Quando un avvocato sta in giudizio contro più controparti, il giudice può autorizzare un unico compenso, aumentato del 20% per ciascuna parte aggiuntiva. Il riconoscimento di tale maggiorazione, tuttavia, costituisce una facoltà e non un obbligo per il giudice.
L' articolo 5, comma 4, del D.M. 127/2004 , infatti, stabilisce che «nel caso in cui l'avvocato assista e difenda una parte contro più parti quando la prestazione comporti l'esame di particolari situazioni di fatto o di diritto l'onorario unico può essere aumentato per ogni parte oltre la prima del 20 per cento». Tale interpretazione è stata confermata dalla Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame. Nello specifico, la Suprema Corte ha censurato la decisione del Tribunale di Milano, che aveva respinto la richiesta di aumento dell'onorario, nonostante la presenza di più parti contrapposte, ciascuna delle quali aveva assunto una propria autonoma difesa . I Giudici hanno chiarito che, in materia di liquidazione degli onorari, l'articolo 5, comma 4, della tariffa professionale approvata con DM 8 aprile 2004, n. 127 , che consente al giudice, nell'ipotesi di assistenza e difesa di una parte avverso più controparti, di liquidare un compenso unico maggiorato per ciascuna parte del 20%, riconosce al giudice un potere discrezionale: può concedere la maggiorazione, ma non è obbligato a farlo , purché la decisione sia adeguatamente motivata. Tuttavia, nel caso in esame, il Tribunale di Milano aveva negato la maggiorazione valutando solo la posizione dei legatari coinvolti, senza considerare che la causa era stata promossa originariamente nei confronti di più parti. In assenza di una motivazione specifica che giustifichi l'esclusione della maggiorazione dell'emolumento, la Cassazione ha quindi annullato la sentenza impugnata , rinviando la causa al Tribunale di Milano per un nuovo esame.
Presidente Flaschi – Relatore Tedesco Fatti di causa Con ricorso ex articolo 28 L. n. 794/1942 e 14 D. lgs. n. 150/2011 , depositato presso il Tribunale di Milano, l'avv. F.B.F.M.G. chiedeva la condanna dell'ingegnere B.M.E.E. al pagamento della somma di € 217.580,86 (di cui € 94.955,00 per onorari per attività stragiudiziale e € 53.936,00 per onorari per attività giudiziale), dovuta quale compenso per l'attività professionale prestata dal predetto legale in favore del B.M.E.E., dapprima in fase stragiudiziale e successivamente nel giudizio civile (r.g. n. 51775/2012) promosso nei confronti dei germani del B.M.E.E., relativo alla successione mortis causa della comune madre. Tale giudizio veniva definito con transazione stipulata successivamente all'esperimento del procedimento di mediazione dinanzi al Tribunale di Milano. Il 30.11.2009, data di conferimento dell'incarico, le parti concordavano con coeva scrittura che il compenso per le suddette attività sarebbe stato determinato conformemente alle tariffe professionali forensi di cui al D.M. n. 12/2004 , precisando con successiva scrittura del 25.05.2012 che i soli onorari sarebbero stati applicati nella misura massima. Tuttavia, l'avv. F.B.F.M.G. riceveva dall'ing. B.M.E.E., a titolo di compensi, un unico acconto di € 10.000,00 versato nel luglio 2012, nonostante le successive richieste di pagamento reiterate nel tempo. Si costituiva in giudizio il B.M.E.E., contestando la domanda. Istruita documentalmente la causa, il Tribunale di Milano, con ordinanza del 31 ottobre 2019, accoglieva parzialmente la domanda dell'avv. F.B.F.M.G., rigettava la richiesta dei compensi per la fase stragiudiziale e liquidava in favore del professionista, a titolo di compenso per l'attività prestata in fase giudiziale, la complessiva somma di € 28.789,91, oltre IVA e CPA e al rimborso del 12,5 % per spese generali. Per la cassazione di tale ordinanza propone ricorso l'avv. F.B.F.M.G., sulla base di quattro motivi, cui resiste con controricorso l'ingegnere B.M.E.E.. Nell'imminenza dell'adunanza camerale, il solo ricorrente ha depositato memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso si denunzia la nullità dell'ordinanza, in quanto, nonostante la natura decisoria ex articolo 132, co.1 n. 5 e 161 c.p.c. , era stata sottoscritta esclusivamente dal Presidente e non anche dal giudice relatore. Con il secondo motivo di ricorso si ravvisa la violazione e/o la falsa applicazione ex articolo 360, co.1 n. 3 c.p.c. , dell'articolo 14 D.lgs. n. 150/2011 . Sostiene il ricorrente che, nel caso in esame, anche i compensi per l'attività stragiudiziale potevano essere richiesti con ricorso ex articolo 14 D.lgs. 150/2011 . Invero, le diverse attività attuate dal legale, se pur articolate in varie fasi, tra cui quella stragiudiziale, venivano esercitate al fine di ottenere la reintegrazione della quota di legittima lesa dell'ingegner B.M.E.E., che fu poi oggetto di domanda giudiziale dinanzi al Tribunale di Milano (r.g. n. 51775/2012). In questo senso, le attività stragiudiziali rese tra il 2009 e il 2012, in cui si operava la ricostruzione dell'intero asse ereditario, risultavano strettamente connesse alla successiva fase giudiziale e di mediazione. Pertanto, la decisione del Tribunale risulterebbe in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità sul tema. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta – ai sensi dell' articolo 360, co. 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e/o la falsa applicazione degli articolo 1362 e 1363 c.c. e dell'articolo 4 D.M. n. 127/2004 , per avere il Tribunale di Milano illegittimamente omesso la liquidazione dei “diritti” stabiliti per le prestazioni del difensore. Afferma il ricorrente che la scrittura del 25.05.2012 – con cui si precisava che soltanto gli onorari sarebbero stati applicati nella misura massima prevista dal D.M. n. 127/2004 – costituiva una mera specificazione dell'originario accordo del 30.11.2009, che valeva a definire l'esatta misura degli onorari e non ad escludere i diritti, i quali sarebbero comunque dovuti essendo gli stessi fissi e inderogabili ai sensi dell' articolo 4 del D.M. n. 127/2004 . Infine, con il quarto ed ultimo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o la falsa applicazione ex articolo 360, co. 1, n. 3 c.p.c. , dell'articolo 5, co. 4, D.M. n. 127/2004 : il Tribunale di Milano ha illegittimamente respinto la domanda di aumento dell'onorario, che si giustificava in considerazione della pluralità delle parti contrapposte, ciascuna delle quali aveva assunto una propria autonoma difesa. Il primo motivo è infondato. I provvedimenti per i quali la legge prevede la forma dell'ordinanza, quando sono emessi dal giudice collegiale, sono sottoscritti dal solo presidente, ex articolo 134, comma 1, c.p.c. e non sussiste la violazione di legge denunciata. Il secondo motivo è parimenti infondato. La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione del principio secondo «nel giudizio per il conseguimento di compensi per prestazioni professionali rese in ambito stragiudiziale e in procedimenti civili e penali, introdotto con ordinario procedimento monitorio, l'opposizione a decreto ingiuntivo deve essere proposta con atto di citazione ai sensi dell' articolo 645 c.p.c. e non con ricorso ex articolo 702-bis c.p.c. , non rientrando la controversia nell'ambito previsionale dell' articolo 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 , che contempla, in virtù del richiamo all' articolo 28 della l. n. 794 del 1942 , il procedimento sommario di cognizione per i soli giudizi concernenti la liquidazione di compensi per prestazioni giudiziali rese in materia civile ( Cass. n. 4330/2023 ), nonché per quelle stragiudiziali strettamente correlate alle prime ( Cass. n. 4665/2022 ; Cass. n. 7652/2004 ). In altre parole, è esclusa l'applicazione dell' articolo 14 D.lgs. n. 150/2011 alla controversia nella quale l'attività stragiudiziale allegata a fondamento della pretesa corresponsione del compenso di avvocato esibisce carattere di autonomia rispetto all'attività giudiziale, spettando naturalmente al giudice del merito l'accertamento della connessione o della complementarità, o, viceversa, dell'autonomia, delle prestazioni in parola rispetto alle attività propriamente processuali ( Cass. n. 40828/2021 ). Tale accertamento è stato compiutamente svolto dal Tribunale di Milano e non è perciò censurabile in questa sede rivalutandone gli esiti fattuali, come auspica il ricorrente. Il terzo motivo è fondato. In tema di interpretazione del contratto, qualora la medesima vicenda negoziale ed i relativi effetti abbiano formato oggetto di due o più atti scritti, il giudice è tenuto, giusta il disposto dell' articolo 1363 c.c. , ad esaminare tutte le convenzioni intercorse tra le parti sì come risultanti dai documenti all'uopo formati, stabilendo, altresì, il rapporto tra clausole e documenti, se di chiarimento, di integrazione, di modificazione, di trasformazione o di annullamento delle precedenti pattuizioni ( Cass. n. 20817/2010 ; Cass. n. 10298/2002 ). Il Tribunale, in contrasto con tale principio, ha riconosciuto che il professionista non aveva altro diritto all'infuori del solo compenso per gli onorari sulla base della scrittura del 25 maggio 2012, mentre, dal momento che il rapporto giuridico aveva formato oggetto di più due scritti, avrebbe dovuto esaminarli tutti. Anche il quarto motivo è fondato. In tema di liquidazione degli onorari di avvocato, la disposizione dell'articolo 5, comma 4, della tariffa professionale approvata con d.m. 8 aprile 2004, n. 127 , che consente al giudice, nell'ipotesi di assistenza e difesa di una parte avverso più controparti di liquidare un compenso unico maggiorato per ciascuna parte del 20% e sempre che la prestazione comporti l'esame di particolari situazioni di fatto o di diritto - come nel caso speculare, previsto dallo stesso comma, in cui più parti con identica posizione processuale siano state assistite e difese dallo stesso avvocato - prevede una mera facoltà rientrante nel potere discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio non è denunciabile in sede di legittimità, se motivato ( Cass. n. 16040/2011 ). Tutto ciò è vero, ma il Tribunale di Milano ha escluso la maggiorazione valutando la richiesta con riferimento ai legatari chiamati nel giudizio, senza considerare che la controversia, già dall'origine, era stata instaurata nei confronti di più parti. Pertanto, la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata per nuovo esame al Tribunale di Milano, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso; rigetta il primo e il secondo; cassa l'ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa innanzi al Tribunale di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.