Processo telematico: i limiti del potere di attestazione di conformità del difensore

Il difensore non può attestare la conformità all’originale degli atti contenuti nei fascicoli cartacei d’ufficio, spettando tale attestazione esclusivamente al cancelliere.

«Nel processo civile telematico, il difensore non ha il potere di attestare la conformità all'originale delle copie informatiche direttamente estratte da atti contenuti nel fascicolo cartaceo d'ufficio, come i verbali di udienza. L'attività di autenticazione di tali atti rientra nella competenza esclusiva del cancelliere, quale pubblico ufficiale depositario dell'originale. L'attestazione apposta dal difensore in assenza di previa certificazione di autentica da parte della cancelleria è priva di valore probatorio e non può sostituire la certificazione d'ufficio richiesta dall'articolo 3, comma 3, lett. b), l. 24 marzo 2001 n. 89, ai fini della prova nel giudizio di equa riparazione». La sentenza in commento affronta un nodo interpretativo divenuto centrale a seguito dell'introduzione del processo civile telematico: i limiti del difensore al potere di attestazione di conformità delle copie informatiche direttamente estratte dai documenti contenuti nel fascicolo cartaceo. La vicenda sottoposta all'esame della Corte di Cassazione trae origine da un'opposizione ex articolo 5- ter l. n. 24 marzo 2001 n. 89 ( Legge Pinto ) proposta avverso il decreto della Corte d'appello di Napoli che aveva rigettato la sua domanda di equa riparazione per l'irragionevole durata di un giudizio di lavoro instaurato per l'ottenimento delle provvidenze economiche ex l. n. 118/1971 e l. n. 18/1980 . Ai fini dell'opposizione, il ricorrente aveva depositato la documentazione relativa al giudizio presupposto – in particolare, i verbali di causa e le memorie difensive dell'INPS – non in copia autentica, ma accompagnata da un'unica attestazione di conformità resa ai sensi dell'articolo 16- decies del d.l. n. 179/2012, volta ad accertare che i documenti prodotti costituissero copia conforme ai rispettivi originali analogici conservati nel fascicolo cartaceo. La Corte d'appello di Napoli, con decreto n. 900/2022, rigettava la domanda di opposizione per difetto di prova , sul presupposto che il difensore non avesse il potere di attestare la conformità dei documenti prodotti agli originali contenuti nel fascicolo cartaceo. Avverso tale decisione, il ricorrente proponeva ricorso in Cassazione, articolando due motivi: con il primo motivo , il ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione dell'articolo 16- decies del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 come convertito, con modificazioni, in l. 17 dicembre 2012 n. 221 , per avere la Corte d'appello negato che il difensore abbia il potere di attestare « la conformità degli atti in suo possesso agli originali contenuti nei fascicoli cartacei d'ufficio ». A sostegno della propria censura, il ricorrente richiamava il testo dell'articolo 16- decies, che attribuisce ai soggetti ivi elencati – tra cui il difensore – il potere di attestare la conformità all'originale di un atto processuale di parte o di un provvedimento del giudice formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme . Secondo quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte avrebbe poi omesso di considerare che le copie dei verbali di causa depositate telematicamente non erano state direttamente estratte dagli originali conservati in cancelleria, ma da copie cartacee già autenticate dal cancelliere, come dimostrato dai timbri e dalle marche da bollo apposte sui documenti. Con il secondo motivo , il ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione degli articolo 3 e 5- ter della l. 24 marzo 2001, n. 89 ( Legge Pinto ), nonché degli articolo 24, 111 e 117 Cost. , in relazione agli articolo 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo ( CEDU ). Secondo il ricorrente, la Corte d'Appello avrebbe rigettato la domanda di equo indennizzo per mancanza di copia conforme degli atti del giudizio presupposto , senza tuttavia verificare se la documentazione prodotta fosse comunque idonea ad accertare la durata irragionevole del processo presupposto. In altre parole, il giudice di merito, focalizzandosi esclusivamente sulla questione formale dell'attestazione di conformità, avrebbe omesso qualsiasi valutazione sostanziale del materiale probatorio, sacrificando il diritto di difesa e il principio di effettività della tutela giurisdizionale.   La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso , soffermandosi in particolare su due questioni: la prima questione attiene all'omessa considerazione da parte della Corte d'Appello circa l'avvenuta apposizione, da parte del cancelliere, della certificazione di conformità dei verbali di causa contenuti nel fascicolo cartaceo non integra una violazione di legge deducibile in sede di legittimità ai sensi dell' articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , bensì un errore di fatto deducibile semmai come motivo di revocazione ai sensi dell' articolo 395, n. 4, c.p.c. ; la seconda questione impone di individuare i limiti oggettivi e soggettivi al potere di attestazione di conformità del difensore .   In particolare, stabilire se il potere di attestazione della conformità all'originale sia limitato agli atti di parte estratti dal fascicolo informatico (oltre che agli atti processuali degli ausiliari del giudice ed ai provvedimenti del giudice) oppure se si possa estendere anche agli atti cartacei in proprio possesso. Rispetto alla prima questione, il Collegio richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'errore di fatto idoneo a fondare la revocazione ricorre quando il giudice incorra in una falsa percezione della realtà processuale o documentale, ossia “supponga” l'esistenza o l'inesistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa o positivamente accertata dagli atti e documenti di causa, purché tale fatto non abbia costituito oggetto di specifica contestazione tra le parti. Trattasi, pertanto, di un errore meramente percettivo , che non coinvolge l'attività valutativa o interpretativa del giudice e che, per tale ragione, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, bensì di correzione attraverso il procedimento di revocazione dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la decisione impugnata. Ne consegue dunque che, ove il giudice di merito abbia omesso di considerare che le copie dei verbali di udienza, attestate dal difensore come conformi, fossero già state certificate come autentiche dal cancelliere, tale circostanza non si traduce in una violazione dell'articolo 16- decies d.l. n. 179/2012, ma in un errore materiale nella percezione di un fatto processuale già documentalmente provato. Tale errore, estraneo all'ambito applicativo dell' articolo 360 c.p.c. , può essere corretto soltanto mediante il rimedio straordinario della revocazione per errore di fatto . Si giunge così alla seconda questione affrontata dalla sentenza, dove la Suprema Corte è stata chiamata a stabilire se il difensore, nel depositare telematicamente copie informatiche di atti cartacei provenienti dal fascicolo d'ufficio, possa legittimamente attestarne la conformità all'originale , oppure se tale funzione resti riservata al cancelliere . La questione è stata risolta nel senso di escludere qualsiasi estensione del potere di attestazione di conformità agli atti d'ufficio da parte del difensore , con particolare riferimento ai verbali di giudizio, riaffermando il principio per cui l'autenticazione delle copie dei verbali redatti in forma cartacea rientra nella competenza esclusiva della cancelleria. Sul piano argomentativo, la Corte ricostruisce puntualmente la natura giuridica del verbale di causa , qualificandolo come atto certificativo destinato a documentare, con valore di fede pubblica, gli accadimenti processuali avvenuti alla presenza del cancelliere. Quest'ultimo, ai sensi dell' articolo 126 c.p.c. , è il soggetto verbalizzante che, in quanto pubblico ufficiale, garantisce la fedeltà della rappresentazione dei fatti e conferisce all'atto efficacia probatoria privilegiata. Muovendo da tali premesse, i verbali redatti in modalità cartacea non rientrano tra gli atti la cui copia possa essere attestata come conforme dal difensore . L'attività certificativa del professionista, disciplinata dagli articolo 16- decies e 1- bis , comma 9 bis , d.l. n. 179/2012, è infatti tipizzata e di stretta interpretazione: essa riguarda esclusivamente le copie informatiche di atti processuali di parte o di provvedimenti del giudice formati su supporto analogico , purché detenuti dal difensore in originale o in copia già conforme, nonché le copie estratte dal fascicolo informatico o dalle comunicazioni telematiche della cancelleria, dove la corrispondenza tra l'originale e la copia è garantita dal sistema informatico stesso. Viceversa, nel caso in cui l'originale sia conservato direttamente nel fascicolo cartaceo, l'attestazione può essere effettuata dal difensore solo previa certificazione di conformità del cancelliere , l'unico soggetto legittimato a riprodurre atti d'ufficio e a conferire loro fede privilegiata. Il difensore, in tale contesto, non può sostituirsi alla funzione certificativa del pubblico ufficiale, pena la nullità dell'attestazione e l'inefficacia probatoria delle copie prodotte. Pertanto, l'attestazione di conformità apposta dal difensore su copie informatiche direttamente estratte dai documenti contenuti nel fascicolo cartaceo – in assenza di previa certificazione da parte del cancelliere – è priva di valore probatorio e non può sostituire la certificazione d'ufficio richiesta dall'articolo 3, comma 3, lett. b), della l. n. 89/2001, ai fini della prova necessaria nel giudizio di equa riparazione. La decisione della Cassazione, pur muovendosi nel solco dell'orientamento restrittivo già espresso in materia di attestazioni di conformità, assume rilievo poiché chiarisce la distinzione tra potere certificativo del difensore e quello del cancelliere . Ne emerge un quadro nel quale il processo civile telematico, pur avendo ampliato gli strumenti di semplificazione a disposizione del difensore, non si spinge fino a consentire al professionista la certificazione dei verbali cartacei, la quale resta invece una competenza esclusiva del cancelliere, quale pubblico ufficiale che ha formato il documento e ne detiene l'originale nel fascicolo d'ufficio.

Presidente Falaschi – Relatore Papa Fatti di causa 1. Ac.To. propose opposizione, ex articolo 5-ter L. n. 89/2001 , dinnanzi alla Corte d'Appello di Napoli, avverso il decreto n. cron. 3139/2021, pronunciato in composizione monocratica, con cui era stata rigettata la sua domanda di indennità per irragionevole durata del giudizio di lavoro instaurato per ottenere le provvidenze economiche ex L. n. 118/1971 e L. n. 18/1980 . 1.1. In particolare, egli depositò la documentazione concernente il giudizio presupposto, in precedenza non tempestivamente allegata perché i fascicoli si trovavano presso la Cassazione e produsse, nel fascicolo telematico, una attestazione di conformità , dichiarando ai sensi dell' articolo 16 decies del D.L. n. 179/2012 , che il seguente file - atti di causa merito.pdf è copia informatica conforme al rispettivo originale analogico . 2. Con decreto n. cronol. 900/2022, la Corte d'Appello di Napoli respinse la domanda per difetto di prova, rimarcando, per quel che qui rileva, che il difensore aveva prodotto i documenti relativi al giudizio, in particolare i verbali di causa e le memorie difensive dell'Inps, non in copia autentica, attestandone la conformità agli originali contenuti nei fascicoli cartacei, pur non avendo questo potere di attestazione. 3. Avverso questo decreto Ac.To. ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi, a cui il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso. Il ricorso è stato inizialmente avviato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 375 e 380-bis.1 cod. proc. civ. All'esito dell'adunanza camerale fissata al 21/3/2024, con ordinanza interlocutoria n. 29701 del 2024 depositata il 19/11/2024, il Collegio, ritenuto il valore nomofilattico dello stabilire se il potere di attestazione della conformità all'originale fosse limitato agli atti di parte estratti dal fascicolo informatico (oltre che agli atti processuali degli ausiliari del giudice ed ai provvedimenti del giudice) oppure se potesse estendersi agli atti cartacei in possesso del difensore, ha disposto la rimessione del processo alla pubblica udienza. Alla pubblica udienza, il Sostituto Procuratore, dott. Stefano Pepe, modificando parzialmente le conclusioni della requisitoria depositata, ha chiesto l'accoglimento del secondo motivo di ricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo Ac.To. ha denunciato, in riferimento al n. 3 del comma I dell' articolo 360 cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione dell' articolo 16-decies del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 come convertito, con modificazioni, in L. 17 dicembre 2012 n. 221 , per avere la Corte d'Appello negato che il difensore abbia il potere di attestare la conformità degli atti in suo possesso agli originali contenuti nei fascicoli cartacei d'ufficio , sebbene l'articolo 16-decies preveda proprio che il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale, quando depositano con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte o di un provvedimento del giudice formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attestino la conformità della copia al predetto atto. In particolare, e, in fatto, la Corte d'Appello non avrebbe considerato che della documentazione, depositata telematicamente in sede di opposizione tutta in un unico file, le copie dei verbali di causa, sia per il primo che per il secondo grado, non erano state estratte direttamente dal fascicolo cartaceo, ma da copie conformi, tant'è che recavano il timbro della cancelleria, le marche da bollo e la specifica del cancelliere del Tribunale con indicazione dell'importo riscosso e la firma datata. 2. Con il secondo motivo, articolato ancora una volta in riferimento al n. 3 del comma I dell' articolo 360 cod. proc. civ. , il ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli articolo 3 e 5 ter della L. n. 89/2001 , nonché degli articolo 24,111 e 117 Cost. in relazione agli articolo 6 e 13 CEDU , per avere la Corte d'Appello rigettato il ricorso per la mancanza della copia conforme degli atti del giudizio presupposto, senza verificare se quelli ritualmente prodotti fossero sufficienti ad accertare la durata irragionevole, le modalità di svolgimento del giudizio, le caratteristiche della controversia che ne formava oggetto. 2.1. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per continuità di argomentazione, sono in parte infondati e in parte inammissibili. La Corte d'Appello ha innanzitutto ribadito che nel giudizio instaurato innanzi a sé in composizione collegiale, ex articolo 5 ter legge n. 89/01 , non è precluso alcun accertamento e alcuna attività istruttoria necessari ai fini della decisione, poiché l'opposizione non introduce un autonomo giudizio d'impugnazione del decreto di cui al precedente articolo 3, comma 4, ma realizza, con l'ampio effetto devolutivo tipico di ogni opposizione, la fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento; in conseguenza, ha riconosciuto che il ricorrente in equo indennizzo può produrre anche in questa fase del giudizio la documentazione a sostegno della domanda non allegata nella fase monitoria. Ha, tuttavia, rilevato che, sebbene l' articolo 3 comma 3 L. n. 89/2001 preveda che gli atti in esso indicati debbano essere depositati in copia autentica, tutti i documenti relativi al giudizio presupposto, in particolare i verbali di causa, seppure estratti da fascicoli cartacei, sono stati, invece, depositati con un' attestazione di conformità resa dal difensore che ha dichiarato che tutto il file pdf denominato atti di merito fosse copia informatica conforme al rispettivo originale analogico: ha, perciò, rigettato la domanda, rimarcando che il difensore ha il potere di attestare la conformità degli atti prodotti a quelli autentici in suo possesso, ma non certo la conformità degli atti in suo possesso agli originali contenuti nei fascicoli cartacei d'ufficio . 2.2. Risulta, allora, innanzitutto inammissibile il primo motivo laddove prospetta, a ragione di censura, che la copia informatica dei verbali di causa, cioè di documenti del fascicolo cartaceo, attestata come conforme dal difensore, sarebbe stata estratta da copie cartacee dei verbali già certificate come conformi agli originali da parte del cancelliere: sul punto, la Corte d'Appello avrebbe, perciò, erroneamente affermato che le copie sono state estratte direttamente dai verbali cartacei in originale. L'omessa considerazione dell'avvenuta apposizione della certificazione - da parte del cancelliere - di conformità delle copie dei verbali di primo e secondo grado all'originale contenuto nei fascicoli cartacei pone, invero, una questione che si risolve, per sua prospettazione, in un errore revocatorio. Costituisce, infatti, errore di fatto deducibile, ex articolo 395, n. 4, cod. proc. civ. , come motivo di revocazione della sentenza, quello che si verifica in presenza non già di sviste di giudizio, ma della percezione, in contrasto con gli atti e le risultanze di causa, di una falsa realtà documentale, in conseguenza della quale il giudice si sia indotto ad affermare o supporre l'esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibilmente esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa: questa falsa percezione della realtà integra un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolge l'attività valutativa e che, pertanto, non può essere oggetto di ricorso per una delle ipotesi ex articolo 360 comma I cod. proc. civ. La Corte d'Appello ha assunto, a fondamento della decisione, il presupposto di fatto dell'avvenuta estrazione delle copie, poi attestate dal difensore come conformi, direttamente dai documenti contenuti nel fascicolo cartaceo e non dalle loro copie, già certificate come autentiche dal cancelliere. Dal compito istituzionale di questa Corte, allora, esorbita il giudizio del fatto che è ricevuto, con il ricorso, come già compiutamente accertato nella sentenza impugnata: se il giudice di appello sia incorso in una svista, pertanto, è a lui che spetta di porvi rimedio, a mezzo della revocazione per errore di fatto, al fine di eventualmente consegnare al giudice di legittimità un accertamento definitivamente ricostruito nella sua oggettività ( Cass. Sez. 1, n. 5369 del 11/04/2001 ; Cass. Sez. 3, n. 8251 del 24/05/2003; Cass. Sez. L, n. 19174 del 28/09/2016; Cass. Sez. 5, n. 1562 del 26/01/2021 ). Questa Corte, a Sezioni unite (in motivazione, sentenza n. 5792 del 5/3/2024) ha proprio sottolineato come l' articolo 395, n. 4, cod. proc. civ. , laddove prevede che le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possano essere impugnate per revocazione se effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa , individua questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita e, tanto nell'uno quanto nell'altro caso, se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare. La chiave di volta della disposizione - così per le S.U. - è il sostantivo supposizione , riferita a un fatto : il giudice di merito, e, dall'introduzione dell' articolo 391 bis cod. proc. civ. , anche la Corte di cassazione, suppone il fatto e lo suppone anche contro una cartesiana evidenza bidirezionale, trattandosi di un fatto che è incontrastabilmente escluso o positivamente stabilito; la falsa supposizione non è frutto di una scelta deliberata, ragionata, ma è una falsa rappresentazione della realtà da ascrivere ad un abbaglio dei sensi, a disattenzione, distrazione, in buona sostanza ad una svista nella consultazione degli atti del processo; questa svista, per essere emendata, necessita di un intervento sulla stessa ratio che sostiene la decisione affetta da errore, perché può disvelarsi soltanto dalla messa a confronto di due divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, da un lato quella risultante dalla decisione, dall'altro quella, contrastante e che la smentisce, emergente univocamente dagli atti e documenti acquisiti al processo. In mancanza di questo intervento del Giudice adito in revocazione, il fatto riportato in sentenza, allora, seppure falsamente supposto , resta accertato come lo è stato. 2.3. Ciò puntualizzato, l'esclusione, da parte della Corte d'Appello, di un potere del difensore di certificazione della conformità delle copie informatiche direttamente estratte dai documenti contenuti nel fascicolo cartaceo - e, perciò, anche dei verbali di causa - è certamente corretta in diritto: in tal senso è infondato il primo motivo. Sul punto, occorre premettere che è il legislatore ad aver stabilito, nell' articolo 3 della legge n. 89/2001 , la necessità della autenticità delle copie della documentazione posta a sostegno del ricorso per equo indennizzo e che è estranea al presente giudizio la questione dell'operatività, nel procedimento di opposizione ex articolo 5 ter L. 89/2001 , del meccanismo di riconoscimento implicito della conformità delle copie per omessa contestazione. Deve, quindi, pure considerarsi che il potere del difensore di certificazione della conformità di un atto non è conferito da una norma generale e, perciò, deve essere utilizzato esclusivamente nei limiti previsti dalla legge, che resta speciale. Ciò posto, gli atti che qui rilevano sono, in particolare, i verbali di causa dei giudizi presupposti di primo e secondo grado. Il verbale di causa, in quanto atto giuridico appartenente alla categoria degli atti certificativi, è il documento preordinato alla descrizione di atti o fatti, rilevanti per il diritto, compiuti alla presenza di un soggetto verbalizzante, appositamente incaricato di tale compito, il cancelliere, che garantisce quale pubblico ufficiale la certezza della descrizione degli accadimenti constatati, documentandone l'esistenza ( articolo 126 cod. proc. civ. ). Secondo l' articolo 168 cod. proc. civ. , comma secondo, il cancelliere inserisce nel fascicolo d'ufficio, oltre agli altri documenti di cancelleria, di parte e ai provvedimenti del giudice, i verbali di causa. I verbali redatti in modalità cartacea, pertanto, non costituiscono una tipologia di atti la cui copia estratta possa essere attestata direttamente come conforme dal difensore. La fattispecie, infatti, è certamente diversa dalla previsione dell' articolo 16 decies del D.L. n. 179 del 2012 , convertito, con modificazioni, in L. 17 dicembre 2012, n. 221 , come invocato dal ricorrente: in questo articolo, infatti, il potere di attestazione della conformità è attribuita al difensore nell'ipotesi in cui depositi, con modalità telematiche, la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte o di un provvedimento del giudice, formato su supporto analogico, ma purché sia detenuto da lui in originale o in copia già certificata come conforme; soltanto in tale ipotesi è previsto che la copia munita dell'attestazione del difensore equivalga all'originale o alla copia conforme dell'atto o del provvedimento. La fattispecie dell'estrazione diretta di copia dei verbali cartacei non è neppure disciplinata dal comma 9 bis dell' articolo 16 bis dello stesso D.L. n. 179/2012 , come inserito dall' articolo 52 del D.L. n. 90/2014 : questa norma, infatti, attribuisce il potere di attestazione al difensore delle copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche, perché l'estrazione avviene con modalità informatiche, per accesso consentito da valide credenziali, nei limiti in cui è tecnicamente assicurato che il documento informatico, ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso, contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine. Esorbitando dai limiti segnati dalle suddette norme, la certificazione di conformità delle copie dei verbali cartacei resta, dunque, di competenza esclusiva del cancelliere, quale pubblico ufficiale che ha formato il documento e ne detiene l'originale nel fascicolo d'ufficio. 2.4. Infine, non risulta fondata la censura, proposta con il secondo motivo, di violazione e falsa applicazione degli articolo 3 e 5 ter della L. n. 89/2001 , nonché degli articolo 24,111 e 117 Cost. in relazione agli articolo 6 e 13 CEDU , per avere la Corte d'Appello rigettato la domanda senza verificare se gli atti del giudizio presupposto, ritualmente prodotti, fossero sufficienti a costituirne idoneo fondamento. Sul punto, è sufficiente osservare che è lo stesso articolo 3 a prevedere, alla lett. b), come documenti necessari i verbali di causa: evidentemente, infatti, è soltanto dai verbali di causa che risulta possibile verificare la durata irragionevole e la sua imputabilità allo Stato e non al comportamento delle parti private. 3. Il ricorso è perciò, respinto, con conseguente condanna di Ac.To. al rimborso delle spese processuali in favore del Ministero, liquidate in dispositivo in relazione al valore. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso; condanna Ac.To. al pagamento, in favore del Ministero della Giustizia, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.