ordinanza la richiedente, S.r.l. ( omissis ) ha proposto ricorso per cassazione, mediante l'Avvocato e procuratore speciale A. G., che lo ha affidato a quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo si lamenta, a norma dell'articolo 606, comma 1, lett. b), c) ed e), la violazione degli articolo 104, comma 1-bis, disp. att. cod. proc. pen. e 58 d.lgs. n. 159 del 2011, nonché 1, comma 199, I. n. 228 del 2011 e 19 d.lgs. n. 231 del 2001 e un vizio della motivazione, con riferimento all'applicazione da parte della Corte d'appello dei termini di decadenza previsti dall' articolo 58 del d.lgs. n. 159 del 2011 , in quanto l'estensione di tale disciplina a tutte le confische penali, compresa quella disposta ai sensi dell' articolo 19 del d.lgs. n. 231 del 2001 quale quella in questione, era stata disposta dalla c.d. Riforma Cartabia, entrata in vigore il 30 dicembre 2022, successivamente alla pronuncia che aveva disposto la confisca e anche alla domanda di accertamento della buona fede del terzo originario titolare del credito garantito da ipoteca. Si eccepisce anche l'erroneità del richiamo al termine di 180 giorni decorrente dalla data di esecutività della confisca introdotto dall' articolo 1, comma 199, della l. n. 228 del 2012 , applicabile alle sole misure di prevenzione disposte prima del 13 ottobre 2011, con la conseguenza che alla istanza della ricorrente avrebbe dovuto essere applicato solamente quanto previsto dall' articolo 19 del d.lgs. n. 231 del 2001 , che prevede la confisca nei confronti dell'ente fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede, con la conseguente legittimità e tempestività della richiesta di restituzione avanzata dalla ricorrente, per la quale il citato articolo 19 non prevede termini di decadenza, introdotti solamente con la c.d. Riforma Cartabia, tenendo anche conto della circostanza che la S.r.l. ( omissis ), di cui era stata affermata la responsabilità e nei cui confronti era stata disposta la confisca, era stata dichiarata fallita con sentenza dell'11 giugno 2015, cosicché nelle more della relativa procedura non avrebbero potuto essere intraprese azioni a tutela dei diritti dei terzi, proponibili solamente nella forma dell'incidente di esecuzione innanzi al giudice penale (si richiama sul punto la sentenza Uniland delle Sezioni Unite, n. 11170 del 2015). 2.2. In secondo luogo, si lamenta, a norma dell'articolo 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. la violazione dell'articolo 11, comma 2, R.D. n. 1676 del 1933 e dell' articolo 676 cod. proc. pen. e un ulteriore vizio della motivazione, con riferimento al rilievo della omessa notificazione del provvedimento di confisca alla Agenzia Nazionale per l'amministrazione dei beni confiscati, spettante alla cancelleria, alla quale il Tribunale aveva dato il relativo incarico, con la conseguente erroneità del rilievo da parte della Corte d'appello di tale omissione, che, peraltro, la Corte d'appello non aveva neppure verificato. 2.3. Con il terzo motivo si prospetta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell' articolo 19 d.lgs. n. 231 del 2001 e l'illogicità della motivazione, con riferimento al rilievo del mancato accertamento della buona fede del terzo cessionario del credito assistito da ipoteca, evidenziando che in caso di confisca disposta ai sensi dell' articolo 19 d.lgs. n. 231 del 2001 l'onere di accertamento dei fatti grava sul giudice e che sull'interessato grava solo un onere di allegazione volto a far emergere la regolarità del titolo di acquisto e la buona fede che lo caratterizza (si richiama nuovamente la sentenza Uniland). Dai documenti allegati a corredo della richiesta di restituzione delle somme si ricaverebbe l'estraneità dell'originario creditore, ( omissis ), all'attività delittuosa e l'incolpevole affidamento dello stesso, nonché l'anteriorità della costituzione del diritto reale di garanzia al provvedimento di sequestro e l'assenza di irregolarità nella gestione del credito, e anche la buona fede della cessionaria, ( omissis ), tenendo conto della efficacia meramente derivativa della cessione del credito, che comporta la successione del cessionario nella medesima posizione del cedente, dovendo essere verificata solamente l'assenza di accordi fraudolenti con il soggetto gravato dalla misura volti a eluderne gli effetti. Da detti documenti si desumerebbe anche la natura della ricorrente ( omissis ), costituita al solo fine dell'acquisto di finanziamenti e altre attività finanziarie da banche o altri intermediari finanziari. La cessione del credito relativo al mutuo fondiario concesso alla S.r.l. ( omissis ) si inseriva in una più ampia operazione di cartolarizzazione, tra operatori istituzionali e soggetta controllo della Banca d'Italia, avvenuta in blocco, sulla base di criteri predeterminati e tali da assicurare l'omogeneità giuridico - finanziaria dei crediti, con la conseguente evidenza della assoluta insussistenza di qualsiasi intendimento fraudolento tra la cessionaria e l'imputato volto ad aggirare la pretesa ablativa dello Stato. Dovrebbe, pertanto, ritenersi errata e apodittica l'affermazione della insussistenza della buona fede della società ricorrente. 2.4. Infine, con il quarto motivo, si eccepisce la mancanza di motivazione a proposito dell'evidenziato contrasto con l'ordinanza emessa nel parallelo procedimento promosso dalla S.r.l. ( omissis ), la cui richiesta di rimborso era stata accolta, non considerata dalla Corte d'appello, nonostante la identità tra le posizioni della ricorrente e di detta società (entrambe costituite al fine della cartolarizzazione dei crediti, ammesse al passivo del medesimo procedimento quali creditrici ipotecarie di primo grado, con ipoteca anteriore alla confisca e al sequestro, rimaste estranee dal giudizio di cognizione, soddisfatte solo parzialmente in sede di riparto finale e di cui era stata riconosciuta la buona fede). 3. Il Procuratore Generale ha concluso nelle sue richieste scritte sollecitando l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata, sottolineando l'avvenuto accertamento della buona fede del creditore dante causa della società ricorrente (cessionaria del credito assistito da ipoteca) e il mancato rilievo da parte del Tribunale di Milano, quale giudice dell'esecuzione, della eventuale tardività della richiesta della Banca ( omissis ) di accertamento della propria buona fede, nonché la mancata fissazione di una udienza per la verifica dei crediti ai sensi dell' articolo 57 d.lgs. n. 159 del 2011 da parte del giudice delegato, e anche la mancata assegnazione di un termine per il deposito delle istanze finalizzate al riconoscimento della buona fede, con la conseguente improprietà del rilievo della tardività della richiesta di restituzione avanzata dalla ricorrente rilevata dalla Corte d'appello. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Secondo quanto risulta dall'ordinanza impugnata la confisca di cui la ricorrente lamenta l'indebita esecuzione per l'intero, per non essere stato considerato il proprio credito assistito da ipoteca iscritta anteriormente alla disposizione della confisca e anche alla esecuzione del sequestro preventivo strumentale a tale confisca, è stata disposta nei confronti della S.r.l. ( omissis ), poi dichiarata fallita, ai sensi dell' articolo 19 d.lgs. n. 231 del 2001 . Tale disposizione stabilisce che con la sentenza di condanna è sempre disposta, nei confronti dell'ente di cui sia stata affermata la responsabilità amministrativa, la confisca, anche per equivalente, del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato, e che sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. La società ricorrente, cessionaria della originaria creditrice ipotecaria, ( omissis ), di cui è stata accertata la buona con ordinanza del Tribunale di Milano dell'11 gennaio 2024, ha domandato alla Corte d'appello di Milano, quale giudice dell'esecuzione, la restituzione, nella proporzione di cui all' articolo 2782 cod. civ. , della somma confiscata. Tale istanza è stata disattesa dalla Corte d'appello con il provvedimento impugnato a causa della sua tardività, oltre che in considerazione del mancato accertamento della buona fede della richiedente, quale cessionaria del credito assistito da ipoteca. 3. Osserva, dunque, il Collegio che entrambe le ragioni poste a fondamento del rigetto della richiesta della ricorrente non sono condivisibili. Per quanto riguarda la rilevata tardività della richiesta, va osservato che la confisca di cui si controverte (in conseguenza del fatto che la società ricorrente, quale terza ipotecaria di buona fede, ha chiesto l'assegnazione dj parte delle somme ricavate dalla vendita dei beni confiscati, sui quali vantava una ipoteca iscritta anteriormente al sequestro e alla confisca) è stata, come già osservato, disposta ai sensi dell' articolo 19 d.lgs. n. 231 del 2001 : ne consegue che a tale confisca, e dunque anche alle controversie con i terzi che vantino diritti sui beni confiscati, non si applica la disciplina di cui all' articolo 104-bis, comma 1-quater, disp. att. cod. proc. pen. , secondo cui ai casi di sequestro e confisca in casi particolari previsti dall' articolo 240 bis del Codice Penale o dalle altre disposizioni di legge che a questo articolo rinviano, nonché agli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice, si applicano le disposizioni del titolo IV del Libro I del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 , in quanto il suddetto articolo 19 non richiama, né al primo né al secondo comma, né la disciplina dell' articolo 240-bis cod. pen. , né quella del d.lgs. n. 159 del 2011 , né l'articolo 104-bis disp. att. cod. proc. pen., dettando, al primo e al secondo comma, una disciplina propria, e richiamando espressamente quella di cui all' articolo 104-bis, commi 1-septies, 1-octies, 1-novies e 1-decies, disp. att. cod. proc. pen. , solamente al comma 2-bis, allorquando la confisca abbia ad oggetto stabilimenti industriali o parti di essi che siano stati dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell' articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207 , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231 , ovvero impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva . Risulta, pertanto, improprio il richiamo compiuto nel provvedimento impugnato ai termini di decadenza di cui all' articolo 58 d.lgs. n. 159 del 2011 e di cui all'articolo 1, comma 199, I. n. 228 del 2012, che non sono richiamati dal citato articolo 19 d.lgs. n. 231 del 2011, né dall' articolo 240-bis cod. pen. , né dall'articolo 104-bis disp. att. cod., decadenza che, quindi, è stata indebitamente rilevata (come chiarito nella sentenza Uniland, Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015, Uniland Spa, Rv. 263681 - 01, che, in motivazione, ha chiarito che la disposizione di cui all'articolo 19 cit. ... nel disporre che in caso di confisca debbano essere salvaguardati i diritti dei terzi acquisiti in buona fede, non pone alcun limite temporale alla prova della acquisizione del diritto, nel senso che non è vero che la titolarità del diritto al terzo debba essere riconosciuta prima che venga disposta la confisca; può benissimo accadere, infatti, che al terzo venga riconosciuta l'acquisizione in buona fede del diritto dopo che sia stata disposta la confisca...; anche in siffatta situazione deve essere salvaguardato il diritto del terzo ). Va, peraltro, aggiunto che, come evidenziato nelle conclusioni del Procuratore Generale, una tale decadenza non era stata rilevata dal Tribunale di Milano investito, quale giudice dell'esecuzione, della richiesta dell'Istituto Bancario ( omissis ) (dante causa della ricorrente) di accertamento della sua buona fede, cosicché ne risultava precluso il rilievo da parte della Corte d'appello nei confronti della ( omissis ), che ha agito quale avente causa di tale creditore, subentrata nella sua posizione, anche sul piano processuale, e di cui, come notato, non era stata rilevata la tardività o la carenza di legittimazione o di interesse. Inoltre, anche volendo ritenere applicabile la disciplina di cui al d.lgs. n. 159 del 2011 non risulta, come sottolineato dal Procuratore Generale, che vi sia stata una udienza per la verifica dei crediti ai sensi dell'articolo 57 e che il giudice delegato abbia assegnato alle parti e ai creditori il termine perentorio di cui all' articolo 58 di detto d.lgs. 159/2011 , cosicché neppure in questa prospettiva poteva essere dichiarata la decadenza della ricorrente, quale terza creditrice di buona fede che ha proposto istanza di assegnazione di parte del ricavato dalla vendita dei beni confiscati. 5. La Corte d'appello di Milano ha, poi, del tutto omesso di esaminare la richiesta della terza creditrice ipotecaria di buona fede e di verificarne tale stato soggettivo, costituente il presupposto per la opponibilità del credito dalla stessa vantato nei confronti dell'Erario ai sensi dell' articolo 19 d.lgs. 231/2001 citato, nonostante l'avvenuto accertamento della buona fede della dante causa della ricorrente, ossia l'Istituto Bancario ( omissis ), e l'ampia allegazione della propria buona fede da parte della ricorrente medesima, che ha dimostrato l'estraneità dell'originario creditore all'attività delittuosa e l'incolpevole affidamento dello stesso, l'anteriorità della costituzione del diritto reale di garanzia al provvedimento di sequestro e l'assenza di irregolarità nella gestione del credito, nonché la propria buona fede, trattandosi di ente costituito al solo fine dell'acquisto di finanziamenti e altre attività finanziarie in blocco da banche o altri intermediari finanziari; in proposito la ricorrente ha evidenziato che la cessione del credito relativo al mutuo fondiario concesso alla S.r.l. ( omissis ) si inseriva in una più ampia operazione di cartolarizzazione, tra operatori istituzionali e soggetta controllo della Banca d'Italia, avvenuta in blocco, sulla base di criteri predeterminati e tali da assicurare l'omogeneità giuridico - finanziaria dei crediti, con la conseguente evidenza, ad avviso della ricorrente, della insussistenza di qualsiasi intendimento fraudolento tra la cessionaria e l'imputato volto ad aggirare la pretesa ablativa dello Stato. Tali allegazioni, astrattamente idonee a dimostrare la buona fede della cessionaria (cfr., quanto alla sussistenza solamente di un onere di allegazione a carico del terzo, Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015, Uniland Spa, Rv. 263684 - 01, cit.), non sono state affatto considerate dal giudice dell'esecuzione, benché la verifica della effettiva condizione di soggetto terzo - pregiudicato dalla confisca nella legittima aspettativa di soddisfacimento del credito - spetti sempre al giudice penale in ambito esecutivo, che deve stabilire in che misura l'effetto di trasferimento del bene confiscato allo Stato possa o meno essere limitato dalla incidenza di un diritto soggettivo ammissibile a una qualunque forma di tutela, da esperirsi nei confronti dell'attuale titolare del bene (Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015, Uniland Spa, Rv. 263683 - 01, cit., nonché, già in precedenza, Sez. U, n. 9 del 28/04/1999, Bacherotti, Rv. 213511 - 01; v. anche Sez. 1, n. 22048 del 26/2/2021, Italfondiario Spa, non massimata). 6. L'ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullata, non essendo ravvisabile la decadenza rilevata dalla Corte d'appello di Milano, con rinvio a tale giudice in diversa composizione personale, affinché provveda ad esaminare la richiesta della ricorrente sulla base delle specifiche allegazioni da questa compiute. P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione personale.